Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Ellery    15/12/2016    0 recensioni
Alla Festa d’Inverno mancavano soltanto ventiquattro giorni e lui non aveva preparato nemmeno un regalo. Era usanza che ci si scambiasse doni, durante il pranzo, per testimoniare l’affetto alle persone più care. L’anno scorso, aveva cucinato dei biscotti per tutti, racchiudendoli in graziosi sacchettini di raso rosso. Quest’anno, tuttavia, era a corto di idee
Ff scritta per la Challenge Natalizia indetta dal gruppo "Il Giardino di efp". Come un calendario dell'avvento, per ogni giorno ci sarà un prompt da scoprire (spero di riuscire a farli tutti, anche se sicuramente finirò in ritardo) PROMPT: Maglione.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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14/12 – Davanti al caminetto
 

Levi si accomodò sul divanetto, studiando la figura accanto a sé. Erwin era rimasto stranamente silenzioso per tutto il tragitto, con il capo chino e la mente persa in chissà quali oscuri pensieri.

Dopo circa mezz’ora di cammino a passo svelto, erano arrivati alla caserma. Le sentinelle avevano immediatamente schiuso il cancello ed il portone, permettendo ai superiori di raggiungere i corridoi interni, dove un tepore aleggiava ancora lungo i muri di pietra.

Non si erano fermati neppure in refettorio: Erwin aveva preferito salire immediatamente nel suo ufficio e lui lo aveva seguito. Aveva messo ad asciugare i mantelli e gli stivali inumiditi dalla neve, prima di tornare alle sue faccende: tenere in ordine quel posto era un’impresa, senza dubbio. La scrivania era ancora ingombra di carte ammucchiate alla rinfusa, tra i calamai semi vuoti e le penne dalle punte seccate. Due lunghe librerie correvano lungo le pareti principali, strabordanti di libri sistemati secondo autore, genere e dimensione. A destra, oltre un tappeto elaborato, un camino acceso scoppiettava allegramente, indorando la stanza con i riflessi del fuoco.

Erwin si era seduto proprio davanti a quest’ultimo, sul sofà di stoffa rossa. Aveva preso un volume e lo aveva aperto sulle ginocchia: teneva gli occhi incollati alle pagine, che mai voltava. Era come se stesse fingendo di leggere, probabilmente per evitare qualunque domanda.

Se pensava di cavarsela così, comunque, si sbagliava. Non gliel’avrebbe fatta passare liscia: dopo aver speso tutto il pomeriggio a cercarlo, meritava almeno delle risposte. Cosa era successo in quella casa? Perché la donna si era profusa in tante scuse e perché il comandante si era chiuso tanto in sé stesso? Aveva persino rifiutato i suoi blandi tentativi di conversazione.

Si accucciò sui cuscini morbidi, incrociando le gambe:
«Sei troppo silenzioso» attaccò, studiando l’altro con attenzione; non lo vide neppure rialzare lo sguardo «Cosa c’è che non va?»

«Niente»

«Non è vero» quell’ostinazione cominciava ad infastidirlo «Perché non ne vuoi parlare?»

«Diresti che sono fesserie» lo vide chiudere il libro e sbuffare, come se stesse lentamente cedendo «Tu pensi che io sia uno squilibrato?»

«Tanto normale non sei, in effetti…»

«Grazie. Il tuo sarcasmo era proprio ciò di cui avevo bisogno»

La copertina rigida tornò ad aprirsi, ma lui fu più svelto; allungò un braccio, premendo le dita su quelle dell’altro, bloccando quel movimento:

«No! Adesso mi dici cos’hai! Perché questa domanda?»

«La signora di prima, quella che ci ha dato il pane con le noci… beh, è certa che siamo una manica di pazzi. Non crede assolutamente nella Legione, né nei nostri ideali. A dirla tutta, ci considera uno spreco di tempo» un ciondolare del capo, come se la verità fosse troppo scomoda ed indigesta «E pensa che io sia un poco di buono. Una persona crudele e senza rimorsi»

«Quando te lo ha detto?»

«Poco prima che arrivassi tu»

«Pensi di ascoltarla? Ha detto solo un mucchio di stupidate.»

«Non è vero e lo sai benissimo anche tu. Quanti la pensano così? Troppi! Come possiamo combattere i giganti, se nessuno crede in quello che facciamo? A dirla tutta, inizio a non crederci più nemmeno io.» lo sentì rabbuiarsi nuovamente «Le persone non vedono in noi una speranza, ma solo dei parassiti che sperperano denaro e vite. Se il Corpo di Ricerca smettesse di esistere, non importerebbe a nessuno. Anzi, probabilmente sarebbero tutti più contenti e sollevati: i nobili non si troverebbero costretti a elargire finanziamenti per fingere di voler sostenere una buona causa; il popolo non si sentirebbe derubato e le madri non dovrebbero più piangere i figli dispersi chissà dove.»

«E condannare l’umanità ad una eterna prigionia?» Levi allungò le mani verso il fuoco. Iniziava a fare decisamente freddo in quella stanza. La temperatura esterna era calata ancora e qualche spiffero iniziava a sibilare da sotto i bordi delle finestre chiuse.

«È quello che desiderano. Chi sono io per obbligarli a vivere fuori dalle mura? Alla maggior parte della gente non interessa affatto quello che facciamo. Per loro, siamo soltanto uno spreco. Che senso ha proseguire?»

«Non posso credere che tu stia dando retta a discorsi tanto sciocchi. Hai parlato con una massaia che aveva voglia di chiacchierare a vuoto, anziché dire cose sensate. Non dovresti darle troppo peso»

«Perché no? Dopo tutto, rispecchia perfettamente quei cittadini che ci detestano. Li senti anche tu, no?, quando rientriamo dalle spedizioni. Non importa quanto guadagniamo ogni volta o quanto la formazione a lunga distanza abbia ridotto le perdite: ci vedono come degli idioti che rischiano inutilmente la vita e che campano sulle loro spalle; se anche morissimo tutti, non ci piangerebbero. Al contrario, sarebbero sollevati, convinti che l’alta tassazione serva a finanziare le nostre scampagnate.»

«Ma non è così…»

«Noi lo sappiamo, ma loro no! Ha senso continuare una lotta in cui nessuno crede più?»

Si strinse nelle spalle, senza trovare una reale risposta. Comprendeva i sentimenti del comandante, ma non riusciva a condividerli: combattere per un’umanità che non desiderava essere salvata era frustrante. Che altro potevano fare, allora? Arrendersi non era certo una soluzione:
«Sbagli» sussurrò, infine «Qualcuno ci crede ancora. Io, Hanji, Mike, Nanaba, la mia squadra, i tuoi soldati. Noi ci crediamo. Conta così poco la nostra opinione?» lo vide abbozzare un leggero sorriso «Non siamo i soli a voler scappare da questa gabbia, anche se spesso non abbiamo il coraggio di ammetterlo; di alzarci in piedi, portare il pugno al cuore ed essere disposti a immolarci per un disegno più grande ed ambizioso. Tutti desiderano un mondo libero, ma pochi sono disposti a rischiare per ottenerlo. Tutti sognano di poter, un giorno, varcare le mura senza il terrore d’essere divorati o di veder morire i figli, gli amici, i vecchi compagni, ma nessuno vuole ad ammettere che, per ottenerlo, è necessario sacrificarsi»

«E se vi ingannassi? Se non esistesse alcuna volontà di salvare l’umanità? Se vi fossero solo le ambizioni personali di un folle che desidera scoprire la verità?»

«Farebbe differenza? La verità non la troveremo certo rimanendo chiusi dentro a queste mura. Non c’è niente qui, se non il ripetersi monotono dei giorni. Che cosa faresti, se non fossi il comandante della Legione? Te ne staresti chiuso in casa ad ammirare quei quattro mattoni che ci circondano? Non credo proprio! Ti conosco e quella vita ti starebbe troppo stretta. Scoveresti comunque un modo per uscire, per inseguire la verità che si nasconde all’esterno.»

«Se non fosse quello che aspettiamo da tempo? Ci hai pensato? Se oltre le mura non ci fosse nulla per cui valga la pena combattere… avrei solo sprecato vite inutilmente.»

«Non puoi saperlo a priori; puoi solo scegliere se andare avanti oppure gettare la spugna e rinnegare ciò che hai fatto fino ad ora. Sappi, però, che in quest’ultimo caso non avrai il mio appoggio, né il mio perdono.» Levi si alzò, scivolando verso una cesta lasciata in un angolo. Recuperò una larga coperta di lana, tornando poi sui propri passi «Vuoi davvero abbandonare tutto, Erwin?»

Lo vide scuotere lentamente il capo:
«No, ma…»

«È sufficiente!» lo interruppe, sollevando frettolosamente la mancina. Non gli avrebbe permesso di rimangiarsi ancora le parole. «Non intendo sentire altri inutili vaneggiamenti. Non per questa sera, almeno…»

Scivolò accanto al comandante, appoggiando la testa alle gambe robuste. Stese la schiena sui cuscini, flettendo le ginocchia ed avvolgendosi nella trapunta. Fissò sottecchi il viso dell’altro, studiando silenziosamente la mandibola robusta e quel lieve accenno di barba che tingeva le guance. Sollevò l’indice, percorrendo il profilo dell’osso sino al mento, aggiungendovi soltanto un:
«Devi raderti»

«Non vuoi proprio darmi tregua?»

«Non oggi» sibilò, fissando qualche attimo gli occhi azzurri abbassati al suo volto «Il tuo caminetto non scalda abbastanza, lo sai? Secondo me, dovresti farlo pulire» aggiunse, sforzandosi di cambiare nuovamente discorso.
Allungò la mancina, recuperando a tentoni il libro di poco prima:
«Leggeresti qualcosa?»

«Non credo ti potrebbe piacere»

«Non mi importa. Voglio solo sentirti leggere.»


 

Sono in ritardo, ma sto recuperando (pian pianino): questo è il prompt di ieri. Ho scelto una immagine con un caminetto acceso e... niente, li ho immaginati così. è un tentativo di proseguire, almeno in parte, la ff precedente ^^
E... finalmente sono riuscita a scrivere una micropunta di eruri (per la gioia di Auriga *_*)
Grazie infinite e alla prossima,

E'ry
  
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