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Autore: blu992    13/12/2016    7 recensioni
Di come Stiles deve risolvere un problema sovrannaturale da solo. O quasi.
Persone scomparse. Nuove amicizie. Nuove alleanze. Stessa Sterek.
Dalla storia:
Stiles si svegliò quella mattina di inizio dicembre perfettamente riposato, i muscoli distesi e i piedi gelati [...] Afferrò il cellulare sulla scrivania per controllare se ci fossero notifiche. Aprì il messaggio di Scott, probabilmente il suo buongiorno come ogni mattina, ma si bloccò al centro della stanza dopo averne letto il contenuto.
(Ore 22:45) Nemeton. SM
Era della sera prima, ed era davvero un messaggio strano. Per questo decise di non rispondere, ma di far partire la telefonata. Telefonata che dopo dieci squilli si interruppe per mancata risposta.

[Sterek]
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Derek Hale, Nuovo personaggio, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Stiles si svegliò l’ennesimo giorno osservando le buste di patatine sulla scrivania e si passò una mano sugli occhi, esasperato. La sera prima aveva chiacchierato con suo padre che aveva avuto modo di osservare più di lui la città. Gli aveva raccontato di come fosse frustrante passeggiare per la città e incrociare qualcuno incontrato anche il giorno precedente ed avere sempre le stesse conversazioni; di quanto si sentisse stupido ad andare in centrale ogni mattina e non poter usare tutte le forze a sua disposizione per cercare di risolvere quella situazione. Stiles aveva fatto una camomilla ad entrambi ed erano andati a dormire. L’unica nota positiva era stata quella di poter lasciare le tazze nel lavandino, il giorno dopo sarebbero ritornate al loro posto.

Quando scese in cucina suo padre già non c’era. Quel giorno si era svegliato più tardi del solito Stiles, ma non si sentì in colpa, aveva un umore nero e non riusciva nemmeno a spiegarsi il perché. Forse stava semplicemente per scoppiare a causa di quella situazione che cominciava a farsi insostenibile. Prese le chiavi della Jeep per andare a casa di Seth, quando sentì il campanello suonare.

Dall’altro lato della porta d’ingresso c’era Melissa McCall con le lacrime agli occhi. Stiles si spostò per farla entrare, allarmato come non mai.

“Cosa…cosa succede?”

La donna si sedette sul divano, cercando di riprendere a respirare regolarmente.

“Tuo padre?”

Stiles si sedette passando una bottiglina di acqua alla donna. “Credo sia in centrale o in giro. Devo chiamarlo? È successo qualcosa di grave?”

“Guarda cos’ho trovato” rispose la donna passando qualcosa a Stiles. Qualcosa che subito riconobbe: il cellulare di Scott.

“Dove…come…dove l’hai trovato? Lui mi ha mandato un messaggio da qui prima di scomparire nel nulla.”

“Era nella tasca dei suoi jeans. Nel cesto dei panni sporchi. Quei pantaloni Scott li ha tolti il pomeriggio prima di uscire con Kira, dev’essersi dimenticato il cellulare nella tasca e poi è uscito” spiegò la donna asciugandosi le lacrime dalle guance.

Stiles osserò l’oggetto. Era spento, non c’era nulla di strano, solo un cellulare spento. Se lo rigirò tra le mani, poi diede voce ai suoi dubbi. “Mi ha mandato il messaggio. Ha scritto lui Nemeton, cioè sul mio cellulare c’era il suo nome. Com’è possibile che sia sempre stato nei jeans? Come ha fatto ad inviarlo se invece era con Kira chissà dove?”

“Ho chiamato i signori Yukimura e mi hanno confermato ancora una volta che Scott è passato a prenderla quella sera. Nemmeno loro riescono a spiegarsi questa cosa. Non lo so, Stiles. Non so dov’è mio figlio e questa cosa diventa sempre più assurda.”

Stiles si alzò non riuscendo più a stare seduto. Vedere la mamma di Scott in quelle condizioni era straziante. Quella donna era come una sua seconda madre, gli aveva disinfettato le ginocchia sbucciate e gli faceva i biscotti al caramello quando aveva otto anni. Era tutto troppo pesante. Prese la decisione in meno di tre secondi.

“Sto facendo qualcosa per trovarlo. Non lo sa nessuno, ma lo sto facendo” disse sicuro, anche se sicuro non lo era per niente. La donna alzò lo sguardo su di lui, ma non aveva l’espressione che Stiles si sarebbe aspettato. Sembrava furiosa.

“Stiles, in che guai ti sei cacciato? Perché hai nascosto questa cosa a tutti?” chiese, alzandosi a sua volta.

“Non è nulla di pericoloso, ma hoo preferito non dirlo e preferirei che non si sapesse, che soprattutto non lo sapesse Deaton” cercò di spiegare.

“Non deve saperlo l’uomo che sta cercando di capire qualcosa sulla sparizione di mio figlio e i suoi amici?” chiese la donna alzando il tono di voce.

“Melissa, ti assicuro che non mi sono cacciato in uno dei miei pasticci. Puoi dirlo anche a papà o, se vuoi, lo faccio io, ma non deve saperlo lui. Ti prego.”

La donna sembrò davvero combattuta, poi si risedette e annuì. “A tu padre lo diremo, non mentiremo anche a lui” disse, poi aggiunse “che cos’hai in mente?”

Stiles scelse bene le parole da usare. Non voleva mentire, ma non avrebbe nemmeno rivelato tutto quello che era successo e che sarebbe successo.

“C’è una persona che può aiutarci a metterci in contatto con Derek. Ci vorrà tempo perché lo farà per gradi, ma ci sta già provando” cominciò a spiegare.

“Chi è?” chiese la donna, interessata.

“Si chiama Artemisia e ha…qualche potere sovrannaturale, ma a quanto pare non sparisce nel nulla. Ha contatti con Seth, per questo è qui.”

“Il fratello di Ana? La fata?”

“Sì” rispose Stiles, “ma lui è umano. Ha solo avuto l’idea e abbiamo deciso di non dirlo al dottor Deaton perché è sempre così chiuso con i suoi metodi e pensiamo che usare due strade, sia sempre meglio che tentare da un solo fronte. Anche perché lui non ci rende partecipe delle sua ricerche, si rifiuta anche di vedere papà”.

“Sì, me l’ha detto. Ok, ora cerco tuo padre e gli spiego tutto. So che mi stai nascondendo la parte pericolosa e non credo minimamente ai due fronti e tutte quelle frottole, ti conosco, Stiles” disse Melissa. “Ma mi fido anche di te e so che sai quello che fai, anche se lo fai con incoscienza. Per quanto ci sarà possibile, ti aiuteremo. Quando ci fai incontrare questa persona?”

A Stiles cominciarono a sudare le mani. Avrebbe dovuto prima parlare con Misia, o Artemis, per chiedere di mantenere sempre lo stesso aspetto davanti ai due adulti e di non fare assolutamente riferimento al suo essere uno spirito millenario col corpo di un toro che chiede di ricevere la purezza altrui.

“Tu va da papà, io vado da Seth e poi ci vediamo qui. Va bene?”

La donna annuì e, dopo avergli sfiorato la guancia con una carezza, uscì dalla casa. Stiles si sedette sul divano, il cellulare di Scott tra le mani. Se lo infilò in tasca e uscì a sua volta, seguito da tutte le domande senza risposta.

Convincere Misia a mantenere un aspetto da ragazza acqua e sapone, di vent’anni e di non fare nulla di stravagante fu abbastanza semplice, ma calmare Seth richiese qualche forza in più. Il ragazzo era furioso e Stiles sapeva di aver tradito la sua fiducia, solo che non aveva avuto scelta. Avevano discusso per almeno quindici minuti prima di prendere una pausa, respirare e riprendere a discutere.

“Come faccio a fidarmi di te, ora?” urlò il biondo.

“Come hai fatto fino a questo momento” ribatté Stiles, “cioè non facendolo. Credi che non sappia che ti aspetti sempre che io combini qualche guaio?”

“E a quanto pare ho ragione! Cavolo, ora dobbiamo mentire a Deaton, a tuo padre e quella donna e nel frattempo ritrovare mia sorella e contattare telepaticamente il tuo ragazzo?”

“Il mio cosa? E comunque papà e Melissa sono persone tranquille, non saranno di intralcio, vogliono solo vedere con i loro occhi che non ho a che fare con dei mostri!”

“Facciamo in fretta, poi dobbiamo riprovare a ricontattare la tua cotta.”

“Seth, smettila” rispose Stiles in modo duro seguendolo fuori di casa, seguito a sua volta da Misia.

“Tu lasci che gente si impicci nel nostro piano, io mi prendo la libertà di fare battutine su quanto tu sia cotto di Derek Hale.”

“Non sai nemmeno di cosa stai parlando.”

Il viaggio in auto fu per fortuna breve e silenzioso. Stiles, se fosse stata aggiunta una sola parola, sarebbe esploso. Seth quel giorno si stava comportando come un bambino. Arrivarono a casa Stilinski e parcheggiarono la Jeep dietro l’auto di ordinanza dello sceriffo che era già lì; Stiles fece un respiro profondo, poi inserì le chiavi nella porta ed entrò seguito dagli altri due.

Melissa era seduta sul divano, suo padre, invece, passeggiava avanti e indietro nel salotto, ma si bloccò appena i tre fecero il loro ingresso. Stiles si preparò psicologicamente alla ramanzina che non tardò ad arrivare.

“Mai una volta che tu lasci fare agli altri! Mai una volta che ti metti lì, seduto, ad aspettare che altri si occupino di cose più grandi di te” esordì l’uomo.

Stiles prese posto di fianco alla mamma di Scott, gli altri due rimasero sull’uscio della stanza.

“Papà, lo so che ho sbagliato a nasconderti tutto, ma lo sai che penso sempre di proteggerti.”

“Dovrebbe essere mio il compito di proteggere te, non il contrario!” urlò l’uomo in risposta, sedendosi sulla poltrona e portandosi le mani tra i capelli.

“Non è detto che non possiamo farlo entrambi” rispose Stiles, poi aggiunse “ormai è fatta. Seth lo conosci, lei è Misia, la ragazza che ci sta aiutando con questa storia”.

La ragazza fece un passo avanti, agitando timida la mano in segno di saluto. Se non l’avesse vista prima, Stiles davvero avrebbe creduto alla storia della ragazzina timida.

“Come vi sta aiutando?” si intromise Melissa nella discussione.

Questa volta fu Seth a spiegare, anticipando Stiles.

“Misia è mia amica da tempo. Lei ha la capacità di mettersi in contatto telepaticamente con le persona, a qualsiasi distanza esse siano, quindi le abbiamo chiesto di trovare Derek Hale e di contattarlo.”

“E ci siete riusciti?” chiese lo sceriffo.

“No” rispose la ragazza, “cioè, sì, ma lui non mi crede. Sono entrata nei suoi sogni, ma lui li crede, appunto sogni”.

“E come pensate di fare?”

Stiles ascoltò in silenzio la conversazione tra i due adulti e l’Aatxe. La ragazza spiegò a grandi linee quella che era la verità, sorvolando sul suo essere uno spirito e sul prezzo che Stiles avrebbe dovuto pagare quando lei glielo avrebbe chiesto. Lo sceriffo e Melissa sembrarono accettare la cosa, probabilmente considerandola poco pericolosa in confronto a tutto quello che avevano affrontato i loro figli in passato, e acconsentirono, seppur con riluttanza, a mantenere il segreto con l’Emissario.

“Sei un’estranea, ma John ed io ti stiamo praticamente affidando i nostri figli” disse la signora McCall, “spero che tu sia la soluzione che stavamo cercando”.

“Lo spero anche io” rispose Misia, “questi ragazzi sono simpatici e mi dispiacerebbe se si facessero del male” concluse con un sorrisino che, fortunatamente, solo Stiles reputò inquietante.

Qualche minuto dopo, Stiles accompagnò suo padre alla porta, dato che doveva ritornare in centrale. L’uomo gli si avvicinò, abbracciandolo goffamente. “Lo so che ormai sei un uomo, ma sarò sempre preoccupato per te, Stiles, sta attento” gli disse sciogliendo la stretta e uscendo di casa. Anche Melissa andò via poco dopo, lasciando i tre ragazzi di nuovo soli.

“Anche questa è fatta” sbuffò Stiles lasciandosi sprofondare nel divano accanto a Mis-

“E ORA PERCHé SEI DI NUOVO UN RAGAZZO?” urlò spaventato, alzandosi di scatto. Seduto sul sofà c’era un ragazzo alto, molto muscoloso, con uno sguardo duro e i soliti capelli rosso fuoco.

“Sono stato per troppo tempo una ragazzina indifesa, lasciami essere un possente umano per un po’” gli rispose incrociando le grosse braccia al petto.

Stiles si girò nella direzione di Seth, che se ne stava appoggiato sotto l’arco con un ghigno sul volto.

“E tu non eri quello incazzato? Cosa ridi, eh? Questo qui mi farà venire un infarto, prima o poi” gli disse puntandogli un indice contro. Seth non rispose, si staccò dal muro e si avvicinò agli altri due.

“Che ore sono a New York?” chiese cambiando discorso. Stiles prese il cellulare dalla tasca per controllare e “sono le sei di sera, è ancora presto” rispose.

“Bene, allora io vado a fare un giro” si intromise Artemis alzandosi e avviandosi alla porta di ingresso.

“Vado con lui” lo seguì Seth sventolando una mano in aria per salutare. Stiles non ebbe nemmeno il tempo di ribattere, che i due erano già usciti.

Sperò vivamente che né suo padre né la mamma di Scott li vedessero insieme, perché vedere due persone con quello strano colore di capelli in un solo giorno, sarebbe stato abbastanza strano, poi salì in camera sua per  trovare qualcosa da fare nell’attesa della sera. Mise inutilmente a posto la stanza e il suo bagno, giocò meno di mezz’ora con i videogiochi annoiandosi per l’assenza di Scott e infine, annoiato a morte, prese le chiavi della Jeep ed uscì di casa. Guidò per la città, senza una meta, per almeno mezz’ora, fino a quando non si guardò meglio intorno e notò con sorpresa dov’era finito. Il grande palazzo grigio e disabitato gli si stagliava sulla sinistra. Le grosse vetrate gli avevano sempre messo timore da fuori, ma viste dall’interno davano quella luce che tanto mancava a quel posto. Parcheggiò sovrappensiero e con lo stesso stato d’animo entrò nell’edificio salendo all’ultimo piano. Il Grande portellone in ferro era aperto, come l’ultima volta e con una leggera spinta Stiles riuscì a farlo scorrere quel tanto che gli bastò per entrare. L’ambiente era uguale a come l’aveva lasciato giorni prima,  ovviamente. Stiles si prese la libertà di avvicinarsi al divano e di sedersi sulla fredda pelle nera. Rabbrividì, ma non si scostò, quello sbalzo di temperatura lo fece sentire quasi più vivo di come si era sentito negli ultimi giorni. Stette lì per qualche minuto, a guardare il grosso buco sulla parete di fronte a sé, e forse si appisolò anche per qualche momento, perché quando il verso di un uccello lo fece sobbalzare, era semi sdraiato e stava anche cominciando a sbavare. Si alzò e continuò a passeggiare nell’ambiente spoglio fino a raggiungere l’ampia vetrata. Sarebbe uscito sul balcone, ma un elemento nel suo campi visivo gli fece cambiare direzione. Salì lentamente i gradini della scala a chiocciola e si ritrovò per la seconda volta in vita sua in quella che era la camera da letto di Derek. Gattonò sul materasso per raggiungerne la parte opposta e aprì le ante dell’armadio. Anche lì era tutto uguale, la giacca di pelle nera era ancora ordinatamente appesa.

Non fu quella a far venire al ragazzo un crampo allo stomaco, o almeno non lo fu direttamente. Giorni prima non gli era successo, forse a causa della fretta non ci aveva fatto caso, ma questa volta si, ed era stato quasi doloroso. L’odore di Derek era uscito dal mobile investendolo quasi come se fosse stata un’onda materiale. Un’onda di odori che Stiles non aveva mai distinto da altri, ma che ora gli ricordavano il ragazzo. Non si era mai soffermato a riconoscere gli odori delle persone, tantomeno quello di Derek Hale, ma a quanto pareva lo riconosceva bene. Non riusciva a descriverlo, ma era qualcosa di familiare. Istintivamente afferrò l’indumento appeso e se lo portò al naso. L’odore era lì, ancora più forte e ancora più reale. Stiles promise a se stesso di non rivelare mai ad anima viva di aver versato una sola solitaria lacrima con il naso affondato nella giacca di pelle di Derek Hale, ma la indossò comunque e riscese al piano di sotto.

Gli stava larga, probabilmente sembrava anche ridicolo, ma non gliene importava. Si sedette sul divano e si lasciò aprofondare ancora una volta, circondato da quell’odore. Non riusciva a spiegare perché lo facesse sentire così bene, forse perché era l’unico segno tangibile del fatto che lui esisteva, che era reale, che lo erano anche gli altri, nonostante fossero spariti.

Passò un’ora prima che Stiles riuscisse a togliersi quella calda giacca dalle spalle e uscisse dal loft. Avrebbe voluto portarla con sé, ma sarebbe durata solo poche ore. Si ripromise anche di andare in quella sottospecie di casa ogni volta che ne avrebbe avuto bisogno.

Stiles guidò fino casa di Seth e parcheggiò nel vialetto osservando il ragazzo dalla finestra aperta. Erano le otto di sera, a New York erano le undici, Derek sarebbe potuto essere già addormentato. Suonò il campanello e ad aprirgli la porta fu una nuova versione di Misia, questa volta più adulta e molto, molto più formosa. I capelli sempre rossi.

“Salve, umano!” trillò la ragazza.

“Ehi. Vedo che oggi sei molto volubile” le disse scherzando.

“Già. Ma tra poco cambio, queste tette pesano, non lo credevo” rispose lei pensierosa.

Seth li raggiunse, per poi precederli nella biblioteca, facendo solo un cenno di saluto, per poi parlare a raffica.

“Stiles, siediti sul divano, io starò affianco a te. Questa volta non saremo impreparati, se ti sentirai male. E la cosa è probabile. Misia, tu mettiti dove vuoi e controlla se Derek dorme.”

Stiles obbedì guardando stranito il ragazzo, ma senza ribattere; Seth gli si mise di fianco ed entrambi si zittirono guardando la ragazza che si sedeva ad occhi chiusi sul pavimento.

Due minuti dopo li riaprì. “Dorme. È ancora a New York e credo ci sia qualcuno con lui nel letto, ma non capisco di chi si tratta.”

Stiles si irrigidì senza nemmeno capirne il motivo, ma non ebbe nemmeno tempo di pensarci perché Misia parlò ancora.

“Se siete pronti, comincio. Gli dico sempre le cose della scorsa volta?” chiese.

Stiles ci pensò, la volta precedente avevano fatto un buco nell’acqua. Avevano fatto parlare Derek con una sconosciuta che gli diceva cose poco chiare, dovevano fare di più.

“Misia, lui nel sogno vede le sembianze che hai ora, giusto?” chiese alla ragazza che annuì.

“Quindi se tu prendessi le mie sembianze, lui vedrebbe me?”

Seth si girò di scatto verso di lui. “Cosa vuoi fare?”

“Derek mi conosce, magari penserà solo che mi sta stranamente sognando, ma è comunque qualcosa che lo colpirebbe di più. Magari crede davvero che sono io, che con qualche strano incantesimo gli entro nei sogni. Mi ucciderà, ma possiamo provarci, no?”

I due ragazzi volsero lo sguardo all’Aatxe che annuì ancora una volta. “Chiudete gli occhi” disse e loro obbedirono.

Stiles sentì un leggero venticello, poi una voce gli chiese di riaprire gli occhi. La sua voce.

Un suo clone, con gli stessi vestiti addosso, era seduto sul pavimento ai suoi piedi. Alla sua destra Seth stava tossendo.

“Porco cazzo, siete in due!” esclamò il biondo.

Stiles gli diede una leggera spallata poi si rivolse… all’altro Stiles.

“Gli parlerai come se fossi io. Spiegagli la situazione e digli ancora una volta di non muoversi da dov’è ora. Che ci servono i suoi libri e le informazioni sul Nemeton. Insisti sul fatto che sono davvero io, muoviti come me, fa come meglio credi.”

Il fino Stiles annuì e richiuse gli occhi; i due ragazzi tacquero ancora una volta.

La stessa sensazione di caldo della prima volta investì Stiles, non trovandolo impreparato. Seth, al suo fianco, gli appoggiò una mano sul ginocchio che aveva cominciato a battere frenetico.

“Mi hai insegnato tu a capire se sto davvero sognando.”

La voce di Derek fece sobbalzare entrambi. Stiles sapeva a cosa si riferiva, la storia del contare le dita, in sogno sono sempre più di cinque.

“Se hai cinque dita alla mano, non vuol dire che sei reale” ancora la voce di Derek.

La sensazione di caldo mutò improvvisamente facendo crollare Stiles contro lo schienale del divano. Di nuovo freddo, freddo gelido che gli entrava nelle ossa. Stiles chiuse gli occhi concentrandosi sulla voce di Derek, mentre sentiva le mani di Set intorno al suo viso.

“Come faccio a sapere che sei tu? Sto solo sognando, va via!” Questa volta il ragazzo stava urlando.

Stiles sperò vivamente che l’Aatxe lo sentisse, doveva sentirlo e dare quella prova a Derek.

“Digli-digli che può andare al-alla Columbia lì a New York e-e controllare che ho-ho rifiutato di iscrivermi. Non-non lo sa nessuno ed-ed è reale.”

Tutto quello che Stiles sentì in risposta fu la voce di Derek che diceva “Controllerò, se è vero ti aiuterò”, poi fu tutto buio ancora una volta.

   
 
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