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Autore: Cassie chan    22/05/2009    9 recensioni
ATTENZIONE: non tiene conto degli eventi del settimo libro...!!Sono passati alcuni anni dalla fine della guerra, ed Hermione Jane Granger vive estromessa dal suo mondo, quello della magia, a causa di una condanna ricevuta tempo prima. Fidanzata delusa, disoccupata cronica, cinica perenne, Hermione ormai dispera dell'arrivo del principe azzurro. Ma quando arriva, non è facile riconoscerlo nelle fattezze affascinanti ma DECISAMENTE irritanti di Draco Lucius Malfoy, specie se babbano anche lui... ma la vita è decisamente strana e può anche capitare che ci si imbatta in una piccola fiaba, proprio quando si credeva di vivere in un incubo...:) PUBBLICAZIONE CAPITOLO 51 : 14 LUGLIO 2020
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Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Lavanda Brown, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'THE "HAVE A LITTLE FAIRY TALE" SAGA. ' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Capitolo 6 - Love will tear us apart… do you love somebody now

Capitolo 6 -  Love will tear us apart… do you love somebody now?

 

 

 

Lo soppeso tra le mani, a disagio, non mi dà una bella sensazione e mi sono fin troppo abituata a dar peso al mio istinto. Sono uscita viva da Voldemort grazie ad esso, quindi, nonostante la mia razionalità strabordante, cerco di accondiscenderlo quanto più sia possibile. E, tanto per chiarire, adesso non ho assolutamente una bella sensazione. Chi me lo potrebbe aver mandato? Ginny… no, ci siamo sentite ieri. Harry? Anche lui l’ho sentito ieri… Ron? Lavanda? In questo caso lo getto all’aria… Neville? Seamus? Calì? Luna ? Non mi viene in mente nessun’altro che sia lontano a tal punto da non potermi venire a trovare per consegnarmi qualcosa. Scarto il pacco con foga, la curiosità che vince sull’analisi. Il contenuto si rivela essere un ulteriore scatola rossa. La apro e ne osservo l’interno, restando basita. Mazzetti di banconote. Tantissimi. Per un momento, li guardo avida, Dio solo sa quanto mi farebbero comodo… magari ho vinto una qualche lotteria magica, o quel coupon del Settimanale delle Streghe che ho mandato per un concorso mesi fa… che scema, ma lì si vinceva una piastra Autostirante, non soldi! Non così tanti! Scuoto la testa, ci deve essere un errore. Forse Harry ha scoperto che non ho ancora un lavoro e mi vuole aiutare… che schifo, però, così sembra un’elemosina. No, non è da Harry. Ma allora chi? E se fosse il frutto di qualche traffico illecito? Forse non è per me, ma per una mia omonima, invischiata in qualche losco giro di affari e scommesse. O mio Dio, magari quelle due teste calde di Fred e George si sono messi a scommettere con qualcuno, utilizzando il mio nome come pseudonimo! E questa è la somma pattuita! Prima di immaginare feroci killer e un traffico internazionale di scope da corsa, scavo con le mani nella scatola, cercando qualcos’altro. Ed è allora che ci trovo due chiarissimi indizi sull’identità del mittente. Non ci sono dubbi, è proprio per me. Trovo una piccola busta bianca chiusa con il sigillo del Ministero, oltre che uno spesso braccialetto d’argento. Le mie mani si fanno gelide, mentre lo afferro con le dita, posando incurante la scatola per terra. Tremante, lo volto per osservarne l’altro lato, dove c’è una piccola piastrina di metallo piatto e liscio. H.J.G sospiro, le mie iniziali… se mai avessi avuto il minimo dubbio…

“Ginny, non so che cosa regalare a Dean per Natale! Aiutami, ti prego! Devo anche spendere poco… insomma, sono nella bip fino al collo… hai qualche consiglio?”.

“Il nostro primo Natale assieme, io gli regalai… una bella nottata!”.

“Smettila! Possibile che tu sia sempre così poco originale? Che c’è, Harry non ti soddisfa e, per compensazione, devi sempre ricordare le tue appassionate nottate con il mio ragazzo??!!”.

“Scusa, scusa, quanto sei puritana!”

“- - - - ”.

“E poi quello sarebbe davvero un regalo low cost…!”.

“Ginny, insomma smettila!”.

“Quanto sei suscettibile!”.

 “E comunque sarebbe anche il regalo che gli faccio ogni sera…”.

Ahaha… Hermione Granger esce allo scoperto… dietro quella facciata da mangialibri, si nasconde un’anima caliente… e poi sarei io la perversa!”.

“Comunque, mi sono sopravvalutata… non è ogni sera… cioè, insomma, tre sere no ed una sì… ma che cavolo sto dicendo? Ti sto anche a raccontare queste cose!”.

“Herm, stai facendo tutto tu…”.

“Quindi, posso smetterla da sola… allora… che cosa diamine regalo a Dean?”.

“Fammi pensare… sai che cosa potrebbe essere carino?”.

“No, per questo te l’ho chiesto… a Ron andava bene sempre un ulteriore pezzo della divisa dei Cannoni…”.

“A Main Street, c’è un negozio di bigiotteria. Fa braccialetti d’argento con delle incisioni… sarebbe una bella cosa se ne facessi uno con le tue iniziali, no? O con il giorno che vi siete messi assieme…”.

“E’ vero! E’ una bella idea! Delle iniziali, il giorno non lo so proprio… conterà la prima volta, il primo incontro o quando siamo usciti assieme la prima volta? Insomma è un punto controverso!”.

“Sei tu la controversa, Herm…”.

“L’idea te l’ha data Ronald, vero?”.

“Ron? E lui che c’entra, scusa?”.

“La collana per Lavanda quella con l’incisione… quella che io ho a casa… scommetto che l’aveva fatta lì…”.

“Posso dirti una cosa? Alle volte dovresti essere un po’ più stupida…”.

Stringo forte il braccialetto tra le mani, Dean non se ne è mai separato da quando glielo ho regalato. Quando glielo diedi, commentò ironico che Lavanda gli regalava solamente notti di sesso sfrenato. Sesso a Natale, per il suo compleanno, per il loro anniversario, insomma sempre… mi baciò dolcemente e io lo abbracciai forte. Mi urlai nel cervello il perché non mi riuscissi ad innamorare di lui, era una consuetudine della mia mente nei bei momenti.

Dean non ci avrebbe rinunciato mai… lo teneva anche quando faceva la doccia… il mio bracciale…

Stringendolo sempre tra le dita, apro con le mani tremanti la busta di carta bianca. Contiene un piccolo foglio di colore giallo, poche righe ed una grafia disordinata. La stessa dei post it sul frigorifero. Herm mi sono dimenticato di comprare la carne. Ci pensi tu? Grazie, piccola. La stessa sul contratto della casa, accanto alla mia. Dean Angelus Thomas. E la sensazione mi suggerisce che sarà l’ultima volta che vedrò questa grafia, che la sfiorerò con le mie dita e che riuscirò a decifrarla, nonostante a tutti sembrino geroglifici.

Alex mi ha detto che mi hai cercato e che eri preoccupata. Non volevo farti stare in pensiero, ma avevo bisogno di riflettere da solo. Herm, ci ho rimuginato su tutta la notte. Pensaci sinceramente… mi hai mai amato? In realtà, avevi solo paura di stare sola e io ci ho marciato su. Magari per lo stesso identico motivo, perlomeno all’inizio.

Ho preso già la mia roba da casa… ti sembrerà codardo, ma non avevo voglia di salutarti. Dei due quella forte sei sempre stata tu, se t’avessi vista, non ce l’avrei fatta. Sto andando in Francia… ho avuto una promozione,lo sapevo da giorni, ma volevo rifiutare. Adesso le cose sono cambiate, quindi credo che sia la scelta migliore per entrambi. Tornerò fra tre mesi. I soldi sono per pagare i prossimi cinque affitti della casa. Non ha sbagliato nessuno dei due, almeno singolarmente. Abbiamo sbagliato entrambi, assieme, ognuno a suo modo. La cosa era già sbagliata dall’inizio. Siamo andati a letto assieme per fare dispetto a Ron e Lavanda. Io mi sono innamorato di te e tu no, non ne hai che colpa. Razionalmente mi dico questo, ma al momento ti darei tutte le colpe del mondo, quindi per un po’ è meglio che non ci sentiamo…

Perdonami. Dean.

Assurdamente cerco qualcos’altro nella busta, sicura che il messaggio non possa essere solamente questo. Dopo un anno e più, non può essere solamente questo. Scavo nella busta convulsamente, fino a romperla e strapparla tra le mie dita per la troppa foga. Pezzi di carta volano via nel turbine del vento. Non c’è più niente. In tutti i sensi. Qualcosa mi colpisce sul viso, pioggia. Sta piovendo, l’acqua scende piano dal cielo grigio, per poi diventare un acquazzone. In pochi secondi, mi bagna completamente… la gente corre per strada, riparandosi come meglio riesca, le cartelle e le borse sul capo, ed invece io me ne rimango ferma, incurante persino della scatola piena di soldi che sta prendendo acqua. Le getto uno sguardo distratto, poi le do le spalle, continuando a stringere nella mia mano solo il braccialetto e la lettera. Cammino piano, i piedi zuppi a causa dei sandali aperti, il vestito che adesso aderisce scomodo alla mia pelle, i capelli che fanno scivolare lunghi rivoli gelati lungo le mie spalle ed il mio collo. La scala antincendio… mi ci appollaio sopra, stringendo al petto le mie ginocchia. Arriva meno acqua, qui. La guancia premuta sulla gamba, piegata in due, osservo la scatola rossa inzupparsi d’acqua, il rumore dei tuoni che ingombra le mie orecchie che fischiano. Prego Dio… prego Dio perché mi faccia piangere, urlare, gridare, arrabbiare, ed invece niente, nulla. Solo un fastidioso ronzio nelle orecchie, gli occhi che pizzicano un po’ e la gola che mi fa male. Un buco nero. Possibile che io non senta niente? Poggio la fronte sulle gambe, mi fa male qualcosa dentro, ma che cosa sia non lo so. Il cuore? O lo stomaco? Non lo so, non lo so, è orribile che io non lo sappia. È orribile che mi abbiano lacerato la carne viva e che io veda il sangue, ma che non provi dolore. La mia mano continua solo a stringere il braccialetto e la lettera, che adesso scolora bagnata. L’inchiostro violaceo sporca le mie dita, le pulisco distrattamente sul vestito azzurro, lasciandovi un alone. Impreco tra me e me, accorgendomene.

Fastidio.

Poi…

Questo vestito me l’ha regalato Dean.

Due anni fa. Glielo consigliò Ginny. Macchie di vita nella mia retina. Il maglione rosso a collo alto troppo piccolo. il mio compleanno. L’anello con parti in nichel, a cui sono allergica. Natale. I cioccolatini alla menta che detesto. Il nostro anniversario. Il vestito azzurro. Il mio onomastico. Un anno. Un anno di ricorrenze, un anno di regali. 

Torna persino la margherita gialla che mi portò a Firenze, quando mi venne a prendere.

Nel mare di gocce fredde che mi circonda, nel mare di pioggia che mi sommerge, una minuscola gocciolina calda accarezza la mia guancia, morendo nei miei capelli.

Brucia come l’inferno.

Brucia come la consapevolezza che ora, solo ora, mi sono resa conto che tutte queste cose… io le so.

Le ho sempre sapute. Le conosco. Le ho ignorate, tralasciate, abbandonate, trascurate, lasciate indietro.

Ma c’erano, ci sono sempre state. 

Come Dean.

Tutto ora mi colpisce come la risacca di un mare nero di gennaio.

Mi manca il respiro, ora, mentre quel maremoto mi scardina dalle mie fondamenta.

E il dolore, ospite non richiesto e molesto, arriva e mi colpisce il viso. Dolore… il dolore non arriva mai da solo, ha sempre buona compagnia. Deve essere simpatico, a molti.

Dolcezza. Non volevo farti stare in pensiero… non importa, basta che non ti sia successo niente.

Angoscia. Mi hai amato? … ti voglio bene… enormemente… non è sufficiente questo?

Ammissione. Avevi solo paura di stare da sola e io ci ho marciato su. … lo so, ho sempre il terrore di restare sola…

Rabbia. Ti sembrerà codardo… non sembra, è codardo… dopo un anno assieme, come puoi trattarmi così???!!!

Paura. Sto andando in Francia… te ne vai? In Francia? E per quale ragione? Tu non puoi lasciarmi…

Irritazione. Credo che sia la scelta migliore per entrambi… che diamine ne puoi sapere tu?!

Spavento. Tornerò fra tre mesi… tra tre mesi… novanta giorni… sarai sotto un altro cielo…e io qui…

Umiliazione. I soldi sono per pagare i prossimi cinque affitti della casa… posso farcela, non sono la tua mantenuta…

Senso di colpa. Io mi sono innamorato di te e tu no… lo so quanto ci tieni a me, ma non è stata colpa mia se…

Consenso. Al momento ti darei tutte le colpe del mondo… e credo che ne avresti ragione…

Una nuova lacrima scivola lungo le mie ciglia, rotolando per la guancia fino a bagnare inutilmente la stoffa del mio vestito. Inutilmente, per tutta una serie di ragioni. L’abito è bagnato zuppo, quindi quella goccia non fa nessuna differenza. Inoltre le mie lacrime hanno sempre la precipua caratteristica di essere inutili. Una lacrima non è mai utile in fondo. Sarebbe utile solamente se ora qui ci fosse Dean, se lui mi vedesse piangere, se questo gli facesse cambiare idea. Ma perché, poi? Se lo meriterebbe? Si meriterebbe di rimanere ancora con me? Per la prima volta nella vita, non è perché ritengo di essere superiore a lui e quindi penso che per lui sarebbe un enorme privilegio anche solo toccarmi, non è questo. Assolutamente. Per la prima volta, non lo è. Credo che non se lo meriterebbe, perché nessuno se lo merita.

Soffrire, aspettando che una persona si innamori di lui. Aspettando che io mi innamori di lui, facendolo continuamente sentire, nell’improbabile classifica in cui ho catalogato gli uomini della mia vita, sempre e per sempre agli ultimi posti.

Dopo Ron, ovvio. Dopo Harry, intuibile. E poi dopo Viktor, dopo Neville, e chissà chi altro.

Gli ho fatto male, giorno dopo giorno, e nemmeno me ne sono preoccupata. Come ho trascinato avanti per inerzia la mia vita da quella maledetta condanna, così ho preteso di farlo per la sua. Per la nostra. Soltanto perché, in un minuscolo istante, ci ho creduto davvero a me e a lui assieme ed ho elevato a valore immutabile quella scoperta evanescente.

Un giorno ci ho creduto e questo è stato sufficiente. 

E’ stato sufficiente.

Mi passo le mani tra i capelli bagnati, tirandoli indietro con le dita. Come sempre, merito una bella E per la mia spiegazione razionale. E questo fa più schifo di tutto il resto, io mi faccio più schifo di tutto il resto. Tento ancora di cercare delle scuse al mio comportamento, le confeziono perfette e così perdono me stessa.

Mi perdono…

Stringo forte il bracciale tra le mani, congiungendole nel mio grembo e piegandomi su di esse. Avverto dolore, fortissimo, il petto squarciato. La diagnosi è corretta, è il cuore a fare male. Il mio cuore gelido, il mio cuore fatto di ragionamenti e pensieri, il mio cuore vecchio, come diceva la Cooman. Ma è sempre il mio cuore a fare male. Mi conforta un po’, ma non mi merito sollievo, lo scaccio da me, non ho bisogno di ristoro. Sono io quella con i problemi, quindi il mio ristoro è solo uno stupido placebo che la mia mente crea, ma che in realtà è solo dannoso.

Sono solo io quella con i problemi, nessun’altro ce li ha invece. Né Dean, né Ron e nemmeno Lavanda.

Sono solo io quella con i problemi, nessun’altro.

Come una manna del cielo, finalmente scoppio a piangere, affondando il viso nelle mie braccia incrociate.

 

 

“Hermione?”.

Sollevo il viso dalle braccia, non so nemmeno io quanto tempo sono rimasta così. Guardo distrattamente in alto, continua a piovere, ma i lampioni attorno a me sono accesi. E’ sera. Forse è già notte, chi lo sa.

Mi passo una mano sulle guance ancora bagnate, bruciate dal sale delle lacrime. Il mascara sciolto sporca le mie dita, cerco di pulirmele, ma mi accorgo che stringo ancora il bracciale di Dean. Come se mi risvegliassi da un’anestesia, mi ricordo tutto, di nuovo, fa tutto di nuovo male come una botta in testa. Mi manca il fiato. Da pazza visionaria, cerco i segni che quella cosa sia davvero successa. Il biglietto è affondato in una pozzanghera, ai piedi della scala, l’acqua è diventata colorata e la scrittura è sparita. La sua grafia è sparita. Il labbro inferiore prende a tremarmi e so che non è per il freddo, almeno non solo per questo. Ora ricordo perché ho sempre detestato piangere, faccio fatica a cominciare, ma quando inizio, ci prendo gusto e non la smetto più. Tiro su con il naso, cercando di trattenermi, e volgo il viso altrove.

Ovviamente la scatola è sparita. Come potevo pensare altrimenti? Era gonfia di soldi, io non me ne sono minimente resa conto o preoccupata, come sempre. Come altre milioni di cose. Insomma, il solito. Una lacrima scende ugualmente lungo il mio viso, non riesco a fermarla. Con ostinazione, mi stringo ferocemente il labbro inferiore tra i denti, facendomi male e tentando di fermarla con il dolore. Fermare il dolore con il dolore. Che scema… una forza uguale ma contraria applicata in senso opposto… la fisica dovrebbe darmi ragione, ma mi sa tanto che invece la vita è completamente diversa. Guardo il bracciale ancora nelle mie mani, che ne farò? Lo metterò accanto alla collana sottratta a Lavanda? Un ulteriore monito per un errore nuovo e vecchio, che puntualmente rifarò? Come una gazza ladra, ammonticchio oggetti luccicanti nel mio nido, salvo poi rendermi conto che sono mere patacche da due soldi. Non valgono niente.

“Hermione?”. Allora, la voce non me le ero sognata… sollevo il viso, incontrando due chiari ed intensi occhi verdi che mi scrutano preoccupati.

“Seth?” mormoro, la mia voce suona rotta e roca, nonostante abbia cercato di tenerla ferma.

Lui annuisce e mi guarda ancora preoccupato, è fermo sulla porta che conduce al pub, riparato dalla tettoia che sta proteggendo anche me dalla pioggia, credo ormai da diverse ore. Tiene nelle mani un sacchetto d’immondizia, evidentemente sta uscendo fuori la spazzatura. Ma che ore saranno?

“Tesoro, che ti è successo?” mi chiede dolcemente, abbandonando il sacchetto e chiudendo la porta.

Mi serro nelle spalle, chiudendo repentinamente gli occhi. In quel frangente, lui ne approfitta per sedersi vicino a me.

“Nulla…” sussurro, niente, la mia voce non ne vuole sapere di tornare ferma.

“Ma guardati, sei completamente zuppa…” sorride lui, prendendo tra le sue mani una ciocca dei miei capelli “Ti prenderai una polmonite… vieni dentro…”.

“Non se ne parla nemmeno…” rispondo decisa. La mia voce sembra leggermente più sicura, quindi mi azzardo anche a guardarlo in viso “Dopo quello che è successo stamattina, Malfoy voglio vederlo solamente in cartolina… o in quelle piccole fotografie che danno ai funerali…”. Il sarcasmo sta tornando, almeno sto ritornando me stessa. Non so se sia propriamente un bene, comunque. Accenno ad un debole ed inespressivo sorriso, devo almeno darmi un contegno.

“Danny non c’è… è uscito con Serenity…” risponde Seth, deve aver capito che Malfoy e Danny sono la stessa persona. L’ho chiamato tredici volte così, vorrei vedere…

“Non hai da fare con il locale, scusa?” chiedo ancora, sperando e al contempo quasi temendo che se ne vada.

“Non abbiamo aperto stasera…” mormora Seth mortificato “Danny, si è arrabbiato per quello che ho fatto… e lui e Summer hanno discusso… insomma, alla fine se ne sono andati tutti e due. E io ho pensato bene di non aprire…”.

Sembra un bambino che riporta l’ultima discussione dei genitori… poi, qualcosa mi colpisce delle sue parole.

“Seth, fammi capire una cosa…” inizio, mentre lui si volge a guardarmi. Mi sfioro distrattamente le guance, constatando che non sembrano più bagnate. Almeno esteriormente devo sembrare calma.

“Danny davvero non sapeva nulla della mia assunzione?” chiedo, la voce inespressiva.

Lui sorride in modo imbarazzato, poi nega con il capo, distogliendo lo sguardo da me.

Mi sento talmente apatica da non avere nemmeno la forza di arrabbiarmi, mi limito a mormorare stancamente: “Perché l’hai fatto? Non ti avevo forse detto che io e Danny non ci sopportiamo? Avevi bisogno della conferma scritta?”.

“Qualcosa del genere, sì…” mi risponde, la voce enigmatica, gli occhi ancora rivolti altrove.

“Non penso che lui non te l’avesse anche detto, no?” chiedo ancora, ignorando il suo silenzio. La verità è che voglio parlare, solo parlare, parlare anche di Malfoy, purché riesca a non pensare a Dean.

“Certo che me l’aveva detto…” risponde veloce “Ma, insomma, credevo che fosse solo un’antipatia… non odio puro…”.

Sorrido, per gli altri sembra sempre così strano che esista un odio tanto puro ed ingiustificato: “E’ sempre stato così… non è una cosa nuova… ci siamo cordialmente odiati dal primo momento che ci siamo visti…”.

“Perché?” chiede lui, curioso, voltandosi a guardarmi.

Mi serro nelle spalle, rimanendomene zitta alla ricerca della versione migliore. Opto per una versione soft: “Mi prendeva in giro, spesso, quando eravamo a scuola… a quell’età, quelle cose fanno male. Io avevo cose che lui non aveva e quindi non trovava modo migliore che prendersela con me…”.

“Quali cose?!” Seth mi sembra decisamente troppo curioso. Certo… adesso ricordo… a detta di tutti, sarebbe invaghito di Malfoy…

“Il rispetto degli insegnanti e dei compagni… amici… cose di questo tipo…” bofonchio velocemente. Non so che altro dire di meglio, senza nominare qualcosa che ha a che vedere con il mondo della magia.

“Perché Danny non li aveva? Amici, intendo?!” Seth sgrana gli occhi, guardandomi. Ok, questa conversazione sta decisamente andando nella direzione sbagliata.

“Certo che li aveva…” mormoro titubante, giocherellando con una ciocca bagnata di capelli “Ma, insomma, non erano tutto questo granché…”, poi rendendomi conto della figura pessima che sto facendo, dico sbrigativa: “Non mi va di parlarne, Seth… queste sono cose che riguardano Danny, non me… erano suoi amici… e poi potresti chiedergliele tu stesso queste cose, visto che sei tanto curioso…”.

Lui si ritira a disagio, borbottando qualcosa.

“Ma tu invece queste cose non le hai potute sapere…” mormoro, sorridendo ironica. Finalmente ho capito. Non che ci volesse molto, credo che fossi solamente un po’ annebbiata. Non che ora sia lucida, il dolore strepita come una nota stonata in sottofondo. Ma, se Seth continua a parlare, se io continuo a parlare, se penso a quello che dice, se penso a quello che dico, non penso ad altro. Non ne ho la possibilità. Non ho ancora il dono dell’ubiquità mentale, posso pensare ad una sola cosa per volta. Per fortuna.

“Che cosa?!” chiede confuso Seth. Sa perfettamente che l’ho colto in flagrante, le sue mani tremano leggermente.

“Volevi che lavorassi qui per dirti quanto più possibile su Danny, vero?” chiedo, saccente, schioccando la lingua e sollevando le sopracciglia.

“Non è vero!” urla lui, alzandosi in piedi.

Sorrido: “Certo che è vero, invece… hai cambiato idea solo perché hai scoperto che conoscevo Danny… altrimenti mi avresti messo alla porta… dai Seth, non sono cretina! E poi figurati adesso che cosa importa! Il tuo piano è fallito miseramente…”.

Lui cerca ancora di negare, balbettando qualcosa, poi alla fine stringe le spalle, affondando le mani nelle tasche dei jeans e sospira, prima di lasciarsi andare ad un pallido sorriso.

“E va bene, è la verità!” confessa, sedendosi di nuovo accanto a me. Lo guardo, sorridendo, appoggiando la guancia sulla mia mano, e lo scruto qualche secondo, prima di dire: “Certo che sei proprio perso di lui, eh?”.

“Ancora con questa storia!” replica scocciato, ma le sue orecchie sono arrossite “Quella è una fissazione di April!”.

“Sì, e dell’intera Via Lattea… ma sta tranquillo, credo che Alpha Centauri non lo sappia… ancora…” scoppio a ridere, come una scema. La mia risata è troppo acuta, la sento nelle mie orecchie e mi infastidisce. Eppure non riesco a fermarmi… continuo a ridere, finché Seth non mi urla paonazzo di smetterla. Mi fermo, sebbene ne abbia ancora voglia, di ridere, intendo. Non per gioia, non per divertimento, non per prendere in giro Seth, non perché la cosa è ovviamente buffa. Solo perché così non sento le parole della lettera di Dean nella mente.

“Scusami…” sussurro più a me stessa che a Seth.

Lui mi guarda stranito per un attimo, poi volge lo sguardo altrove e mi chiede: “Si può sapere che ti è successo? Stavi piangendo, vero? Se è per il lavoro, mi dispiace… scusami…”.

Trasalgo e inconsciamente le mie mani stringono a sangue il bracciale di Dean, che ho continuato a tormentare per tutta la conversazione tra le dita. Abbasso lo sguardo, non so che dire. Tra Dean e la doppia vita di Malfoy, non so mai che dire. Seth deve davvero pensare che io sia un’imbecille.

“Non è per il lavoro…” pronuncio alla fine, il labbro che trema incontrollabilmente “Figurati… e poi sono abbondantemente abituata anche a Danny… pensa, mi dispiace anche di avergli detto quelle cose… su suo padre… insomma, non avrei dovuto farlo… conoscendolo, adesso vorrà vedere la mia testa su un’asta…”.

Intravedo il volto di Seth tingersi ancora di curiosità, si vede che sta morendo per sapere qualcosa su Lucius Malfoy, ma si trattiene. Evidentemente aspetta che io gli dica perché sono qui fuori a quest’ora. Apprezzo lo sforzo, ma niente da fare. Quello che è successo tra me e Dean… non voglio che lo sappia nessuno.

Mi alzo di scatto, lasciandolo con un palmo di naso: “Adesso sarà meglio che torni a casa…”. Giro il capo verso la strada buia, guardando la direzione che dovrò prendere. Ha smesso di piovere, per fortuna. Credo che sarà l’ultimo colpo di fortuna della serata… magari la metro non passerà prima di qualche ora…

“Ho capito l’antifona, tesoro…” la voce di Seth sorride alle mie spalle “Non ne vuoi parlare… per me, va bene… in fondo, non mi conosci affatto…”.

“Già…” rispondo distratta, non guardandolo in viso.

“Ma non se ne parla che adesso io ti faccia tornare a casa…”.

“Cosa?” chiedo incerta, voltandomi finalmente verso di lui.

“Resterai qui per stanotte…” risponde lui cristallino, soppesandomi con lo sguardo vagamente divertito.

“Non se ne parla…” ribatto lapidaria “Io ce l’ho una casa, che credi… e poi devo per caso ripeterti il discorsetto dell’odio atavico tra me e Danny?”.

Lui poggia le mani sui fianchi e risponde: “No, no, per favore… tu sarai mia ospite, mica di Danny. E comunque probabilmente tornerà domani mattina… spesso quando esce con Serenity, perde la nozione del tempo e dorme fuori…”. Ancora questa Serenity… mi trattengo dal chiedere che ne pensi Summer, la sua ragazza. Mi rispondo che non me ne frega assolutamente nulla della vita sentimentale di Draco Malfoy.

“E perché, di grazia, dovrei essere tua gradita ospite?” chiedo ironica, incrociando le braccia.

Lui risponde meditabondo: “Bè, per una serie di motivi… sei bagnata dalla testa ai piedi, è quasi mezzanotte, Londra è pericolosa, la metro è in sciopero, non ho la macchina, Trey e Lawrence se ne sono già andati, non ti può accompagnare nessuno a casa, non accetteresti mai un passaggio da Danny, non lo posso nemmeno chiamare perché ha lasciato qui il cellulare… ah già… sei sull’orlo di una crisi di pianto ogni mezzo secondo netto, chiaramente sei a pezzi, ovviamente non vuoi rimanere da sola. Ah, e credo che ti abbia lasciato il tuo ragazzo, ma questa è solo una supposizione…”.

Rimango a bocca spalancata per dieci secondi buoni, poi scrollo il capo e trovo l’assurda forza per qualcosa di più di un falso e sterile sorriso di circostanza.

“Ci hai preso in tutto…” bisbiglio con un mezzo sorriso, le lacrime premono sotto le palpebre, ma cerco di ignorarle “Comprenderai perché non ho alcuna voglia di parlarne, quindi…”.

Seth annuisce con il capo, aggiungendo: “Nella stessa identica maniera, per cui capisco che adesso è meglio che tu rimanga qui con me…”.

La sua proposta mi tenta, alquanto. La sola idea di tornare a casa mi terrorizza, letteralmente… guardare le pareti, il soffitto, i mobili… cercare qualcosa che forse Dean ha dimenticato, non trovarla o, magari no, trovarla... ricordare, rimpiangere, ripensare. Tutto assieme in una catena infinita. Non ne ho la voglia, né tantomeno la forza. E stavolta non c’è un aereo per Firenze, pronto a portarmi dall’altra parte del cielo, pallido farmaco per scordarmi tutto. Non ci sono soldi, stavolta. E poi, stavolta, non ho alcuna certezza che qualcuno mi venga a prendere come allora. Allora ero la povera vittima, ora sono stata la peggiore dei carnefici.

Alla fine, annuisco, egoista come sono sempre stata: “Va bene, Seth… resto qui… ma, davvero, non organizzarmi qualche scherzo idiota per cui, alla fine, vengo chiusa in uno sgabuzzino con Danny…”.

Lui sorride, garantendomi che non ha questo in mente.

Lo seguo all’interno, dove l’aria più calda e paradossalmente vengo investita da una furiosa scarica di brividi freddi. La stanza è esattamente come la mattina prima, evidentemente lo scontro tra Summer e Malfoy deve averli scioccati un po’ tutti… ci sono persino due bicchieri ancora appoggiati e semipieni sul bancone, chiaramente quelli che alla mattina stavano trangugiando Corinne e Lorna. Seguo Seth su per la scala, dove ieri mi ha trascinato Malfoy, e lo vedo aprire la stessa porta rossa che Malfoy ha aperto. Devono vivere assieme, evidentemente… devono vivere assieme??!!

“Seth, scusami…” chiedo, guardandolo in tralice, mentre lui raggiunge l’interruttore della luce “Ma vivi assieme a Danny?”.

“Certo che vivo assieme a Danny, perché?” fa lui con espressione innocente.

“Come, perché?! E allora l’antifona che non lo volevo incontrare dove se ne è andata?!” chiedo con voce stridula. Ma possibile che ultimamente dico A e la gente capisce B, C e D??!!!

“Certo che l’ho capita, tesoro…” mi dice con voce estremamente scocciata, aprendo una porta alla mia sinistra “Ma, come ti ho detto, Danny probabilmente non tornerà stanotte… e poi starai nella mia parte dell’appartamento, no?”.

Dalla porta che ha aperto, intravedo infatti un piccolo ambiente unico, con cucina e salottino. Entro, preceduta da lui, e noto nell’angolo una piccola zona notte, delimitata da una specie di basso muretto. Al lato, una porta che penso porti al bagno. È una specie di loft, arredato in maniera sobria e curata. Spiccano il bianco e il nero dei mobili, oltre che l’acciaio. Insomma, una di quelle case ipertecnologiche che a Dean piacevano tanto, mentre a me piaceva il legno e i mobili antichi… ecco, ci risiamo… stare con le persone non serve, assolutamente, se me lo voglio ricordare, la troverò sempre la maniera per farlo. Gli occhi si annebbiano di nuovo, distolgo lo sguardo e poi chiudo repentinamente gli occhi.

“Adesso vai a farti una bella doccia e poi ti darò qualcosa per cambiarti…” esordisce Seth, indicandomi la porta del bagno. Annuisco, sorridendo falsamente, e scappo via in bagno. Chiudo la porta alle mie spalle, appoggiandomi contro di essa e scivolando lentamente per terra, fino a sedermi sul pavimento di mattonelle rosa scuro. Le lacrime non richieste finalmente portano ristoro mite alle mie guance, mentre con le mani nascondo il mio viso alla vista di chissà che fantasma misterioso che potrebbe vedermi. Odio piangere, come ho già abbondantemente premesso, ma adesso è l’unica cosa che riesco a fare. Mi guardo attorno e quel bagno sconosciuto, quel posto che non è casa mia, casa nostra, mi fa ricordare ogni momento che cosa è successo, anche se cerco di dimenticarmene. La sua vista, però, è quasi confortante, credo che se adesso vedessi casa mia con la coscienza che non sia più casa nostra, starei decisamente peggio. Mi tolgo stancamente i vestiti di dosso, gettandoli disordinatamente all’aria. Una lieve piega increspa le mie labbra, c’è di bello della mia me stessa sconvolta ed addolorata che, all’istante, divento un’altra, un’altra che è anche capace di fregarsene dell’ordine e dell’efficienza, tipiche della mia natura. Il che, a volte, è decisamente riposante, non posso fare la parte della donna perfetta ventiquattro ore su ventiquattro. Mi infilo sotto la doccia, aprendo copiosamente il rubinetto dell’acqua calda, che scorre lungo il mio viso, confondendosi alle lacrime che mi trovo ancora costretta a versare. Scivolano assieme ad esse milioni di ricordi, adesso lontani ed evanescenti, sembra quasi che non li abbia davvero vissuti mai come situazioni concrete e reali. Sembrano stelle di fumo, sembra che non siano mai esistiti. Sembra quasi che non sia stata davvero con Dean per un anno. I ricordi evaporano, come il vapore che mi circonda e che si condensa sul vetro della doccia, e lasciano il posto solamente a rimorsi e rimpianti. Scostandomi distrattamente i capelli bagnati dal viso, passo la mano sul vetro davanti a me, lasciando una traccia umida nel vapore. Incontro i miei occhi, ancora rossi e gonfi, e mi chiedo che cosa starà facendo lui adesso, se mi sta pensando, se sta male anche solo la metà di quanto sto io. Ed è egoista, enormemente, lo so, ma in questo preciso momento vorrei che lui stesse male più di me, anche se so che è impossibile. Non perché io stia talmente male da non poter vedere il mio dolore paragonato con nessun altro, ma perché lui lo sapeva, sapeva che mi avrebbe lasciato. Il suo dolore deriva da una sua scelta, al massimo può rimproverarsi di averla presa troppo tardi. O magari un giorno potrà rimproverarsi di averla presa, perlomeno lo spero. Io invece ho da rimproverarmi il motivo della sua di scelta. Un motivo che ha le fattezze indistinte di un comportamento prolungato per mesi e mesi. Insomma, decisamente sto peggio io di lui, può dirmi quello che vuole. Non mi interessa.

Dovrei chiamare Ginny? Dovrei raccontarle tutto? E perché cavolo poi?! Per farmi rimproverare anche da lei? Adesso non ho proprio voglia di fare niente, non mi interessa nemmeno questo. So che Ginny mi consolerebbe, magari mi farebbe sentire anche meglio, ma credo di non volere nemmeno questo al momento. Credo decisamente che ormai non più che cosa voglio. Forse niente. Forse tutto.

Quando ormai ho le dita aggrinzite dall’acqua calda, mi decido ad uscire dalla doccia. Trovo un accappatoio chiaro appoggiato alla vasca da bagno, che mi affretto ad indossare. Rabbrividendo, mi asciugo velocemente, ci manca solamente che mi venga anche l’influenza. Davvero completerei il quadro delle tragedie. Con il cuore spezzato ed ammalata. E disoccupata, me ne ero dimenticata. La mia vita dovrebbe vincere un Oscar come miglior film tragicomico.

Sospiro, trovando alla fine degli abiti che Seth deve avermi lasciato, mentre mi facevo la doccia. Li indosso senza prestare molta attenzione, finché mio malgrado li guardo, inorridendo. Il motivo? Si tratta di un paio di innocenti short neri e fin qui tutto bene. Bene, mica tanto, non mi piacciono affatto, perché mi lasciano le gambe nude e io ho delle gambe assolutamente inguardabili, nonostante tutti dicano il contrario. Comunque, potrebbe anche andare peggio. Dato che non devo fare la modella, ma il capo degli Auror, e al momento nemmeno questo, chissenefrega… ma per il resto, mi viene quasi voglia di mettermi a gridare. Una maglia da calcio rossa. Del Manchester United. Ma si può, dico io???!!! Fosse anche che sia la più grande st****a della faccia della terra, ma mi merito tutto questo? NO!!!!! Già, mi ero ripromessa che, da quando ad opera di una maglia come questa, il mio vestito preferito è diventato color zucchero filato alla fragola, la prossima che avessi visto, sarebbe finita al rogo assieme a tutti i componenti di quella squadra, se mi giravano. Ma adesso che il proprietario della maglietta succitata veleggia tranquillo e sereno verso i lidi gallici dopo avermi scaricato, potrei perlomeno vivere senza l‘assillo dell’esistenza di queste maledette maglie?! E poi rossa, del Manchester? Ma che è, un richiamo delle tragedie? Non capisco che razza di differenza ci sia con un ragazzo gay, se anche loro si mettono a seguire come degli ossessi queste dannate squadre di calcio rovina-coppie! Insomma, perlomeno i difetti dei ragazzi non dovrebbero averli, no? ed invece io ho trovato l’unico che ce li abbia in pieno, compresa la tendenza a non ascoltare quanto parlo e a collezionare indumenti calcistici. Insomma l’ottavo e il nono peccato capitale della lista di Hermione Jane Granger, assieme al lasciare i calzini per terra e al bere il mio succo di frutta. Certo che Dean ce li aveva proprio tutti, accidenti a lui… sospiro tra me e me, lasciando perdere alla fine il mio delirio. Tanto anche se lo facessi presente a Seth, giustamente lui potrebbe dirmi che sono stata io la demente a bagnarmi fino al midollo sotto la pioggia… in caso contrario, indosserei ancora i miei di vestiti. E, a ripensarci, il mio vestito era quello azzurro celeberrimo, regalatomi da Dean per il compleanno. Forse è davvero meglio la maglia del Manchester United

La indosso per la testa, assieme agli short, rabbrividendo ancora, i capelli sono ancora bagnati e si attaccano al collo in lunghe onde. Li friziono solo un po’ con l’asciugamano, per il resto li lascio come sono. Esco dal bagno, tornando nella stanza principale, Seth sta guardando la televisione al buio, seduto sul letto a gambe divaricate. Mangiucchia un po’ di patatine. Solleva il capo non appena entro, sorridendomi leggermente. Rispondo a malapena, sedendomi accanto a lui e rubandogli un po’ di patatine. Sto decisamente male, di solito non ne sopporto nemmeno la vista, le considero schifezze, invece adesso ne ho la bocca piena. Fantastico; con il cuore a pezzi, ad un passo dall’influenza, disoccupata, con i capelli a pesce palla ed in procinto di diventare piena di brufoli e grasso. Davvero fantastico.

“La maglia non è mia, comunque…” commenta piattamente Seth, lo sguardo fisso sulla televisione, devo avere davvero un’espressione inorridita nell’indossarla, se ha indovinato i miei pensieri “Odio il calcio, non lo posso guardare, è veramente patetico… a parte quando gioca Beckham…”.

La bocca piena, rispondo: “Ecco, mi sembrava strano… sia ringraziato il cielo… fosse per me, dovrebbero chiudere tutti gli stadi e mandare i giocatori a scavare pietre in Cornovaglia…”, sorrido, guardandolo: “A parte Beckham…”.

Seth sorride a sua volta, al che la domanda (e il sospetto connesso ad essa) si affaccia alle mie labbra assieme ad una smorfia di fastidio: “Non mi dire che la maglia è di Malfoy! Perché, davvero, ti prendo a sassate!”.

“Nemmeno a Danny piace il calcio…” mi risponde Seth trasognato, poi abbandona la sua espressione di poco prima di rapimento dei sensi, manco avesse visto Dio in persona davanti agli occhi in una visione mistica. Mi guarda curiosamente per qualche secondo, per poi chiedermi: “Ma si può sapere perché lo chiami sempre Malfoy?!”.

Mi serro nelle spalle, sgranando gli occhi, ci mancava anche la domanda ad effetto sulla maledetta faccenda del nome doppio di quel malfuretto rimbalzante. Non posso certamente dire che è un soprannome, che razza di soprannome sarebbe?! Accidenti a me che me la scordo sempre questa situazione del cavolo! Oddio, potrei anche dire che è il suo cognome, che Danny è solo una squallida copertura, che lui si chiama Draco Malfoy, eccetera, eccetera. Raccontare tutta la storia, per farla breve. Quello stamattina, in fondo, mi ha fatto subire una delle peggiori umiliazioni della mia vita, quindi se la meriterebbe tutta… ma chi prendo in giro, anche volendomi sfogare in questa maniera, finirei solamente per stare peggio. Già non mi sento propriamente a posto per aver fatto quel commento su suo padre, anche se lo meritava, figuriamoci se spiattello tutta la storia.

Mentre sto già per inventarmi un’altra scusa, ad un tratto sentiamo il rumore di una porta che sbatte.

Seth scatta in piedi, correndo alla porta. Non mi dire che…

“Serenity deve essere nata decisamente per rendermi le serate un inferno!”.

Una voce, lenta e strascicata. E Seth che si scioglie come un cioccolatino su un termosifone. Se mai avessi avuto il minimo dubbio… evito anche di arrabbiarmi, considerato che a dire di Seth, Malfoy se ne doveva rimanere fuori di casa. Medito per qualche secondo la fuga, ma senza poteri è chiaramente impossibile. E poi ormai Malfoy mi ha ovviamente visto. Se ne sta fermo sulla porta, con Seth accanto a lui che ci guarda curioso e divertito. Sospiro, alzando gli occhi al cielo. Certo che questa giornata non finisce proprio mai… e con questa siamo a tre visioni non richieste di Malfoy in due giorni. Lo vedevo anche di meno ad Hogwarts, almeno lì facevo finta di non averlo visto.

Mi basta, però, solamente una nuova occhiata a Malfoy per accorgermi che c’è qualcosa di strano, o perlomeno di diverso. Malfoy non deve aver inserito il programma giusto per la mia visione, o, che ne so, non mi ha riconosciuto. Infatti, non mi guarda con il solito sguardo da principe di tutti i serpenti e di tutti i purosangue, pronto a rinchiudermi in un ghetto magico, gettando nel mare la chiave. Lo sguardo solito, tanto per intenderci, quello del disgusto profondo, della repulsione naturale, dell’odio insofferente, e bla, bla, bla. Il suo sguardo, invece, è un piglio che su di lui stona alquanto. Imbarazzo, ecco. È rosso in viso, perlomeno per quanto lo possa diventare lui, e i suoi occhi saettano veloci da me al resto della stanza, come a cercare una via di fuga. Lui?! Quello lo dovrei fare io, non lui che è a casa sua. Quindi, perlomeno nella logica contorta della sua mente malata, avrebbe ogni motivo di cacciarmi a pedate. Lo so che è un atto estremamente maleducato, ma questo è Malfoy, no? E io sono sempre la Mezzosangue Granger, no? E’ tutto come sempre, no?!!! E allora perché non lo fa, anzi sembra volersene scappare lui da questa stanza e da questa situazione?

Il motivo mi viene rivelato tre secondi dopo. Guardo meglio tra le sua braccia. Qualcosa spunta fuori da un qualcos’altro di colore verde bottiglia. All’inizio, non riesco a vederlo bene, strabuzzo gli occhi per metterlo a fuoco. E quando vedo che cosa è, rimango a bocca spalancata.

Ha in braccio una bambina.

La guardo a lungo, senza capire. Deve avere più o meno un anno e credo che sia la bambina più graziosa che abbia mai visto. Minuta, dal viso rotondo e paffuto, leggermente rosso per il freddo dell’esterno, un piccolo nasino a patata. I folti e lisci capelli biondo platino sono legati in due piccole treccine, che scendono a colorare la piccola giacchetta di panno verde. Ha due occhi meravigliosi, azzurro cielo, circondati da ciglia nerissime, occhi vivaci ed allegri che scrutano a turno prima Malfoy, e poi alla fine me. A completare il tutto, una piccola gonna di velluto bianco in tinta con i nastri per i capelli e con le scarpe di vernice. Che carina! Dopo la prima impressione di tenerezza, la guardo ancora meglio. Assomiglia a Malfoy, abbastanza, vuoi vedere che è… no, non è possibile, sarebbe semplicemente ridicolo! Non può essere la figlia di Malfoy, siamo seri! E chi sarebbe la madre? Una poveretta, si capisce, ma a parte questo, non mi sembra che si sia sposato, no? Harry me l’avrebbe detto… a meno che… Summer! Certo! Gli occhi della bambina ricordano vagamente i suoi! Forse è sua figlia! Oddio, mi sta venendo troppo da ridere… non ci riesco… Malfoy padre… solamente a vederlo con in braccio una bambina, così carina poi… mi mordo le labbra per non ridere… ora capisco la sua espressione di poco prima. Deve avere esattamente previsto la mia espressione attuale. Ora più ci penso e più mi viene da ridere, accidenti a me. Malfoy è pure un babbano, adesso… Malfoy che cambia un pannolino puzzolente, Malfoy che dà il biberon, Malfoy che si sveglia nel cuore della notte, imprecando, Malfoy che inciampa in un giocattolo per terra. Sto diventando amaranto, a furia di trattenermi dalle risate.

Ad interrompere il flusso dei miei pensieri, ci pensa proprio la bambina in questione, iniziando a piagnucolare e borbottando qualcosa di vagamente assimilabile alle parole: “Danny! Danny! Fame!!!”. O mamma, adesso scoppio, lo sento. Un attimo… mi metto a riflettere nel vano tentativo di distrarre il mio cervello dalle ilari visioni che sta concependo. L’ha chiamato Danny, non papà. O padre, che ne so se hanno ancora questa usanza antiquata. Padre, padre, il mio stomaco sta producendo enzimi. Denota un bisogno di ingerire sostanza nutrienti!! Devo smetterla! Comunque, l’ha chiamato Danny. Forse non c’entra niente con lui.

“Un attimo, Serenity…” risponde Seth al posto suo, comprendendo che non è aria. 

Un secondo, Serenity? Eccolo lì il mistero! Potty si è rimangiato la parola? O vuole togliermi Serenity?”. “Danny non c’è… è uscito con Serenity…”. Quella che credevo l’amante segreta di Malfoy, è una bambina! Togliergli Serenity… Harry potrebbe togliergli Serenity… e perché? Una cosa è certa, sicuramente non è sua figlia. Chi potrebbe mai togliere una figlia ad un padre? Nessuno, a meno che non sia un padre snaturato, il che con Malfoy non potrebbe essere totalmente escluso. Ma, mi duole riconoscerlo, Serenity sembra vestita bene e sembra anche serena. Insomma, Harry non dovrebbe aver diritto a togliere a Malfoy la sua bambina, anche se stiamo ovviamente sempre parlando di Malfoy. Sapevo di figli sottratti ai Mangiamorte, ma Harry mi ha garantito che Malfoy non ha più niente a che vedere con la magia nera. Con la magia, in generale, a ripensarci. A meno che effettivamente Malfoy non abbia alcun diritto ad avere questa bambina… forse l’ha rapita… la cosa sta iniziando decisamente a puzzarmi…

Di fronte al nostro prolungato silenzio, Seth pensa bene di prendere in braccio la piccola e trascinarsela dietro, chiudendosi la porta alle spalle. Un attimo! Ma che pensa bene?!!! Seth l’ha capito sì o no che non ho molto piacere a rimanere da sola con Malfoy?! Possibile che mi lascia sempre con lui?!! Non dovrebbe essere geloso?!! Maledizione, e adesso che faccio?!! Ma se io me ne tornavo a casa ad ingozzarmi di cioccolata come tutte le donne normali che vengono lasciate dai fidanzati!!!

Malfoy sospira vistosamente, poggiando una busta della spesa sul tavolo della cucina. Oddio, anche le buste della spesa, adesso davvero stramazzo al suolo per le risate. Un attimo… ma perché non dice niente? Mi va bene anche che mi insulti o che mi cacci, ma che non dica niente… è troppo imbarazzante! Raccolgo le ginocchia al petto, riassettandomi sul letto, non sapendo forse per una delle rare volte della mia vita che cosa diavolo fare. Alla fine, decido di alzarmi con uno sbuffo impaziente ed andare a raccogliere le mie cose. L’ho capita l’antifona, me ne devo andare, non mi sta dando nemmeno la soddisfazione di una risposta. In effetti, questa mattina, ho nominato suo padre, insomma dovrei ringraziare di essere ancora in grado di camminare da sola. Quello che non capisco, è perché se ne stia zitto, lui poi! Quello che è capace di andare avanti ore ed ore ad insultarti, non è mai a corto d’argomenti in quel senso… boh, mi sono già scocciata di questa assurda situazione, non avrei dovuto mettere più piede qua dentro ed invece ci sono già tornata due volte. Raccolgo la mia roba, pronta ad andarmene, ma all’improvviso i vari rumori di cose sistemate e riassettate che provenivano dalla cucina, cessano. E, in meno di un nanosecondo, mi trovo Malfoy davanti ai piedi.

“Che c’è?!” replico nervosa, sollevandomi, mentre ero intenta a prendere le mie scarpe.

Lui mi guarda di nuovo con l’espressione consueta, tinta però di una vena di rabbia che prima non c’era, soppesandomi con lo sguardo in tutta la mia figura. Sembra soffermarsi sulla maglia rossa, spero davvero che non sia sua. Poi i suoi grigi tornano al mio viso e le sue labbra si arricciano in una smorfia di repulsione. Roba trita, insomma. Sollevo ancora gli occhi al cielo, maledicendomi per l’ennesima volta, e riprendo a raccogliere le mie scarpe. I miei sandali bianchi, però, non fanno in tempo a staccarsi dal pavimento, che ricadono immediatamente per terra con un piccolo tonfo di legno su marmo. Mentre sono ancora china, sollevo sorpresa i miei occhi, Malfoy mi ha fermato per il polso, stringendomi con forza. Mi sta facendo male, decisamente. Ma non gli darei mai la soddisfazione di farglielo vedere. Le sue dita fredde si artigliano attorno al mio polso, impedendomi qualsiasi movimento. L’insofferenza mi fa venire le lacrime agli occhi per la frustrazione, non per il dolore. Non ce la faccio veramente più, l’unica cosa che vorrei è andarmene a dormire.

“Malfoy, nel caso in cui la tua ristretta scatola cranica non l’abbia immagazzinato come concetto, me ne sto andando…” sussurro tagliente, sebbene la mia voce abbia tremato impercettibilmente. Spero solo che non se ne sia accorto.

A conti fatti, Malfoy né ha visto quelle piccole lacrime, né ha sentito quel tremolio nella voce. Sembra profondamente perso in altre faccende ed in altri pensieri. Continua a tenermi per il polso, finché con un strattone mi solleva violentemente dalla posizione accovacciata in cui ero. Mi ritrovo in piedi davanti a lui, che mi trattiene ancora con il braccio sollevato, guardandomi negli occhi. Cerco di divincolarmi, adesso, mi sta facendo veramente male.

“Lasciami Malfoy! Ho capito, me ne sto andando!” urlo, graffiandogli con le unghie la mano che mi stringe ancora. Ancora, è come se non mi avesse sentito, mi guarda cieco e sordo di qualsiasi cosa, persino della repulsione che dovrebbe avere per il prolungato contatto fisico con me. I suoi occhi sembrano due pezzi di granito freddo, sembrano non guardarmi davvero, sono talmente pieni di odio che mi fanno rabbrividire. Mentirei, se dicessi che ci sono abituata. Non è vero, Malfoy mi guarda così per la prima volta. Sento qualsiasi cosa stia pensando sulla mia pelle, mescolarsi ghiacciata al mio respiro, opprimendo il mio petto. Liquidi e chiari come sono sempre stati, i suoi occhi sono gli specchi  di qualsiasi cosa adesso affolli la sua mente. E non è una bella cosa, sicuramente. Mi sta facendo male, davvero, adesso, in tutti i sensi. Il polso pulsa, bianco, credo che me lo romperà alla fine. Sento persino una ventata di nausea colpirmi la bocca dello stomaco. Cerco di divincolarmi, di distogliere lo sguardo da lui, ma non ci riesco. È inutile, è come se mi tenesse incollata ai suoi occhi. Freud diceva che ci sono due istinti nell’uomo, quello alla vita, Eros, e quello alla morte, Thanatos. Come se fossi convinta che adesso mi ammazzerà e non facessi nulla per impedirlo, anzi ne fossi quasi attratta. Mi ucciderà così, come niente, senza nemmeno un urlo, e io me ne andrò, senza fare assolutamente niente. Non ci posso credere…

Quando ormai sono convinta che stia per farlo, le sue palpebre sbattono con foga, quasi sorprese. La sua stretta sul mio polso diventa più debole, i suoi occhi ritornano trasparenti come sempre. Mi guarda con curiosità, poi con sorpresa, alla fine con sollievo. Alla fine, lascia il mio polso, che debole ricade lungo il mio fianco. Lo massaggio piano, almeno non è rotto. Solo allora mi accorgo delle mie guance bagnate, ho pianto alla fine. Mi asciugo velocemente quella vergogna inconfessabile con le dita, cercando di non farmi vedere da lui. Nascondo il mio viso nelle palme aperte per qualche secondo, un tremore incontrollabile che non ne vuole sapere di lasciare le mie membra.

In quei pochi secondi, lo sento dire: “Davvero non sapevi nulla di Serenity, Granger…”. La sua non è una domanda, è una constatazione. Una constatazione meravigliata, me ne rendo conto. Torno a guardarlo, è immobile davanti a me, mi osserva con espressione indecifrabile.

“Te lo dovevo dire in ebraico antico, Malfoy?” aggiungo, massaggiandomi ancora il polso “Non so nulla di Serenity, né tantomeno mi interessa… “, all’improvviso mi rendo conto di non riuscire più a stare in questa stanza davanti a lui, è come se la mia intera anima tremasse dentro al mio corpo. Non avevo così paura dall’ultima volta che ho visto Lord Voldemort. Mi fa vergognare profondamente di me stessa, mi racconto che era perché non ero preparata, ma so perfettamente che non è così. Ho avuto davvero un terrore allucinante di lui, come mai era successo.

Malfoy distoglie lo sguardo da me, guardando altrove, prima di dire: “Si può sapere perché sei qui allora? Di nuovo, aggiungo…”.

“Non ti devo alcuna spiegazione, Malfoy…” rispondo, cercando di rendere la mia voce meno tremula “Me ne sto andando e comunque è stato Seth a chiedermi di restare…”, guardo ancora il mio polso rosso e butto fuori maligna: “…e poi non mi venire a dire che non sei come tuo padre…”.

Lui t’avrebbe ucciso, Granger… io ho solamente letto i tuoi pensieri…”. La sua voce mi colpisce come una frustata alla schiena, mentre già gli davo le spalle e stavo per uscire. Mi fermo sulla soglia della porta, immobile, voltandomi di nuovo a guardarlo. Il tremore è scomparso all’improvviso. Ma certo… altro che paura e terrore reverenziale di Malfoy… la Legilimanzia, era da tempo che non ne subivo gli effetti. Dall’addestramento da Auror, credo. Per questo, mi ha fatto così male. Il contatto visivo, quello fisico, certo c’è tutto… ha solamente letto i miei pensieri…

“Perché hai letto i miei pensieri?” chiedo, la voce che trema ancora, ma non c’entrano niente gli effetti dell’incantesimo. Come cavolo si è permesso?! A parte lo spavento, il che è una componente trascurabile, vogliamo mettere la violazione della privacy?! Chissà che diamine stavo pensando e che cosa è arrivato a leggere, maledizione! Forse di Dean o della mia condanna! Non ci voglio nemmeno pensare! E tutto perché? Per vedere se sapevo della bambina! Glielo ho detto dodici volte che non lo so! Vuoi vedere che davvero non dovrebbe averla lui, Serenity? E pensa che io gliela voglia portare via? E perché diamine poi? Sta situazione mi sta facendo venire i nervi, è come stare perennemente in un vicolo cieco, senza remissione di uscita. Insomma, uno schifo. E volta che ti rigira la situazione, sempre qui finisco.

“Non sono affari tuoi, Granger…” mi risponde, freddo come sempre, incrociando le braccia “Quello che non capisco è che diamine ci fai ancora qui… devi aver maturato uno strano interesse per la mia persona per esserti stabilita qui in pianta stabile?”, lo vedo aggrottare le sopracciglia in espressione di finta meditazione, prima che aggiunga: “O magari sei solo masochista… vuoi che ti ripeta ancora di andartene? O che non ti assumo? O tutte e due le cose, guarda che lo faccio senza problemi…”.

“Non ho maturato nessun interesse per la tua fetida persona, Malfoy… ci mancherebbe altro…” mastico a denti stretti, prima di spiegare la mia presenza in maniera poco corrispondente al vero “Ho perso la metro e sono rimasta fuori dal locale ad aspettare che mi venissero a prendere. Ma non sono più potuti venire e quindi Seth ha deciso gentilmente di ospitarmi per stasera…”.

“Sei fuori dal locale dalle undici di stamattina?!” commenta lui ironico, evidentemente scettico.

“Perché c’è qualche problema?!” rispondo, la voce più alta, punta sul vivo nella mia bugia “Quello che invece non è ancora chiaro, è perché diamine a me dovrebbe importare di quella bambina… me l’hai detto ieri e me lo ripeti oggi, arrivando anche a leggermi nella mente… hai qualcosa da nascondere, Malfoy?”. Termino il tutto con la mia migliore espressione allusiva ed indagatrice, ma lui non si scompone minimamente, ribattendo con un sorrisino sardonico: “Non te la cavi più tanto bene con la magia, eh? Sono arrivato fino al tuo subconscio e non mi hai fermato… mi ucciderà così, come niente, senza nemmeno un urlo, e io me ne andrò, senza fare assolutamente niente…” scimmiotta, imitando una voce pseudo-femminile, riportando i miei pensieri terrorizzati di poco prima.

Stringo i pugni: “Il giorno in cui ripeterò la grandiosa esperienza di prenderti a schiaffi, sarà la più grande festività riportata a memoria d’uomo…”.

“E il giorno in cui finalmente non ti vedrò più davanti ai miei occhi, passerà una banda con settantasette maledetti tromboni…” risponde lui a tono.

Sospiro a gran voce, prima di dichiarare risoluta: “Dato che non siamo mai stati amici del cuore, non mi sentirò in colpa nel non darti alcuna spiegazione… io smetterò di chiederti di Serenity e tu smetterai di chiedermi qualsiasi cosa su qualsiasi argomento, ok?”. Tento di usare una voce ragionevole, sebbene abbia l’enorme sospetto di star perdendo il mio tempo. Lui fa spallucce, senza darmi la soddisfazione né di un sì, di un no. Meno male, almeno questa è risolta. Non ci speravo, in fondo, ma perlomeno se si impegna, può avvicinarsi al concetto di persona normale.

“Allora, Granger, quand’è che te ne vai?” ecco, mi sembrava strano che se ne stesse in silenzio per più di cinque secondi netti.

“Immediatamente, devo solamente trovare la mia borsa…”. Me ne voglio andare quanto prima da questa casa infernale. Sì, sì, lo so che sta ancora piovendo, che sono già le undici e tutto quanto, ma se resto un solo nanosecondo qua dentro, impazzisco. Già il fatto che Malfoy possa leggere i miei pensieri come niente e che io non possa fare niente per impedirlo, mi mette l’angoscia. Quando finalmente me ne sarò andata, mi dimenticherò di tutta questa storia e addio Malfoy, Danny, Ryan o come cavolo si chiama! Intravedo finalmente la mia borsa appesa alla maniglia della porta d’ingresso. Con un respiro di sollievo, la afferro, pronta ad andarmene, ma nello stesso momento la porta si apre, facendola scivolare a terra. Seth. E Serenity. Fantastico, veramente fantastico.

Seth mi guarda, aggrottando le sopracciglia, con Serenity in braccio che beve dal suo biberon del latte con dei biscotti. Fingo un sorriso, sperando che non mi chieda o dica niente. Lo vedo aprire la bocca, ecco, come volevasi dimostrare…

“Dove stai andando?” mi chiede innocentemente, gettando un’occhiata alla mia borsa e al mio vestito bagnato, che ho in mano.

“A casa…” getto un’occhiata in tralice a Malfoy, che se ne sta fermo a braccia conserte appoggiato allo stipite della porta del bagno. Sospiro: “Lo sai meglio di me che qui non posso restare…”.

“Oh sì, invece che ci resterai…” aggiunge Seth con un tono di voce quasi minaccioso, sposta Serenity da un lato e mi prende per un polso. E dalle, ma allora è un vizio! Mi trascina dietro di sé, riluttante lo seguo, fino a quando si ferma in cucina, mi costringe a sedermi su una sedia, mettendomi Serenity in braccio.

“Aspetta qui, tesoro…” mi dice, mentre la piccola mi guarda con espressione incuriosita. Seth esce dalla stanza, raggiunge Malfoy che lo guarda praticamente nero in viso e gli fa cenno di seguirlo. Malfoy sembra riluttante, ma alla fine lo segue. Si chiudono la porta dell’appartamento alle spalle. Impreco a mezza voce tra me e me, riassettandomi meglio sulla sedia, se Seth spera di convincere Malfoy, ha preso un’enorme cantonata! Ma magari lui è convinto di convincere Danny, e forse questa come impresa per lui è facile. Come no, quello sempre Malfoy è, anche se si chiama Danny. Forse lo scorticherà vivo, se dirà qualcosa… e, alla fine, mi toccherà anche salvare Seth dalle sue grinfie. Che razza di giornata! Appoggio stancamente il gomito sul tavolo, la testa sul palmo della mano, sospirando per la duecentesima volta in un’ora. Gli occhi mi si chiudono, mi sto addormentando in piedi peggio di un cavallo. Che Malfoy mi faccia stare qui o no, è una faccenda di poco conto. Basta che si muova.

Ad un tratto, un piccolo gorgheggio mi fa trasalire. La bambina, me ne ero dimenticata! Sembra che abbia finito il suo biberon… ha perso quindi l’occupazione che la assorbiva fino ad ora, permettendole di ignorarmi completamente. Adesso, infatti mi guarda con gli occhioni spalancati, evidentemente cercando nella sua esigua memoria chi mai io possa essere. Non avendo trovato alcuna faccia corrispondente alla mia, deduce che mi dovrebbe stare alla larga, perché non mi conosce. Ragionamento ineccepibile, è una bambina molto intelligente, avrei fatto anch’io lo stesso alla sua età. I suoi enormi occhi azzurri si riempiono di lacrime, mentre tira su con il naso e il labbro inferiore trema, preannunciando la più grande crisi di pianto mai conosciuta in Inghilterra, dai tempi di Mirtilla Malcontenta.

“No, no, piccola…” cerco di cullarla e farla calmare, mentre getto occhiate furenti a quella maledetta porta che ancora non si apre. La faccio dondolare tra le mie braccia, ma lei niente, continua nella sua progressiva corsa a tappe per l’arrivo al pianto. Mi alzo in piedi, andando avanti ed indietro e ninnandola sempre tra le mie braccia, ma la situazione non sembra cambiare di molto. E’ inutile, io con i bambini non ci so proprio fare. Qualche tempo fa, Kennedy, la sorella venticinquenne di Dean, ci portò a casa sua figlia, Dawn, una bambina carinissima fino a quando la madre rimase nelle vicinanze, ma che si trasformò in un mostro assetato di sangue, non appena lei si fu richiusa la porta alle spalle. Quella piccola peste distrusse completamente una mia gonna di raso azzurro, scarabocchiandoci sopra con dei pennarelli colorati. Urlai come un’ossessa, rimproverandola, e quella prese a piangere come una pazza, emettendo gemiti degni degli Ippogrifi nella stagione degli amori. Alla fine, Dean se la portò via e ne aveva ben ragione. Che cavolo, era sua nipote, mica la mia, no? Lui, invece, è sempre stato bravo con i bambini, ho sempre pensato che sarebbe stato un ottimo padre. Credo perché, in fondo, sia lui stesso ancora un bambino.

Basta un secondo.

Un minimo secondo.

E ci penso. Ancora.

Basta pensare alla possibilità remota di chiamare Dean per aiutarmi, e tutto torna a galla. È un pensiero assurdo, dettato da quella forza chiamata dell’abitudine. Appoggiarmi tanto a lui e pensarlo naturalmente… era questo, amarlo? Inconcepibile ancora che io non sappia la risposta a questa domanda, ora che, se lo chiamassi, non basterebbe poco per venire da me, ma il passaggio di un mare che ci divide. Un mare che mi divide da lui.

Senza volerlo, ancora i miei occhi si eclissano e si riempiono di lacrime. Non riesco a trattenermi, è come una droga, morire poco a poco, sapendo perfettamente che lo si sta facendo. Come prima con Malfoy… non era lui… non era l’effetto della Legilimanzia… ero… io

Non ho più forze. Non ho più voglia. Non ho più niente.

Se cadessi giù, se finisse di provare qualsiasi cosa, probabilmente non ne avrei coscienza.

Una piccola lacrima rotola giù dai miei occhi. Ne sento la frescura sulle ciglia, ma si ferma sulle guance. Apro gli occhi momentaneamente socchiusi, un piccolo palmo paffuto ne ha fermato la discesa. La bambina. Mi guarda con espressione dispiaciuta, forse nella sua mente infantile, crede di avermi fatto piangere lei. I suoi occhi sono ancora lucidi, ma il pianto sembra lontano. Sorrido, almeno l’ho calmata in un maniera alquanto contorta, cioè piangendo io. Mi sfrego bene gli occhi con la mano, incurante dei residui del trucco che si spargono per la mia faccia.

“Non ti preoccupare, piccola… com’ha detto Malfoy che ti chiami? Ah già, Serenity…” mormoro al suo indirizzo, sorridendo debolmente “Hai proprio un bel nome! Scommetto che non te l’ha dato, Malfoy… figurati con la sua enorme inventiva è arrivato al nome Danny…”. Faccio una smorfia disgustata, ripensando sia al soggetto preso in esame, che al suo orrido nome. Evidentemente questa diverte moltissimo Serenity, che scoppia in una grande risata, battendo le manine. Le sorrido a mia volta, ripetendo la performance. In fin dei conti, è l’unica cosa che sembra averla calmata. Ripeto lo show alla divertita spettatrice per una decina di volte, fino a rischiare la slogatura della mascella. Dato che Malfoy e Seth non ne vogliono sapere di tornare, mi vado a sedere nuovamente sul letto, accendendo la televisione con Serenity in braccio. Non credo che a quest’ora ci sia un programma per lei, ammesso e non concesso che i bambini di un anno guardino la televisione. Spero di no! Quanto più tardi, iniziano a guardare quella scatoletta infernale, tanto meglio è! Alla fine, trovo un documentario sul Medioevo (che tanto per gradire ho già visto) e non sapendo che fare, mi metto a spiegarlo come una povera demente alla piccola, condendolo di principesse e fatine varie. In fin dei conti, sono le undici passate, sta bambina deve dormire prima o poi, no? E io di fiabe non ne conosco o perlomeno non me le ricordo. E poi, una volta, sentii che, nel primo anno di vita, i bambini apprendono passivamente un gran numero di informazioni, vai a vedere che faccio pure un piacere a Malfoy. La piccola inizia a chiudere ed aprire i suoi piccoli occhi azzurri, certo che è proprio carina. Evviva, ce la sto facendo! Sono un genio della puericultura! Mi mancava questa alla sfilza infinita delle mie qualifiche! Magari, mi posso mettere a fare la babysitter e diventare un gigante nel campo! Filiali sparse per tutto il mondo con schiere di adolescenti brufolose, pronte a correre in caso d’evenienza ventiquattro ore su ventiquattro! Ma certo, che maga! Cioè, non maga in senso stretto… maga in senso metaforico… ma comunque maga sono! Mentre già cerco lo slogan della mia nuova proficua attività e, nel frattempo, cerco di ricordare il nome del nono cavaliere della Tavola Rotonda che mi sfugge, la porta si apre di nuovo. Seth entra per primo, decisamente soddisfatto. Ha il petto in fuori manco fosse Eisenhower il giorno dopo lo sbarco in Normandia, il 7 giugno 1944… o mio Dio, sono veramente incorreggibile… in compenso, Malfoy è l’Hitler della situazione. Scuro in volto, le braccia conserte, lo segue controvoglia, strascinando i piedi come un bambino capriccioso. Seth si para tronfio di orgoglio, davanti a me, apre la bocca evidentemente per dire qualcosa, poi si blocca, spalancando la bocca in un espressione di meraviglia assoluta. Mi ritraggo a disagio, certo che è questo è proprio strano forte…

“Danny…” lo chiama a denti stretti, prendendolo per una manica della camicia. Lui, sbuffando, si accosta a Seth, poi mi guarda e anche il suo viso si tinge di sorpresa. Ma che cavolo hanno tutti e due?!!

“Che c’è?!!” chiedo nervosa, deve essere il rimmel sparso sulle guance, che ne so! Ma Seth lo sa che, insomma, mi sono appena lasciata con il mio ragazzo, potrò piangere quanto mi pare e piace???!!!

Seth solleva un indice tremante, indicandomi, per poi dirmi sottovoce: “Serenity sta dormendo…”.

Sto quasi per cascare dal letto… tutto qui?!!!

“Bè sì, a volte i bambini dormono… solo poche ore al giorno, ma a volte accade…” commento, sollevando scettica un sopracciglio e non riuscendo ancora a capire. Serenity si adagia meglio sul mio petto, respirando tranquillamente.

“Come hai fatto?” mi chiede ancora Seth, poi vedendo la mia faccia confusa, si affretta a spiegare: “Serenity vuole almeno un’ora per addormentarsi… camomilla, conteggio delle pecore, favole… non funziona niente! E tu ci sei riuscita in un quarto d’ora? Come hai fatto?”.

“Magari con una magia…” la voce tagliente di Malfoy mi trafigge le orecchie. Dio, quanto lo odio! E certo, non vuole darmi soddisfazione! Una piccola voce esitante mi suggerisce che non sa ancora del mio essere una babbana completa, ma la metto rapidamente a tacere. Decisamente non vuole darmi soddisfazione!!

“Non con una magia, Danny…” sputo fuori velenosa “Le stavo solamente raccontando una specie di storia…”.

“Certo che devi essere veramente noiosa, Granger, per aver fatto addormentare persino Serenity…” ride Malfoy in modo malevolo.

Simulo una risata forzata, aggiungendo: “O mio Dio, era una battuta? Perdonami non l’avevo capito… il tuo senso dell’umorismo è così sottile che a volte non riesco ad afferrarlo! Deve essere tipico delle foreste dell’Amazzonia, da cui provieni!”. Malfoy sta decisamente per lanciarmi un’Avada Kedavra all’istante. Mi guarda con gli occhi ridotti a fessure. Forse è meglio che mi stia zitta, altrimenti è la volta buona che ci lascio le penne.

“Adesso basta…” intima Seth, ponendosi significantemente tra me e lui con le palme alzate “Tregua! Siamo tutti stanchi morti… non sarebbe meglio andarsene a dormire?”.

“A dormire?!” chiedo con voce scioccata. Devo essermi persa qualcosa.

Seth si gonfia di nuovo, mentre Malfoy sbuffa, incrociando le braccia al petto: “Ho convinto Danny a farti rimanere qui per stanotte, Herm… insomma, puoi dormire qui…”.

“Davvero?” chiedo, autenticamente colpita all’indirizzo di Malfoy, sporgendomi con il capo oltre Seth.

Lui sbuffa ancora, per poi replicare scocciato: “Ad una sola condizione… che tu apra quella tua bocca soltanto in caso di vita o di morte…”, aggiunge borbottando: “Almeno avrò la dolcissima illusione che tu non sia qui…”, poi illuminato mi guarda e fa: “Anzi, Granger, facciamo una bella cosa… anche in caso di vita o di morte, sarà meglio che tu non parli… sai, per l’inquinamento acustico e tutto il resto…”.

Un giorno, lo ammazzerò, ne brucerò il cadavere e spargerò le ceneri nel Tamigi. Sarà il crimine perfetto, manco Jack lo Squartatore…

“Certo, Danny…” ribatto con voce mielosa, sperando di fargli venire un attacco di disgusto tale da farlo stramazzare al suolo all’istante.

“Allora siamo d’accordo, Hermione…” imita la mia voce con tono effeminato. Che schifo! Mi ha chiamata per nome! La prima volta nella sua vita! L’ha fatto apposta, ci giurerei! Quando si tratta di suscitare disgusto, Malfoy è un maestro! Bleah, il mio nome sembra così strano detto con la sua voce, come se avesse detto chissà che altra cosa. Sorrido leggermente, la sua stessa faccia denota la stranezza della cosa. E’impallidito più del solito e ha fatto una smorfia strana. Ahaha! Vuole strafare e sbaglia! 1 a 0 per me! Seth sospira, evidentemente deve aver capito il sottotesto della nostra conversazione. Non che ci voglia molto, comunque… quando siamo nella stessa stanza, io e Malfoy facciamo crepitare l’aria di elettricità statica. Un atomo di uranio si sarebbe già spaccato in miliardi di pezzi, fornendo l’energia per illuminare a giorno l’intero emisfero boreale; credo che, alla fine, useranno me e Malfoy per risolvere il problema delle risorse energetiche del mondo e troveranno la soluzione più conveniente dai tempi delle ricerche sulla fusione a freddo.

“Hai fame? Vuoi mangiare qualcosa?” mi chiede Seth gentilmente, prendendomi Serenity dalle braccia.

“Pure?! Le dobbiamo dare anche da mangiare?!!” la voce acida di Malfoy mi impedisce di rispondere.

Seth sospira per l’ennesima volta, evitando una risposta, poi riprende gioviale come se niente fosse: “Se vuoi, possiamo ordinare una pizza… sei d’accordo?”.

“Va benissimo…” sorrido a trentadue denti, un po’ perché Seth è veramente dolcissimo, un po’ perché in tal modo tolgo automaticamente ogni potere decisionale a Malfoy. 2 a 0 per me! Hermione Jane Granger rules!

Malfoy continua a borbottare a denti stretti, mentre Seth va a lasciare Serenity in camera sua, consegnandomi il numero di telefono della pizzeria più vicina. Arresosi ormai alla situazione, Malfoy pensa bene di stravaccarsi sul letto a sua volta a guardare la televisione. Getta la sua cravatta allentata su una poltrona, fa una smorfia disgustata al documentario che stavo guardando, agguanta il telecomando e si mette a guardare un canale sportivo.

“Che hai da fissarmi?”.

Sobbalzo, ma che ha gli occhi anche sulla nuca?!

“Sei paranoico, per caso?” chiedo con voce incerta, componendo il numero della pizzeria.

“Se stamattina mi avessero detto che stanotte avrei diviso la casa con la Granger, mi sarei suicidato… davvero…” commenta stancamente, il viso illuminato dalla luce azzurrina della tv.

“Se vuoi, ti chiamo domattina e ti avviso del mio arrivo… siamo sempre in tempo, Danny…” rispondo a mia volta più stanca di lui, mentre una voce metallica mi mette in attesa. Certo che i duelli verbali con Malfoy alle undici di sera, con lo stomaco che brontola, il sonno che mi chiude gli occhi e il cuore a pezzi, sono veramente estenuanti.

“Non c’è bisogno che tu mi regga il gioco, Granger…” la sua voce stavolta più leggera mi fa sobbalzare ancora, la cornetta che trema impercettibilmente nelle mie mani. Mi volto nella sua direzione e lo vedo rivolto verso di me, gli occhi grigi fissi sulla mia persona. Mi chiudo nelle spalle, un brivido freddo che mi attraversa la schiena. La luce della tv gli fa uno strano effetto addosso, sembra quasi… non lo so… insomma, non sembra lui, decisamente. Sembra uno… normale… persino spaurito e spaventato… o mio Dio, mi sta venendo anche da arrossire… ora, non fraintendiamo. Ho sempre avuto gli occhi per vedere che Malfoy è decisamente un bel ragazzo e sono abbastanza obiettiva e razionale da ammetterlo. Quindi, non è che me ne sono accorta adesso… ma, in questo preciso momento, è la prima volta che ne ho la completa percezione. Del fatto che sia un bel ragazzo, intendo. Sarà la sua espressione insolita, sarà la maledetta luce della televisione, sarà che sono fragile psicologicamente… intanto, è la prima volta che mi rendo conto che è così biondo e che ha gli occhi così chiari. Credo che, se solamente volesse, potrebbe obbligare il 99,9% della popolazione femminile ad adorarlo come una divinità. Lo 0,1%, ovviamente, sono io.

“Non ti sto reggendo nessun gioco…” ribatto confusa, sbattendo le palpebre un paio di volte così da snebbiare un po’ il mio cervello.

“Non fare la finta tonta, Granger… sto parlando del mio nome… scommetto che il caro Potterino ti ha raccontato tutto, vero?”. Certo, adesso capisco… l’ho chiamato Danny, anche se non c’era Seth.

Sollevo il mento con espressione noncurante: “Mi ha solamente detto della questione con Scrimeogeor… null’altro… dell’aver cambiato identità, insomma…”.

“Questo, l’avevo capito, Granger…” ribatte quasi annoiato “L’ho visto che non sai niente di Serenity…”, sebbene stia morendo di curiosità su questa maledetta questione, lo faccio continuare con enorme sforzo psicologico “… sto parlando del chiamarmi con il mio nome babbano… non ne sei obbligata… evita di chiamarmi e basta”.

“Non mi sono sentita obbligata in nessuna maniera, figurati se t’avrei dato questa soddisfazione…” ribatto ancora, distogliendo lo sguardo. Non so perché, ma mi sta mettendo a disagio, decisamente. Quella sua maledetta espressione… non può cambiarla, accidenti a lui?!! E’ come se mi passasse attraverso, guardandomi, sfiorandomi la pelle con i suoi occhi. Che stia di nuovo usando la Legilimanzia? No, non c’è contatto né fisico, né visivo. E allora per quale ragione?

“Sei pur sempre sotto un programma di protezione… non potrei infrangere nessuna di quelle regole, anche se si tratta di te…” mi giustifico davanti a me stessa e a lui. Lo vedo con la coda dell’occhio aggrottare leggermente le sopracciglia sottili in espressione di meditazione, i gomiti appoggiati sulle ginocchia e il mento sulle mani incrociate. Mi sembra persino di intravedere un piccolo sorriso curvargli le labbra, ma forse mi sono sbagliata.

“I segreti dei Grifondoro non saranno mai quelli dei Serpeverde, eh Granger?” la sua voce suona ironica e quasi malinconicamente divertita. Sembra così strana che mi volto a guardarlo, cercando di indovinarne l’espressione. Non riesco a scorgerla, lo vedo solo alzarsi dal letto e stiracchiarsi. Che cosa voleva dire? Lo guardo confusa, mentre lui invece inizia a camminare verso la porta. Impercettibilmente, indietreggio di un passo.

“Sei qui solamente per Seth…” aggiunge ad un passo dalla porta, senza più guardarmi “Domani, te ne andrai e ognuno se ne andrà per i fatti suoi… non voglio la tua disgustosa attenzione per le regole, Granger… se ti viene di chiamarmi con il mio vero nome, fa quello che vuoi… alla fine, non ci sarà nessun ringraziamento per te, comunque mi chiamerai… quindi…”, torna incolore e piatto, mentre dice: “Vado a farmi una doccia… per me, panna e speck…”, vedendomi spalancare gli occhi ancora di più, aggiunge sospirando: “La pizza, Granger… dannazione, mi ero dimenticato com’era parlare con te…”.

La porta si chiude alle sue spalle.

Scopro la vergogna di un sospiro di sollievo, che però non sembra fermare il battito folle del mio cuore contro le mie costole. Mi accascio contro la credenza, gli occhi chiusi e la testa reclinata all’indietro.

Evidentemente anch’io mi ero dimenticata com’era parlare con te.

Perché stavolta, è tutta un’altra cosa. È una cosa completamente diversa.

Perché è lui, stavolta, ad essere completamente diverso.

Che è successo davvero a Draco Malfoy?

 

 

I segreti dei Grifondoro non saranno mai quelli dei Serpeverde, eh Granger?

Chissà come cavolo farò a pagare l’affitto della casa, adesso che non c’è più Dean… 450 sterline non sono poche, assolutamente, inoltre credo che la signora Sanchez mi ammezzerà la prossima volta che mi vede senza soldi. Forse, dovrei trovarmi un appartamento più conveniente. Se Ginny ed Harry non si sposassero, potrei andare a vivere da lei e sarebbe la soluzione migliore.

Non c’è bisogno che tu mi regga il gioco, Granger…

Anche se Ginny finiva sempre tutta l’acqua calda e lo shampoo prima di me, non era certamente una grande compagna di stanza, anzi… si lavava i capelli tre volte al giorno, come è possibile? O comunque tre volte alla settimana, sicuramente…

Lui t’avrebbe ucciso, Granger… io ho solamente letto i tuoi pensieri…

E, adesso che ci penso, che mi metto al matrimonio di Harry e Ginny? Me ne ero scordata! Si sposano tra un mese e io sono anche la testimone di Ginny! Ma si può? Non mi posso mica mettere il tailleur bianco, è diventato corto di maniche. Il vestito rosso, manco a pagare… lo avevo anche al matrimonio di Hannah Abbott, figuriamoci se l’hanno dimenticato quelle pettegole.

Mi rigiro nuovamente nel letto, un pallido raggio di luna che mi trafigge il viso con la potenza di un raggio solare. Mi volto nervosa dall’altra parte, per finire abbagliata dalla luminescenza della lava-lamp sul comodino. Nascondo la testa sotto il cuscino e, se le luci smettono di tormentarmi, le parole no. Va bene, va bene, lo ammetto! Sto continuamente a pensare alle parole di Malfoy, da ore ormai, ossia da quando mi sono messa a letto. Ho cercato di distrarmi, ma niente! Siete contenti adesso? Che poi, se dobbiamo essere precisi, la colpa è tutta di questo letto. Oltre a non essere mio, credo che non sia nemmeno ortopedico. Quindi, è ovvio che, se uno non riesce a dormire, ripensa alle cose più sgradevoli, successe durante la giornata. E cosa c’è di più sgradevole nella mia mente dell’immagine di Draco Lucius Malfoy?

Mi sporgo lentamente oltre il lenzuolo che mi copre, Seth dorme placidamente sul divano, la bocca semiaperta. L’ho preso in giro per tre ore per il suo pigiama azzurro con degli smiles rossi. Malfoy, per mia fortuna, dorme nella sua parte di appartamento assieme a Serenity, e quindi molto lontano da me. Vabbè, molto lontano, una decina di metri, l’ideale sarebbe una quindicina di anni luce, ma non si può avere tutto dalla vita. L’ho imparato a mie spese. E ora sono qui a dimenarmi come una anguilla, mentre l’orologio di chissà che posto batte le tre. Sono andata a letto ben due ore fa, quindi… due ore di sonno perse. E devo anche alzarmi presto, Malfoy ha gentilmente sottolineato che quanto prima me ne vado, meglio è. Non che non l’avessi capito… anche perché anch’io vorrei andarmene di qui il prima possibile, giusto per dimenticarmi tutto quello che è successo in questa assurda serata. Allora, ho partecipato alla cena più paradossale della mia vita; seduta ad un tavolo assieme ad un ragazzo che ho conosciuto solamente ieri, ma che mi tratta già come se fossi la migliore delle sue amiche, e con un altro, che invece conosco da anni, ma che odio in senso sviscerale. Ho mangiucchiato in silenzio la mia pizza, mentre Seth parlava senza nemmeno prendere fiato. Sono arrivata persino a sapere il nome da nubile di sua madre e a quanti anni ha imparato a fare pipì nel vasino. Tutto questo con me e Malfoy completamente in silenzio, da premettersi… mi sono sentita così in imbarazzo, già stavo nella stessa stanza con uno che vorrebbe vedere la mia testa su un palo, ma avevo anche indosso una ridicola maglia da calcio e mi ero persino presa da vera idiota una pizza ai quattro formaggi, che definirla filante era un pallido eufemismo. Filante! Era una cosa assurda, milioni di piccoli filamenti di mozzarella si formavano tra la fetta di pizza e le mie labbra, costringendo le mie dita ad ardite manovre di accompagnamento. Che nervoso! Anche perché poi, non è che Malfoy mi prendesse in giro come sempre, no! Conoscendo per sua viva bocca quello che pensava, avrei potuto difendermi come sempre, invece quello se ne stava in silenzio, così potevo solamente immaginare i suoi pensieri. Mi innervosiva davvero molto, ma non nella maniera di prima, cioè in quella di tutti questi anni. No, era qualcosa di diverso. Mi innervosiva perché era come se la sua presenza mi alitasse sul collo, come se mi sforzassi con tutte le forze di ignorarla e non ci riuscissi. Ci ero sempre riuscita, vivevo tranquilla ad Hogwarts, fregandomene beatamente di lui. Ora non ci riuscivo più. Perché? Mi ritrovavo a guardarlo di sottecchi, cercando di indovinare a che cosa stesse pensando, sebbene fosse abbastanza intuibile che doveva essere qualcosa di decisamente sgradevole ed offensivo. Mi sembrava assurdo che mi concedesse di rimanere nella sua stessa stanza, che lo tollerasse e lo accettasse. Insomma, per tutta la cena, mi ero interrogata come una perfetta idiota sul fatto che Malfoy non solo aveva cambiato nome, sembrava essere cambiato in tutto il resto. Alla fine, mi ero risposta che era ovvio tutto ciò, proprio per la stessa ragione del cambiamento di nome. Quello che avevo davanti agli occhi non era Malfoy, era Danny Ryan, il comunissimo gestore di locale che aveva molto di Malfoy, ma non tutto. Doveva perlomeno fingere di essere un po’ più gentile, altrimenti Seth lo avrebbe preso per pazzo, conoscendo solo Danny. La nostra cena era stata interrotta dal risveglio brusco di Serenity, che aveva cominciato a piangere dalla stanza accanto. Malfoy si era alzato senza una parola, gettandomi un’occhiata alla tipo “Azzardati a ridere e ti ammazzo…” ed era andato a prendere Serenity. Tornato a tavola (mentre Seth parlava ancora!), si era seduto con la piccola in braccio, fino a farla riaddormentare. Incredibile? No! IMPOSSIBILE!!!! Ecco la definizione giusta! Quello non poteva essere Malfoy, no! Uno che faceva una cosa del genere (far addormentare una bambina di un anno e mezzo, ricordiamolo!) con tanta tranquillità e… dolcezza, persino. Mi ero incantata a guardarlo come un merluzzo. Mi sembrava così incredibile… Malfoy si era limitato, quando se ne era accorto, a sillabarmi tra le labbra che, se non l’avessi fatta finita, mi avrebbe gettato per la strada. Ma era davvero ipnotica quella visione, insomma… chi mai ci avrebbe creduto? Nessuno, ve lo dico io. Avrei detto più facilmente che Neville sarebbe diventato il più grande atleta del mondo e contemporaneamente il più grande pozionista mai esistito, invece che una cosa del genere. Malfoy parlava sottovoce a Serenity, non so nemmeno io che cosa le dicesse, ma alla fine la piccola si era addormentata, un’espressione serafica sul volto; non riuscivo a distinguere nemmeno la più piccola parola di quello che Malfoy le aveva detto, la sua voce era così tenue e tranquilla che avevo avuto persino l’impressione che la stesse incantando in qualche maniera. Ma, anche se non mi permetto (mio malgrado!) di confrontarmi con l’enorme conoscenza della magia della famiglia di Malfoy, se si fosse trattato di una cosa del genere, me ne sarei sicuramente accorta. E, aggiungo, me ne sarei anche tranquillizzata; invece no, il fatto che abbia trattato una bambina in quella maniera, è decisamente qualcosa che mi terrorizza. Nemmeno io so dirne il motivo, ma questo mi inquieta molto, come una specie di rivoluzione copernicana, aver messo sempre le cose in una determinata prospettiva e scoprire che era sempre stato tutto sbagliato. E se fosse così anche per Malfoy? Non ci voglio nemmeno pensare. Decisamente, se fossi vissuta nel ‘600 con quella sovversiva scoperta, come minimo mi sarei suicidata. Una cosa per impedirmi ancora di più di tranquillizzarmi, era arrivata dopo. Quando Malfoy aveva preso Serenity per tornarsene nel suo appartamento ed io ero rimasta sola con Seth, prima che lui iniziasse nuovamente con i suoi discorsi assurdi, avevo chiesto chi fosse Serenity. E lui mi aveva candidamente risposto che era la sorellina di Danny. La sorellina??!! Mi ero urlata nel cervello, sapendo che era una bugia grande come una casa. Serenity era troppo piccola per essere sua sorella! Poteva avere massimo diciotto mesi e i genitori di Malfoy erano belli che morti da anni! Avevo pensato ad una sorella adottiva, ma anche in quel caso la storia non reggeva. Per prima cosa, i Malfoy non avrebbero mai adottato una di un’altra famiglia, e per quale motivo, poi? Avevano già un figlio e, nella loro folle e sconsiderata opinione, era anche perfetto. Aveva sì dato le spalle al lato oscuro, ma ciò era successo dopo la morte dei Malfoy. E comunque ritornava sempre il fatto che Serenity era troppo piccola per aver conosciuto in qualsivoglia maniera Narcissa Black e Lucius Malfoy. E allora chi era veramente? Assomigliava a Malfoy, ma vagamente, nemmeno tantissimo. Forse la sola cosa che gli accomunava davvero, erano i capelli biondi, ma non era mica una prova della loro parentela. I loro tratti somatici non erano molto simili; i lineamenti di Malfoy erano molto più spigolosi e non era dovuto al fatto che fosse un ragazzo. Anche Narcissa era così, aveva un viso affilato ed aspro per quello che riesco a ricordare. Serenity, invece, aveva un visino rotondo e paffuto; mi ricordava qualcosa o qualcuno, a cui però non sapevo dare un nome. Comunque, per come era la cosa, Serenity non poteva essere assolutamente la sorella di Malfoy. E nemmeno la sorella di Danny Ryan, nel caso potesse sussistere la minima differenza. Se fosse accaduto qualcosa di particolare inerente alla nascita di Serenity, non so, un’adozione, un affidamento o altre circostanze speciali, che comunque rientrasse nella vita di Danny, Seth me l’avrebbe detto. No, Seth aveva detto in maniera chiara e semplice che Serenity era la sorella naturale di Danny. E Danny non aveva genitori reali, perché lui stesso non era una persona vera, ma solo uno schermo all’identità di Malfoy. No, doveva essere qualcosa accaduto nel nostro mondo, quello della magia. L’accenno alla conoscenza di Harry della situazione, mi faceva capire che il suo avere Serenity non era qualcosa di ovvio ed automatico. Doveva aver lottato per averla, tanto da avere paura che Harry potesse togliergliela. Serenity non era sua sorella, ma lui voleva averla con sé. Perché? Ed allora dov’erano i suoi genitori veri?

Mi stropiccio gli occhi con forza, ho veramente sonno e non riesco ad addormentarmi. Ho troppe domande nella testa.

Per fortuna, domani finirà tutto. In fondo, se Harry lo sa… e poi la tratta bene… le vuole bene…

Mi addormento lentamente, scivolando in un sonno confuso e pieno di sogni disordinati con quelle tre parole che mi frullano nella mente. Tre parole strane e inconsuete per me, che si vanno ad incastrare nella visione nuova di Draco Lucius Malfoy, diventato Danny Ryan. A quanto pare, Danny Ryan sa anche voler sinceramente bene a qualcuno, a differenza di Draco Malfoy. Ed è allora che un’altra domanda fastidiosa mi tiene la mente ancora occupata, impedendole di cadere nell’incoscienza più completa.

Ma a me, in fondo, chi me l’ha mai detto che Malfoy non ha voluto bene a nessuno?

 

 

Un Capitolo enorme, spero vi faccia piacere! Non lo volevo spezzare perché concettualmente è legato, quindi l’ho lasciato unito…spero che non crei problemi… prima di tutto come sempre ringrazio coloro che recensiscono, le mie fedelissime!! Grazie, grazie, è davvero importante per me…sono contentissima di aver ritrovato lunachan 62!!:D… ed ovviamente anche nuovi lettori! Ha riscosso successo Summer, eh? Vi posso assicurare che è un personaggio assolutamente NON inventato…meglio non ripensarci!! In questo chappy brutte notizie per Herm, povera!! Ma le cose andranno meglio in futuro, eheheheeh!!! Allora a presto, sperando che lo studio mi lasci tempo!! Un bacio, Cassie!!

 

 

   
 
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