Capitolo 5: Pech'
Le parole
escono impastate e confuse, venate di incredulità.
Nonostante le ferite e la gravità
dell'incidente, l'uomo steso a terra ha l'aria di chi ha appena visto
un
fantasma.
Il
Soldato
esita per un secondo - un piccolo, insignificante attimo. Quel nome non
significa nulla, di sicuro non è il suo, ma lo stesso lo
costringe a fermarsi.
Poi il tempo riparte, il nome scompare e si abbassa per afferrare
l'uomo per i
capelli.
I
colpi
vanno a segno in rapida successione, il primo a frantumare il cranio e
il
secondo a spezzargli il collo. La donna è ancora nella
macchina, si lamenta e
chiama invano il marito. Howard. Il
nome dell'uomo è Howard.
Sistema
il
corpo sul sedile anteriore e rimane a fissare il sangue mentre imbratta il volante. La donna non
può
muoversi, le sue ferite sono troppo gravi; si lascia scappare un
piccolo
singhiozzo disperato e crolla di nuovo contro lo schienale.
Per
un
istante considera l'idea di recuperare soltanto il carico. Howard Stark
era
l'obiettivo principale, non lei. Lei non sarebbe in grado di seguirlo,
non può
neanche chiamare aiuto. Gli basterebbe andarsene e scomparire nella
notte, lasciandola
insieme al cadavere del marito nella macchina semidistrutta.
Estrazione1.
Nessun testimone. Questi erano gli ordini e chi gli ha affidato la
missione è stato
molto chiari sul da farsi.
Gira
intorno
alla macchina fino al lato del passeggero.
La
donna è
già morta, anche se respira ancora. Un liquido chiaro cola
dalle orecchie e dal
naso, mischiandosi al sangue sul viso. Le tremano le mani e il respiro
ormai è
simile a rantoli affannati. Trauma cranico, frattura depressa. Gli
airbag non
si sono aperti e ha sbattuto la testa sul cruscotto quando la macchina
si è
schiantata contro l'albero. Il suo destino è stato segnato
nel momento in cui la
vettura è uscita di strada. Sta morendo e i soccorsi non
arriveranno mai.
Si
china
all'interno dell'abitacolo e le stringe le mani intorno alla gola; lei
non
oppone resistenza se non per un debole gemito quando la pressione le
toglie il
fiato. Basta un solo movimento e le spezza il collo in uno scatto
secco. E’
rapido e indolore, molto più veloce che vederla agonizzare a
causa dei traumi
riportati.
Abbandona
entrambi i corpi tra i rottami e toglie la valigetta dal portabagagli.
Il
passaggio finale è distruggere la telecamera che ha filmato
l'assassinio dal
principio. Nessun testimone. Un proiettile piazzato al punto giusto fa
saltare
la lente e il Soldato torna alla propria moto.
La
base è a
meno di dieci miglia di distanza ed è abbastanza facile
tornare senza essere
visto. La valigetta è legata sul sellino dietro di lui,
contenente qualsiasi
cosa i suoi committenti pensino valga tanto da dover uccidere per
averla. Non
ha domandato, non ha mai chiesto dettagli; ha semplicemente accettato
l'incarico senza una parola, pronto ad obbedire. Adesso però
ha delle domande.
L'obiettivo,
Stark, l'ha chiamato per nome prima di morire.
Barnes.
Non sa chi sia
Barnes né perché Stark l'abbia chiamato
così ma vuole saperlo, visto che ha
esitato. Non ha mai esitato durante un incarico, almeno non fino a
questa
notte, e la causa di tale esitazione è stato proprio il nome
Barnes. Al nome
era perfino associato un grado: Sergente.
Militare, quindi. Per chiunque Stark l'avesse preso, si trattava di un
militare.
Riflette
su quel
nome, su cosa possa significare o se abbia davvero un qualsiasi
significato,
perché nella sua realtà è
insignificante. Lui non ha nome, non ha identità, non
ha niente all'infuori di una pistola e una missione. È
un'arma, nulla di più,
però quel nome ha fatto risuonare qualcosa come un sonar.
I
rari flash
che lo colpiscono quando è in azione sembrano per la maggior
parte schegge di ricordi.
Sono indefiniti, muri di mattone e vicoli polverosi e ciocche di
capelli
biondi. Niente di tangibile, niente di vero, niente al quale possa
aggrapparsi.
Brandelli della vita di qualcun altro, di una vita prima delle pistole
e del
sangue. Una vita che non gli appartiene.
Barnes. Il
nome
continua a rimbalzare nel suo cervello. Sergente
Barnes. Chi diavolo può essere?
È così
lontano da lui ed estraneo, un nome nel quale non si riconosce.
Gli scivola addosso come olio sull'acqua e rotola a terra, abbandonato.
Barnes.
Spiacente, non c'è nessuno con quel nome da queste parti.
Un
nuovo nome viene a galla appena diventa chiaro che la sua mente non
voglia avere nulla a che fare con Barnes.
Stark. Howard Stark. Eccentrico inventore, milionario e…
qualcos'altro.
Che altro? Non lo sa, perché il nome Stark - proprio come
Barnes - non dovrebbe
avere alcun significato. Eppure è come se l'avesse e lui non
sa darsi una
spiegazione in merito.
Anche
quel
nome porta con sé alcuni granelli di false memorie, briciole
di informazioni e
dettagli. Ci sono balenii di luci ed elettricità, un
attenuato rumore di
applausi che sembra risuonare da un passato distante secoli. Immagini
sfocate
di un uomo dai capelli scuri, carismatico; parla del futuro come se ci
fosse
stato e manda il pubblico in visibilio.
Il
Soldato
scuote il capo e si concentra sulla strada immersa nel buio. I pensieri
sono
una distrazione e lui si rifiuta di lasciarsi infastidire. La missione
è
compiuta, l'obiettivo e i testimoni eliminati. Allora perché
non riesce a
liberarsi dei pensieri che continuano ad ammassarsi nella sua testa?
La
base si
profila in lontananza, un insieme di magazzini e depositi illuminati;
si ferma
sul retro di un blocco isolato prima di slegare la valigetta e
dirigersi all'interno.
I suoi committenti stanno aspettando, recuperano la valigetta senza
dire una
parola e poi la aprono con cautela. All'interno ci sono cinque sacche
bluastre
dall'aspetto anonimo ma di particolare valore, a giudicare dal sangue
che è
stato versato per averle.
«Ottimo
lavoro, Soldato,» dice uno degli uomini, lo sguardo fisso
sulle sacche di
liquido. «Il
tuo contributo ha spianato la strada al futuro.»
Non
gli
importa nulla del futuro; al momento i suoi pensieri sono rivolti al
passato.
Sergente Barnes. Howard
Stark. Quei nomi significano qualcosa, però non sa
cosa e non
conoscere la risposta a quella domanda è come sentire una
pressione che spinge
dietro i bulbi oculari. Il bisogno di ottenere risposte e il rifiuto di
ammettere la presenza stessa di domande sono in guerra uno con l'altro
dentro
di lui. Non durerà per molto; non dura mai troppo a lungo.
I
suoi
committenti non gli lasciano il tempo di rimuginare,
hanno altri piani. Le sacche che ha recuperato sono piene di
siero, qualcosa che dovrebbe servire a creare altri Soldati come lui. I
tre
giorni successivi sono fatti di esperimenti e test, urla e pianti di
agonia.
Alla fine le grida si spengono e nascono cinque nuovi assassini.
Sono
tutti già
ben preparati, soldati d'elite letali in qualsiasi maniera
immaginabile, eppure
lo costringono ad occuparsi del loro addestramento. Lui non
è in perfetta forma
e si nota fin da subito. Uno dei nuovi Soldati riesce ad avere la
meglio durante
una sessione di combattimento e lo lancia a peso morto dall'altro lato
della
palestra. Dà la colpa ad una mancanza di concentrazione,
qualcosa che non gli è
mai successo prima; dalla notte in cui ha ucciso Howard Stark non si
è più
sentito a posto e nemmeno ha ottenuto risposte.
Più
a lungo
rimane fuori dalla criostasi, più flash e
frammenti di memoria sembrano affiorare. Non sono comunque nulla di
concreto,
ma si fanno più intensi e frequenti. Sono spesso
accompagnati da una forte emicrania,
un punteruolo infilzato nel cervello insieme ad ogni immagine. Ogni
ricordo (se
davvero di quello si tratta) è pericoloso come un aneurisma
pronto a
scoppiare.
Sergente
Barnes. Barnes.
Barnes. Il nome ruggisce
incandescente, una fornace tra le mura della
sua mente. È un nome che scotta e accende i suoi sensi,
marchia a fuoco la sua
pelle. Dopo aver passato così tanti anni tra la neve e il
ghiaccio, pronunciare
quel nome è come trovarsi tra le fiamme dell'Inferno.
Il
nome
echeggia ancora rovente quando l'altro Soldato lo rovescia senza
sforzo; una
bruciante agonia gli carbonizza i nervi ottici. Barnes.
Barnes. Barnes.
Colpisce il muro di schiena e
per un attimo la brace si estingue, Barnes
e Sergente e Stark
spariscono in un velo annebbiato di dolore e collera. I
ricordi sono come lingue di fuoco ma la sua rabbia è gelida
e mortale.
L'altro
Soldato intanto uccide uno dei dottori presenti
e in breve nella palestra si scatena un putiferio. Qualcuno lo afferra
per una
spalla e usa il suo corpo come scudo, in cerca di una via di fuga,
mentre il
resto dei Soldati rimane all'interno. Servono due unità
complete per far
tornare la calma e si registrano numerose perdite tra i militari.
I
cinque
nuovi Soldati sono troppo instabili, troppo imprevedibili. Vengono
messi in stasi
in tutta fretta, aspettando il momento in cui sarà possibile
organizzare
maggiori contromisure per contenerli. Lui osserva in silenzio,
consapevole che
a breve toccherà a lui. Non lo tengono fuori mai
più del tempo necessario e
adesso che la sua presenza non è indispensabile lo
riaddormenteranno. Non che
sia una gran sorpresa, ma lo stesso non è piacevole.
Il
suo turno
arriva il giorno dopo e lo conducono in una stanza dove c'è
un'unità di criostasi
aperta. Dormirà fino a che gli verrà assegnato un
nuovo incarico, impossibile dire quanto potrebbe volerci. È
successo prima e succederà di nuovo e di nuovo e di nuovo.
Stavolta però gli
sembra quasi di sentirsi sollevato; perlomeno la procedura
metterà fine all'irradiante
sensazione di bruciore causata da quei nomi. Stark
e Barnes. Stark e Barnes.
Lo
stanno preparando per la stasi quando si decide a parlare. Non aveva
mai fatto domande prima, non aveva mai avuto ragioni per farne, ma
adesso ha
bisogno di sapere. La supernova accecante che si sprigiona nella sua
testa lo
sta facendo impazzire.
«Chi
è
il Sergente Barnes?»
chiede alla fine, con voce rauca e secca.
Un tecnico
che si sta occupando di lui lo guarda e poi scambia un'occhiata col
collega. L'arma ha parlato, non
è previsto che l'arma parli. Non rispondono alla sua
domanda; gli fanno
indossare una specie di museruola e lo infilano nella capsula.
Non
ricevere
alcuna risposta è la cosa peggiore. Nonostante il freddo
della criostasi aiuti
a placare il violento incendio nella sua testa, non riesce a staccare
del tutto
la spina per togliergli ogni residuo di consapevolezza. Passa i cinque
anni successivi ad avere incubi su un carismatico scienziato che
inventa macchine
volanti, in un futuro che si trova nel passato. Ha incubi che
coinvolgono un
uomo chiamato Stark, un soldato di nome Barnes, e tutto quello che
riesce a
vedere è sangue.
1. In gergo
militare indica il processo di rimozione e trasferimento di personale o di
altri elementi, in genere da una zona considerata pericolosa ad una più sicura.
Quando i soggetti coinvolti oppongono resistenza ed è necessario un intervento
coercitivo si parla di estrazione (esfiltrazione) ostile. [NdT]
Capitolo originale dell'autrice