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Autore: Francesca_H_Martin    14/12/2016    2 recensioni
E se un veggente indicasse il momento esatto della vostra morte, sareste disposti a tutto pur di evitarlo? Anche perdere voi stessi?
Genere: Fantasy, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ANGOLO AUTRICE: Salve a tutti ragazzi!
Eccomi qui, con un nuovo capitolo della mia storia originale.
Questo capitolo lo definisco “di passaggio” perché mi è servito per introdurre alcuni personaggi e per cercare di farvi entrare a pieno nella storia.
Spero vi piaccia lo stesso!
Volevo davvero ringraziare tutte le persone che hanno lasciato una recensione la scorsa volta, non sapete quanto mi avete resa felice!!
Nel prossimo capitolo vedremo un po’ più d’azione e incontrerete anche altri personaggi interessanti! Chissà cosa succederà con il cosiddetto “passaggio del novellino…”!
Ah, quasi dimenticavo! Ho deciso di scrivere ad inizio capitolo un pezzo di diario di Alex, dove racconta la sua storia passo passo e si rivolge direttamente a voi lettori, pensando che dopo tutta quella pazzia che sta vivendo, qualcuno lo troverà e ne pubblicherà una storia(magari lei, se riesce nella sua missione. Chissà :]).
E’ un modo per interagire direttamente con voi, in modo tale che nel  commento possiate fare delle teorie basate sulle domande che lei vi porrà. Sembra divertente!
Finisco dicendo che, se volete che la storia continui, mi raccomando lasciatemi una recensione qui, sul sito! Per me è davvero importante <3
Un grazie a chiunque leggerà e commenterà!
Un bacio!

 

 σвℓινισи
— chapter 2—

“ωнιѕρєя”
 

Alex si trovava ormai da dieci minuti fuori quella porta.
Il suo corpo  era diventato una lastra di ghiaccio, così come le sue mani, che a stento riusciva a muovere.
Era strano che ad aprile facesse così freddo.
Nuvolette di fumo uscivano dalla sua bocca mentre cercava di ascoltare ciò che il ragazzo e la donna dai capelli rossi stessero dicendo a bassa voce.
—Bè, adesso che vi siete confessati, penso sia ora di entrare o morirò per ipotermia— disse Alex mentre si intrufolava nella stanza, passando sotto il braccio del ragazzo poggiato sopra lo stipite della porta.
 —Wow…—
Alex si guardò intorno meravigliata.
Quella sala le ricordava uno di quei salotti reali, fatto di cose costose come quadri d’epoca e grandi divani rivestiti in pelle dall’aspetto fin troppo comodo.
Senza pensarci due volte si recò al centro della stanza, dove vi era un’enorme tavola di marmo grigio e iniziò a girarci intorno, osservandone minuziosamente ogni dettaglio.
Alexandra amava studiare ogni cosa la circondasse, da quelle più insignificanti a quelle più importanti, come l’anima delle persone.
Ripeteva sempre che un buono scrittore era colui che non si fermava all’apparenza ma che scavava in profondità fino ad arrivare realmente al nocciolo, alla parte più recondita dell’io di ogni essere umano.
Il suo motto era “Mai nulla è ciò che sembra”.
Rapportato a ciò che le era appena successo, sembrava davvero una battuta di pessimo gusto.
“La scusi, di solito è una ragazza tranquilla…”,disse la donna dalla voce gentile al ragazzo, che si trovava ancora accanto alla porta.
 —Oh, si, immagino. — disse il ragazzo, facendo una smorfia e incrociando le braccia.
—Allora, Arthur…ora ricordi che ti ho avvisato per telefono ieri sera? Mi avevi detto che non c’erano problemi, che per Nicole avresti sicuro trovato un posto. — il viso della donna assunse la forma di un punto interrogativo.
—No, c’è stato un fraintendimento…Io non sono Arthur. Mi chiamo Adam. Arthur, il proprietario di questo orfanotrofio arriverà tra poco. Aveva un’urgente commissione da fare. Mi scuso io al suo posto. —Adam sorrise e baciò la mano della donna, come se si trovasse in uno di quei vecchi film ottocenteschi.
Alex, assistendo alla scena, non potè fare a meno di ridere.
Da dove era sbucato fuori? Magari da un film di Audrey Hepburn?
—La scusi di nuovo, Adam. Non capisco davvero cosa le prenda. Di solito è molto silenziosa e timida—gli disse, appena quella risata fragorosa sopraggiunse alle sue orecchie.
—Certo, timida.  Dovrebbe insegnare l’educazione a quella ragazzina, invece di difenderla a spada tratta. —disse Adam, senza peli sulla lingua.
Sembrava un ragazzo molto scontroso e antipatico, pensò Alex.
Ma forse nulla era come sembrava?
La ragazza gli si avvicinò, ponendosi a pochi centimetri da lui.
—Io ragazzina? Scusami, quanti anni hai, settanta? Forse si, ecco spiegata la noia che provo anche solo nell’ascoltarti. —Alex sbadigliò, mentre Adam la guardava con occhi di fuoco.
Se avesse potuto bruciarla sul rogo, l’avrebbe fatto volentieri.
—Meglio avere settant’anni che averne tre, di anni. —ribattè il ragazzo, continuando a guardarla come se lei gli avesse appena ucciso il gatto.
“Cosa succede qui? Adam è questa l’accoglienza che riservi ad una signorina?”, disse una voce possente, proveniente da un uomo che stava attraversando la porta.
Aveva i capelli biondi, un meraviglioso sorriso e una presenza distinta.
Si avvicinò ad Alex, stringendole delicatamente la mano.
—Tu devi essere Nicole. Io sono Arthur, tanto piacere. —Arthur le sorrise dolcemente. Sembrava una persona gentile e premurosa, nonostante l’aspetto da duro e prepotente.
Forse davvero nulla è come sembra, ripetè Alex nella sua testa.
—Devi scusare Adam, a volte è un po’ scontroso con chi non conosce. Sono sicura che cambierai idea su di lui. Vero Adam? —.
Adam guardò fisso gli occhi di Arthur, poi Alex e si girò di spalle, allontanandosi da loro.
—Non ti prometto nulla, Arthur. —.
Quasi un sussurro, per poi scomparire da quella stanza.
No. Adam era sicuramente come appariva.
Odioso, antipatico e saccente.
Arthur sembrava imbarazzato. Sospirò a lungo e poi riprese a parlare:
—Ti prometto Nicole che non ti darà più alcun tipo di fastidio.
 Ah, ecco altri due ragazzi della fondazione con cui sono sicuro ti troverai benissimo. Freya, Floyd, venite qui, accogliete Nicole come si deve mentre risolvo delle questioni burocratiche con la bellissima Cindy! —disse Arthur, facendo un cenno con la mano a quei due ragazzi che stavano passando in uno dei tanti corridoi.
Il ragazzo con dei simpatici riccioli castani si avvicinò velocemente a lei, tirandola per un braccio e
catapultandola, quasi per magia, nella cucina di quel posto.
Era moderna e lussuosa, caratterizzata da colori opachi e da oggetti avanzatissimi, come un’enorme macchinetta del caffè e quella per fare il ghiaccio, macchinette che Alex di sicuro avrebbe usato spesso.
Il caffè era la sua droga preferita.
Senza di esso non sarebbe stata Alex, proprio come Batman senza la Batmobile o Rubber senza il suo cappello di paglia.
—Non volevo spaventarti, ma sono corso qui perchè mi trovo molto a mio agio. Questo posto mi rilassa. —Floyd lo disse quasi ridendo, mettendosi una mano tra i capelli arruffati.
Gli occhietti vispi del ragazzo guardavano Alex, curiosi, come se fosse uno di quegli strani casi da laboratorio.
La ragazza, al contrario, guardava Floyd divertita. Le sembrava davvero un personaggio bizzarro e allegro, ancora di più quando vide che indossava quelle specie di sandali che utilizzavano i giapponesi per passeggiare.
—Cosa c’è, non hai mai visto un paio di zori, bionda? —.
Bionda.
Alex aveva quasi dimenticato di trovarsi in un altro corpo. Alex si era quasi dimenticata della sua missione.
Alex non avrebbe dovuto fare amicizia, Alex avrebbe dovuto solo portare a termine ciò che le era stato chiesto.
Matthew…
Alex avrebbe dovuto risolvere in fretta il tutto, per suo fratello.
Gli occhi di Alexandra improvvisamente si oscurarono, facendo preoccupare lo stesso Floyd di aver detto qualcosa di sbagliato.
—Ehi, ho… Ho detto qualcosa che non va? —disse il ragazzo, dispiaciuto, guardandola fisso negli occhi.
Il cuore di Alex cedette di un battito.
Non aveva mai incontrato qualcuno di così gentile, qualcuno che si preoccupasse di come si sentisse anche se non la conosceva minimamente.
—No, sto…Sto bene, tranquillo. —gli sorrise.
—Lo so, è difficile abituarsi ad un posto nuovo…sono sicuro però che con noi ti troverai bene.
Ci sono! So io cosa ti ci vuole…Una bella cioccolata calda fatta dalla maestra delle cioccolate calde e una chiacchera tra ragazzi, giusto per ambientarti un po’! —le sorrise, accarezzandole il braccio.
—Freya, per quando arriverà questa cioccolata calda, avrò già dieci figli a carico e sarò già presidente degli Stati Uniti d’America. —lo urlò con tutta la voce possibile, poi alzò gli occhi al cielo sbuffando.
“Eccomi, dammi un po’ di respiro, Floyd”.
Freya si presentò correndo, con una mano occupata da una tazza enorme. Emanava un buonissimo odore dolciastro, tanto da far venire un certo appetito alla ragazza.
—Ah, quasi dimenticavo. Io sono Floyd e lei è Freya. — Floyd strinse la mano di Alex, sorridendo. Freya invece si avvicinò e la cinse in un abbraccio.
—Finalmente un’altra ragazza. Non ne potevo più di uomini e uomini e uomini… —
—Ehi! — esclamò Floyd, quasi offeso. —E poi ci sono anche princess P e la sua adorata servetta, ricordi? —
—Come dimenticarlo. —Freya si coprì il viso con una mano, esasperata.
—Con “ragazza” intendevo proprio un individuo femminile diverso da  Regina George e/o il suo gruppo di Barbie. Una persona normale, come noi, senza però i gioielli di famiglia. —.
Alex sorrise, sorseggiando cautamente il contenuto di quella tazza che le aveva appena dato Freya.
—Posso farvi una, anzi due domande? — chiese gentilmente Alex, continuando a sorseggiare quella gustosa cioccolata.
—Dieci dollari se riguarda il tuo nome, Floyd! —esclamò Freya, sbattendo la banconota sul tavolo.
—No, di certo Nicole ha di meglio da chiedere. —
Floyd guardò Alex facendole un segno strano, segno che voleva dire “assecondami”.
La ragazza, però  non prestò particolarmente attenzione, quindi riprese a parlare: —In realtà…è proprio la mia prima domanda. —.
Freya iniziò a gongolare come un’idiota, sventolando la banconota in pieno viso dell’amico, incitandolo stile ragazza pon-pon a pagare la scommessa.
Floyd cacciò il denaro e con una smorfia lo cedette a Freya.
—Grazie tante, amica.
Non so cosa ci sia di tanto divertente nel mio nome, a parte la stranezza; se vuoi saperlo però, ti dico tutto.
 Bè, i miei genitori mi hanno chiamato così perché mi hanno concepito mentre ascoltavano i Pink Floyd. Non li ringrazierò mai per questo immenso regalo, davvero! —il suo tono era sarcastico e per lo più autoironico.
Ad Alex uscì una risata spontanea. Floyd era una persona stramba quanto il suo nome.
—E la seconda domanda? —Intervenne Freya, continuando a prendere in giro Floyd con gesti buffi.
—Volevo chiedervi quanti fossimo a vivere qui. Siamo solo io, tu, lui, Pincess P e la sua schiavetta o come cavolo si chiamano e mr. simpatia? —
—No, non siamo solo noi. Stai tranquilla, sicuramente conoscerai tutti alla festa di iniziazione fatta in tuo onore. E poi Adam non è malaccio, dai. E’ solo un po’ diffidente. —disse Floyd cercando di trattenersi dal ridere per l’espressione buffa e meravigliata che aveva Alex in quel momento.
—Fe…festa di iniziazione? —
—Non ci credo, Arthur non ti ha detto nulla! E’ anche tardi, devi andare a prepararti! —
—Cos’è questa festa di iniziazione? — domandò Alexandra, confusa.
—Noi la chiamiamo “il cerchio” intervenne Freya, pronunciando quel nome con la tipica voce di chi pronuncia il titolo di un film del terrore per incutere paura.
Sembrava quasi uno di quei ragazzi che raccontavano agli altri amici le storie di fantasmi, puntandosi la luce della torcia sul viso per imprimere meglio nella loro testa la storia e per suggestionarli ancora di più.
—E’ una specie di passaggio del novellino, ma capirai tutto vivendolo. —aggiunse Floyd.
—Perché lo chiamate “cerchio”? —disse Alex, quasi spaventata. Ormai, visti gli eventi, poteva aspettarsi di tutto.
—Ehi, fai tante domande per essere appena arrivata! —urlarono in coro i due ragazzi.
—Bè, si chiama cerchio perché…lo capirai. Non c’è gusto a dirti tutto, meglio la sorpresa! Posso solo dirti che stanotte riceverai un “bodyguard” personale. In realtà il termine tecnico è un altro ma la sostanza non cambia. —
—Io odio le sorprese, e poi…Bodyguard? Cosa?!—rispose Alex, inarcando un sopracciglio.
Alexandra appena smise di parlare percepì una sensazione strana, come se qualcuno la stesse osservando da tempo.
Senza farsene accorgere e fingendo di parlare del più e del meno con i ragazzi, si guardò furtivamente attorno e notò che realmente qualcuno la stava fissando sul ciglio della porta.
Era  un ragazzo alto e biondo, bellissimo, con uno sguardo nocciola che faceva invidia a chiunque.
Aveva un’espressione severa e dura in viso, ma Alex riusciva a vederci solo dolore e disperazione.
Il cuore senza una valida ragione le stava battendo così forte che dovette inspirare ed espirare diverse volte per regolarizzare il battito.
Il suo corpo fu pervaso da un forte calore mai provato prima e da una sensazione strana. Era come se conoscesse quel ragazzo da tutta una vita, come se fosse legata a lui in qualche modo sconosciuto.
Scosse la testa vorticosamente prima di aprire gli occhi, che aveva chiuso senza neanche accorgersene.
Si sentiva stupida e infantile.
Il ragazzo tenebroso si trovava ancora sul ciglio della porta, con sguardo fisso su di lei.
Alex prese coraggio e lo guardò a sua volta.
Ora era scomparso, come se si fosse volatilizzato nel nulla, lasciando dietro di sè solo quella scia di mistero.
—Terra, Terra chiama Nicole!! —Freya riportò Alex alla realtà. Aveva un colorito così pallido che sembrava quasi sul punto di svenire.
—Sembra che hai visto un fantasma! Cosa c’è?—disse Floyd, sventolando la mano davanti il viso di Alex.
—C’è…C’era un ragazzo…Un ragazzo inquietante sulla porta, che mi stava fissando. Mi ha spaventata.—Il cuore di Alex stranamente batteva ancora forte mentre le sue mani erano diventate sudaticce e appiccicose.
—Per caso è alto, biondo e ha uno sguardo da serial killer? —disse Floyd, con sguardo pensieroso.
Alex si limitò ad un cenno della testa, annuendo lentamente.
Ah, allora è James. —disse Floyd con un tono più tranquillo possibile.
—Che…che tipo è James? —chiese Alex, curiosa. Neanche lei sapeva cosa la spingesse a voler conoscere queste cose, ma quella vocina che sentiva dentro la stava incitando a farlo.
—Bè, in realtà non è che lo conosco chissà quanto bene. Non parla mai con nessuno, se ne sta sempre in disparte…ora che mi ci fai pensare, non ho mai neanche sentito la sua voce. Il massimo che ho ricevuto da lui è stato un grugnito per avergli chiesto se volesse una tazza di caffè. —disse il ragazzo, tamburellando le dita sul tavolo.
—Già, l’unico con cui scambia qualche parola è Nathan, un altro ragazzo della fondazione Whisper. E’ davvero un tipo strano—aggiunse Freya, grattandosi la nuca.
Floyd improvvisamente guardò l’orologio che aveva al polso e una piccola ruga gli nacque tra quelle grandi sopracciglia.
—E’ davvero tardi. Ora basta domande, vai a prepararti per la festa! —Floyd prese per il polso Alex e cominciò a trascinarla con sè. Salirono velocemente delle larghe scale in legno fino ad arrivare ad una camera con i muri color celeste.
—Questa è la mia camera e tu dormirai con me. Non sembra ma Arthur è un uomo all’antica. Ci dice sempre che “le femmine dormono con le femmine e i maschi con i maschi” a parlare fu Freya, ripetendo quella frase a mo’ di cantilena perché l’aveva ascoltata fino alla nausea. —Finalmente dormo con qualcuno, non puoi capire come mi sentivo sola! —aggiunse la ragazza, gettandosi a capofitto sul letto.
—Quello—indicò con il dito l’altro lettino che si trovava nella stanza—sarà il tuo nuovo “angolo di pace” e quello—spostò il dito di qualche centimetro a sinistra—è il bagno. Questa è l’unica stanza che ne possiede uno, poi ci sono i due in comune. Siamo fortunate! —.
Freya si alzò dal letto, raggiunse Floyd, che si trovava accanto a quel divanetto bianco vicino al muro della camera e improvvisamente si avvicinarono ad Alex, stringendola in un abbraccio.
—Benvenuta all’orfanotrofio Whisper! —.
 
 
 

⇝Ω⇜

 
 
—Ben fatto Iuppiter. Ben fatto. Hai portato la ragazza, come ti avevo chiesto. —Una figura incappucciata apparve improvvisamente di fronte Iuppiter, il quale sembrava abbastanza teso e turbato.
—Ho…Ho fatto ciò che mi ha chiesto, capo. —Iuppiter si inchinò, cercando di non tremare.
—Hai fatto un ottimo lavoro. Un ottimo lavoro. —disse la persona incappucciata, dando dei piccoli colpetti sulla spalla del veggente come segno di riconoscimento.
—Se mi permette, capo… Che cosa ha in mente per lei? —disse Iuppiter, mordendosi quasi la lingua.
—Oh…cose che neanche immagini…Cose che neanche immagini mio caro…—.
La figura scomparve, lasciando Iuppiter nel silenzio tombale di quella particolare sera, sera in cui tutto per Alex sarebbe cambiato.
 
 
 

   
 
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