Era
il giorno in cui si sarebbero ritrovati i vecchi membri dell’E.S. Mancavano
ancora tre ore.
Neville
era seduto sul suo letto che studiava per il giorno seguente, anche se in
realtà faticava a concentrarsi sul manuale di Incantesimi. Decise di provare con
la pratica: come compito per la settimana successiva, avrebbero dovuto portare
un oggetto da loro incantato in modo tale che potesse rispondere a voce almeno
alle domande più comuni.
Innanzitutto
doveva quindi trovare un oggetto da incantare. Cominciò a frugare nel proprio
baule alla ricerca di qualcosa di adatto ed, eventualmente, sacrificabile. Gli
capitò fra le mani il pacchetto con ciò che Silente gli aveva lasciato in
eredità, era ancora intatto, quasi si era scordato di averlo. Lo strinse fra le
dita, incerto: era il momento di aprirlo? Forse era tardi … Lui si sentiva
pronto a scoprire che cosa il vecchio preside voleva lasciargli? Che cosa
voleva da lui?
Pronto
o no, non poteva rimandare ulteriormente, si disse. Se era vero, come
sospettava, che Silente aveva lasciato una missione a Silente, forse voleva
affidare un compito anche a lui e quindi non poteva attendere oltre.
Il
pacchetto conteneva una scatola in legno cubica e una lettera. Per prima cosa
aprì la scatola e ci trovò dentro una Ricordella. Anzi, a ben guardare era
proprio la sua vecchia Ricordella, con tutte le ammaccature nella lamina in
bronzo che la circondava a metà. Neville la prese in mano, l’osservò un poco e
penso: Cosa strana fare come regalo il
restituire qualcosa che già apparteneva al destinatario. Beh, almeno il fumo
non sta diventando rosso, quindi non ho dimenticato nulla. Guardiamo la
lettera, forse mi spiegherà qualcosa in più.
Aprì
la busta e dispiegò il foglio di carta azzurra su cui era stato scritto con
inchiostro amaranto e in una calligrafia piuttosto stretta, dove però
spiccavano le aste allungate delle f, d, b, l, g, t e i riccioli erano
tracciati con cura ed eleganza.
La
lettera diceva:
Gentile Signor
Neville Paciock,
sono piuttosto
certo che questa mia eredità l’avrà sorpresa, tuttavia le posso assicurare che
sono pienamente e totalmente consapevole di quello che sto facendo. Come si usa
dire in queste occasioni: Io, Albus Percival Wulfric Brian Silente, nel pieno
delle mie facoltà fisiche e mentali … etc etc. Comincerò col dirle che ho
notato i suoi miglioramenti nel rendimento scolastico e colgo l’occasione per
congratularmi con lei.
Un’altra delle
cose di cui sono certo è che l’ ha stupita (o la stupirà, se per prima cosa sta
leggendo la lettera) vedere che la mia eredità
per lei è la sua Ricordella. L’aveva persa alcuni anni fa, l’ho
ritrovata nel corridoio del terzo piano è ho pensato di conservarla fino al
momento in cui ne avrebbe avuto nuovamente bisogno. Non credo le dovrà più
rammentare cose dimenticate; come vedrà, mi sono preso la libertà di fare
alcune modifiche ed ora è uno strumento certamente adatto a fare altro, per
esempio può rivelarsi un ottimo consigliere per capire di chi può fidarsi o
dove si trovano pericoli. Vi sono tuttavia contenute altre meraviglie di cui
non voglio far ora menzione per non rovinare la sorpresa, ma che scoprirà
presto, prendendo famigliarità con questa nuova versione della sua Ricordella.
Detto ciò, ci
sono cose importanti che vorrei condividere con lei, quindi la prego di avere
la pazienza di continuare a leggere.
Immagino già
sappia che ho conosciuto molto bene i suoi genitori e non solo perché studenti
ad Hogwarts, ma anche perché membri dell’Ordine della Fenice. Non le spiegherò di cosa si tratta, poiché
sono certo che sua nonna, Augusta, gliene avrà sicuramente parlato. I
Mangiamorte decisero di catturare e torturare loro, nella speranza di ottenere
informazioni, non solo perché erano Auror, ma poiché li sapevano a me fedeli,
li sapevano membri dell’Ordine.
Frank ed Alice
non erano semplicemente coraggiosi. Molti dei maghi che hanno lottato contro
Tom Riddle erano persone comuni che hanno deciso di combattere come se fosse
una parentesi nelle loro vite. Avevano ambizioni e volevano vivere le loro vite
in un mondo libero. In un certo senso anche i tuoi genitori erano così, ma
avevano qualcosa in più. Che cosa? Non saprei dirlo.
Non conta
solamente il fatto che fossero Auror e dunque avessero deciso che la loro vita
sarebbe stata per sempre una lotta contro il male.
Che cos’era allora?
Mi verrebbe da
dire la tempra dei guerrieri, eppure in realtà erano persone molto pacifiche.
Eccellevano nei duelli, sì, ma vi ricorrevano solo in caso di necessità e mai
li ho visti essere i primi a provocare, nemmeno da ragazzini. Eppure,
nonostante sembrassero i più bonari dell’Ordine, erano quelli che forse comprendevano meglio la guerra. Tutti sapevano
che non si trattava di un gioco, tutti erano consapevoli del pericolo e dei
rischi, però per loro era più facile pensare a un gruppo coeso che combatteva,
in loro c’era già l’idea di resistenza. Gli altri membri ragionavano molto come
singole persone che si dividevano missioni, forse per colpa mia, forse a causa
del numero ristretto. Affidavo sempre compiti all’uno o all’altro, come se
fossero tante unità singole ai miei comandi e che non ci fosse il bisogno che
comunicassero tra di loro. Certo, in realtà si conoscevano e facevamo riunioni
generali e in quelle occasioni vedevo come i suoi genitori erano in grado di
aggregare le persone, di infondere speranza e animosità, riuscivano a motivare
e a rendere le lotte di tante singole persone come un’unica lotta collettiva.
Non si limitavano alle parole. Erano i primi ad affrontare i pericoli. Non per
mettersi in mostra, non per arroganza ma perché sentivano che era giusto. Il
senso di giustizia era ciò che alimentava il loro coraggio, la consapevolezza
che la semplice provvidenza non avrebbe aggiustato le cose. Non aspettavano un
cambiamento, agivano per realizzarlo.
Penso fosse
questo il qualcosa di più che li contraddistingueva. Per alcuni si trattava di
sopravvivere, per altri di proteggere, per altri ancora la sindrome da eroe,
c’era anche chi era con noi con modestia perché voleva fare del bene, ma che da
solo non avrebbe avuto la forza di opporsi.
Io ho rivisto in
lei queste caratteristiche. Forse sono i deliri di un povero vecchio ma, come
dicevo all’inizio, sono nel pieno delle mie facoltà mentali. Ha seguito Harry
all’Ufficio Misteri, non per voglia di notorietà, non per sete di vendetta (so
che il suo desiderio di combattere i Mangiamorte è indipendente da quel che è
successo ai suoi genitori), non per lealtà verso un amico (seppure so che
l’amicizia è un valore importante per lei); lei è andato e a combattuto e,
anche ferito, ha continuato a lottare ed era disposto a farsi torturare pur che
Harry non cedesse la Profezia, lei ha fatto tutto ciò unicamente perché sentiva
che era la cosa giusta da fare.
Quale nobiltà
maggiore si può trovare in un guerriero se non la consacrazione ad un ideale?
Un ideale di giustizia, per di più!
Quando un uomo
si sottomette ad un ideale, diventa invincibile.
Guardi anche
solo nel mondo dei Babbani e noterà nella storia quei generali che, combattendo
per un ideale, riuscirono a compiere grandi imprese pur con pochi uomini.
Il volersi
salvare la vita può portare alla fuga; il voler proteggere qualcuno può far
cedere ai ricatti; il voler essere un eroe induce ad agire solitari per
mettersi in mostra, senza considerare le conseguenze; il desiderio di vendetta
o la lealtà possono portare a ritirarsi dalla guerra, una volta che il
sentimento è esaurito.
Il battersi
avendo donato l’anima a un ideale è superiore a tutti questi. Infonde carisma,
aiuta ad unire gli altri, genera speranza. È quello che porta a lottare fino
alla morte e, quando si è pronti a morire, si sopravvive più a lungo.
Ad Harry Potter
io ho affidato una missione pericolosa da affrontare in maniera solitaria, con
solo pochi amici fidati, il signor Weasley e la signorina Granger. Dovrà agire
a lungo nell’ombra, potrebbero essere mesi oppure anni, nemmeno io lo so. È
indispensabile, per tanto, che quando egli avrà concluso la sua missione, non
si trovi solo. La speranza non dovrà aver abbandonato i cuori di maghi e
streghe. Non ci dovrà essere rassegnazione e sottomissione. È fondamentale che
la gente non si sia lasciata abbattere ma che sia unita nell’ideale, magari
ognuno avrà motivazioni differenti, ma dovranno essere coesi. Quest’unione e questa
forza saranno ancor più fondamentali, nel malaugurato caso che Harry non
dovesse portare a termine la sua missione.
Sarò sincero.
Anche se dovesse fare ciò che gli ho chiesto, Harry potrebbe comunque morire
prima che Tom Riddle venga ucciso. In tal caso, allora più che mai, sarà
necessario che la lotta e la resistenza continuino.
So che non si
potrà persuadere tutti i maghi e le streghe a schierarsi contro quello che,
presumo, dev’essere diventato il nuovo governo; so che all’inizio saranno
pochi, ma saranno quei pochi che potranno animare gli spiriti di tutti gli
altri e portare alla vittoria.
A questo punto,
mio caro signor Neville Paciock, penso le sia chiaro che cosa mi aspetto da
lei.
Non si arrenda.
Mantenga viva la speranza nell’animo dei suoi compagni. Li tenga pronti a
resistere. Tenga a mente queste parole (le sconsiglio di condividerle con gli
altri, perché potrebbero non recepirle correttamente, ma sono certo che lei le
comprenderà): Lottare
fino alla morte, vuol dire la vittoria.
Ora, le lascio
il tempo di metabolizzare quanto le ho scritto e, quando si sentirà pronto,
cominci pure ad esaminare la sua Ricordella; sono certo che gradirà ciò che
troverà al suo interno.
Con l’augurio di
ogni bene e successo, con l’auspicio che la speranza arda sempre in lei, mi
congedo e rammenti sempre che la fenice risorge ogni vola dalle proprie ceneri.
Albus Silente
Neville
era seduto sul letto, gli occhi sgranati sulla lettera. Il fiato corto per
l’emozione di ciò che il preside gli aveva detto, per l’onere che gli aveva
lasciato. Una domanda nella testa: Come si poteva avere tanta fiducia in lui?
Ora,
però, era certo che riaprire l’Esercito
di Silente era la cosa più giusta da fare.
Richiuse
la lettera nella busta e la ripose, poiché non voleva che qualcun altro potesse
leggerla, né amici, né tanto meno nemici.
Si
era commosso nel leggere tutte quelle
belle parole sui suoi genitori, effettivamente aveva visto risaltate
qualità diverse dal solito coraggio o tenacia decantati dalla nonna e da altri
parenti o amici di famiglia. Aveva finalmente visto un lato di loro, in un
certo senso più dolce e umano; benché si parlasse comunque di guerra, quella
descrizione li mostrava combattenti meno arcigni e freddi di come li aveva
dipinti Augusta. Beh, sua nonna tendeva ad esaltare le qualità che lei
apprezzava maggiormente, era ovvio. Le parole di Silente gli parevano adattarsi
meglio ai volti sereni, agli occhi dolci, ai sorrisi incoraggianti dei suoi
genitori che Neville vedeva nelle fotografie.
Ora,
però, si ritrovava con un altro peso addosso, con nuove aspettative da non
dover deludere, responsabilità di dover essere all’altezza dei suoi genitori.
Questa
volta, però, la persona che si aspettava qualcosa da lui era morta, dunque non
poteva essere delusa. Non era necessario che altri sapessero il compito che gli
era stato affidato. Lui era l’unico a conoscerlo e non lo avrebbe rivelato,
l’avrebbe custodito nel suo cuore; l’unica persone verso cui avrebbe avuto
responsabilità sarebbe stata se stesso.
Beh,
certo, aveva anche la responsabilità di creare e mantenere coesa una resistenza
contro Voldemort, ma in fondo era quello che aveva già pensato di fare, no?
Stranamente
quella lettera non gli aveva suscitato ansia, anzi gli aveva infuso fiducia:
una sensazione davvero strana, inedita quasi.
Ora,
però, era curioso di scoprire le nuove qualità della sua Ricordella. La prese e
la osservò, ruotandola tra le mani; a un primo sguardo sembrava tutto normale.
Provò ad agitarla, capovolgerla, colpirla con qualche cricco, ma non succedeva
nulla. Tentò allora ad usare un incantesimo rivelatore ma ancora non ottenne
risultati. Si soffermò a riflettere: effettivamente, se Silente aveva destinato
quell’oggetto a lui, di sicuro aveva preso le precauzioni necessarie affinché
altri non potessero svelarne i misteri, dunque doveva pensare a qualcosa che
avrebbe potuto comprendere solo lui e non qualcun altro. Al momento, però, non
gli veniva in mente nulla.
Sentì
l’orologio che rintoccava le sette: era ora di cena.
Neville
si mise la Ricordella in tasca e scese. Raggiunse la Sala Grande e prese posto
al tavolo di Grifondoro, per comodità mise la sfera di vetro accanto al
bicchiere; poco dopo arrivò anche Seamus che si sedette accanto a lui e non
poté fare a meno di notare il particolare oggetto.
“Ehi!
Hai una nuova Ricordella? Te l’ha mandata sempre tua nonna? Caspita, eppure è
da un pezzo che sei diventato più attento e difficilmente dimentichi qualcosa.”
“No,
è quella vecchia …” rispose il ragazzo, cercando una giustificazione che non
rivelasse la verità “L’ho ritrovata e …
niente mi è venuta voglia di portarla con me.”
“Secondo
me è rotta.”
“Perché?”
“Guarda,
si sta riempiendo di fumo nero. Il fumo dovrebbe essere rosso e dovrebbe
aspettare che sia tenuta in mano.”
Neville
sussultò: non si era accorto di quello che stava accadendo nella sfera. La
osservò e immediatamente vide il fumo nero e densissimo.
“Ma
che …?” borbottò il ragazzo, perplesso.
“Cos’abbiamo,
qui?” aveva chiesto una voce alle loro spalle. La voce di Amycus.
I
due ragazzi si voltarono, alquanto sorpresi.
Seamus
alzò le spalle e tranquillamente rispose: “Niente, una Ricordella rotta.”
Il
professore la guardò con sospetto e domandò: “Di chi è?”
“Mia.”
rispose Neville, cercando di non lasciar intuire quanto quell’oggetto fosse
importante per lui.
“E
perché tieni un oggetto rotto, Paciock?”
Nel
dir ciò, Carrow allungò il braccio sinistro e afferrò la Ricordella per
esaminarla.
Il
giovane rimase un attimo in silenzio per poter imporsi la calma e dire: “Volevo
provare ad aggiustarla. Pensavo fosse un buon modo per esercitarmi con qualche
incantesimo.”
Il
Mangiamorte continuò a scrutarla, provò ad usare un incantesimo rivelatore e
rimase piuttosto deluso nel constatare che non accadeva nulla. Scosse la testa
e borbottò: “Robaccia.”
Sprezzante,
aprì la mano per lasciarla cadere e voltò le spalle per andarsene al tavolo
degli insegnanti.
Neville
fu estremamente rapido nell’afferrare la bacchetta e usare la versione non
verbale dell’Aresto Momentum per
impedire che la Ricordella toccasse terra e andasse probabilmente in frantumi.
La raccolse con la mano e la rimise sul tavolo; notò che il fumo si stava
rapidamente disperdendo.
Bene –pensò- Evidentemente il fumo nero mi avverte quando
ci sono dei pericoli. Buono a sapersi.
A
Neville sorse un pensiero: Quella nuova versione della Ricordella, poteva
rispondere a delle domande?
Decise
di tentare. Prese la sfera in mano e domandò nella propria testa: Posso fidarmi di Seamus? È leale?
Si
sollevò un fumo azzurro.
Bene.
Rispondeva alle domande. Sapere però che cosa significasse quel colore era più
incerto. Lui considerava l’azzurro un colore calmo, tranquillo e dunque gli
pareva di poterlo associare all’affidabilità. Era effettivamente così? Il nero
certamente lo associava al pericolo per colpa dei Mangiamorte che vestivano
quasi sempre di quel colore, avevano come simbolo il Marchio Nero e praticavano
Arti Oscure.
Forse
i colori delle risposte dipendevano da a cosa la sua mente li associava.
Volle
fare una verifica e chiese se si potesse fidare di Ginny, poi domandò per Luna
ed entrambe le volte il fumo divenne azzurro. Bene, a meno di non aver un’idea
completamente sbagliata di tutti i suoi amici, poteva essere sicuro che
l’azzurro indicava una persona in cui poteva avere fiducia.
Notò,
però, che alcuni dei compagni lo guardavano incuriositi, per cui decise di
rimettersi in tasca la Ricordella e rimandare ad un’altra volta gli esperimenti
per capire i significati della scala cromatica di quell’utilissimo strumento.
Bene.
Una delle almeno due nuove funzioni l’aveva svelata. Sì, era certo che non si
limitasse a quello il potenziamento della Ricordella. Silente, nella lettera,
aveva parlato sia del suo utilizzo come consigliera, sia della possibilità di …
entrarvi dentro? O per lo meno di
scoprire qualcosa che c’era all’interno di essa.
Terminata
la cena, mancava ancora un’oretta, prima del ritrovo concordato dell’Esercito di Silente.
Neville
decise di non tornare nella Sala Comune, ma di andare direttamente al settimo
piano, nella Stanza delle Necessità. Era venerdì, quindi avrebbe avuto tutto il
fine settimana per studiare e fare i compiti; lui aveva voglia di tornare in
quel luogo che gli aveva dato tante soddisfazioni e in cui si era sentito
talmente bene e restare un poco solo lì. Inoltre, voleva essere certo che la
Stanza apparisse davvero come occorreva a loro. Si ricordava che Harry gli
aveva spiegato che la Stanza cambiava aspetto a seconda dei bisogni di chi si
rivolgeva ad essa, quindi era necessario essere precisi su quel che si
chiedeva, al momento dell’apertura.
Salì
al settimo piano, trovò facilmente la porta, come se la Stanza già sapesse del
suo arrivo. Appoggiò la mano sulla maniglia, pensò a come si ricordava lo
stanzone dove si era esercitato con gli amici, pensò a ciò che occorreva quella
sera, poi aprì.
Ecco!
Lo stesso luogo dove Harry aveva dato lezioni, però sembrava meno spazioso in
quanto era presente anche un tavolo rotondo in legno massiccio, scuro, ben
levigato, decorato finemente con intagli a motivi floreali. Notò che attorno ad
esso c’erano esattamente quattordici seggiole e di fronte a ciascuno un cartellino
segnaposto con i nomi scritti sopra: Neville
Paciock, Ginevra Weasley, Luna Lovegood, Seamus Finnigan, Lavanda Brown, Nigel,
Calì Patìl, Padma Patìl, Anthony Glodstein, Michael Corner, Terence Steeval,
Hannah Abbot, Susan Bones, Ernest Macmillan.
Neville
notò con piacere che c’erano proprio tutti i nomi dei vecchi membri ancora a
scuola. Pensò che erano ancora in buon numero, nonostante l’assenza degli
studenti già diplomati e quelli che si erano dati alla macchia. Escludendo
Nigel, erano tutti studenti del settimo o del sesto anno; lo ritenne un dato
abbastanza confortante poiché ipotizzava che ai nuovi membri, più giovani,
avrebbero potuto insegnare le cose che loro avevano imparato normalmente in
classe negli anni precedenti.
La
porta si aprì. Il ragazzo si voltò e vide Luna entrare nella stanza.
“Oh,
anche tu sei già qui.” disse la corvonero,
entrando.
“Ciao,
Luna. Come stai?”
“Bene.
Due paia delle mie scarpe sono scomparse, non so se siano stati di nuovo i
nargilli. È bello essere di nuovo qui. Mi sono mancate molte le nostre
riunioni, l’anno scorso. Avevo notato, però, che i ragazzi che avevo conosciuto
all’E.S. mi trattavano con più gentilezza rispetto agli altri, mi salutavano e
mi rivolgevano la parola ogni tanto. Continuavo a sentire un senso di
appartenenza.”
“Davvero?
Per me non è stato così, non ho sentito particolare differenza da come ero
trattato prima a dopo, ma in effetti io non sono mai stato isolato. All’inizio
ero ridicolo, ma gli altri grifondoro mi hanno comunque accettato e mi hanno
sempre fatto stare bene con loro. Non ero popolare, ma nemmeno emarginato.”
“Sei
fortunato.”
Ecco
nuovamente aprirsi l’uscio. Questa volta ad entrare fu Ginny.
La
Weasley si guardò attorno e commentò: “Carino com’è oggi questo posto.”
“Anche
tu in anticipo?” si meravigliò Neville.
“Evidentemente
…” rispose Ginny, un po’ fredda.
“Credevo
saresti venuta assieme a Calì e Lavanda.”
“Non
è che siano mie amiche e poi credo che stessero preparando l’oroscopo per
Divinazione o qualcosa del genere. Io non avevo altro da fare e odio stare ad
aspettare: trovo parecchio seccante quando devo attendere un certo orario e non
posso fare nulla perché non ho abbastanza tempo per iniziare e finire qualcosa.
Mi sono detta che arrivare un po’ prima sarebbe stato comodo.”
Neville
fece un cenno di assenso col capo. Rimasero in silenzio per qualche lungo
momento, quasi ci fosse imbarazzo tra di loro, nonostante si conoscessero ormai
da alcuni anni e avessero combattuto assieme.
“Chi
parlerà per primo?” domandò Luna, interrompendo il silenzio; vedendo
l’espressione interrogativa degli altri due, spiegò: “Mi pare di aver capito
che è stata una vostra idea riaprire l’E.S., dunque uno di voi dovrà dare
inizio alla riunione, tenere un discorso sul perché ci siamo ritrovati, che
cosa si ha in mente e così via. Ho sentito che cosa dicono gli altri di
Corvonero: si aspettano che abbiate le idee chiare che diciate loro che cosa si
deve fare. Non penso saranno molto propositivi. Lo trovo un po’ sciocco. Io ho
piacere di essere parte attiva, di consultarmi ed esprimere il mio parere, non
capisco bene perché loro preferiscano essere più … come dire? Forza lavoro? Non
proprio … Beh, preferiscono essere guidati anziché far parte di chi prende
decisioni.”
“Mah!
Io, veramente, avevo in mente un sistema democratico” ribatté Neville “Però
anche Seamus ha detto che crede che gli altri saranno qui soprattutto per
ascoltare, più che per decidere.”
“E
allora? Quale sarebbe il problema?” domandò Ginny, che non sembrava preoccupata
da quell’eventualità.
“Vuoi
dire che tu te la sentiresti di prendere le redini?” domandò Neville, un poco
sorpreso “Di avere la responsabilità di decidere?”
“Se
gli altri hanno fiducia e lasciano gestire le cose a me, o noi, senza
protestare, tanto meglio. La mia preoccupazione è l’opposta! Ossia che tutti
vogliano comandare, ognuno abbia un’idea differente e alla fine si perda più
tempo a discutere piuttosto che a fare, col rischio poi di scontentare tutti;
perché, sapete, i compromessi sono stati inventati per accontentare tutti, ma
finiscono col lasciare tutte le parti insoddisfatte.”
“Anche
questo modo di vedere le cose non è sbagliato.” ragionò Neville “Il fatto è
che, proprio perché gli altri riporranno la loro fiducia in noi, dovremo stare
molto attenti a quel che prepareremo. Insomma, capire quali sono i nostri
obbiettivi, come portarli avanti, senza tradirli e senza mettere in pericolo
gli altri.”
“Neville”
replicò Ginny, molto seria “So perfettamente che non è un gioco e prendo molto
sul serio la situazione. Penso che siamo in grado di gestirla, che i nostri
obbiettivi non siano difficili da definire e, soprattutto, credo che chi non
vuole correre rischi non si unirà a noi.”
“Luna,
tu che cosa ne pensi?”
“Possiamo
fare la differenza” rispose la corvonero “La paura di sbagliare non ci deve
rallentare o immobilizzare, tuttavia non si può nemmeno cercare appositamente
il pericolo. Comunque, siamo a scuola, è un campo di battaglia relativamente
protetto; le nostre agitazioni avranno un effetto all’interno del castello, non
fuori e quindi non credo ci tireremo addosso condanne di morte. Certo, però, se
saremo identificati come perturbatori della quiete e avversi al Signore Oscuro,
sicuramente verremo tenuti sotto sorveglianza anche fuori da Hogwarts, finita
la scuola. Dobbiamo essere chiari e spigare tutto questo agli altri: conoscendo
i rischi, prenderanno la decisione che preferiranno.”
“Quindi”
Neville volle essere certo “Siamo d’accordo che questa volta non si tratterà
semplicemente di lezioni di difesa?”
Le
due ragazze annuirono con decisione.
Intanto
era giunta l’ora del ritrovo. Ernie fu puntualissimo: entrò alle 21.00 precise,
spaccando il secondo; con lui erano entrati anche il resto dei tassorosso. I
corvonero, invece, giunsero a scaglioni, a due a due, poiché avevano pensato
che, in quel modo, sarebbero riusciti a muoversi più silenziosamente. Lavanda,
Calì e Nigel arrivarono assieme.
Bene!
C’erano tutti … o quasi.
“Dov’è
Seamus?” chiese Neville, accorgendosi dell’assenza dell’amico.
“Non
lo so” rispose Lavanda “Non è già qui?”
“Sì,
è uscito prima di noi.” aggiunse Calì “Mi pare abbia detto di voler preparare
qualcosa per la serata.”
“Qui
non s’è visto.” replicò Ginny.
“Se
fosse stato scoperto dai Carrow?” iniziò a preoccuparsi Neville “Coi
Dissennatori se la sa cavare, ma con i Mangiamorte …”
“Calmati”
lo richiamò Ginny “Sono sì e no cinque minuti di ritardo. Si sarà perso nel
fare qualcosa, lo conosci meglio di me e sai che si distrae facilmente. Calì ha
detto che forse Seamus voleva fare qualcosa prima di venire, quindi forse la
starà finendo. Per ora non c’èmotivo d’agitarsi. Certo, se tra una mezzora non
fosse ancora arrivato, forse potrebbe essergli successo qualcosa, però …”
Non
fece in tempo a finire la frase. La porta si spalancò ed entrò Seamus che con
la bacchetta stava facendo fluttuare davanti a sé una cassa di legno
traboccante.
“Eccoti!”
esclamò Neville, sollevato “Ma dove sei stato? E che cos’hai portato?”
“Eh,
state a vedere!” rispose l’altro, sorridente.
Seamus
si avvicinò al tavolo e appoggiò la cassa, poi iniziò a svuotarla, spiegando:
“Ho pensato che una riunione dovrebbe avere bevande e qualche stuzzichino, così
ho fatto una capatina rapida, rapida in cucina. Mi hanno dato mandarini, frutta
secca, cosucce da sgranocchiare e poi succo di zucca, burro birra, whisky
incendiario, idromele … Dovrebbe essere tutto.”
Il
tavolo fu riempito dalle vivande portate dal grifondoro. La Stanza provvide a
far emergere bicchieri e piattini.
“Grande!
Bravo Finnigan!” si congratularono Ernie e alcuni altri.
Seamus
si voltò, un poco tronfio, a guardare Neville che gli sorrise bonario.
Finalmente
si sedettero attorno al tavolo ma passarono almeno una decina di minuti a
distribuirsi il cibo e versarsi da bere, prima di cominciare la riunione vera e
propria. In realtà rimasero ancora un poco in silenzio, sorseggiando,
sbocconcellando qualcosa e scambiandosi occhiate un po’ imbarazzate o
distogliendo lo sguardo, in attesa che qualcuno trovasse il coraggio di
parlare.
Infine
Ernie ruppe il silenzio con una domanda: “Allora? Per cosa siamo venuti qui,
esattamente?”
Ginny
si alzò in piedi e rispose: “A nessuno di noi piacciono i Carrow o Piton come
preside. Sappiamo benissimo che non è questione di didattica. Siamo qui perché
siamo consapevoli che quello che sta accadendo in questa scuola si sta verificando
anche nel resto del mondo magico britannico: Voldemort e i Mangiamorte stanno
prendendo il potere, occupano le posizioni di potere, hanno emanato leggi
contro i nati babbani e non passerà molto, prima che inizino ad accentuare la
differenza sociale e giuridica tra un mezzosangue e un purosangue. La cosa più
agghiacciante, a parer mio, è che la maggior parte della gente sembra essere
indifferente. Sono in atto uccisioni e incarcerazioni del tutto immotivate,
eppure sono pochissimi i maghi e le streghe che si indignano, che protestano,
che cercano di reagire. Hanno paura? Sicuramente alcuni sì; ma temo anche che
ci siano parecchi che, sentendosi al sicuro, rimangono indifferenti alle
ingiustizie che li circondano. Se lasciamo che la paura o il falso senso di
sicurezza ci dominino, allora lasceremo vincere Voldemort, ne saremo complici.”
“E
che dovremmo fare?!” esclamò Hannah Abbot “Essere noi, dei ragazzi, a combattere?”
“Saremo
noi che dovremo vivere in questo mondo.” replicò Ginny.
Neville
aggiunse: “L’Esercito di Silente è
nato per imparare a difenderci e a proteggere, per essere in grado di lottare. Prima
di diventare dei combattenti, però, dobbiamo imparare ad essere buoni
cittadini, consapevoli. Quante persone considerano il Ministero come qualcosa
di estraneo, spesso nemico? Non è così. È vero, la maggior parte delle persone
non prende parte attiva nelle decisioni e nelle azioni del governo, si limita
ad eleggere i rappresentanti ed è giusto così: ognuno ha il suo lavoro. Questo
può andare bene in tempi normali, ma non oggi. Oggi, dobbiamo tutti quanti
ricordarci che il Ministero siamo tutti noi, che la responsabilità di quel che
accade non è mai solo dei politici, ma di ciascuno di noi. Oggi, dobbiamo
renderci conto che non possiamo più essere spettatori passivi, ma cittadini
attivi che agiscono e combattono perché il potere è stato usurpato, perché il
nostro mondo sta venendo distrutto, perché il compito di difendere quel che di
buono c’è non è esclusivo degli Auror o di altri ma è il compito di tutti noi.
Ogni cittadino ha il dovere, sempre, ogni giorno, di agire per il bene della
comunità e rispettarne le leggi. A volte si tratta solo di pagare le tasse,
altre di mettere i propri talenti a disposizione per onorare il nostro paese,
oggi invece si tratta di impedire che sprofondi nelle tenebre. Sì, siamo
ragazzi, alcuni di noi sono appena maggiorenni, altri no, e allora? Ci saranno
sempre cento possibili scuse per chi non vuol combattere, per chi non vuole
avere la responsabilità: troppo giovane, troppo vecchio, paura per i parenti, troppo
grasso, troppo magro, troppo debole, non abbastanza potente, non abbastanza
veloce, non avere la tale o tal altra capacità, un raffreddore, un’allergia e
qualsiasi altra cosa possa passare per la mente. È facile evitare il
combattere, trovando una scusa con cui giustificarsi e non sentirsi in colpa
con se stessi. Ci sono però anche ragioni per combattere al di là di ogni
possibile difficoltà: giustizia, libertà, equanimità. Poter vivere in un mondo
dove il tuo sangue non ti condanna, dove poter parlare senza paura di essere
arrestato. Lo avevamo, non perfetto, anzi, pieno di difetti e contraddizioni,
ma almeno non era malvagio. Era composto da tante persone che sbagliano e
commettono errori, ma lo facevano con la bontà nel cuore. Adesso siamo alle
soglie di un regno di terrore, dove vige la legge del più forte, dove non c’è
altro che malvagità, volontà di sopraffazione. È compito di ciascuno, noi
compresi, agire secondo coscienza. Non si può sempre aspettare che siano altri
a risolvere i nostri problemi o ad agire per primi.”
Ci
fu qualche lungo momento di silenzio; dapprima tutti gli occhi erano puntati su
Neville, poi avevano iniziato a guardarsi tra di loro, sorpresi: chi mai aveva
sentito Paciock parlare con tanta determinazione? Chi si aspettava da lui
argomentazioni così salde? Chi lo aveva mai sentito tenere un discorso così
lungo?
Sì,
erano tutti piuttosto stupiti, ma anche ammirati; quelle parole avevano
pizzicato le corde dei loro cuori e le avevano fatte vibrare. Si erano sentiti
scuotere e rinvigorire e un caldo ardimento iniziava a scoppiettare nel loro
animo.
Neville
continuò: “Nessuno sarà obbligato a combattere od osteggiare i Carrow, Piton, i
Dissennatori o qualsiasi altra creatura o persona che ci vesserà. Il compito
primario dell’Esercito di Silente
rimarrà quello di insegnare a difendersi e a combattere. Un esercito, però, non
può limitarsi alle esercitazioni. Con chi vorrà, organizzeremo anche delle
azioni concrete, fuori da questa Stanza. Certo, finché siamo a scuola non
potremo fare gran ché, però ci impegneremo e, quando saremo troppo grandi per frequentare Hogwarts,
porteremo la nostra lotta nel resto del mondo magico. Saremo pronti a quel che
c’è fuori da queste mura.”
Un
applauso non poté essere trattenuto oltre. Tutti furono molto soddisfatti e si
dissero disposti all’azione. Ogni perplessità e timore era stato fugato. In
quel momento si sentivano pronti a tutto; era però difficile sapere quanto a
lungo sarebbe durato quell’entusiasmo e se avrebbe resistito alle prime
difficoltà, i pericoli e, forse, i sacrifici.
“Saremo
solo noi?” domandò Corner, dopo che il vociare degli altri si fu un poco
placato.
Questa
domanda fece ammutolire tutti quanti: era una questione seria e delicata. Se da
una parte era sensato e coerente coinvolgere nuovi studenti, dall’altra era
difficile capire di chi potersi fidare per evitare un tradimento come la volta
precedente. Tutti quanti avevano l’impressione che, per quanto fosse stata
aspra la punizione della Umbridge, quella dei Carrow sarebbe stata peggio.
“Io
penso” esordì Luna, alzando un poco la voce per sovrastare il brusio che si era
creato “Che i membri di ciascuna Casa si consultino tra di loro e scelgano assieme
altri loro compagni che possano condividere i nostri ideali e abbiano il
coraggio necessario, fosse anche solo quello necessario di prendere lezioni e
tacere. Inoltre credo che se vorranno unirsi a noi studenti dei primi tre anni,
per loro ci dev’essere solo addestramento e non partecipazione a proteste,
mezze sovversioni o simili.”
“Cosa?!”
sbalordì Terence Steeval “Vogliamo davvero coinvolgere anche ragazzi così giovani?”
“Solo
per insegnar loro Difesa contro le Arti Oscure, visto che la scuola non
provvede, le stesse cose che abbiamo imparato noi sui banchi.” precisò Luna “Non
so se Carrow insegnerà ad affrontare folletti della Cornovaglia, berretti
rossi, mollicci o tutte le altre creature che noi abbiamo visto a lezione, per
cui credo sia giusto che i più grandi istruiscano i più piccoli.”
“Fino
al terzo anno solo lezioni, dal quarto diamo la possibilità di partecipare ad
azioni ostili al regime, se lo si desidera?” domandò Bones per essere certa di
aver compreso bene “Non sono troppo giovani anche al quarto anno?”
Intervenne
Ginny: “Io e Luna eravamo al quarto anno, quando abbiamo seguito Harry all’Ufficio
Misteri e abbiamo combattuto per la prima volta i Mangiamorte. Mi sembrerebbe
ingiusto, quindi, tenere fuori dall’azione gli attuali studenti del quarto
anno.”
“Sì,
ma voi eravate alla fine del quarto anno.” replicò Anthony Goldstein.
Discussero
a lungo e alla fine decisero che si sarebbe potuto partecipare ad eventuali
azioni dopo aver compiuto i quindici anni, anche se si era ancora al quarto
anno. In realtà non avevano molto chiare le idee circa quali azioni avrebbero
potuto compiere.
Ripassarono
tra di loro quali caratteristiche cercare nei potenziali nuovi adepti, come
riconoscere di chi potersi fidare. Certo, erano indicazioni generali, certezze
non ne potevano avere.
Per
onorare il loro primo incontro, la primissima riunione dell’Esercito di Silente, decisero di
ritrovarsi tutti assieme e con i nuovi studenti che desideravano iscriversi,
durante la prima uscita ad Hogsmeade, presso il pub La testa di Porco.
Finirono
di bere e sgranocchiare. Si salutarono con grande entusiasmo e abbandonarono la
Stanza delle Necessità pochi per volta.
Più
tardi, nel dormitorio maschile del settimo anno di Grifondoro, Seamus e Neville
si stesero sui propri letti, molto stanchi ma soddisfatti.
“Bella
l’idea di portare un po’ di vivande.” si congratulò Neville.
“Bello
in tuo discorso. Lo hai scritto e imparato a memoria?”
“No.
L’ho improvvisato.”
“Davvero?
Non avevi preparato nulla?”
“Già.
Mi sono stupito anch’io … Alla fine, però, era come i discorsi che abbiamo
fatto io e te … mi avranno ispirato quelli.”
“Sei
stato molto convincente, comunque. Bravo.” Seamus sbadigliò.
“Grazie
…” rispose l’altro, un po’ imbarazzato “Adesso è meglio dormire. Domani ho Rune
Antiche alla prima ora, non voglio sbadigliare in aula. Buonanotte.”
“Notte.”
I
due grifondoro si addormentarono, con grandi speranze nei loro cuori e nelle
loro menti.
Nota d’Autrice
Salve a tutti quanti!
Grazie a tutti voi che leggete questa
storia e grazie soprattutto a chi l’ha inserita nelle
preferite/seguite/ricordate; un altro grazie anche a chi ha lasciato una
recensione.
Volevo scusarmi per l’attesa di questo
capitolo, ma è stato davvero difficile scriverlo, spero di riprendere un ritmo
un po’ più veloce per i prossimi, nonostante le festività.
Un saluto ancora a tutti voi e, se vi
va, lasciate la vostra opinione, ditemi che cosa vi piacerebbe trovare nei
prossimi capitoli, quali avventure vorreste vedere ^_____^