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Autore: yo_ki_min    16/12/2016    1 recensioni
Katsuki Yuri è un ansioso cronico. Victor Nikiforov non prova più la stessa passione che provava prima nel pattinare. Scoprono di poter risolvere i loro problemi lavorandci su, assieme.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti, Victor Nikiforov, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Victor non ha mai cessato di sorprendermi. Ogni sua esibizione mi ha sempre tenuto con lo sguardo incollato allo schermo e il fiato sospeso. Ogni sua intervista mi ha incuriosito e appassionato, portandomi a desiderare di conoscere l'uomo che si cela dietro il campione. Ogni sua vittoria mi ha entusiasmato come se fosse mia. Ogni sua abilità, ogni suo successo mi ha spinto ad emularlo.
 
E anche l'emularlo ha portato nuove sorprese, nuovi imbarazzanti stupori. Chi si aspettava che la mia modesta scopiazzatura del suo grandioso programma sarebbe stata strappata dall'ambiente intimo e circoscritto a cui l'avevo destinata, per essere consegnata al vasto pubblico della rete? Chi avrebbe mai immaginato che i miei rivali e compagni pattinatori l'avrebbero visto?
 
Ma niente, niente, niente avrebbe potuto prepararmi alla sorpresa che Victor aveva in serbo per me quest'oggi. Infatti non riesco a crederci. Non riesco a crederci e non riesco a smettere di sorridere e il mio cuore non smette di battere all'impazzata e non riesco a pensare a nient'altro, a niente e nessuno. Penso solo a lui, a lui, a lui.
 
Victor è qui.
 
In questo momento. Proprio ora. A pochi passi dalla mia stanza. Potrei alzarmi dal letto, aprire la porta, percorrere il corridoio e arrivare nella stanza in cui dorme. Potrei svegliarlo, e chiedergli se questo sia forse un sogno. Potrei toccarlo, per scoprire se è reale. Potrebbe essere qui con me in questo istante. Addormentato al mio fianco, potrei sentire il suo respiro e scoprire che no, non è un'immagine su un poster, non è uno spirito incorporeo, e non è nemmeno un dio. Potrei scoprire che Victor è un'entità terrena e mortale, proprio come me, come mia sorella e i miei e Celestino e Yuko e Vicchan.
 
Ma non riesco. Non riesco a immaginarlo simile a me. Non riesco a pensare che proprio ora, in questo momento, potrebbe avere fame, o che so, l'insonnia, o essere triste. Per me lui è un simbolo, un emblema; l'emblema del pattinaggio, della gloria, della fama, dell'abilità. Della perfezione. Per me non è umano. L'ho sempre pensato come assolutamente perfetto e astratto, irragiungibile. E se è astratto, allora questo è tutto uno scherzo. Allora quello non è davvero lui. Allora è qui per sbaglio. Allora sarà qui per umiliarmi, o prendersi gioco di me. Allora è qui per noia, per turismo, per caso. Allora non è qui.
 
La verità è che non so perché, non so perché è qui, e questo mi spaventa, perché è qualcosa su cui non ho il minimo controllo. Non so cosa ha determinato il suo arrivo, quindi non so come farlo restare. Ho paura di sbagliare, di commettere un errore e di perdere questa opportunità che non avrei mai immaginato possibile nemmeno nei miei sogni più audaci. Ho paura e sono felice, sono felice e non voglio non esserlo, non voglio scoprire che tutto è sbagliato o falso. Che c'è stata un'incomprensione, tanti saluti e addio. Sono felice e ho paura.
 
Inizio a cedere al sonno, e sono mezzo intontito quando sento un peso familiare balzare sopra il letto.
 
"Vicchan?"
 
Sento il pelo morbido e caldo e due zampe sul petto. Il muso umido del cagnolone ispeziona il mio volto. Non è Vicchan, naturalmente. Ma gli somiglia talmente tanto che mi sembra di conoscerlo da sempre. Pensare a Vicchan mi fa sentire nostalgico, e triste. Penso a come non potrò mai più rivederlo. A come una parte importantissima del mio passato sia stata spazzata via in un attimo e a come io non fossi con lui, a dirgli addio, quando è successo. Il rimorso mi riempie la mente e il mio cuore si fa pesante. Il mio cervello continua a percorrere senza sosta quella spirale di pensieri angoscianti che da molte notti mi impediscono di dormire. Penso a quanto la vita sia bella e drammatica allo stesso tempo, a tutto ciò a cui tengo e che potrei perdere. Penso a Victor, e che lui è qui, a pochi passi dalla mia stanza, e che potrei alzarmi, percorrere pochi passi e…
 
"Makkachin, no!"
 
Mi strappa le coperte di dosso e corre fulmineo fuori dalla stanza, trascinandole con sé. Lo rincorro, cercando di fare meno rumore possibile e di non sbattere ovunque (arduo compito, senza occhiali e al buio).
Questo cagnolone ha una forza bestiale e una rapidità impressionante! Ma io gli sto dietro, e l'ho quasi raggiunto, quando si infila di scatto in una stanza dalla porta socchiusa, che io spalanco completamente esclamando (sottovoce) "Preso!"
 
Sto per afferrare un lembo del lenzuolo quando sento mugugnare una parola in una lingua che non è giapponese, da qualcuno che sicuramente non è un cane.
 
Proprio davanti a me, accanto alla sagoma pesante di Makkachin, c'è Victor. Il suo corpo è illuminato da un raggio di luna, ed è così delicato e perfetto che sembra dipinto. Ma poi si muove, si rivolta fra le coperte –borbottando spezzoni incomprensibili di frasi- e non posso più paragonarlo ad un'opera d'arte, no, perché è vivo e respira e nessun quadro potrebbe nemmeno lontanamente rappresentare una bellezza così mozzafiato.
 
Il suo sonno è tranquillo, e l'atmosfera è così pacifica che non sto più a pensare dei se e dei ma, di cosa potrebbe succedere se si svegliasse in questo momento e mi trovasse qui accanto a lui, a guardarlo dormire. Tutto è così assurdo e incredibile che non mi sento nemmeno me stesso nell'avvicinarmi, nel chinarmi su di lui, nell'osservarlo da vicino, così vicino che posso contargli ad una ad una le ciglia grigie. Non c'è più nessun altro nella casa, e forse nel mondo. Non ci sono più io. Per un attimo, c'è solo lui.
 
Starei a guardarlo per ore senza stancarmi. Il volto pallido, i capelli luminosi, la mandibola tagliente. Il collo scoperto, e una spalla che sbuca tentativa dalla veste che copre la sua nudità. Pensavo di sapere com'era fatto, dai poster e dalle riviste, pensavo che fosse meraviglioso in quella sua versione bidimensionale, piatta. Ma poi l'ho visto dal vivo e ho scoperto che c'era molto, molto di più.
 
Mi rendo conto che non vorrei mai smettere di scoprire e conoscere nuovi dettagli, che voglio sapere com'è la sua voce quando ride, quando è nervoso, quando è triste perché ha nostalgia di casa. Voglio sapere qual è il suo cibo preferito e quale materia odiava a scuola. Qual è l'ultimo libro che ha letto e l'ultimo film che l'ha fatto commuovere, voglio sapere se è agitato prima di una gara o se stare sul ghiaccio lo rende euforico. Voglio sapere tutto questo, e molto altro. E mentre prima avevo paura, adesso provo solo il brivido del rischio, l'eccitazione di chi finalmente si decide a osare.
 
Non mi domanderò più perché Victor mi abbia scelto. Ho ancora paura della risposta, e non voglio pensarci. Forse, più avanti, ne avrò il coraggio.
 
Per adesso, poterlo avere accanto è tutto ciò che mi basta.
  
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