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Autore: Red_Coat    20/12/2016    3 recensioni
Questa è la storia di un soldato, un rinnegato da due mondi. È la storia del viaggio ultimo del pianeta verso la sua terra promessa.
Questa è la storia di quando Cloud Strife fu sconfitto, e vennero le tenebre. E il silenzio.
Genere: Angst, Guerra, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'allievo di Sephiroth'
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Yoshi seguì in silenzio suo figlio in quella che un tempo era stata la stanza del ragazzo, attese che questi richiudesse bene la porta alle sue spalle e solo allora, finalmente, Victor si espresse con poche, semplici parole guardandolo serio negli occhi

<< Lui è mio figlio, si. >> fece, rispondendo a quelle domande non ancora espresse << E lei è sua madre. L'ho conosciuta al lago, quando mi sono ferito. >> concluse mostrandogli il palmo della mano destra coperto dal guanto senza maniche e poi tacendo, in attesa.

Yoshi lo fissò con la stessa espressione che aveva assunto nel momento in cui aveva compreso di essere davanti ad un'altra delle sue "bravate", stavolta molto più grave delle precedenti, e solo dopo qualche altro attimo in più di silenzio riuscì a trovare quel briciolo di calma in più necessaria a parlare, anche se prevedeva non sarebbe riuscito a farla durare a lungo.
Aveva una tale rabbia dentro, che si sentiva una bomba pronta ad esplodere. Solo questione di minuti, o forse secondi.

<< Quanti anni ha il bambino? >> chiese perentorio
<< Tre ... >> fu la risposta, semplice e coincisa

Trattenne il fiato, mentre il fastidio montava. Quindi strinse i pugni e chiese, annuendo e parlando molto lentamente, con la voce che tremava

<< E tu te ne sei ricordato solo ora, di avere un figlio? >>

Victor sospirò e chiuse gli occhi per un istante, prima di riaprirli e rispondere, guardandolo dritto nei suoi. Sembrava stesse davvero riuscendo a mantenersi calmo, nonostante tutto.

<< Io ... >> iniziò << Non lo sapevo. È stato il dottor Fujita a portarli qui. >>

Il capofamiglia sgranò gli occhi e aprì appena la bocca, stupito, nella stessa espressione che lui stesso aveva avuto nel rivedere la donna che amava.

<< Fujita ... >> mormorò incredulo, voltandosi verso la porta e poi di nuovo verso di lui

Victor annuì, e restando serio proseguì nella sua spiegazione

<< Io non sapevo neanche fosse incinta, quando ci siamo lasciati. Quando sono tornato a Midgar la nonna di Hikari si era già sposata in seconde nozze con lui, e Keiichi aveva appena un anno. Lui non sapeva fossi io il padre, lo ha capito guardando il ciondolo e i ritratti che Hikari aveva fatto di me. >>
<< Tu non sapevi ... >> gli fece eco allora suo padre, in quel tono saccente e accusatorio che tanto detestava << Potevi chiamarla, se le volevi così bene da andarci a letto. >>

Ancora una volta Victor sospirò profondamente. Stava cercando in tutti i modi di mantenere la calma, ma con quell'uomo ogni volta diventava sempre più difficile.
Come diamine faceva? Perché ogni santa volta doveva sempre trovare nuovi maledetti modi per umiliarlo e rinfacciargli i suoi errori già abbastanza palesi?!
Non poté fare a meno di ripensare a suo nonno. Aveva fatto la stessa cosa anche con lui, finendo per ucciderlo. Nessuno gli avrebbe mai tolto dalla testa quell'immagine di loro che litigavano e la convinzione che fosse stato proprio quest'ultimo litigio a segnare la fine.
E ora, di nuovo. Solo che stavolta al posto di Mikio c'era lui.
"Nonno ..." pensò " santo cielo, dammi la forza!".

<< Non è così semplice ... >> rispose quindi, dopo aver aspetto qualche istante per sbollire

Ma a quel punto Yoshi ripartì all'attacco, e stavolta le sue stoccate furono così sferzanti e mirate da mandare in fumo tutto il lavoro di pazienza e autocontrollo fatto fino a quel momento

<< Oh, invece sì che lo è! >> lo incalzò con un mezzo ghigno nervoso << Sentì com'è semplice e veloce: Hai sempre fatto quello che ti diceva quel cervello di stoppia che ti ritrovi, poi ti sei arruolato hai incontrato Sephiroth e hai lasciato che fosse lui a dirti quello che dovevi fare. Solo lui, anche con la madre di tuo figlio! E quando lui non c'è stato più te ne sei fregato di tutto e di tutti e sei partito, senza neanche preoccuparti di telefonare o di scrivere anche solo una dannata lettera per chiedere notizie e farci sapere che eri vivo! Tutto per inseguire quell'idiota bellimbusto argentato come uno dei suoi più fedeli masti ... ugh! >>

Si bloccò all'istante strozzando il fiato in gola e sentendo il terreno mancargli sotto i piedi, perché senza preavviso suo figlio aveva acceso il suo sguardo nuovo di un'ira profonda, lo aveva afferrato per il colletto della vecchia camicia a quadri che indossava e ora lo teneva sollevato a pochi centimetri dal pavimento, irrigidendo la mascella e tenendo gli occhi felini fissi nei suoi.
Sentì i suoi muscoli tremare, e per un attimo temette il peggio. Ma ... non successe nulla, anche se la situazione rimase tale per diversi secondi prima che Victor, con un sibilo roco, si decidesse a fendere il silenzio

<< Non osare mai più parlare di Sephiroth in quel modo! Sono stato chiaro? >> lo minacciò, continuando a tremare per lo sforzo di trattenersi

E allora Yoshi capì.
Lo sguardo, quello sguardo infuocato eppure ancora perfettamente lucido. Era molto diverso dall'ultima volta in cui aveva rischiato di far loro del male. Completamente diverso da tutte le altre volte.
Ora era perfettamente lucido, conscio di ciò che sarebbe successo se avesse dato sfogo alla sua rabbia, per questo la tratteneva in assoluta padronanza di sé, ma pronto a lasciarla uscire se mai lui avesse continuato il discorso su quella strada. Eppure, nonostante questo, Yoshi non volle trattenersi dal rispondere indignato e deformato, storcendo le labbra

<< Certo ... >> rispose << chiarissimo. Sei disposto a difendere un SOLDIER e non mostri alcun rispetto per tuo padre ... >>

Questo fu davvero troppo. Prima di cedere completamente Victor lo mollò, moderando la forza in modo da non finire per sbatterlo contro la parete spoglia alle sue spalle, e sbottò

<< Perché quel SOLDIER è stato per me quello che tu non sei voluto essere durante tutto il periodo che ho trascorso nella Shinra, al suo fianco! >> ritrovandosi alla fine quasi in lacrime e accaldato a fissarlo

Lo sforzo di trattenersi era molto più pesante di quello che avrebbe potuto compiere lasciandosi andare. Ma continuava a ripetersi la parola autocontrollo, e stava riuscendo a farcela.
Grazie agli insegnamenti preziosi di quel soldato che suo padre tanto disprezzava. Per questo, non si trattenne dal sputarglielo in faccia

<< Mi ha fatto da Generale, amico, fratello, e padre! Mi ha salvato, l'ultima volta appena qualche settimana fa, e se non fosse per quello che mi ha insegnato mentre ero con lui anche tu a quest'ora saresti morto già da molto, molto tempo! >>

Yoshi rabbrividì di nuovo, senza capire. "Lo ha ... salvato?" lanciando senza neanche accorgersene una lunga occhiata alla ciocca bianca che accarezzava il gomito destro del giovane e a quegli inquietanti occhi felini del colore del mako.
"Che diavolo significa?" continuò a chiedersi, dando il tempo a Victor di riprendersi chiudendo di nuovo gli occhi e lanciando un'altra, breve preghiera.
Poi, mentre ancora suo padre restava imbambolato a fissarlo, il giovane rilassò i muscoli, riaprì gli occhi e riaperti i pugni delle mani concluse, dopo l'ennesimo sospiro, mostrandosi interamente sincero e nuovamente calmo e riprese.

<< Sono stato zitto. Ho ingoiato i rospi e le offese che mi hai lanciato per tutto questo tempo, non ho proferito neanche una parola in merito a SOLDIER davanti a te e non ti ho mai raccontato nulla, né quando stavo male né quando ricevevo successi e gratificazioni. Ho fatto esattamente come mi avevi imposto di fare, rispettando il nostro patto. >>

A quel punto Yoshi aprì di nuovo la bocca per parlare, ma lui non glielo lasciò fare, alzando una mano per bloccarlo e proseguendo.

<< Ammetto che non sia stato tutto rose e fiori, che l'ultima volta hai avuto ragione a cacciarmi di casa perché vi ho messo in pericolo e vi ho fatto preoccupare inutilmente, e quindi meritavo quel trattamento. >> fece un'altra pausa guardandolo negli occhi, per accertarsi che lo stesse seguendo

Lo stava facendo, si.
Ora Yoshi Osaka lo ascoltava serio e senza più disprezzo, solo tanto stupore e anche un po' di sollievo, nel sentirlo finalmente parlare così. Adesso ... sembrava anche più maturo di lui.

<< Ora però ... >> continuò quindi il giovane Osaka << Vorrei che la smettesti di trattarmi come un bambino, perché non lo sono più.
SOLDIER... >> si fermò di nuovo, abbassando il viso e voltandosi verso la finestra aperta, iniziando a camminare verso di essa con le mani nelle tasche e le spalle appena un po' ricurve << SOLDIER ti cambia dentro. >> continuò, in tono più malinconico << È vero che lo fa, e anche tanto. >> poi tirò fuori dalla tasca la mano coperta dal guanto e la poggiò sulla sinistra, guardandone il palmo e accarezzandolo appena << Ci sono ... ci sono cicatrici che non se ne andranno mai più... >> quella in particolare, si avvertiva anche sotto la stoffa grezza del guanto.

Richiuse il pugno, stringendo quello malato in esso. Guardò le stelle, coperte dalle luci notturne della città. Il rumore del suo traffico giungeva anche lì, sebbene non si trovassero molto in alto e lontani dal centro.

<< Nel corpo, ma soprattutto nell'anima. >> riprese quindi, dopo quel lungo istante di silenzio, per poi voltarsi verso suo padre e concludere con tutta la determinazione che aveva in corpo << Forse potevo evitarle, hai ragione. Ma sono io ad averle volute, e non me ne vergogno né me ne pento, anzi. Da adesso in poi ... voglio che siano i miei punti di forza, voglio mostrarle. >> e così facendo si tolse il guanto e lo gettò a terra, in un angolo lontano della stanza sotto lo sguardo sconvolto di suo padre che continuava ad ascoltare incredulo << Perché mi hanno insegnato a vivere, a combattere per chi amo e per ciò che sono. Mi hanno insegnato ... cose ... che forse non avrei mai imparato standomene qui, al sicuro tra le quattro mura della mia casa. >>

Poi un'altra sorpresa per Yoshi, e un altro colpo al cuore

<< La Shinra è il male, non fa altro che mentire e per lei non c'è altro che il denaro. >> proseguì suo figlio, guardandolo e avvicinandosi nuovamente a lui

Non poté non riconoscere quella frase. Era una delle tante con cui aveva cercato, da piccolo, di convincerlo ad odiare quella società e i suoi affiliati.
Per come erano andate le cose, non avrebbe mai creduto di sentirgliela ripetere, per di più con una simile convinzione e sincerità. In realtà, non si sarebbe neanche aspettato che se le ricordasse tutte a memoria.
Conscio di questo e vedendo la sua faccia sbigottita, Victor sorrise. Quindi, scuotendo la testa ammise

<< Avevi ragione, papà. Ma ... viverlo in prima persona, sulla mia pelle ... forse era ciò di cui avevo bisogno per svegliarmi.
Ma SOLDIER non è la stessa cosa. Lì è pieno di ragazzi così, come me. Tutti i SOLDIER lo sono. La loro unica colpa ... è quella di aver creduto a una bugia, e alcuni ... >> si fermò di nuovo, trattenendo a fatica le lacrime ripensando ad Adam << ... anzi molti di loro, non sono stati così fortunati da riuscire a sopravvivere per rendersene conto. O forse ... non hanno avuto abbastanza coraggio per volerlo fare. >>

Zack.

<< Perché quando ci sei, quando sei finalmente dove vorresti essere, lì dentro, in quella divisa e tra quelle mura, e ti guardi intorno ... passato il primo momento di euforia e compiuta la prima missione, è allora che incominci a rendertene conto, della trappola in cui sei caduto. E a quel punto non ti restano che due opzioni per andare avanti, e non crollare: Svegliarti in tempo e andartene, o ... continuare a sognare, ignorando la realtà e cercando di non sentire la paura e i dubbi, godendoti soltanto il divertimento. >>

Di nuovo una pausa. Yoshi trattenne il fiato, sempre più incredulo. Victor lo fissò ancora per qualche altro istante, poi sorrise, lo superò e voltatogli le spalle raggiunse sicuro la porta, gli occhi lucidi di lacrime e il respiro improvvisamente leggero, talmente tanto da non sentire neppure lo sforzo di farlo.
Si fermò a pochi passi dalla soglia, continuò a sorridere e voltò di nuovo verso suo padre, volto di spalle e immobile al centro della stanza. Attese che riuscisse a voltarsi, lentamente e quasi vacillando come se credesse di trovarsi in un sogno dal quale si sarebbe svegliato a breve. E quando riuscì a farlo, concluse, pacifico

<< Questo è quello che mi ha insegnato SOLDIER.
E ... non fermarmi alle apparenze, al primo ostacolo, non avere mai paura di nulla, non lasciare che i miei incubi e miei sentimenti mi dominino né che la sfiducia, in me e negli altri, mi impedisca di agire e fare la cosa giusta nonostante sia la più complicata e difficile da prendere.
Questo ... >> un sorriso fiero e commosso gli si dipinse negli occhi << Questo è quello che mi ha insegnato Sephiroth. Ed è quello che farò, da adesso in poi. Sono pronto. Mi prenderò ogni responsabilità con Keiichi ed Hikari, sarò la loro famiglia e cercherò in ogni modo, con tutto me stesso ... di renderti fiero di me. >>

Una lacrima. Senza che Yoshi se ne accorgesse, era già apparsa sulla sua guancia mentre le gambe all'improvviso vacillarono per l'emozione facendolo arretrare ma senza abbandonarlo. Ed il suo cuore si fermò per qualche altro secondo, mentre suo figlio improvvisamente grande concludeva la frase con una richiesta, una supplica accorata e gentile, così diversa da quelle che era solito fare.

<< Ti chiedo solo ... soltanto un piccolo favore però, papà. Solo uno ...
Non parlare più in quel modo di Sephiroth e di SOLDIER. Almeno, non davanti a me. Pensala come vuoi, continua a mantenere le tue opinioni e i tuoi sentimenti se ti pare, ma ... in mia presenza e con Keiichi, per favore non farlo. >>

Tacque, aspettando una sua risposta.
Ma ... suo padre non sapeva più che cosa dire. All'improvviso aveva solo voglia di vergognarsi di sé stesso, e del modo in cui era stato in grado di non accorgersi di questa crescita, che ora balenava chiara e lucente davanti ai suoi occhi, restituendogli una verità che era ben diversa e migliore di quella in cui lui si era rassegnato a credere.
" Non fermarmi alle apparenze, non avere mai paura di nulla, non lasciare che i miei incubi e miei sentimenti mi dominino né che la sfiducia, in me e negli altri, mi impedisca di agire e fare la cosa giusta nonostante sia la più complicata e difficile da prendere. "
Questo ...
" Questo è quello che mi ha insegnato Sephiroth."
E lui ...? Lui cos'era riuscito ad insegnargli invece?
Solo ad odiare la Shinra, e ad avere paura di sé stesso. Ma perché, per dio?! Perché se ne rendeva conto solo adesso??
Perché ...? Non aveva dato ascolto a Mikio, neanche una volta!

E pensare ... che lui lo aveva già capito. Forse ... anche su di lui SOLDIER aveva agito con questi identici risultati?

<< Papà... >>

Si riscosse. La voce di Victor tornò a svegliarlo e lui si ritrovò a fissarlo a bocca aperta e occhi lucidi, impotente di fronte a quella richiesta. Suo figlio sorrise

<< Lo farai? >> chiese, inclinando di lato la testa come a suggerirgli la sua risposta

E, senza aggiungere parola, lui annuì appena, mormorando solo un flebile

<< Lo farò ... d'accordo. >>

Per poi guardarlo sorridergli riconoscente, e dopo un sincero

<< Grazie. >>

Aprire la porta e fare per seguirlo in soggiorno, restando immobile al suo ingresso mentre lui correva ad abbracciare la sua dolce metà e ad avvisare tutti dell'esito positivo della discussione.
Per tutta la sera, anche a cena, Yoshi non riuscì più a parlare. Seguitò ad osservare suo figlio mentre conversava pacificamente con gli altri commensali, stringeva la mano della sua donna e giocava con il suo piccolo, ridendo e lanciandogli ogni tanto qualche fugace occhiata felice senza aggiungere altro.
Non riuscì a parlare neanche quando, a metà serata dopo cena, Erriet gli si accostò avvolgendogli il braccio con le sue mani gentili e sussurrandogli preoccupata

<< Yoshi, va tutto bene? >>

La guardò, mentre gli altri erano impegnati in una conversazione piuttosto fitta è divertente sugli aneddoti successo al piccolo Keiichi, al momento condotta da Yukio.
Victor era seduto sulla stessa poltrona di Mikio, e teneva suo figlio in braccio stringendolo forte e ogni tanto lasciandogli piccoli baci sulle guance.
Li guardò, stordito, e per un secondo la voce di Yukio e la sua risata ... parvero davvero molto più simili del solito a quelli di Mikio.
Si sentì ... girare vorticosamente la testa.
E il fiato gli mancò in petto per qualche attimo. La guardò negli occhi, e stringendole la mano nella sua annuì, annaspando appena per poi staccarsi e sussurrarle

<< Sono solo molto stanco, domani devo svegliarmi di nuovo presto. Scusati tu con loro, per favore. >>

Poi, dopo averla vista annuire con un sorriso dolce, si voltò e raggiunse in fretta la loro camera da letto.
Si spogliò e indossò il pigiama con molta calma e a luce spenta, la mente fissa ancora a quegli attimi e a quelle parole. E sotto le coperte sprofondò in lacrime in un sonno profondo e vuoto di sogni, davvero stremato nel corpo e nell'anima.
Mentre dal di fuori della stanza continuava a giungere alle sue orecchie quel chiacchiericcio vivace e le risate allegre di una nuova famiglia Osaka, una che cercava di conoscersi ed affrontare le difficoltà e le paura senza arrendersi.
Insieme.

\\\

Era da un pezzo passata la mezzanotte, da che anche il dottor Fujita decise di tornare al villaggio sul lago e lasciare la casa.
Erriet aveva raggiunto suo marito a letto, e Keiichi si era addormentato sul divano guardando la tv.
Gli unici ancora sveglia erano proprio Victor e Hikari, seduti sulla stessa sedia e avvolti dalla luce fioca della lampada da pavimento posta vicino alla poltrona.
Nonostante l'ora tarda, i due continuavano a tenere gli occhi aperti assaporando quel momento di pacifica calma come se temessero che, chiudendo gli occhi, tutto si sarebbe rivelato solo un sogno.
Hikari, accomodata sulle gambe dell'amato, poggiava la testa sopra la sua spalla, sonnecchiando un po', e la mano sinistra sul suo petto, mentre l'altra era premuta contro il cuore.
Sorrideva.
Victor invece, quasi accasciato sulla sedia, si limitava a mantenerla sulle sue gambe e a stringerla forte, protettivo, mentre con una mano le carezzava distrattamente i capelli, immergendo in essi il naso così da poterne ispirare l'odore, e godendosi la piacevole e stuzzicante sensazione del suo fiato leggero sul collo, ad ogni nuovo respiro.
Erano così da un bel po' ormai, muti ad ascoltare i loro corpi parlare per loro. Quando, ad un tratto, il giovane mormorò il suo nome.
Hikari si risvegliò, riaprendo per l'ennesima volta gli occhi e alzando la testa, per guardarlo nei suoi. Così strani, così affascinanti, così... diversi.
Tutto nel suo aspetto lo era, a cominciare da quella ciocca bianca fino agli occhi e poi nel viso, più grande, più maturo di quando lo aveva visto per la prima volta.
Anche lei lo era, diversa e cresciuta. Eppure ... sembrava non essere passato neppure un solo giorno, per il loro amore.
Era fresco, intenso e genuino, esattamente come nel momento in cui era sbocciato.
E seppure nessuno dei due se lo fosse ancora detto, guardandosi capirono di provare la stessa, medesima sensazione di pace e libertà, una felicità sconfinata che rendeva i loro occhi pieni di luce, e il loro respiro più fresco, leggero.
Victor sollevò gli occhi verso di lei, e le sorrise appena.
Le carezzò le guance rosee, poi le labbra morbide e percorse con le dita la linea curva all'insù di quel sorriso che tanto gli piaceva e che lei non spense, soprattutto in quel momento così bello e intimo.
Quindi, alla fine di tutto, parlò

<< Mi sei mancata ... >> le disse solo, in quello che in realtà fu solo un sussurro appena percettibile, per non svegliare il bambino e non rovinare la magia di quel silenzio confortante.

Così pieno di vita.
Lei sorrise di più, e allungò una mano verso la sua guancia per accarezzarla dolcemente, lasciando che i suoi occhi parlassero al posto suo. "Anche tu..."
Victor chiuse gli occhi e si rilassò, lasciandosi andare a quel contatto per qualche minuto e premendo con la destra quella pelle calda contro il suo viso, in una silenziosa richiesta che Hikari accolse senza obbiettare.
Poi, dopo qualche altro attimo di silenzio, le strinse quella mano nel suo pugno, appena flebilmente perché questo era ciò che le sue terminazioni nervoso ricostruite gli permettevano di fare, e se la portò vicino alle labbra, stampando sul dorso un piccolo, delicato bacio guardandola negli occhi.
Infine si fece serio, e addolorato le disse, quasi a volersi scusare

<< Mi spiace. >>

Hikari scosse la testa, commossa, e tentò di liberarsi della sua stretta per aggiungere altro, ma lui non glielo permise

<< No davvero, mi spiace. >> si affrettò ad aggiungere << Davvero, davvero tanto. Di averti fatto aspettare così a lungo, di averti lasciato sola quando avresti avuto bisogno di me, e di non aver fatto il padre per Keiichi. >>

La ragazza sorrise di nuovo, e seguitò a scuotere la testa prendendogli il viso tra le mani e appoggiando la fronte alla sua, di modo da mostrargli i suoi occhi sinceri.
Naso contro naso, le labbra pericolosamente vicine.
Solo questione di attimi, e infine un altro bacio arrivò a sfiorare i sensi di entrambi.
Fu Victor a farlo, dopo essersi reso conto di cosa significasse quel gesto. Sopraffatto dalla bellezza dei suoi occhi puri si sporse in avanti e la sfiorò con un bacio fugace da cui lei non fu affatto sorpresa, anzi. Chiuse gli occhi per un attimo, come se sé lo aspettasse. E quando li riaprì lui era lì ad osservarla, pieno di amore e desiderio.
La aggredì trattenendosi, prendendole come stava facendo lei il viso tra le mani e assaporandola, insaziabile, per poi stringerle le braccia attorno ai fianchi e avvicinarsi di più a lei, in un impeto che la fede sobbalzare ma non l'allontanò, anzi.
Lui neanche immaginava quanto le fosse mancato il suo tocco, potente e amorevole. E quante volte, stringendo Keiichi, avesse chiuso gli occhi sognando il momento in cui avrebbe potuto risentirlo. Prima di lui, lei non aveva mai conosciuto l'amore.
E adesso, ogni cosa si fermava al suo nome.
Perciò avrebbe voluto che quell'istante sulle sue labbra e tra le sue braccia durasse per sempre, e quando finì lei si ritrovò senza fiato a guardarlo, arrossendo sotto il suo sguardo intenso e innamorato.
E domandandosi se forse, il suo amore non era il premio che il destino le aveva riservato per esser stata così forte contro le avversità della vita.

<< Scusami ... >> ribadì allora annaspando lui, ancora affamato ma consapevole che non era quello il tempo per soddisfare la loro voglia

Non ancora. Anche se era molto, molto più vicino di quanto pensassero.
Lei scosse la testa, ritrovandosi chissà come con le mani strette nelle sue, forti, ad accarezzare il petto di lui. " Non importa " concluse infine, sollevandole imbarazzata e dipingendo l'aria " Non ha più nessuna importanza adesso. "

<< Si che ce l'ha ... >> ribatté invece lui, determinato

Talmente tanto, che per un attimo lei si scurì preoccupata, quando a mani nuovamente strette nelle sue lo sentì tremare.
Il giovane sospirò, pesantemente. Quindi riprese, con più calma tornando a guardarla negli occhi

<< Ce l'ha eccome, per me. >> le disse, vacillando appena << Voi ... siete tornati da me, quando avrei dovuto farlo io. >>

" Ma tu avevi domande da risolvere." aggiunse lei tornando a illuminarsi tenera " Risposte da cercare, e Sephiroth ... ".

"Dio, smettila di dirlo Hikari! "

<< Si, è vero. Ma ... quando lui se n'è andato, e quando finalmente sono riuscito a capire almeno parte del segreto che mi porto dentro...
Allora avrei potuto cercarti. Ma non l'ho fatto ... >>

" Non importa. " continuò a ribadire lei, cercando di calmarlo

Era così ... afflitto.
Gli occhi si erano riempiti di lacrime, la sua espressione era mutata in una più addolorata, e la sua voce pericolosamente incrinata.
Però, continuava a stringerla, come per trovare in lei la forza di continuare.

" Yukio mi ha raccontato tutto. " disse allora. accarezzandogli di nuovo quella guancia su cui era scesa la prima lacrime " Non hai bisogno di farti perdonare nulla. "

<< Ma voglio farlo! >> concluse a quel punto lui, ritrovando improvvisamente coraggio e lucidità << Voglio farlo, Hikari. Perché voi siete tornati per me, e io voglio esserci da adesso in poi. >> un'altra pausa, stavolta più lunga e sofferta delle altre

Infine, mentre lei si preparava a udire ciò che ormai era inevitabile, lui smise di piangere e sicuro di sé diede sfogo al suo cuore, e al peso che ormai da troppo tempo gravava su di esso

<< Sephiroth ... io sento di non poter mai più escludere la sua presenza dalla mia vita. Non voglio farlo, non dopo questo >> le spiegò, sfiorandosi la ciocca con le dita della mano destra << So che tornerà, e gli ho promesso di esserci quando questo succederà. Voglio esserci. Perché sento di non essere ancora arrivato ad una soluzione definitiva, anche se so molto di più di quanto sapevo prima di incontrarti.
Ma ... nel frattempo, e per tutta la durata della mia vita, io ... io so anche che ...
Io ti voglio nella mia vita, Hikari. E voglio che tu ci sia nella mia, ora e per tutto il tempo che verrà. Voglio stringerti la mano mentre cammino, prenderci insieme cura di noi e di nostro figlio, sentire il letto pieno del tuo calore e del tuo profumo, di notte e al mio risveglio, al mattino.
Non voglio dirti addio, mai più se dipendesse da me. Sono stanco di questa vita, stanco di viverla da solo.
Del gelo e della paura, dell'aria che manca in petto e di risvegliarmi ogni volta da un incubo solo, e più terrorizzato di prima.
Voglio il tuo sole, Hikari ... la tua luce.
E ... >> si mosse, raddrizzandosi e baciandole ancora una volta le mani che ora tremavano per l'emozione per poi concludere, arrossendo appena con un sorriso imbarazzato abbassando gli occhi per poi rialzarli scrutandola tutta, dalla stoffa che le avvolgeva la forma sottile e perfetta del basso ventre fino agli occhi verdi carichi di gioia e lacrime << Io ... >> iniziò, infilando le mani nella tasca del jeans e tirando fuori un piccolo cofanetto di velluto nero << Si, insomma, so che di solito non è così che si fanno questo genere di proposte, che ci vuole un po' più di tempo. Ma ne abbiamo perso abbastanza e non mi va di continuare così perciò... >>

"Vorrei sposarti, Hikari. Anche se ho paura della parola 'per sempre', anche se temo che promettertelo ti porterà definitivamente via da me. Vorrei provarci però, che dici? Si può fare? " stava per dirglielo, ma lei non gli diede il tempo di farlo.
Perché non appena il cofanetto si aprì rivelando un bellissimo prezioso d'argento e diamanti, non riuscì più a far finta di niente e a ricacciare in dentro le lacrime che presero così a scorrere sul suo viso.
Lo abbracciò forte, annuendo più volte e singhiozzando in silenzio mentre lui, incredulo ma non troppo e commosso, sorrise la strinse in un abbraccio chiudendo gli occhi alle lacrime.
Era fatta. Ora non restava che infilare quel maledetto anello e continuare a costruire insieme, come avevano già fatto con Keiichi.
Avrebbero iniziato già da domani cercando un'altra casa che potesse finalmente dirsi la loro, a Midgar. Ne avevano già parlato, a cena e anche lui aveva discusso con Fujita di questo.
Keiichi aveva bisogno di andare a scuola, e questo non sarebbe stato possibile al lago.
Ma sarebbero comunque potuti tornare lì quante volte avrebbero voluto, e avrebbero potuto restarci fino a quando se la sarebbero sentita, dato che come diretta erede Hikari aveva pieno diritto di utilizzare quel bene. Ovviamente però, l'ostello avrebbe smesso di funzionare, a tempo indeterminato visto che Fujita col suo lavoro da medico non avrebbe potuto seguirlo con la stessa cura di sua moglie e del suo primo marito.
Dall'indomani insomma, la loro vita sarebbe cambiata,
Per il momento però... voleva solo continuare a stringerla e vederla dormire serena al suo fianco, ed è ciò che poté fare dopo che quell'attimo fu passato.
Lui e Hikari si alzarono, e mentre lei si dirigeva felice in camera lui si portò di fronte al divano dove dormiva il piccolo e chinatosi lo prese delicatamente tra le braccia, attento a non svegliarlo e sorridendo quando il bimbo gli si legò teneramente al collo per mezzo delle sue manine piccole e paffute.
Gli stampò un bacio sulla fronte, quindi si diresse nella camera che un tempo era stata dei suoi nonni e trovò Hikari già cambiata, ad attenderlo sotto le lenzuola. I suoi occhi scintillarono nella silente oscurità illuminata solo dalla candida luce lunare.
La ragazza aprì le lenzuola, per permettergli di appoggiarvi il corpicino addormentato, e allora lui non dovette fare altro che poggiare un ginocchio sul bordo del materasso e posarglielo accanto, guardandola stringerlo con amore.
Continuò a sorriderle osservandola.
Infine si tolse lentamente la maglia ergendosi di fronte a lei, e poi anche i pantaloni, come a provocarla. Un ghigno soddisfatto e malizioso gli si dipinse sulle labbra quando la vide sorridere arrossendo e portandosi una mano di fronte alla bocca scuotendo la testa. Le schioccò un occhiolino, poi però afferrò il pantalone nero della vecchia tuta che usava come pigiama e indossatolo s'infilò con loro sotto le coperte, richiudendole sopra di sé e stringendo entrambi in un abbraccio, prima di chiudere gli occhi e addormentarsi sereno, o almeno provare a farlo.
Era così ...
"Così felice! Sephiroth ... mi sento così felice!
Grazie ... per questa seconda opportunità ... grazie per avermi restituito la vita. "

   
 
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