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Autore: Cecile Balandier    25/12/2016    35 recensioni
"Non riesci più a parlare, ma solo a sospendere una mano nel vuoto, chiudendo gli occhi... affidandoti a lui."
(Per il contest "A white rose for Christmas".)
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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GRAVITY


Vigilia di Natale 1788

Sei seduto ad un tavolo di una taverna, la "Fille de la lune", o almeno così credi di aver letto, dato che la tua vista non è più buona come un tempo. 
Allenti il colletto dell'uniforme e passi piano le dita tra i capelli scuri, lasciando scoperto anche l'occhio sinistro, quello cieco... quello che hai donato a lei, soltanto per amore. 
Ispiri l'aria rifratta e butti giù il resto che rimane del tuo boccale di birra. Il fracasso degli avventori ubriachi non ti distrae da ciò a cui è diretta la tua attenzione, una bella donna seduta al tavolo di fronte al tuo, da sola.
Ti scopri ad osservarla senza tralasciare nessun particolare.
Ha i capelli di un colore caldo, che ricorda le castagne o il cioccolato, quello scuro e un po' amaro se lo lasci sciogliere sulla lingua. I suoi occhi sono tondi e scuri, due pozzi neri che non hanno smesso un istante di desiderare la tua attenzione. 
Osservi poi Alain e gli altri soldati della Guardia venuti con voi alla taverna per brindare e intonare allegre canzonette. Non fanno molto caso alle tue stranezze... a quando ti estranei dal mondo intero se hai voglia di scrivere sul tuo diario, oppure se nutri il bisogno di pensare incessantemente a lei.
Torni a guardare quella donna, ha la pelle olivastra e un vestito nero e bianco che le strizza la vita e i seni procaci e lucidi di sudore.
In fondo, pensi, ti piace...
Ma devi essere sincero con te stesso. Ti piace perché non ti ricorda lei.
Perché lei non esiste questa sera, te lo ripeti... in ogni respiro, in ogni spasmo del cuore. 
Lei non esiste. 
Esiste solo questa bella donna che sembra supplicarti di avvicinarti, di continuare a guardarla così come stai facendo, con una fame che in realtà non le appartiene. 
Ti alzi dalla sedia, recuperi il tuo mantello blu e abbandoni sul tavolo i tre boccali di birra vuoti, lasciando gli altri compagni alla loro euforia. 
Una volta davanti alla donna bruna non riesci a parlare, nonostante ti stia sorridendo in modo inequivocabile. 
Ti fermi a fissare i suoi capelli... onde calde su cui dormire, onde dolci, un po' amare se vai fino in fondo... così estranee da ciò che veramente desideri. Ti senti così solo questa sera... così perso...
Ma questo è il tempo di un pensiero, perché una strana forza inizia a germogliare in te e ti impedisce di arrenderti alla solitudine.
La senti pervadere il tuo corpo, farsi brivido gelido e solenne. 
E la tua mente corre all'oro... alle onde di un mare in tempesta... e poi alla purezza delle sue iridi e alla pelle, incisioni d'avorio.
"Lo sai che sei bello? Come ti posso chiamare?"
Si alza dalla sedia, lasciando anche lei un bicchiere vuoto sul tavolo. 
"Stanotte io non esisto."
La tua risposta senza senso, mentre sei già sulla porta per uscire nel freddo pomeriggio che attende il velo della neve. Ma lei è svelta e dopo aver afferrato un lembo del tuo mantello, ti impedisce di avere così tanta fretta. 
"Perché te ne vai? Io sono libera... io ti lascio fare quello che vuoi..."
Ti sibila all'orecchio, lasciandoti un bacio veloce sul collo.
"Io... non..."
Scuoti la testa, le sorridi, e poi ti sembra che una corda invisibile ti stia tirando fuori da questo posto. Ti senti opprimere, come se fossi senza aria. 
La risata di Alain arriva prima di lui, che spunta da dietro le tue spalle.
"Sei proprio un bel tipo. Rinunci a tanta grazia, amico?"
Ti chiede canzonandoti mentre si sistema anche lui il mantello sulle spalle larghe, indicando con il mento la donna che si è allontanata, delusa dalla tua freddezza.
"Torno a Palazzo, Alain. Passa un buon Natale!"
Gli stringi la mano e fai un cenno di saluto agli altri soldati rimasti al tavolo a godersi il giorno di paga.
"Sì beh, vedi di spassartela in qualche modo... e porta i miei saluti al nostro comandante!" 
Ti fa il saluto militare mentre rivolge il pensiero ad Oscar. 
"D'accordo."
Gli sorridi e mentre lo guardi riprendere il suo cavallo per ritornare da sua madre e da Diane, qualcosa, un'ansia rovente, ti spinge a cercare la fretta, con un'urgenza inconsueta nei tuoi gesti. 
Sorridi di te stesso.
Non doveva esistere stasera... perché allora stai correndo a casa, da lei?
"Perché se lei non esiste, non esisto nemmeno io."
Un bisbiglio tra gli strali delle piante nude che iniziano a scurire con l'avvicinarsi del crepuscolo che addormenta le ombre. 
Lungo la strada per Palazzo Jarjayes il terreno indurito dal freddo ti permette di mantenere un'andatura sostenuta, come il ritmo del tuo cuore, che accelera i suoi battiti. 
I sentieri, i campi e infine i giardini eleganti della magione, attendono il passaggio di qualche carrozza elegante, proveniente da Versailles, per la cena di Natale, come ogni anno. 
Ti levi i guanti mentre il mantello si apre alla danza dei tuoi passi decisi, sempre più svelti per il corridoio che nella parte del Palazzo riservata alla servitù, ti porta alla tua camera. 
Entri avvertendo ancora quella sottile ansia prendere dominio delle tue azioni. E decidi di scriverle una lettera. 
Una lettera che non leggerà mai. 
Lo sfogo di un amore chiuso ancora da troppo tempo nell'anima. 
Ti accomodi allo scrittoio, indossi ancora il mantello blu, lucido di gelo. Intingi la tua penna d'oca nel calamaio e inizi a vergare una vecchia pergamena inutilizzata, dopo averla estratta da un cassetto. 
Oggi ti affidi ai sogni.
Oggi non scriverai sul tuo diario, perché fingerai di poterle offrire infinite parole d'amore.
Parole che vibrano di legame e dedizione assoluta.
Non la senti mai quella strana forza che ti spinge a voler toccare con mano ciò che desideri? 
Io, amore, darei l'anima per guardare i tuoi occhi senza dover nascondere l'emozione che ogni volta mi sovrasta, e farmi del male e dirti mille volte che ti amo.
Ti amo fino al punto di cadere schiacciato da un peso che strazia e delizia.
E ti vorrei fare mia, adesso, con le carezze più dolci che conosco. 
Sei donna e amore, niente altro per me, mai.
In un mondo migliore ti potrei chiedere in moglie. Ti direi che se anche non possiedo niente al di là del confine del mio corpo, il mio cuore è solo tuo. 
Quanto vorrei poterlo fare. Ricordi dove ci trovavamo da bambini, quando tutti dormivano, la notte di Natale?
Potessimo ritrovare quei momenti, a me basterebbe che questa notte tu mi dicessi che ti apparterrò per sempre.
Non ti chiederò mai di essere mia. 
Appartenerti è già averti. 
Con i polpastrelli massaggi la fronte e le tempie. La stanchezza gioca con la tua vista, già debole. Ti rendi conto di aver scritto qualche parola con un po' di difficoltà. 
I tacchetti di tua nonna spezzano il silenzio che tanto ami rapire nelle ore di libertà. Pieghi rapidamente la lettera e la infili nella tasca della giubba, levandoti il mantello, per gettarlo sul letto.
"André! Ma dov'eri finito?"
Trilla non appena apre la porta.
"Nonna, dove vuoi che vada la vigilia di Natale?"
Si avvicina, sembra esausta, ma come sempre è in perenne movimento.
"Caro, devi aiutarmi stasera, due delle cameriere si sono ammalate."
Cerchi di sorriderle, trascurando il bisogno di riposo e la sensazione di torpore che pizzica i tuoi muscoli. 
"Va bene nonna... non preoccuparti. Ti aiuterò io."
Avresti voluto trascorrere la serata in completa solitudine, magari dopo aver bevuto qualcosa con Oscar, rincorrendo il suo sguardo trasparente e qualche frammento di tempo prezioso, perché trascorso con lei... e ti saresti accontentato, saresti stato comunque felice, anche se non completamente pago.
Invece dovrai passare le prossime ore a servire...
Sei stanco, sei sfinito dai durissimi addestramenti, ma sei al servizio di una famiglia nobile e sai bene che il lavoro precede ogni desiderio. 
Accompagni tua nonna nelle cucine, i tavoli sono coperti di leccornie e cacciagione, bottiglie di vino pregiato, frutta esotica, cioccolato...
"È il compleanno di Oscar domani, ma già da stasera ci saranno degli ospiti, almeno dieci. Aiutami a portare questo vassoio di calici nella sala rossa. Stai attento André, sono di cristallo, fragili quanto belli."
Si raccomanda rimirandoli come se fossero un'opera d'arte.
"Dai a me, e cerca di non affaticarti!"
Le schiocchi un bacio sulla guancia, guardandola sorridere grata.
"Almeno per questa volta non avrai motivo di rimproverarmi!"
I calici tremano mentre le parli e ridi. 
"Stai attento, André!!"
La tua risata si trascina fino alla sala rossa, la più grande, la più elegante di tutto Palazzo Jarjayes.
I candelabri d'argento tirato a lucido sono accesi e lasciati sparsi sulla grande tavola esagonale. Il rosso porpora delle tende dona corpo alle ombre che tremolano sulle pareti tappezzate di color crema. Appoggi il vassoio sul tavolo delle bevande, restando assorto a guardare quelle ombre muoversi nella semioscurità che profuma di pino, di resina e di rose...
Non ti sei accorto che davanti al grande camino, sulla poltrona dallo schienale alto e leggermente ricurvo, è seduta Oscar. La testa inclinata, lo sguardo assente, rivolto alle fiamme di miele, il profilo avvolto dal riflesso di rubino, e tra le dita di una mano la punta di una ciocca dorata. Se la passa sulle labbra, leggera le punge, con un gesto innocuo, che ha il potere di torturarti.
Nell'altra mano una lettera aperta, lambisce un ginocchio, troppo distante dal suo corpo per essere nei suoi pensieri. Ti fai più vicino, perché quella strana forza che ti ha spinto a tornare a casa e a scriverle una lettera segreta, ora ti porta a lei, infrangendo la barriera più odiosa, invisibile eppure ancora esistente tra voi.
Quella della distanza. 
Sei stanco di starle lontano.
Tanto stanco.
Lei è bellissima in quella luce e tu non hai sempre modo di poterla guardare così intensamente, con gli occhi liquidi, verdi come non sai di avere. 
Con lentezza, con fame. 
Fame di quello sguardo.
Fame di quelle labbra...
Del suo amore prima di ogni altra cosa. 
Sospira con le labbra schiuse.
"Ciao, André."
Ti rendi conto di esserti avvicinato molto.
"Ciao, Oscar."
Si volta a guardarti, la luce chiara di un sorriso le attraversa il volto per qualche istante.
"Indossi ancora l'uniforme. Sei tornato da poco?"
Hai la giacca sbottonata, la maglia aderente alla petto, i capelli neri scarmigliati dopo la cavalcata nell'aria sferzante di dicembre. 
"Veramente, no. Stai leggendo gli auguri che ti hanno spedito da Versailles? Perché non ci ravvivi il fuoco, si sta quasi per spegnere."
Ridi appena, poi getti un ceppo nel camino, sistemando le braci sul fondo.
"... non sarebbe una cattiva idea."
Parla piano, con levità, guardando il vassoio d'argento su cui le hanno portato le missive di augurio dei nobili di Versailles. Sembra serena, la testa ancora poggiata allo schienale.
Tu invece sei piegato sulle ginocchia, davanti a lei e il calore del fuoco ti pizzica il volto. Vi passi una mano, la barba punge appena...
Continui a sentire qualcosa di inafferrabile, potresti giurare di avere il suo sguardo addosso, sulle spalle, sulla schiena, sulla punta della testa.
O forse è solo quel desiderio assurdo, più forte oggi di tutte le altre volte... 
Il desiderio di possedere il tuo sogno, anche solo con la punta di uno sguardo, anche solo per un momento. Ti rialzi, c'è troppo calore a ridosso del fuoco, e voltandoti lo trovi... il suo sguardo su di te. 
Si distrae subito però, appena al di là delle tue spalle, infilandosi nei pensieri a cui tu non hai accesso. 
Passandole accanto ti accorgi delle tracce che le ferite alle mani le hanno lasciato, un po' come alle tue, ma lei ha la pelle troppo bianca e sottile per guarire in fretta. 
Non ci sono state molte parole tra voi riguardo alla terribile notte di qualche settimana fa.
Una notte che ti ha portato incubi angoscianti e adesso, ogni volta che guardi il fuoco, risenti il grido della morte che fa rabbrividire con la sua atroce minaccia.
"Oh, eccoti qui Oscar... tieni, questo biglietto deve essermi sfuggito."
Si solleva dallo schienale, guardando tua nonna con la fronte corrugata e un angolo delle labbra sollevato. 
"Senti, per quanto mi riguarda, potevi anche non portarmelo! Sono tutti uguali."
Si rimette in piedi con l'aria stanca, le punte lunghissime dei capelli biondi le ondeggiano sulla schiena ad ogni passo verso il centro della sala.
"Avanti... e vai a prepararti, tuo padre sarà presto qui con gli altri invitati! André ti prego, vieni ad aiutarmi."
Dispone l'argenteria sulla tavola mentre vi richiama come se foste due adolescenti. 
"Non hai abbastanza servitù, deve aiutarti per forza? Hanno fatto un addestramento pesante ieri... i miei soldati."
Lo dice osservando le rose di serra nel vaso al centro della tavola, prima di avvicinare un calice di vino scuro alle labbra, altrettanto rosse.
"E va bene, in effetti sono a buon punto."
Tua nonna se ne va indaffarata e voi due rimanete di nuovo soli, stavolta l'uno di fronte all'altra.
"C'è una rosa bianca in mezzo a quelle scarlatte..."
Osserva soavemente, seguendo un profumo che stordisce e cattura.
Poi si rabbuia, senza preavviso, senza apparente motivo.
"Vado a prepararmi per questa inutile festa."
E a te non piace vederla incupirsi. 
"Sei stanca, Oscar?"
Le chiedi con naturalezza, prima che possa uscire dalla sala, mentre le cameriere portano dalle credenze i piatti, i centritavola e altre chincaglierie. 
Sta per risponderti, ne sei certo, perché si è fermata alla porta e puoi quasi vedere il suo bel profilo. Ma è ad un passo dalla penombra del corridoio e lì decide di entrare, facendoti perdere in fretta le tracce dei suoi pensieri più segreti. 
***
Sullo scalone l'impronta del gelido inverno ti fa rabbrividire. 
Sí, avresti voluto rispondergli.
Sei stanca.
Stanca di molte cose... tranne che del suo sorriso, della sua voce profonda, del suo cuore gentile sempre al tuo fianco.
Non sei mai stanca di averlo accanto.
Non sei mai stanca del pensiero di lui. 
Chiudi la porta della tua stanza, ti accoglie un bel fuoco, sul tavolo in anticamera sono sistemati alcuni rami di pino, qualche liquore e i regali.
Tanti regali per l'erede di casa Jarjayes...
Tra qualche ora si brinderà alla tua salute, per il tuo compleanno. 
Ti hanno preparato sul letto i vestiti da indossare. Velluto rosso e ricami d'oro, una camicia di solo pizzo macramè.
Sembrerai uno tra i più bei gentiluomini, dalle ciglia più lunghe che si siano mai viste a Versailles.
Sembri e non sei mai davvero qualcosa... fino in fondo.
Sorridi, finisci l'ultimo sorso di vino, che ora sa di amaro fiele. 
Abbandoni il calice vuoto su un tavolino, ma nel farlo ti scivola via dalle dita e cadendo va in tanti piccoli pezzi. 
Una forza strana sembra averlo attirato verso il basso.
Lasci tutto come si trova e cerchi di vestirti velocemente. 
Indossi le calze bianche, le culottes e la camicia, il gilet e infine il giustacuore. Rincorri il cielo con gli occhi cupi, pensando che avresti preferito trascorrere la serata in un altro modo. Magari chiacchierando con André seduta davanti al fuoco o davanti ad una finestra, aspettando di vedere il primo fiocco di neve turbinare dall'alto di un cielo d'argento. 
Spazzoli vigorosamente i tuoi capelli, osservandoti allo specchio. La spilla di rubini, che ferma lo jabot di pizzo all'altezza della gola, ti fa sembrare pallida, quasi un fantasma. 
Poi lo sguardo ti cade sulla lettera di auguri che devi ancora leggere e che hai lasciato sul ripiano del comò.
"Sarà di qualche aristocratico cadetto o di una nobile dama dalla grafia arzigogolata, che non si ricorda nemmeno la mia faccia."
La apri con noncuranza, per potertene liberare il più in fretta possibile. Ti accorgi che è soltanto piegata, non è sigillata e non porta stemmi o ceralacca.
Ed è scritta con una mano decisamente incerta.
"Che strano..."
Ti avvicini al candelabro, accosti la lettera e leggi.
Leggi... e divori con gli occhi e col cuore ogni singola parola. 
Perché capisci chi è l'autore di quelle parole piene di passione. 
Ti porti le nocche alle labbra, per bloccare un ansito, un sussulto, un crepitio del respiro. E questo è l'ultimo gesto che fai, per minuti interi o forse anche per più tempo.
Senti il bisogno di poggiare la spalle alla parete, perché il petto si potrebbe spezzare in tanti piccoli frammenti dolorosi, per poi scioglierli di piacere, di dolcezza e di consapevolezza.
Perché lui ti fa sentire di soffrire e di gioire nel medesimo battito.
Perché senti di amare più di ogni altra cosa. 
Di amare lui, ora lo sai bene... di desiderare ardentemente ogni cosa di lui. 
Ti guardi ancora allo specchio, nel riflesso vedi il passaggio della forza di quelle parole sul tuo volto. 
Rosso porpora sulla gote, come la giacca che indossi, le pupille larghe, come quelle dei gatti, e una cascata inarrestabile di pensieri, mentre ti prendi la testa tra la mani.
"André.."
***
Apri la porta della tua camera, solo il fuoco ti regala una scia di luce da seguire, appena varcata la soglia. 
Aggiungi un po' di legna nel camino e rimani a guardare l'allegria delle fiamme, a testa bassa... e pensi che vorresti restare così per ore e rinunciare al tuo dovere, perché stasera per te sarà troppo doloroso vederla. 
Perché sarà troppo bella.
Troppo sola in mezzo a persone che non la capiscono realmente.
Che non la conoscono e non la amano profondamente come te. 
Sarà impossibile non desiderare il suo sorriso, cercare la sua vicinanza. Impossibile non pensare di scaldarla col tuo desiderio e il tuo amore per tutto il resto della notte.
Chiudi gli occhi e dopo un sospiro, ti rialzi e inizi a spogliarti. Ti sfili in fretta la giubba della divisa e la maglia dal pantalone. Qualcuno però si schiarisce la voce proprio in questo momento ed è lì accanto a te. Ti volti di scatto verso la finestra, da cui hai sentito provenire quel suono lieve, di una voce troppo familiare per poterti sbagliare... e rimani fermo come una pietra quando vedi proprio lei avvicinarsi lentamente, uscendo da un angolo in penombra.
Non ti guarda, non subito. 
Ha le braccia lungo i fianchi ed è bellissima vestita del colore del vino.
Vorresti subito chiederle cosa ci fa qui, se forse le è successo qualcosa o se è solo impazzita a nascondersi nella stanza di un uomo solo, di un uomo che la ama con disperazione. 
Dovrebbe saperlo che tentarti non è ragionevole.
Osserva la punta dei tuoi stivali, le tue gambe, poi risale svelta e risoluta al tuo viso e il suo sguardo è sconvolto. 
Un sospiro secco, spezzato, prima di parlarti, mostrandoti qualcosa.
"Ho letto questa."
Ti avvicini, non capisci. Poi sgrani gli occhi nel riconoscere la lettera che lei non avrebbe dovuto leggere... deve esserti caduta dalla tasca e tua nonna deve avergliela consegnata credendo che provenisse da Versailles. 
Lei ti sorprende, prendendo la parola in fretta, levandoti da ogni imbarazzo. 
"Volevo sincerarmi che tu stessi bene, André. Ho notato delle sbavature nella tua... scrittura. Non avrai dei problemi all'occhio destro? Dimmi la verità... Proprio adesso non mi hai vista, eppure non ero così tanto in ombra."
La guardi, non sai cosa dire.
E non puoi credere che ciò che tu hai scritto con tanto intimo sentimento non abbia provocato una qualsiasi reazione in lei.
Non questa sera, in cui tutto sembra gravitare in modo da mettervi l'uno di fronte all'altra. 
"Non volevo che tu ti preoccupassi Oscar. Non so come sia finita nelle tue mani... Non avere paura per me."
Si schiarisce la voce e solleva il mento.
"Ho paura invece... ho paura che tu mi nasconda la verità sulla tua vista."
Ti avvicini ancora, quel tanto che basta per riconoscere il suo profumo, forse di vaniglia... mischiata alle rose... e ora penetrata nei tuoi sensi scoperti, in allerta. 
"É stato forse dopo l'agguato di Saint Antoine? Sei peggiorato in quella circostanza? André, mi devi rispondere!"
I suoi occhi sono in fiamme... non li hai mai visti così belli, così vivi.
"Sì, ho qualche problema. Ma già da un po' di tempo..."
Le dici la verità, semplicemente, come non avresti mai pensato di riuscire a fare. 
"Pagherò io le cure."
"No. Farò il possibile da solo. Questo te lo prometto, non mi trascurerò più."
La vedi stringere un pugno prima di voltarsi per darti le spalle.
"Il possibile non basta. Le cure che servono per salvarti l'occhio destro te le pagherò io, André... non accetterò mai un rifiuto e tu non devi sentirti in debito."
Rimani in silenzio, il suo interesse, il suo comportamento aperto inizia a scandagliare tutte le risposte certe.
"Devi accettare, altrimenti mi costringi a farti lasciare i soldati della Guardia."
La sua voce finisce per spegnersi, come accadrebbe alla tua esistenza se fossi costretto ad abbandonarla. 
"D'accordo."
L'unica risposta che le puoi dare, la sussurri alle sue spalle, con la consapevolezza di sentirti ancora sospinto da qualcosa che la ragione non riesce a comandare.
"Bene."
Risponde bisbigliando, senza muoversi, senza quasi respirare.
"... non ho scritto quella lettera perché che tu la leggessi."
Non mostra di volerne parlare, anche se lei, quella lettera, la tiene ancora tra le dita. 
"... io... ero concentrata su ciò che vedevo. Ero preoccupata... non ricordo quasi nulla."
Non le credi, capisci quando mente. E ti dà ancora le spalle... e la sua voce ha una fragilità che riesce a farti tremare. 
Sollevi una mano, la vuoi disperatamente toccare, anche soltanto per un momento. 
"Quasi... nulla?"
Ti accorgi che le stai sfiorando una sottile ciocca di capelli all'altezza della spalla. 
"... guardami."
Il silenzio che segue regala intensità e ardore alla tua voce. 
"André... non dire niente."
Ammutolisci davvero quando senti il contatto con le sue dita, che stringono timidamente le tue. È un movimento leggero, il suo, quasi si disperde subito in un frammento di tempo che invece ti appare infinito.
E ora capisci che qualcosa è cambiato davvero.
Non sai quando e nemmeno il perché.
"Devo andare, mi stanno aspettando."
Non insisti, non lo puoi fare.
Appartenerle è già averla... te lo ripeti, all'infinito... anche se senti che sta accadendo qualcosa di strano in questa notte di gelo.
Anche se senti che non è più abbastanza.
"Allora, va bene Oscar. Buon Natale e grazie per esserti interessata."
Indietreggi, le concedi di non dover incrociare per forza il tuo sguardo.
Lei si avvicina in fretta alla porta. 
"Buon Natale, André."
Le sue ultime parole, che quasi le graffiano la gola, prima di vederla chiudersi la porta alle spalle. 
***
Se stringi le labbra forse smetteranno di tremare, forse ci riuscirai a non piangere. A questo pensi mentre cammini svelta per il corridoio ed arrivi in un angolo buio, dove nessuno può vederti.
Temi di averlo ferito e questo ti fa male, come la rabbia di non essere riuscita a dirgli che hai paura per lui perché lo ami e non solo per affetto o responsabilità nei suoi riguardi.
Eri corsa in camera sua per confessargli il tuo amore, per gettarti tra le sue braccia forti, spinta da qualcosa di irrefrenabile, dopo aver letto la sua lettera.
Ma la paura ha vinto ancora una volta. 
Un braccio sulla bocca, il velluto non è morbido come le labbra che vorresti venerare. 
Perché è così doloroso amare? 
Perché non può essere facile per te?
Finisci sul pavimento, qualcosa ti spinge verso il basso, verso il dolore che ti spezza il respiro, che contrae lo stomaco, che devi affrontare, a cui non puoi sfuggire. 
Tieni stretta la sua lettera, pensando che è l'unica cosa che desideri possedere d'ora in poi. Le sue solitarie e dolci parole d'amore. 
Sono però giunte a te. 
Un regalo divino che ti accompagnerà fino alla fine. 
Ti ricomponi, nascondendo la lettera in tasca dopo averla piegata con cura, rimettendoti in piedi non appena senti il quartetto d'archi iniziare a suonare nella sala rossa. 
Scendi lo scalone e la prima cosa che pensi è che le luci soffuse delle candele ti aiuteranno a nascondere le lacrime appena versate, quelle che lasciano un segno indelebile negli occhi e nell'anima. 
"Ecco la festeggiata! Vieni a tavola Oscar!"
Tuo padre si alza in piedi, come il resto dei commensali. C'è Bouillé con la moglie, due delle tue sorelle accompagnate dai mariti, tua madre e altre due dame di cui non ricordi il nome. 
"Scusate per l'attesa."
Dici solamente, accomodandoti a capotavola, sperando che la serata finisca in fretta. 
Le cameriere hanno già servito quasi tutta la cena e ti senti sollevata non vedendo arrivare André.
Forse perché adesso non riusciresti a nascondere più niente.
Il tuo amore è li, sull'orlo delle tue lacrime, sulle spine intrappolate nelle parole. 
Ma qualcosa vi porta a non potervi sfuggire...
Un'ombra scura entra nel salone e si rivolge a tuo padre, dopo un lieve inchino. Il cuore inizia a battere impazzito, perché hai capito...che si tratta di lui. 
"Oh, eccoti André! Stasera voglio che brindi insieme a noi, figliolo."
Tuo padre gli ha sempre dedicato delle attenzioni la sera di Natale e questa sera è anche piuttosto allegro.
"Vi ringrazio signor Generale."
Risponde con cortesia, ma non ha l'aria di voler prendere parte alla festa. 
Sarà arrabbiato con te?
"Prendi posto accanto ad Oscar."
Gli dice indicando il posto vuoto accanto a te, lasciato da tua madre, appena ritiratasi nelle sue stanze.
Un potere singolare stasera vi attrae... una forza che forse fa crollare anche le barriere? 
Perché tu le stai sentendo cadere, una ad una. Ti senti nuda in mezzo alle altre persone, ma è come se soltanto lui potesse vedere questa nudità. Come se lui potesse attraversare la tua anima solo con un pensiero. 
È vestito di nero. Un nero che si fonde con la notte dei suoi capelli lucidi. Si accomoda al tuo fianco, sorseggia il suo vino con eleganza e scambia qualche parola con le tue sorelle, che lo conoscono da anni. 
Si scherza, si ride, la musica di Mozart accompagna con brio la parte terminante della serata. 
Ha evitato di guardarti per tutto il tempo, ma nel momento in cui i musicisti terminano il loro ultimo brano, i vostri sguardi si trovano.
È inevitabile...
Nei suoi occhi c'è ancora la paura di averti turbata. 
Nei tuoi occhi la paura di averlo ferito. 
E poi qualcosa che non puoi vedere ma che lui di certo capisce... 
Capisce che sai.
Capisce che hai mentito. 
Che tu conosci fin troppo bene il contenuto di quella lettera.
"Siete arrossita Oscar. Avete bevuto troppo vino o è forse la vicinanza del fuoco?"
Tua sorella maggiore ti sorride da una poltrona. 
"È senz'altro la vicinanza del fuoco."
Lo dici mormorando, infastidita dalla sua osservazione, dato che il fuoco è distante da voi. 
Ti muovi appena, non parli quasi con nessuno e dopo averla osservata con brama, stacchi lo sguardo da una mano maschile dalla pelle ambrata e dalle dita lunghe, che gioca con delle briciole di pane.
Una mano grande, una mano che vorresti sentire affondare tra i capelli, scivolare sulla pelle del tuo corpo, perché il tuo desiderio è gemello del suo...
Ti alzi da tavola, non sopporti più di doverti controllare e provi con tutta te stessa a lottare contro questa strana oppressione. 
"Buona notte, vi ringrazio padre per la bella festa!"
Non guardi niente e nessuno, solo la punta delle scarpe che incedono chiassose sul marmo delle scale. 
Te ne torni in camera tua con lunghe falcate, sbatti la porta e inizi a spogliarti, per restare soltanto con la camicia di pizzo. 
Vuoi sentire i brividi di freddo.
Vuoi sentire di poter ragionare, di poter ancora comandare. 
Ti avvicini alla finestra, osservi i giardini addormentati, passano le ore... e l'alba non arriva. 
Non riesci a stare lontana da lui, questa è la verità. 
Ti senti oppressa, schiacciata a terra quando gli sei distante. 
È quasi un dolore sordo, un ronzio nelle orecchie, una vertigine che sconvolge gli equilibri. 
Ma perché resistere?
Perché?
Esci dalla tua stanza, lungo il corridoio buio i silenzi della notte si mischiano ai tuoi pensieri, così intensi da aver timore di dar loro voce. 
Amore... ecco a cosa pensa il comandante che stanotte non esiste, che stanotte non è in sé. 
Pensa all'amore...
E corre adesso, per il corridoio del Palazzo, come un fantasma potrebbe alzarsi in un volo basso e senza risoluzione, trascinandosi dietro catene di cui si vorrebbe liberare. 
Arrivi in camera sua in pochi minuti, il fuoco è spento da tempo e ti rendi conto che non è mai entrato nel suo letto. 
"André... "
Profondi brividi percorrono il tuo corpo, fermo come un pezzo di ghiaccio.
Un respiro caldo da dentro, un respiro che vorrebbe mutarsi in parole d'amore, adesso. 
Tante parole per lui soltanto. 
"... non può essere... troppo tardi. È colpa mia."
Sei stata troppo fredda a tavola, non lo hai degnato di uno sguardo, anche se avresti voluto...
Avresti dovuto confessarglielo quando potevi farlo, quando le sue braccia ti avrebbero potuto sostenere nell'accettare ogni cambiamento, ogni pagina nuova del vostro destino.
Se lui non c'è tu non esisti...
Non esisti, Oscar. 
Ti siedi sul bordo del suo letto, sconfitta. Ma subito qualcosa, ancora una volta, ti spinge a crederci, e ti attrae dove sei certa di trovarlo.
Dove nella sua lettera ha espresso il desiderio di vederti. 
Il vostro nascondiglio.
La piccola quadreria attigua alla biblioteca, la collezione privata di opere d'arte di tuo padre, che da sempre nasconde agli occhi delle persone. 
Inizi a correre, deve essere lì.
"Devi essere lì... "
Da bambini e da ragazzini ci andavate dopo la mezzanotte, portandovi dei biscotti e della frutta, giocando a nascondervi dal resto del mondo.
Troppo tempo è passato, eppure senti ancora l'eccitazione delicata di quei momenti... anche se ora nasconde un bisogno di amore che prevale su tutto il resto.
È vero, non esisti stanotte.
Stanotte stai gravitando, come un cristallo o un frammento di brina. 
E prima di arrivare a schiacciarti al suolo, desideri fonderti con lui, così la caduta sarà più dolce, sarà meravigliosa.
Apri la porta della biblioteca, la notte e il suo silenzio è rotto solo dalla cadenza di un orologio a pendolo. L'aria ferma dei libri e della polvere si fa densa nel tuo respiro. Nella parete di fronte alla finestra c'è una porta, decorata con piccole corone di foglie e fiori in miniatura. 
Sospiri dopo aver abbassato la maniglia, hai paura di rimanere delusa. 
Apri la porta lentamente, mentre fuori inizia a scendere la neve.
Non vedi niente, solo tante tele e stampe accatastate, insieme alle sculture e alle miniature... e la sensazione di vivere un sogno al buio, attraversato da una luce azzurra. 
"André... "
Gemi quasi pronunciando il suo nome e ti senti ridicola a cercare nel passato ciò che vorresti per l'avvenire.
Eppure, senti che quella strana forza ha diretto i tuoi pensieri proprio lì.
Rimani ferma nel freddo pungente della solitudine... ferma nel tuo amore.
"Oscar."
La sua sagoma si rivela improvvisamente davanti ai tuoi occhi... era sempre stato lì, solo adesso però riesci a trovarlo.
Vuoi spiegargli, dirgli senza indugio che lo ricambi con tutta te stessa. 
E che adesso non ti nasconderai più.
"Desideravo tanto che fossi qui."
Il cuore smette di battere, lo potresti giurare. 
"Ma dove potrei essere, Oscar?"
L'attesa nella sua voce, che lentamente si sbriciola, ti mostra un uomo che stava davvero sperando, che ti aspettava... 
Non riesci più a parlare, ma solo a sospendere una mano nel vuoto, chiudendo gli occhi... affidandoti a lui.
Hai paura, perché tutto cambierà.
Sei felice, perché è tutto ciò che desideri.
Riapri gli occhi quando nella luce fragile dei cristalli le vostre dita si trovano e non si fermano, portandovi a un contatto sospeso nella meraviglia, nei sospiri più sinceri, nelle lacrime di commozione e nell'amore più puro e più intenso che tu abbia mai provato.
Ti getti tra le sue braccia, ti sembrava di non poter più respirare poco fa, quando credevi che non avresti potuto mai più avere la possibilità di farlo. 
Ma questa notte una possibilità ve l'ha concessa.
Sollevi il volto dal suo petto, che stringi con i pugni. 
"Ti amo."
Riesci a dirglielo tra le lacrime... e ti sembra di impazzire dalla felicità.
Sorride, è bellissimo...
E quando prende il tuo volto tra le mani, lo solleva tremando, ammantandolo del suo calore.
Con la punta delle dita sfiora le tue guance, poi le labbra.
Ti guarda senza crederci davvero... allora espandi le tue carezze, sulle sue braccia, sulle spalle, perché capisca che è tutto reale.
"Non andartene mai... mai più lontana da me."
Accosta la fronte alla tua e il tuo respiro al suo. E tu senti il suo dolore dissolversi nel tuo cuore e farlo battere talmente forte che hai paura ti possa scoppiare nel petto.
Sospiri, porti le braccia attorno al suo collo e lo stringi più che puoi nel momento un cui ti bacia e le vostre essenze si uniscono, come i sapori e la danza dei cuori.
Un bacio interminabile, un bacio che divora le paure e le colpe, un bacio che toglie il respiro, che punge il ventre e ricama volute sulla pelle.
E adesso entrambi la sentite, la forza che vi ha chiamati, ora torturarvi con un desiderio troppo a lungo prigioniero. 
Scivolate tra le tele e le cornici accatastate, sul pavimento di legno gelato, in ginocchio, ancora abbracciati, ancora fusi in un bacio fatto di spinte e gemiti, senza la possibilità o la voglia di fermarvi. 
Non stanotte, non in questo posto nascosto da tutto ciò che domani dovrete affrontare insieme. 
"Hai freddo?"
Ti chiede bisbigliando seduto a terra con la schiena addossata alla parete, portandoti su di lui, per non farti stare a contatto con il pavimento. 
"Solo un po'... "
Le mani sul suo petto scolpito, gli sorridi, vuoi mostrargli come la tua pelle stia tremando per lui. 
Porti una mano al colletto della camicia, l'altra infilata tra i suoi capelli... e quando lo senti sospirare nell'attesa di ciò che stai per donare ai suoi occhi, ti strappi di dosso la spilla di rubini per gettarla in un angolo polveroso della stanza. 
Sciogli piano il fiocco dello jabot, ma hai percepito un graffio sull'incavo della gola.
"Ti sei fatta male?"
Sorridi e lo senti fremere sotto di te.
"È solo un graffio."
Un graffio come le vostre voci, contro il ruggito del desiderio. Ti porti le dita al collo.
"Aspetta."
Ferma la tua mano, come il suo respiro, ti sbottona la camicia fino al petto, guardando un pizzo che non ti copre abbastanza bene la pelle del seno. Percorre con un bacio il graffio scarlatto lasciato dalla spilla e rimane a saggiare profondamente il tuo sapore più vivo. 
Chiudi gli occhi e lo trattieni per la nuca. 
Siete un unico oblio, un unico silenzio nel grido sommesso dei corpi. Vi baciate ancora, stringendovi più che potete... e ferro e ghiaccio si mescolano sulle scie delle lingue.
Slacci le culottes di velluto e te ne privi, in fretta, senza guardare altro che le sue labbra ripeterti all'infinito, tra piccoli baci che schioccano, che per lui sei l'amore della sua vita.
Un brivido di freddo lungo la schiena e fino alle punte del tuo seno, che indurite scrivono lettere frastagliate sui palmi delle sue mani, nascoste sotto il pizzo della tua camicia. 
Le cosce nude, schiuse attorno a lui, seduta sopra di lui, che si libera per donarsi a te.
Ti strappa un ultimo sorriso, disegnando con le labbra delle piccole volute sulle tue. 
"Scendi piano..."
Ti sussurra, ti aspetta e trattiene il fiato, proprio come te.
Sei emozionata, sei tesa quando senti che il suo corpo di uomo inizia a toccarti, a farsi strada.
Gli occhi chiusi, gli vai incontro. 
Scendi ancora. 
Le braccia tremano per il freddo, per l'emozione... i suoi capelli tra le dita, nel fiato, nelle narici.
Un gemito che splende negli occhi colmi... e il cuore divampa. 
Sei donna, tra le sue braccia.
"Oscar..."
Ti sfiorano le sue lacrime mentre invade il tuo ventre. 
Scendi ancora e cade in un piccolo grido anche l'ultima barriera. 
Cade bruciando, scivolando, e fa spazio al suo corpo nel tuo.
"Ti prego... "
Ti supplica sulla pelle del collo, quando reclini la testa e lo senti raccogliere i tuoi capelli insieme al pizzo della camicia sulla schiena.
"... ti prego... muoviti..."
È trasparente tutto attorno a voi, chiusi in una bolla, protetti dal passato, trasportati dalla forza di un amore eterno.
Ti muovi su di lui, ora che senti di poterlo capire, questo nuovo corpo che nasce cadendo.
"Sì..."
Ti muovi, per portarlo dove vuole... e ti senti libera, come senti di vivere attraverso l'amore per lui.
"Sei mio, André."
Il suo desiderio, sentirtelo dire tra le sue braccia.
Un sussurro, un sorriso tra i brividi che le sue carezze ti provocano. Lungo le cosce, sui fianchi, sulle natiche.
"Dimmelo ancora."
Le tue mani attorno al suo viso. 
Vi muovete insieme, come i vostri respiri e gli sguardi, che brillano nel blu di questa notte, sfaccettato come uno zaffiro. 
"Sei il mio uomo. Mio marito."
Non controlli più la voce, senti solo la fatica per trattenere la voglia di gridare. 
E poi quella forza che vi ha attratti, uniti, fusi... vi spinge ancora a terra, schiacciati, abbracciati, senza volontà di staccarvi, di respirare altrove, di vivere lontani. 
Mai più lontani.
Sopra di te, la schiena ampia, la sfiori con le dita mentre ti ama con tutto il suo peso, con le spinte profonde, le carezze dei baci, la felicità nel cuore.
Gravitate insieme, due cristalli perfetti che discendono paralleli, per sciogliersi insieme... a terra... nell'abbraccio con la vita.
*** *** *** *** *** IMG-20210306-051338 Ho scritto questa ff ascoltando "Possibility" by Lykke li.
Vi auguro di cuore un buon Natale! 
A presto... :-D
Cecile

   
 
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