Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: Vavi_14    22/12/2016    4 recensioni
Dal Prologo. Woods and Orange Blossom:
[...]Sente Jimin intimargli di tornare a casa, ma proprio quando è riuscito ad identificare quella sensazione frizzante e intensa, la sagoma di una ragazza appare da una porticina accanto alla vetrina principale. Fa appena in tempo a scorgerne i capelli color ebano sparsi sul giubbotto in lana cotta che se la ritrova a pochi metri di distanza; il rumore degli stivaletti ticchetta sull’asfalto e suggerisce un andamento frettoloso. Potrebbero fermarla per chiederle gli orari del negozio, dopotutto l’hanno vista chiaramente uscire di lì per ultima, ma Jungkook non riesce a far altro che notare il rossore su quel piccolo naso riprendere il colorito acceso delle labbra, per poi abbassare lo sguardo imbarazzato quando lei ricambia di sfuggita la sua occhiata, mentre Jimin si gusta la scena in silenzio, sbatacchiando il più piccolo non appena la ragazza ha voltato loro le spalle.
«Avrò pure l’aspetto di un idol, ma quella sembrava aver occhi solo per te».[...]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Nuovo personaggio, Park Jimin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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I.

Winter










 
Nonostante il sole avesse sciolto quasi tutto il nevischio, splendendo in un cielo privo di nuvole, Jungkook non era tornato al negozio di CD il giorno successivo, né quello dopo ancora. A una settimana di distanza da quella fredda passeggiata, Taehyung aveva finalmente dato l’esame, portando a casa un inaspettato ma – a detta sua – meritatissimo trenta e lode.

Non che avesse smesso di pensare a quella vetrina, a quel profumo inebriante, o a quella ragazza. In realtà Jungkook fa ancora fatica a credere di aver rinunciato a prendere la metro un paio di volte – o forse qualcuna in più -  pur di percorrere quel tratto di strada in tram e poter scoccare un’occhiata fugace al fantomatico negozio; così, tanto per accertarsi che stesse ancora lì e che non fosse solo frutto della sua fervida immaginazione. Dopotutto Jimin non aveva più tirato fuori la questione, forse per via della presunta figuraccia con le due ragazzine, almeno fino a quando Taehyung non era tornato a casa urlando in aramaico che dopo tutto quel tempo sprecato sui libri come minimo si meritava un’uscita speciale con i suoi due amici. Jimin aveva commentato con un bonario “Ma cercati una ragazza” e Taehyung gli aveva letteralmente rovesciato l’ultimo goccio d’acqua della bottiglietta in testa; dopo averlo afferrato per un braccio, Jimin si era preso la sua rivincita mollandogli un calcio sul sedere e poi aveva pronunciato la fatidica frase: «Andiamo a comprare quel dannatissimo CD». In quel momento, Jungkook aveva sentito chiaramente il proprio cuore perdere un battito e aveva tossicchiato due o tre volte per cercare di assumere un’espressione vagamente naturale davanti agli altri due coinquilini.

Così, mentre Jimin e Taehyung afferrano veloci i loro cappotti e le chiavi di casa, Jungkook è ancora immobile sul divano a tentare di capire se quella morsa che gli stringe il petto è di natura benevola oppure no. Si sente stranamente agitato, comincia ad avere dei dubbi, non è più sicuro di voler andare lì; sta per dire ai suoi hyungs di proseguire da soli ma sente Taehyung tirarlo per un braccio e Jimin lanciargli la sua giacca con tanto di espressione incavolata dipinta in volto.
«Ma che ti prende Jungkookie?»
Non appena sono fuori casa, l’aria fresca di Dicembre sembra finalmente scuotergli i neuroni, facendolo tornare alla realtà.
«N-niente è che avevo da studiar-»
«C’è una ragazza» finisce per lui Jimin, mentre indica a Taehyung che devono prendere la strada per la metro, visto che non hanno le catene e alcune vie sono ancora ghiacciate. «Una carina».
«Ma se non l’hai nemmeno vista!» Jungkook cade in trappola con le sue stesse parole e gli altri due si scambiano uno sguardo complice. Perché ha aperto bocca senza pensare? Non è da lui.
«Tu l’hai vista, invece?» domanda sornione Taehyung, cercando invano di passargli un braccio intorno al collo. Il più piccolo si scansa, piegandosi in avanti, e si posiziona alla sinistra di Jimin.
«Era buio» liquida in fretta i due, guardando altrove. «Ma non è questo il punto».
«Oh, certo che no» lo punzecchia Jimin, pizzicandogli un fianco. «Non è mai il punto, quando si tratta di ragazze».
Jungkook sospira affranto e cala leggermente il berretto rosso sui ciuffi neri che gli solleticano fronte. Rispetto ai suoi coetanei, Jungkook sa di essersi interessato raramente all’altro sesso, eppure non sente di aver perso occasioni preziose, né pensa di avere qualcosa in meno degli altri; semplicemente, Jungkook non si impegna se non pensa che valga davvero la pena impegnarsi; non esce con qualcuno se quella persona non è in grado di trasmettergli qualcosa di unico e speciale; Jungkook non investe energie in una relazione se questa non lo coinvolge abbastanza. Perché Jungkook è sicuro che quando inizierà a farlo, non riuscirà a investire solo una piccola parte di se stesso, preservandosi dal dolore e dalle sofferenze, ma ci si butterà a capofitto donando cuore e anima, forse anche smettendo di ragionare, non ne è sicuro perché non è mai stato davvero innamorato… e un po’ lo teme, l’amore. Lo brama e ne ha paura allo stesso tempo.

Si accorge che sono arrivati a destinazione solo quando Taehyung spalanca la porta del locale e l’odore di legni e fiori d’arancio gli riempie il petto e le narici. Solitamente preferisce le essenze fresche alle fruttate, ma quella ormai gli è entrata dentro ed è come se il suo corpo l’avesse già associata a qualcosa di familiare e accogliente. In effetti, quando entra del negozio, rimane stupito dal gusto delle decorazioni e dalla scelta dei colori; attorno a loro, delle mura color salmone racchiudono un grazioso spazio dove scaffali ricolmi di CD si alternano a mensole sopra le quali svettano dischi in vinile da collezione, chitarre datate, spartiti e altri arredi in tema musicale. Ai lati della sala, ogni CD è sistemato in ordine alfabetico secondo l’artista, e accanto alla cassa sono posizionati dei divanetti dai colori chiari con delle cuffie e degli mp3 accanto. Jungkook, inoltre, non si fa sfuggire una parete dedicata esclusivamente ai libri e alla lettura; ci sono le ultime uscite editoriali e i classici di lingua straniera.
Taehyung non fa altro che ripetere “wow” ad ogni metro quadrato che segna con i suoi piedi e tutti e tre sobbalzano all’improvviso quando una ragazza chiede loro se può essere d’aiuto in qualche modo.
Jungkook non può fare a meno di fermarsi, impalato, dietro i suoi due amici; da lì può osservarla meglio e confermare di non averla affatto sognata. È proprio lei: ha forse i capelli un po’ più lunghi e mossi di come se li ricordava, ma quegli occhi dolci e ridenti sono i suoi, così come le labbra piene e rosee, stavolta truccate con un velo di rossetto. Per il resto il suo volto è pulito e giovane. E bellissimo, si ritrova a pensare Jungkook.
«Linkin Park eh?»
La sente parlare e persino la sua voce sembra ricordare qualche melodia classica suonata al pianoforte.
«Li ascoltavo anch’io» ammette con un sorriso e guida i tre ragazzi verso il relativo scaffale.
«Tu? I Linkin Park?» Taehyung la guarda piuttosto allibito e lei alza le spalle.
«Nemmeno tu sembri un tipo da Linkin Park, se è per questo» la sente ribattere, per poi udire la risata di Jimin in risposta. Il tono di voce che usa è flebile, ma sicuro.
Jungkook, dal canto suo, si limita a seguirli in religioso silenzio, almeno fin quando non scorge su un CD un volto che ha sicuramente già visto. La scritta riporta, a caratteri celesti, il nome “IU”,  e subito sotto di essa c’è una ragazza, la testa leggermente inclinata da un lato, una frangetta sbarazzina che le copre le sopracciglia e i capelli raccolti in una crocchia disordinata. Forse l’acconciatura è diversa, ma Jungkook è quasi certo che si tratti di lei.
«È tuo?»
Si decide finalmente ad aprire bocca, mostrando alla ragazza il CD che tiene per le mani. Lei annuisce a abbassa lo sguardo.
«Non dirmi che…» Taehyung è rimasto a bocca aperta e avrebbe di certo tirato fuori il suo cellulare per chiederle un selfie e magari un autografo sulla fronte, se lei non lo avesse preceduto, stroncando tutte le sue teorie.
«L’ho inciso e prodotto da sola, ma è per raccogliere dei fondi. Non sono una cantante, mi spiace» ammette, con una nota di rammarico nella voce, come se pensasse di averli delusi.
Jungkook, invece, sente qualcosa ronzargli nello stomaco e improvvisamente trova il coraggio necessario per continuare la conversazione.
«Però canti» ribatte abbozzando un mezzo sorriso, o una specie di smorfia, non sa bene cosa è riuscito a tirar fuori in quel momento.
Lei sorride di nuovo. «Beh, ci provo. Mio nonno mi ha trasmesso la passione per la musica… e dato che ora è in ospedale, ho pensato di contribuire a modo mio alle spese per le cure, guadagnando qualcosa nel modo in cui lui avrebbe voluto».
I ragazzi rimangono in silenzio a quella notizia, in modo che la ragazza percepisca il loro dispiacere. Poi però, come suo solito, Taehyung decide di rallegrare l’atmosfera.
«Anche il nostro Jungkookie canta».
Ecco. Perfetto. Il più piccolo lo incenerisce con lo sguardo, sperando non dica nulla di inopportuno.
«Dovresti sentirlo quando è sotto la doccia» sghignazza, e per enfatizzare il tutto chiude una mano a pugno, portandosela davanti alla bocca e utilizzandola come microfono. «Isn't she lovelyyy… isn’t she wonderful…».
Jimin si spiaccica una mano in faccia e guarda Jungkook di sottecchi, il quale desidererebbe tanto sparire all’istante da quel negozio e mostrare a Kim Taehyung l’ultima mossa di Taekwondo che ha imparato giusto qualche giorno prima a lezione. La risata incerta ma genuina della ragazza lo fa desistere da eventuali istinti omicidi, ma è ancora abbastanza a disagio per poter replicare a quel colpo basso del suo hyung.
«È molto bravo» si sente poi in dovere di aggiungere Taehyung, così, tanto per rincarare la dose.
A quel punto Jungkook decide che non può far molto per evitare di sembrare visibilmente imbarazzato, perciò afferra tre di quei CD e li ammolla in mano a Taehyung, in pila sopra quello dei Linkin Park. Nell’esatto momento in cui l’aveva vista sulla copertina, aveva deciso che ne avrebbe acquistato almeno uno; il fatto che li vendesse per una buona causa, poi, aveva sciolto anche i suoi ultimi ripensamenti.
«Oh» si lascia scappare lei, un poco sorpresa. «Non dovete per forza-»
«Ci fa piacere» la precede Jimin, leggendo e interpretando lo sguardo di Jungkook.
Taehyung annuisce festoso e si avvia verso il bancone, seguito dagli altri. «Ti chiami IU?» domanda poi alla ragazza, quando questa sistema i suoi CD in una busta, inserendovi anche dei segnalibri in omaggio.
«Lee Jieun» si presenta, sorridendo.
Taehyung fa un mezzo inchino, seguito dagli altri due «Kim Taehyung» replica, ricambiando il sorriso. «Lui è Park Jimin e lui-»
«Jeon Jungkook» termina il più piccolo, e stavolta non abbassa lo sguardo perché forse, nel profondo, Jungkook vuole che lei si ricordi di lui.
Jieun infatti lo guarda e per un attimo Jungkook ha l’impressione che stia ricollegando il suo volto a quello visto giorni prima, in mezzo alla pioggia incessante, come se quella breve connessione di sguardi le avesse lasciato anche un minimo ricordo impresso in memoria. Jungkook, dal canto suo, lo ha immagazzinato e custodito gelosamente fino a quel momento che, in un modo o nell’altro, sapeva sarebbe arrivato. Stavolta è lei a dover distogliere e abbassare lo sguardo da lui.
«Beh, tornate a trovarmi se vi fa piacere» aggiunge salutandoli con una flessione del capo. «Sarei molto contenta di avere una vostra opinione sul mio CD» confessa, e di nuovo le sue iridi si posano un secondo di troppo su Jungkook.
Mentre si avviano all’uscita Taehyung gli mostra un “ok” con la mano e scompiglia con enfasi i capelli del più piccolo. «Torneremo di sicuro!» esclama – anzi, urla – sbracciandosi a più non posso.
Jimin lo acchiappa per un braccio, «Muoviti» gli intima tra i denti, lasciando un ultimo sorriso alla ragazza e accompagnando anche Jungkook fuori dal negozio di dischi prima che decida di mettere radici.

 
 
◊◊◊

 
 
È la decima, o forse la quindicesima volta che lo ascolta, eppure sembra non averne mai abbastanza: c’è solo una canzone originale, le altre sei sono cover, ma quel timbro soave lo ha ormai catturato e imbrigliato talmente stretto che al momento Jungkook non scorge vie d’uscita. Ha trasferito le canzoni sul portatile, le ha convertite in formato mp3 e poi inserite nell’ipod in modo da averle a portata di mano in ogni momento. Persino Jimin ogni tanto canticchia qualche nota di IU mentre prepara la sua borsa per la palestra, mentre Taehyung non fa altro che ripetere a Jungkook quanto dovrebbe tornare da lei. Ormai Natale si avvicina e durante le feste il negozio sarà chiuso: ha pochi giorni per incontrarla, farle gli auguri e magari sperare in qualcosa che non faccia morire lì i loro incontri. Probabilmente ci sta meditando troppo e tutto quel rimuginare non lo porterà a prendere una decisione, anzi, gli confonderà le idee più di quanto già non lo siano. Qualche volta, pensa Jungkook, dovrebbe prendere esempio dai suoi hyung, affrontare le situazioni di petto: non che Jimin e Taehyung agiscano senza pensare, ma a differenza sua danno meno peso alla ragione e più fiducia al loro istinto.

La mattina del ventitré Jungkook si alza più presto del solito, fa una colazione veloce cercando di non svegliare i suoi amici, una doccia al volo e fugge via di casa con un’unica destinazione stampata in mente.
Ormai percorre quella strada senza neanche prestare attenzione a dove sta andando; cammina svelto con le mani in tasca e ad ogni passo sente l’adrenalina salire e il rumore delle macchine affievolirsi, sovrastato dal battito incessante del suo cuore. L’essenza familiare, quel marciapiede, la vetrina addobbata e piena di luci e Jungkook percepisce di nuovo quell’incertezza che gli fa sempre mettere in discussione le decisioni che prende. Non ha pensato a cosa dire, a come presentarsi, non ha neanche fatto caso a cosa si è messo addosso quella mattina – magari nella fretta ha preso un maglione di Taehyung - , forse si è anche scordato di pettinare i capelli. Che disastro. Sta per fare dietro front quando una voce lo pietrifica sul posto.
«Jungkook, giusto?»
Jieun fa capolino dall’entrata del negozio. Ha i capelli legati in una coda alta e due paraorecchie in lana che la fanno assomigliare molto a un elfo di Babbo Natale. Le gambe sono protette da calze pesanti, mentre da sotto il giubotto si intravede una gonna beige in tinta con gli stivaletti. Jungkook impiega qualche secondo per rendersi conto che ha appena chiuso il negozio e sta camminando proprio verso di lui.
«Io… passavo di qui e così…»
La scusa del secolo. Sempre meglio che rimanere in silenzio.
«Hai ascoltato il CD?»
Nel chiederlo, a Jieun si illuminano gli occhi, quasi non stesse aspettando di sapere altro. Lo guarda da sotto in su, speranzosa di ricevere una risposta, e Jungkook si sente improvvisamente a suo agio, come se quella fosse la domanda più naturale del mondo. Lui non l’ha salutata, lei nemmeno: non c’è stato nessuno sguardo imbarazzato, o frase di cortesia, eppure niente gli è sembrato inadeguato o fuori posto.
«Lo abbiamo ascoltato per giorni interi» ammette e non se ne pente, anche se all’inizio aveva pensato di non esporsi così tanto, ma gli occhi di lei sembrano leggergli dentro e bloccare qualsiasi menzogna sul nascere.
Ha la conferma di aver detto la cosa giusta quando, per la prima volta, può scorgere i suoi denti, piccoli e bianchissimi, fare capolino dietro un sorriso più aperto del solito al quale, però, è costretto a rispondere con uno decisamente più timido e riservato.
«Sto per andare in pausa pranzo. Purtroppo il sabato c’è molta gente, quindi devo farla prima del solito» riprende lei, dopo un attimo di incertezza. «Se ne hai voglia puoi accompagnarmi».
Fermi tutti. Lo ha per caso invitato a mangiare qualcosa insieme? Lei? Ora?
«Così puoi parlarmi della tua passione per Steve Wonder» aggiunge, ma non lo prende alla sprovvista. Rifiutare, in quel momento, sarebbe la scelta più sbagliata che Jungkook potrebbe fare.
«Solo se tu mi parlerai di quella per i Linkin Park».
 
 
Jieun gli ha chiesto se ha delle preferenze per quanto riguarda il cibo e Jungkook ha confessato che gli piace tutto, anche se non ha ancora alluso alla sua abitudine di mangiare per un reggimento. Prenderà qualcosa di caldo per farle compagnia, dopodiché insisterà per pagare lui, ovviamente, visto che è già stato abbastanza strano farsi invitare da lei.
«Stai studiando?» chiede Jieun, afferrando una brioche con un fazzoletto e coprendosi la bocca con la mano libera.
Jungkook annuisce. «Frequento il secondo anno di università».
Lei sorride. «Io a quest’ora avrei quasi finito tutti miei esami, se non avessi lasciato per gestire l’attività».
Jungkook ha bisogno di qualche secondo per fare mente locale: non era mai stato bravo in matematica, specialmente se si trattava di calcoli a mente.
«Ho ventitré anni» ammette lei poco dopo, quasi leggendogli nel pensiero.
Lui vorrebbe scusarsi, non voleva di certo costringerla a dire la sua età; dopotutto non ha mai dato troppo peso a queste cose, inoltre a guardarla così, senza quasi nessuna traccia di trucco a coprirle il viso, Jieun sembra dimostrare appena diciotto anni.
Alla fine decide di cambiare discorso, sperando di non risultare troppo invadente.
«Hai scelto da sola di interrompere l’Università?»
Lei annuisce e fa per versarsi del tè, ma Jungkook la precede e riempie la tazza per lei.
«Sì, in realtà credo di non essere mai stata troppo portata per lo studio. Volevo fare qualcosa che coinvolgesse la musica e che allo stesso tempo mi permettesse di stare vicino ai miei familiari».
«Quindi non hai mai fatto nessun provino?» domanda allora Jungkook, perché ancora non si capacita del fatto che una voce graziosa come quella di Jieun possa rimanere nell’anonimato.
Lei scuote la testa. «Il mondo degli idol non fa per me».
Lui si versa a sua volta un po’ di tè e sospira.
«E neanche per te, a quanto ho capito». Jieun lo guarda, in attesa di ricevere conferma alle sue supposizioni.
Jungkook ripensa alla scenetta con Taehyung e alla stramba idea che Jieun dovrà essersi fatta di lui.
«Mi piace la musica» confessa, sorridendo appena. «Ma il mio unico studio di registrazione rimane comunque la doccia».
Ridono insieme per la prima volta, anche se le loro voci rimangono basse e in pochi secondi si perdono nei rumori delle stoviglie e del chiacchiericcio che anima il bar nel quale si sono seduti.
«Non voglio rubare tempo ai tuoi studi, Jungkook» dice poi Jieun, trafficando nella sua borsa. «Ma sto componendo una melodia e, beh…». Gli porge timidamente dei fogli, sui quali è disegnato uno spartito un po’ storto, delle note musicali e qualche appunto scritto qua e là. «Vorrei che fosse un duetto, solo che non ho nessuno con cui cantarlo».
Jungkook guarda confuso quei caratteri piccoli ed eleganti senza riuscire a spiccicare parola. Pensava di aver acquisito un po’ di autocontrollo, finalmente il suo cuore aveva smesso di ricordargli che ce l’aveva nel petto, quando ecco che lo sente ricominciare a bussare all’impazzata alle parole “duetto” e “cantare”.
«Io… non so se… sono in grado» biascica tormentandosi la nuca, senza trovare la forza per alzare le iridi e perdersi nelle sue.
«Sai leggere la musica?» domanda lei, facendo cenno al cameriere e tirando fuori il suo portafogli.
«Beh sì, ma… no aspetta, pago io». Con uno scatto della mano ferma i gesti veloci della ragazza e porge al cameriere la sua carta di credito.
«Ma se sono stata io a invitarti!» protesta lei, sotto lo sguardo divertito del signore in giacca e camicia bianca.
«Non importa». Jungkook fa un altro cenno al cameriere e lo ringrazia, per poi alzarsi e cedere il passo a Jieun.
«Almeno ci penserai? Al duetto intendo». Lei lo precede fuori dal bar e si strofina le mani l’una con l’altra, per poi indossare i suoi adorati paraorecchie.
Jungkook non riesce ancora a capacitarsi di come una ragazza possa essere così buffa e affascinante allo stesso tempo.
Una fossetta accennata compare sulla sua guancia sinistra, quando le sorride.
«Ci penserò».
Jieun congiunge i palmi e sembra quasi sul punto di avvicinarsi a lui per abbracciarlo, invece si sporge un poco in avanti e gli sfila delicatamente dalle mani il berretto rosso che Jungkook ha dimenticato di indossare una volta usciti all’aperto. Lui lascia la presa, incapace di reagire, per poi percepire un secondo dopo le dita affusolate di Jieun calargli il corpi capo invernale sulla testa.
«Non sparire, Jeon Jungkook».
La tenerezza con la quale pronuncia il suo nome e cognome cozza violentemente con la malinconia che Jungkook percepisce nelle prime due parole. Non ne comprende del tutto il significato, ma d’altronde c’è una sola risposta che sente di poter dare.
«Non lo farò».
Lei china il capo e il suo sorriso sembra brillare di nuovo di luce propria. «Ci vediamo allora. Buon Natale, Jungkook».
«Buon Natale… noona».














 

 


 
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MA BUONASERA!
La smetto di urlare. Pensavo di non farcela a pubblicare prima delle feste e invece eccomi qui. Volevo solo dire che questa non sarà la lunghezza standard di ogni capitolo; potrebbero venire un po’ più corti (anche se ne dubito) o molto più lunghi. In ogni caso, spero tanto vi sia piaciuto. Fatemi sapere, se ne avete voglia, tutto ciò che in questo momento vi passa per la testa perché sono super curiosa!
Grazie ancora per aver letto <3 Visto che siamo in tema, ci tenevo molto ad aggiornare per tempo.

Ps. Per la cronaca, Kookie e Jieun si passano esattamente quattro anni di distanza. In questa storia, lui ne ha diciannove.

Un bacio e, stavolta davvero, BUONE FESTE


Vavi

 
  
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