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Autore: smak978    25/12/2016    11 recensioni
"Succorbentis?" Chiese Malfoy con un filo di voce, coprendo subito il volto con quell'insopportabile maschera. "Hai la Succorbentis?" Silenzio. "Lo sai che è una malattia incredibilmente rara, vero? ...E lo sai che è incurabile, vero?" Silenzio. "Non c'è da stupirsi che ti rifiuti di accettarlo." Ron/Hermione/Grifondoro OOC
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: OOC, Traduzione, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Cos'è questo? Un regalo di Natale extra tutto per voi <3
Buon Natale a tutti i nostri lettori!
Un bacione a tutti,
malpensante e Panda-chan






Capitolo 22 – Non tentarmi!
 
 
Okay. Un bel respiro. Doveva riprovarci.
 
Pagina trecentododici.
 
Succorbentis.
 
Harry lesse la parola un bel po’di volte, a denti stretti. “Succorbentis. Succorbentis. Fottutissima Succorbentis.” Sembrava crudele detta ad alta voce, malvagia. Violenta. Niente di quella parola ispirava delicatezza o gentilezza. Un suono veloce, brusco. Calzava a pennello. Forse il mondo magico doveva cambiarla in ‘Colei-Che-Non-Deve-Essere-Nominata’ oppure in ‘Tu-Sai-Cosa’. Probabilmente, solo allora Harry sarebbe riuscito a pronunciarla senza problemi. Per sua sfortuna, nel frattempo doveva abituarsi a quel sordo dolore che gli risuonava nel petto.
 
-Quest’incurabile malattia ha terrorizzato la comunità magica per secoli.-
 
Bel miglioramento dall’ultima volta, Harry. Doveva solo respirare e sarebbe andato tutto bene.
 
-Non se ne conoscono le cause, ma stando alla mitologia degli inizi del dodicesimo secolo, il demone dell’invidia, Succorbenoth, maledisse un vescovo (un’occupazione babbana destinata all’insegnamento della religione babbana.) di nome Edward Worthy. A quanto pare Worthy, che era uno stregone dotato di straordinario talento e potere, provocò il demone con la sua magia. Invidioso delle sue abilità, il demone maledisse il cuore vero e proprio della sua magia, riuscendo con efficacia a ritorcergliela contro.-
 
Harry serrò la mascella, stringendo i pugni. Gli tremavano per l’impulso di fare a pezzi quell’orribile libro. Fu difficile trattenersi, ma ci riuscì.
 
E comunque doveva informarsi. Non poteva sconfiggerla con l’ignoranza.
 
.
 
.
 
.
 
Neville fissava corrucciato il suo tema di incantesimi ancora in bianco, tamburellando leggermente la penna sul foglio di pergamena. Era seduto lì da più di un’ora, ma era riuscito a scribacchiare soltanto la traccia. Poi aveva trasformato la stessa traccia in un’introduzione. A quel punto, si era bloccato. A chi importavano i settantatré modi differenti di ‘agitare’ la bacchetta e le loro conseguenze? Come poteva importare a qualcuno, visto il caos che c’era a scuola?
 
Tutti stavano soffrendo, e la situazione non sembrava migliorare. Invece di restare semplice tristezza, quel dolore si era trasformato in rabbia, ed era piuttosto spaventosa da gestire.
 
La maggior parte dei sui compagni di casa erano arrabbiati e sorridevano solo quando complottavano nuovi scherzi o incantesimi da sperimentare sui Serpeverde. Capiva il loro bisogno di vendetta, ma la cosa stava andando fuori controllo. I Professori andavano informati, e se già lo erano dovevano intervenire al più presto. Gli incantesimi erano una cosa; le maledizioni un’altra.
 
E Harry…
 
Cosa doveva fare? Aveva ferito il suo amico; si era abbassato al livello di tutti gli altri. Era determinato ad andare dritto da lui e scusarsi appena l’avesse incrociato. Aveva diritto ad avere segreti; tutti ce li avevano, no? Se non voleva l’aiuto di Neville, andava bene. L’avrebbe osservato e aspettato da lontano, e se Malfoy si fosse azzardato anche solo a rivolgergli un ghigno di troppo…!
 
Si ritrovò a sospirare, tamburellando di nuovo la penna. C’era qualcosa che non andava. Era come una di quelle risposte irritanti che avevi proprio sulla punta della lingua, e che ricordavi solo alle due del mattino invece che a lezione. Però i giorni passavano, e lui cercava ancora di venirne a capo senza alcun successo. Era impossibile.
 
Delle risate dall’altra parte della sala attirarono la sua attenzione, facendolo sorridere. Ron, Seamus e Dean stavano ridacchiando nell’angolo mentre leggevano una lettera. Seamus era a metà fra il divertito e l’imbarazzato. Era bello che si distraessero, che fossero felici. Sembravano addirittura sul punto di dimenticare il passato, e andare avanti con le proprie vite. Ron guardò alla sua destra, come se avesse voluto dire qualcosa, ma si bloccò. Con cipiglio osservò il posto tristemente vuoto accanto a lui, poi si voltò di nuovo verso gli altri con un finto sorriso sulle labbra.
 
Era strano non vedere Harry seduto lì con loro. Di solito sarebbe stato accanto a Ron, a passarsi una mano fra i capelli, a pulirsi gli occhiali, o a ridere fino a star male, piegato in due sulla sedia…
 
Con un po’ di fortuna, sarebbe tornato alla Torre Grifondoro se Neville gliel’avesse chiesto. Se l’avesse implorato. Avevano bisogno di lui più di quanto credeva.
 
“Hai bisogno d’aiuto, Neville?”
 
Si voltò sorridendo quando Hermione si unì al suo tavolo guardando con felicità gli altri ragazzi. Ecco perché erano tornati ad Hogwarts. Non per le vendette infantili, ma per momenti come quelli.
 
“Nah, è tutto sotto controllo.”
 
“Davvero?” Alzò le sopracciglia, guardando la pagina in banco di fronte a lui. “Perché nel giro di un’ora non ti sei né mosso né tantomeno hai scritto qualcosa, a parte il titolo… e non credo che ‘swish’ sia la parola adatta.”
 
Hermione era diventata più silenziosa quell’anno, meno autoritaria. Aveva messo in chiaro che dovevano smetterla di contrastare i Serpeverde, ma non si era fatta valere. Tuttavia, si poteva dire lo stesso anche di Neville.
 
“Sì, lo so. Sono solo…”
 
“Preoccupato?” Neville si ritrovò ad annuire, anche se non voleva stressarla con i suoi pensieri. Avevano già troppo di cui preoccuparsi, senza che ci si mettessero anche gli altri. Cavolo, Hermione era quella con più problemi al momento; aveva perso entrambi i suoi amici quell’anno, in un modo o nell’altro. C’erano così tante cose che non potevi dire al tuo fidanzato; come lamentarsi di lui, per esempio. Era ad un punto morto. Non poteva rivolgersi a uno di loro due senza far arrabbiare l’altro. “Vuoi parlarne?”
 
“Non voglio stressarti.”
 
“Sarebbe difficile. Niente può stressarmi, eccetto Malfoy.”
 
Neville restò a fissarla, poi annuì quando l’altra comprese. In quel momento tutti parlavano solo di Malfoy.
 
“Grandioso. Cos’altro ha combinato il furetto?” Hermione storse il naso mentre lo diceva; e non perché stava parlando del biondo. Ma perché non riusciva a credere di essersi ridotta a usare un soprannome così infantile; ormai lo facevano senza rendersene conto. Un’altra abitudine da stroncare.
 
“Non lo so.” Rispose sinceramente Neville, facendo tamburellare di nuovo la penna. È questo che mi infastidisce. Deve aver incastrato Harry in qualche modo, ne sono sicuro-”
 
“Harry è un uomo adulto e sa badare a se stesso.” Lo interruppe la strega con un sorriso; non ci credeva neanche lei, neanche un po’. “Può gestire Malfoy da solo.”
 
“Ne sei proprio sicura?” La sfidò Neville, accigliandosi. “Sai benissimo quanto era ossessionato da lui in passato… si è sempre comportato in maniera strana quando Malfoy era nelle vicinanze. In un modo o nell’altro lo sta manipolando. Non so come, ma è l’unica spiegazione plausibile. Altrimenti perché Harry avrebbe deciso di allontanarsi da noi? Perché scegliere pubblicamente la compagnia di Malfoy? Non ha alcun senso. Non era mai stato interessato alla sua amicizia prima d’ora.”
 
Hermione restò in silenzio per un momento, la sua fronte si increspò. Ma scosse comunque la testa. “Malfoy l’ha aiutato durante la guerra.” Disse piano, lanciando uno sguardo a Ron prima di continuare. “Aveva la possibilità di consegnarci a Voldemort, ma non l’ha fatto.”
 
Neville poté sentire la sua bocca spalancarsi. Malfoy? Avrebbe venduto addirittura sua nonna per scampare a una punizione, eppure… si era rifiutato di consegnarli a Voldemort? Era… assurdo. Perché fare una cosa del genere? “No, ci deve essere sotto qualcos’altro. Harry fa tutto quello che gli dice… hai visto con i tuoi occhi quanto era disperato il giorno in cui andammo a trovarlo in infermeria, dopo l’incidente con il Platano Picchiatore; non ho mai visto Harry supplicare in quel modo.”
 
“Ha fatto la sua scelta, Neville.”
 
“E se non fosse così?” Insistette, in preda alla disperazione. “Se fosse stato costretto? L’altro giorno l’ho visto-”
 
“Hai visto i suoi occhi?” Chiese Hermione a bassa voce, fissando il tavolo per evitare l’espressione sorpresa dell’altro. Quando era andata a trovarlo?
 
“Sì, li ho visti.” Rimasero in silenzio pensando a Harry bendato e indifeso nell’infermeria. Non poteva né guardarli negli occhi né sapere da che parte erano senza che glielo indicassero. Non riusciva neanche a raccogliere un libro da terra, pensò Neville. “Non so che razza di pozione stessero-”
 
Pozione? Hermione alzò di scatto lo sguardo, assottigliando gli occhi pericolosamente. Finalmente; un po’ di quella caparbietà Grifondoro che a Neville era tanto mancata. “A me hanno detto che si è trattato di un incantesimo andato male.”
 
“Malfoy mi ha detto che è stata colpa di un incidente di pozioni.”
 
“Madama Chips invece mi ha detto che stavano facendo esperimenti sul Lumos.” Neville si accigliò, riflettendo. Perché avevano raccontato due versioni discordanti? Cosa diavolo stavano nascondendo? “Malfoy mi ha praticamente cacciato via dalla stanza.”
 
“Anche a me.”
 
“Ci sono andata di notte.” Aggiunse Hermione, pensierosa. “Era tardi, molto tardi. Perché Malfoy era lì a quell’ora? Madama Chips non l’ha nemmeno rimproverato, ha semplicemente accettato la cosa… che sia coinvolta anche lei? Ma no, è una professoressa.”
 
“Stanno sempre attaccati.” L’euforia di Neville aumentava sempre di più; Hermione gli credeva. Se c’era una persona abbastanza intelligente da scoprire la verità, era senz’altro la sua amica. “E non credo proprio che escano insieme, che stiano per sposarsi, che si stiano corteggiando, o qualunque siano i pettegolezzi del momento.”
 
“Certo che no,” Rise Hermione, un po’ confusa. “Harry è etero, in ogni caso. E se davvero uscissero insieme, si sarebbero toccati in pubblico almeno qualche volta. Strusciando le spalle, tenendosi per mano; non fanno niente di tutto questo.”
 
Esatto!” Neville stava sorridendo adesso; riusciva praticamente a visualizzare gli ingranaggi di quella mente brillante in azione. “Allora mi credi, vero? C’è qualcosa sotto.”
 
Hermione annuì, ma era ancora pensierosa. “È così pallido ultimamente, e ha perso molto peso… classici segni di stress.”
 
“Quindi mi aiuterai a scoprire cosa gli stanno facendo?”
 
Hermione esitò ancora, lanciando uno sguardo ai ragazzi che se la ridevano nell’angolo. Entrambi videro Ron muoversi di nuovo a disagio sulla sedia. Aveva gli occhi spenti, non vivaci come quelli degli altri due. Era come se non riuscisse a evitare di voltarsi verso il posto vuoto accanto a lui; era un impulso irrefrenabile, visto che Harry era stato lì al suo fianco per anni.
 
“Ti darò una mano. Forse Harry sta aspettando il nostro aiuto.” Non suonò rassicurata, ma era già abbastanza. Potevano aiutare Harry a liberarsi di Malfoy.
 
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Ventiquattro.
 
Sarebbe entrato nella storia; il numero Ventiquattro.
 
Si sarebbero dimenticati della sua vittoria contro Voldemort, o del titolo ‘Ragazzo Sopravvissuto.”
 
No, avrebbero dimenticato tutto appena si sarebbe sparsa la voce che era la ventiquattresima persona nella storia a contrarre la Succorbentis.
 
Come diavolo era possibile?
 
Certo, aveva sentito che era rara, ma sul serio?
 
Significava che a beccarsi la malattia erano state ventiquattro persone su sei miliardi e mezzo di quelle esistite a partire dal dodicesimo secolo. Era ridicolo.
 
Solo una persona su circa duecentosettanta milioni l’aveva contratta.
 
L’Universo era un bastardo.
 
Tutti e ventitré i poveretti erano morti. Ovviamente.
 
Quattordici erano impazziti. Altri due ci stavano andando vicino.
 
Dodici di loro si erano suicidati.
 
Un altro era stato ucciso. Per sua fortuna.
 
Otto erano morti per mano della loro stessa magia, prima che potessero soccorrerli. Polmoni collassati, arresti cardiaci, crani spaccati, arti esplosi, reni scomparsi… una ragazza era stata arrostita come una patatina; come, non si sa.
 
Una fantastica lettura serale.
 
Il tempo medio era di cinque mesi. Uno di loro era durato solo due settimane, il più longevo invece… no, non era possibile.
 
Tre anni?
 
Come?
 
Harry si accigliò, imprimendosi a fuoco quel nome nella mente. Simon Harvey. Morto nel millenovecentosettantotto; suicidio.
 

 
Come ci era riuscito?
 
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Harry sospirò non appena mise piede nella Sala Grande, prendendo nota delle solite conversazioni interrotte e l’aumentare del brusio. Non potevano farsi semplicemente i cazzi loro? Era troppo da chiedere? A quanto pareva, sì. Almeno sarebbe stato interessante sentire l’ultimo pettegolezzo. Forse.
 
Non voleva essere lì. Madama Chips l’aveva cacciato dall’infermeria dicendogli che era sano come un pesce, e ignorava totalmente il motivo per cui Harry aveva voglia di mozzarle quella lingua bugiarda per aver anche solo pensato di dire una cosa del genere. Dopo ore passate a gironzolare per i corridoi, la fame l’aveva condotto lì; se ne stava goffamente in piedi sull’uscio della Sala Grande, senza sapere cosa fare. Probabilmente avrebbe rubato un piatto di cibo e sarebbe andato a mangiare in cortile, nonostante l’incessante bufera di neve. I Grifondoro avevano messo bene in chiaro che non lo volevano.
 
Sebbene in fin dei conti lo considerasse un miglioramento, visto che nessuno avrebbe sofferto per… uhm… la fine della sua esistenza… era comunque sorpreso dal dolore che provava. Li aveva ignorati per tutto l’anno, quindi come mai si aspettava che gli offrissero un ramoscello d’ulivo? Si raccoglie quello che si semina, e lui stava decisamente raccogliendo in quel momento.
 
Nonostante tutto, non si aspettava di essere cacciato dalla Torre Grifondoro. Cos’è che li aveva fatti arrabbiare così tanto? Era perché aveva fatto entrare i Serpeverde? Ma loro non si erano mica lasciati prendere dalla frenesia, lanciando maledizioni a destra e a manca; e non avevano neanche lasciato lì un molliccio per terrorizzarli al mattino seguente, o spinti giù dalle scale della torre. Anzi, i Serpeverde non avevano mai neanche pensato di fare quel genere di cose. I Grifondoro, al contrario, sì.
 
Capiva che erano arrabbiati con lui per non essere andato al funerale. Capiva perfettamente quanto fossero feriti. Dopotutto, nessuno sarebbe andato al suo di funerale; solo il prete, e forse Malfoy.
 
Harry esitò ancora, incrociando gli sguardi dei suoi ex compagni di casa con un sopracciglio alzato. Non avrebbe dato loro la soddisfazione di vederlo agitato o ferito. Non avrebbe mai sospettato che sarebbero stati crudeli di proposito.
 
“Andiamo, Sfregiato,” Harry rimase di stucco quando Parkinson lo prese a braccetto, sbucando dal nulla. “Potresti fare lezione ai cuccioli nel dipartimento ‘Bastonato e Sofferente.”
 
“Avrei optato per ‘Distante ma Arrabbiato’.” Rispose con cautela, permettendole confusamente di tirarlo via dal tavolo. Merlino, come se la cosa non sarebbe servita solamente a confermare i loro sospetti.
 
“Oh per favore, la tua espressione indifferente è la stessa di una persona presa a pugni fin troppe volte in età infantile. Era decisamente uno ‘sguardo da cane bastonato’.” La ragazza lo guardò, un ghigno le incurvava le labbra. Non era assolutamente brutta come le ragazze delle altre case la descrivevano; i suoi occhi erano grandi ed espressivi. Come aveva fatto a non accorgersene? “Attento, Potty, se continui a guardarmi così penseranno che ti sei innamorato di me. E a cosa ci porterebbe? A Draco che si comporta da stronzo lunatico da una parte e al mondo magico assetato di sangue dall’altra.”
 
Harry riuscì solo a balbettare qualcosa quando lei lo spinse sulla panca, lasciandosi cadere pesantemente accanto a lui.
 
“Li ho sentiti all’entrata, Draco. Ne stanno pianificando un’altra delle loro; non possiamo starcene qui a…” Nott si interruppe e alzò le sopracciglia quando i due si sedettero. Scambiò un ghigno con Zabini, piegando la testa da un lato per analizzare un Harry dall’aria circospetta. Questo sì che lo faceva sentire al suo agio, un bel nido di vipere.
 
I bisbigli alle sue spalle aumentarono e si propagarono viscidamente da una bocca oltraggiata all’altra. Perché erano così sorpresi? Luna si era unita spesso al tavolo dei Grifondoro; era davvero un’azione così sconcertante?
 
“‘Giorno, Potty.” Harry alzò di scatto lo sguardo su Malfoy, stampandosi un falso sorriso sulle labbra. Non si sarebbe comportato da Grifondiota depresso e petulante proprio quando l’avevano invitato a sedersi al tavolo Serpeverde; non sarebbe successo, nonostante l’impellente bisogno di chiudersi nella Camera dei Segreti per il resto della sua vita. Anche se breve.
 
“‘Giorno, Malfoy.” Cercò di sorridere, sperando di non fallire alla grande. Gli occhi di Malfoy si assottigliarono leggermente. Grandioso. “A quanto pare, sono stato cacciato.”
 
“Non era già evidente quando ho dovuto recuperare i tuoi effetti personali?”
 
“No. È solo che adesso è ancora più evidente; sono stato cacciato anche da…uhm… dall’altro posto.”
 
“Quale altro posto?” Chiese immediatamente Nott, nello stesso momento in cui Parkinson pretese di sapere se Malfoy le stesse nascondendo qualcosa. Harry doveva davvero imparare a chiudere quella dannatissima bocca!
 
“Cos’era successo ai tuoi occhi?” Harry sbatté le palpebre, voltandosi verso un Zabini dall’aria profondamente confusa. Il ragazzo dalla pelle scura aveva la testa piegata da un lato e le sopracciglia aggrottate. Era una delle poche persone a sapere cos’era successo e, stranamente, Harry voleva che restasse così. “Adesso che il peggio è passato… cos’era successo? È stata una pozione o una porta? Avete avuto un sacco di tempo per far combaciare le vostre versioni.”
 
“Occhi?” Harry si accigliò, assicurandosi di mantenere il contatto visivo; se avesse distolto lo sguardo avrebbero capito che stava mentendo. “Di che stai parlando? I miei occhi sono apposto. Be’, tranne per il fatto che ho bisogno degli occhiali-”
 
“Non trattarmi da stupido, Potter.” Sorrise Zabini, “So cosa ho visto. Neanche tu puoi negarlo.”
 
“In tutta onestà, non ho idea di cosa tu stia parlando.” Scrollò le spalle, come se non importasse. “Forse te lo sei immaginato?”
 
“Sì, e sono sicuro di essermi immaginato anche di beccare te e Draco chiusi in un armadietto-”
 
Cosa?! Urlò Parkinson, riuscendo ad attirare l’attenzione di tutta la sala. “Li hai beccati a fare cosa?!”
 
Draco alzò le sopracciglia in risposta a quella scenata, ghignando fra sé e sé. Harry non osò guardarlo, altrimenti sarebbe apparso sospetto. Si stava costringendo a non arrossire con la sola forza di volontà; forse aveva sperato che accadesse qualcosa di più in quell’armadietto. Accidenti a Zabini e al suo tempismo irritante.
 
“È vero, Draco?” Chiese gioiosamente Parkinson, saltando quasi dalla panca. A dirla tutta… il suo enorme interesse per la faccenda era piuttosto irritante. Pregava Dio che non si trasformasse in una fangirl.
 
“Non so, né ho voglia di sapere a quali circostanze Blaise si riferisca.” Rispose seccamente Draco, sorseggiando la sua spremuta d’arancia come se fosse vino, oppure porto. Ne dava davvero l’impressione. “Se stai facendo dei sogni fantasiosi su me e Potter, Blaise-”
 
“Bleah! No, non azzardarti ad andare oltre, Draco!”
 
“Sono sicuro che potremmo-”
 
“Basta! Le mie orecchie! Bruciano!”
 
Harry si ritrovò a ridere nel suo calice e per poco non si strozzò con il succo. Riusciva a sentire di nuovo lo sguardo insistente di Malfoy su di lui, era piuttosto difficile ignorarlo da pochi metri di distanza.
 
“È bello quando lui è dalla tua parte, vero?” Sussurrò Nott accanto a Harry, dandogli una piccola gomitata sul braccio, quasi con aria di complicità. Nessuno dei due si aspettava l’urlo che scappò dalle labbra mortificate di Harry.
 
Un bruciore lancinante si irradiò dal punto esatto in cui Nott l’aveva toccato, diffondendosi per tutto il braccio. Harry si allontanò velocemente da lui, e fu sorpreso quando l’altro lo imitò, alzando le mani in segno di resa. “Okay, va bene, non ti tocco più…” Borbottò, sia offeso che irritato. Harry sentì il senso di colpa invaderlo prima che qualcun altro attirasse la sua attenzione.
 
“Che è successo al tuo braccio?” Chiese Malfoy, assottigliando di nuovo lo sguardo. Merlino, perché Harry non poteva trascorrere un’intera giornata senza che accadesse qualcosa? Qualcosa di imbarazzante o umiliante.
 
“Non lo so.” Harry sperò che quella risposta archiviasse la conversazione.
 
“Be’ controlla, allora.” Ma ovviamente non lo fece; era con Malfoy che stava parlando. Ancora una volta, gli occhi di quasi tutti i Serpeverde erano puntati su Harry. Non ebbe altra scelta che scostare il mantello dal braccio sinistro, e storcere il naso davanti a un enorme livido viola comparso proprio sopra il suo gomito. Trasalì mentre si scorciava la manica, rimanendo a bocca aperta; il livido era ancora più esteso, e andava dalla spalla al gomito. Stava male solo a guardarlo. Come diavolo se l’era fatto?
 
“…avrò urtato qualcosa.” Borbottò, pensieroso. Era sicuro che quella cosa non era lì quando si era vestito poche ore prima. Oppure non l’aveva notato?
 
“Come hai fatto a non accorgertene? Sembra che un troll ti abbia preso a randellate.”
 
“Giuro che la mia gomitata non era così forte!” Disse Nott, con le mani alzate sulla difensiva. Era strano… ma sembrava che si sentisse in colpa.
 
“A meno che il tuo gomito non abbia le dimensioni di un troll, ne dubito.” Rispose seccamente Harry, picchiettando il livido con un sussulto.
 
“Non toccarlo!” Malfoy si allungò dall’altra parte del tavolo, afferrò la mano di Harry e la costrinse ad allontanarsi dalla pelle sensibile. “Cosa sei, una specie di bestia primitiva? Lascialo guarire, citrullo.”
 
 
“Citrullo?” Harry rise, alzando le sopracciglia. “Questa mi è decisamente nuova.”
 
“Sta’ zitto.”
 
“Costringimi.”
 
“Non credere che non lo farò.”
 
“Non lo farai.”
 
“Vuoi scommettere?”
 
“Oh, ci scommetto eccome.” Sorrise Harry, aggiustandosi il mantello. Non si accorse delle espressioni sbalordite, incerte, e disorientate degli altri Serpeverde finché non restarono in silenzio per fin troppo tempo. Si guardò intorno, sentendosi stranamente a disagio.
 
“Che c’è?”                                                              
 
“Hai appena… avuto un battibecco con Draco.” Sorrise Pansy, “Come una coppietta di vecchi sposi.”
 
Io non riesco a credere che Draco si sia appena comportato da immaturo.” Aggiunse Blaise, tanto per rincarare la dose. “Quasi come se fosse, come dire… un ragazzino.”
 
“Andate al diavolo. Tutti quanti.” Harry guardò il biondo stizzito, e ridacchiò per la sorpresa quando le sue guance si colorarono di rosa. Era in imbarazzo. Dolce Merlino.
 
“Oh Salazar… Draco sta arrossendo!
 
Gli occhi di Malfoy si assottigliarono. “Diamo inizio alla seconda parte di Boris il-”
 
“Okay, gente, lo spettacolo è finito!” Intervenne velocemente Zabini, poi lanciò un’occhiataccia a Malfoy e coprì gli occhi di Parkinson. Letteralmente. “Non c’è più niente da vedere! Draco, sei uno stronzo.”
 
Harry ghignò fra sé e sé, incrociando lo sguardo di Draco. Il biondo gli fece l’occhiolino, tornando alla sua colazione.
 
I Serpeverde non erano niente male.
 
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“Signor Malfoy, devi recuperare. Avrai anche una predisposizione per le pozioni, ma il solo talento non è abbastanza per passare l’esame finale, non trovi, caro ragazzo?” La voce risonante di Lumacorno attirò l’attenzione di tutta la classe, scioccandone la maggior parte.
 
Harry posò lo sguardo sul suo partner di pozioni, notando che si era leggermente irrigidito e i suoi occhi avevano un bagliore pericoloso. Perché non aveva fatto i compiti? Perfino Ron ci era riuscito, non erano particolarmente difficili.
 
“Certo, Signore.” Rispose infine il biondo, e quando il professore si diresse dall’altra parte della classe, assottigliò lo sguardo. “È evidente che hanno completamente tirato a indovinare, stupido grassone.” Borbottò, tornando al suo calderone.
 
“Perché non hai fatto i compiti?” Chiese Harry, tagliuzzando una radice di mandragora. Non gli era permesso di toccare la pozione vera e propria, non con un partner come Malfoy. L’aveva etichettato come ‘il preparatore’. Qualunque cosa significasse.
 
Malfoy lo guardò con la maschera in posizione. Harry pensò quasi che non gli avrebbe risposto, ma poi l’altro alzò gli occhi al cielo con fare irritato. “Erano un gioco da ragazzi; non sprecherò il mio tempo a studiare argomenti del primo anno.”
 
Ah. “Non erano un gioco da ragazzi.” Harry si assicurò di non incrociare il suo sguardo. Dopotutto, doveva tagliare le radici in modo perfetto. Al millimetro.
 
“Come puoi averli trovati difficili.”
 
Harry scrollò le spalle, ignorando la risata dell’altro. A dirla tutta ci aveva messo un bel po’ di tempo per trovare la soluzione al tema, e aveva avuto problemi anche ad arrivare alla lunghezza richiesta. Pozioni non era proprio il suo forte, anche se era l’unica materia in cui poteva essere promosso. Riusciva già a vedere il Numero Diciotto della sua lista che si allontanava.
 
“Non era il più facile dei-”
 
“Forse hai bisogno di un tutor, Potter.”
 
“Strano,” Harry sorrise, apparendo cinquanta volte più sicuro di sé di quanto lo era in realtà. “Mi sembra di ricordare che mi hai pedinato fino alla biblioteca per ‘aiutarmi’ con i compiti… ma quel che è certo è che non li abbiamo neanche iniziati.”
 
“Erano un altro genere di compiti.” Rispose immediatamente Malfoy, con tranquillità; ad ogni modo ghignò, aggiungendo le radici alla pozione. “Smettila di arrossire, Potter, o gli altri penseranno che siamo degli incivili. E noi non vogliamo fargli credere che siamo degli incivili, giusto?”
 
“Certo che no.” Concentrati sulla rana da spellare, Harry. Solo sulla rana. “Non ho motivo di arrossire. Non abbiamo fatto niente sul pavimento della biblioteca. Assolutamente niente di incivile.”
 
“Non quanto mi sarebbe piaciuto, devo ammettere.”
 
Harry si ritrovò a deglutire a vuoto; aveva la faccia completamente rossa. Parla più forte, Malfoy. Era sicuro che c’erano alcune classi adiacenti che non l’avevano sentito.
 
Non era possibile che ne stavano parlando… nel bel mezzo della lezione di Pozioni. Harry si voltò, incontrando dei divertiti occhi grigi. Il suo stomaco si strinse all’istante. Non c’era nulla da rispondere, nulla che non avrebbe distrutto o aumentato le aspettative. Quindi rimase in silenzio.
 
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“Professoressa McGranitt!” Harry trasalì quando la sua voce riecheggiò nel corridoio, attirando tutti gli sguardi su di lui. Ma c’era almeno qualcuno che aveva dei compiti da fare? Perché gironzolavano tutti nel castello senza una meta? Almeno lui una scusa ce l’aveva; non dovevano studiare per le verifiche, fare i compiti o pregare per una zia in fin di vita?
 
La McGranitt smise di sgridare due ragazzini del secondo anno, che si muovevano a disagio e tiravano su col naso come se stessero per scoppiare in lacrime. Essere sgridati dalla Preside non era una cosa da tutti giorni. Poveretti.
 
Li congedò con un gesto della mano, ignorando la fila di studenti che volevano la sua attenzione. Strano… Harry si accigliò contando i Grifondoro nella mischia. Undici… doveva essere una coincidenza. Non c’era nulla che collegasse il Grifondoro esiliato, la direttrice della Casa e alcuni delegati Grifondoro provenienti da ogni anno. Proprio niente.
 
“Signor Potter, suppongo che tu sia qui per la lettera?”
 
“Uhm… sì.” Aveva scoperto che la lettera consegnatagli da Neville era da parte di Dudley; grazie a Merlino, lo sveglio Grifondoro aveva avuto la decenza, o la lealtà, di non aprirla. Quell’idiota di suo cugino aveva menzionato la parola ‘cancro’ sette volte in sole cinque righe; come se non fosse già abbastanza evidente. “Era da parte di mio cugino… riguardo a… uhm…”
 
Per sua sorpresa lei annuì e lanciò un veloce Incantesimo Silenziatore attorno a loro. La McGranitt aveva del tatto. Chi l’avrebbe mai detto? “Continua.”
 
Harry deglutì, osservando il gruppo di Grifondoro che lo osservava al di là della barriera. Non sembravano così contenti ora che l’ultimo potenziale pettegolezzo su di lui gli era stato strappato via dalle grinfie. Si sentiva compiaciuto; era forse troppo immaturo fargli la linguaccia?
 
“Sì, ha detto che lei gli ha dato il permesso di assistere alla… ‘chemio’? È, uhm, un termine babbano per-”
 
“Grazie per le premure Signor Potter, ma so già cosa significa.”
 
Harry arrossì per l’imbarazzo, continuando velocemente il discorso. “È questo il problema; il mio… trattamento… è diverso da quello babbano. E…tecnicamente non è neanche un trattamento. Malfoy la chiama ‘tortura’… non posso lasciare che mio cugino mi veda in quello stato…”
 
Se solo i suoi occhi avessero potuto perforargli il cranio. Le narici della donna si dilatarono, e le labbra divennero sottili. “Mi hanno riferito che non ti dispiace che altre persone assistano al trattamento. Non sarebbe rassicurante-?”
 
“Ma è Malfoy.” La interruppe Harry, accigliandosi leggermente. “È completamente diverso. Non mi attira molto l’idea che mio cugino sia lì in quei momenti.”
 
“È stato molto insistente.” Ringhiò lei, mettendo le braccia conserte. “Ho già pensato ai preparativi. Infatti, ho infranto una tradizione decennale permettendo a un babbano di vedere Hogwarts, figuriamoci farlo entrare.”
 
“E lo capisco, davvero.” La interruppe di nuovo Harry, sbrigativamente; si stava preparando a fargli un bel discorso. Era meglio concludere alla svelta. “Si può semplicemente… evitare che assista al trattamento? Non possiamo andare ad Hogsmeade o da qualche altra parte per esempio? Solo per rivederci; lui penserà di fare la cosa giusta nei miei confronti e nessuno si offenderà… è meglio così, giusto?”
 
Harry si lasciò quasi sfuggire un sospiro di sollievo quando la donna spezzò l’Incantesimo Silenziatore, continuando ad osservarlo con i suoi fastidiosi occhi di falco; riusciva davvero a scrutarti l’anima.
 
“Sei un adulto; se proprio non vuoi cambiare idea, faremo come dici tu.” Suonava come se l’avesse offesa, o trattata male. “Comunque, ho la ferma convinzione che stai commettendo un errore.”
 
Harry annuì, voltandosi e tentando di fuggire alla svelta. Era stato difficile quasi come estrarsi da solo un dente con la forza. Era ironico che la gente non volesse avere niente a che fare con lui, ma che continuasse in ogni caso a contestare le sue scelte. La voce della McGranitt lo fermò di nuovo.
 
“Perché le tue cose sono nell’infermeria?” Harry si voltò di scatto, diede un’occhiata al gruppo di studenti distratti e si affrettò a ritornare dalla Preside. Merlino, l’avrebbe presa a schiaffi. Sapeva che non voleva far sentire niente a nessuno! Doveva forse farle firmare un cazzo di contratto per impedirle di rovinargli la vita?
 
Cosa crede di-”
 
“Signor Potter. Rispondi alla domanda.” Okay, in qualche modo era riuscito a farla davvero incazzare. E questa era la sua risposta? Una stupida vendetta? Dio, e dire che aveva cercato di conversare in maniera educata!
 
Harry digrignò i denti, stringendo i pugni lungo i fianchi. Come osava? “Visto tutto il tempo che passo lì, ho pensato che-” Ridusse la sua voce a un sussurro, sperando che gli altri studenti non l’avessero sentito. Era così, ma il suo improvviso scatto d’ira aveva attirato la loro attenzione. “sia più comodo avere tutto a portata di mano.”
 
“L’infermeria non è un dormitorio; non è progettata per ospitare un singolo studente. Per favore, riporta le tue cose alla Torre Grifondoro.”
 
Harry fissò la Preside, cercando di trasmetterle l’enorme quantità d’odio che provava in quel momento. Come osava? “Certo.” Sbottò, voltandosi una seconda volta per andare via. Avrebbe voluto prendere a pugni qualcuno! Perché nessuno lo aiutava a mantenere quel piccolo segreto?
 
Si affrettò per il corridoio, chiedendosi perché andasse così di fretta. Dopotutto non aveva nessun posto dove andare, o restare, e nemmeno una meta esatta. Sospettava di conoscere la causa di quel livido, e sperava disperatamente di sbagliarsi. Un altro dettaglio per rendere quella giornata ancora più perfetta di quello che era.
 
“Potter, devo parlarti.”
 
Ebbe a malapena il tempo di batter ciglio prima che Parkinson lo afferrasse per il braccio, trascinandolo nell’aula più vicina. Agitò la bacchetta verso la porta per chiuderla a chiave, e Harry finse che l’ondata d’invidia che lo invase non esistesse.
 
“Non sono molto di buon umore al momento, Parkinson.” Riuscì a borbottare senza attaccarla. Era già qualcosa.
 
“Ho visto il vostro piccolo litigio nel corridoio. Non preoccuparti; la McGranitt è sempre stata una stronza, non trovi?” Harry tirò un sospiro, si passò una mano sulla fronte e osservò la ragazza. Era appoggiata contro la parete, con le braccia conserte. Non sembrava proprio che volesse ‘parlare’. “E siccome sono la persona più adorabile del pianeta, diffonderò la voce che è arrabbiata con te perché non vuoi mantenere lei e il vostro figlio illegittimo.”
 
Harry trattenne una risata, anche se c’era mancato poco che fallisse. Non riusciva a smettere di provare a contenersi. “Sono sicuro che mi aiuterà tantissimo.” Rispose brevemente, scandalizzato dal breve sorriso nervoso della ragazza
 

 
Un sorriso. Non un ghigno, una risatina di scherno o un sorriso a trentadue denti.
 
Parkinson aveva rivolto ad Harry un sorriso.
 
“…cosa c’è che non va?” Si ritrovò a chiedere, sia preoccupato per lei, e solo Merlino sapeva perché, sia desideroso di sbattere la testa contro il muro. Non erano affari suoi, non spettava a lui, non era una sua amica…
 
Lei scoppiò in una falsa risata, passandosi una mano fra i capelli. “Be’, ad essere onesta… tu.”
 
“Wow sei stata… schietta.”
 
“Onesta.” Gli ricordò, osservando attentamente il soffitto. Sembrava quasi nervosa, ma era un pensiero ridicolo. Era di Pansy Parkinson che si trattava, colei che, stando agli attendibili pettegolezzi che circolavano fra i Serpeverde di ogni anno, era capace di castrare un uomo a mani nude… “Io… cazzo. Oh cazzo! Mi dispiace! Ecco! Te l’ho detto! E se ti azzardi anche soltanto ad aprire la bocca per dirlo a qualcun altro, Draco compreso, ti infilerò una mano in gola, strapperò via le corde vocali e te le farò ingoiare! Intesi?”
 
Ah, eccola tornata alla normalità. Menomale, per un momento aveva pensato quasi che fosse umana.
 
Harry si ritrovò a ridacchiare, annuendo velocemente. “Va bene, sei perdonata…”
 
“Non ho bisogno del tuo perdono, Potter.” Storse il naso, facendo roteare gli occhi. “Cristo fottutissimo Salazar!” Come… funzionava esattamente? “Cosa ti ha fatto pensare il contrario? Non sono una specie di piccola, stupida, Grifondiota piagnucolona-!”
 
Harry esitò ancora, riflettendo. Aveva ipotizzato, in maniera errata, ovviamente, che scusarsi indicasse il bisogno di essere perdonati. Quei dannati Serpeverde non avevano mai alcun senso. In ogni caso lei era ancora lì, in attesa. Se Harry non la stava leggendo male, era un po’ a disagio.
 
“…Sono successe un sacco di cose durante la guerra.” Iniziò con esitazione, e quando lei si voltò di scatto a guardarlo, si rifiutò di interrompere il contatto visivo. “…molte persone hanno fatto una montagna di cose orribili. Io stesso… ho usato le Maledizioni senza Perdono.” Ammise, fingendo di non vedere il guizzo nei suoi occhi. Solo un Serpeverde avrebbe potuto considerarla un’azione degna di merito. “Ma cercare di salvare te e i tuoi amici… è… be’, io avrei fatto di tutto per salvarli.” E l’aveva fatto. Harry riusciva ancora a ricordare la sua avanzata verso la foresta, e che si era dovuto nascondere mentre i suoi amici soffrivano; il senso di vuoto nello stomaco quando era entrato nell’oscurità… le sue mani tremanti. Era stato terrorizzato.
 
Parkinson se ne stava in silenzio, guardando Harry attraverso le sue iridi color cioccolato. Alzò di nuovo gli occhi al cielo. “Perché devi essere sempre così dannatamente Grifondiota?” Chiese, rivolgendogli ancora quel brevissimo sorriso. “Quel tratto ti fa amare da tutti, lo sai?” Aprì la porta, ghignando. “Apprezzerei che tenessi la bocca chiusa, Potter.”
 
“Naturalmente. Mi piacerebbe tenermi le corde vocali.” Rispose infine, osservandola mentre rideva. Non era una di quelle risate rumorose o stridule… era normale. Dio, cosa diavolo stava facendo ai Serpeverde?
 
Degli occhi grigi li inchiodarono quando uscirono dalla porta.
 
“Potter. Pansy.” Lo sguardo di Malfoy si assottigliò prima su entrambi, poi sull’aula vuota dietro di loro. Non fece domande, ma la sua maschera rimase in posizione.
 
“Be’, io devo scappare!” Pansy era fin troppo felice, iniziò praticamente a saltellare lungo il corridoio. Grandioso. Bel modo di lasciarlo indifeso insieme ad un irritato e sospettoso Malfoy.
 
Harry scrollò le spalle, proseguendo il suo tragitto verso l’infermeria. Stava davvero passando la maggior parte della sua vita in quell’orribile, piccola stanza pulita, vero?
 
“Ti degneresti di darmi una spiegazione?”
 
“Non è successo niente.”
 
“Stronzate; non sei più capace di mentire, adesso che hai gli occhi in bella mostra.” Malfoy tenne facilmente il suo passo, aveva un’espressione così furiosa che i primini scappavano via terrorizzati. Il tacito ‘dimmelo’ aleggiava scomodamente nell’aria.
 
“Non spetta a me dirtelo.”
 
“Pansy cederà nel giro di una settimana.”
 
“Ne dubito.” Harry ghignò mentre rifletteva; Parkinson sembrava il tipo di persona che non avrebbe mai detto quello che gli altri volevano sapere, ma solo informazioni inutili che non servivano a nessuno. Lei che cedeva era paragonabile a Dudley che rinunciava a una torta. “Vuoi scommettere?”
 
“Bene. Se vinco, dovrai accompagnarmi a un altro appuntamento nel prossimo fine settimana a Hogsmeade.” Harry si voltò verso di lui, riflettendo. Era la seconda volta quel giorno che diceva qualcosa di… be’, romantico. Non poteva piacergli Harry, almeno non in quel senso. Era stato… solo il fervore del momento in biblioteca, giusto?
 
“Uhm, non credo sia una buona idea.” Lo sguardo dell’altro si era tramutato in un pugnale di ghiaccio, pronto a cavargli gli occhi e farli a fette. “Mio cugino verrà a farmi visita proprio quel fine settimana.” Aggiunse velocemente, deglutendo. Lo sguardo di Malfoy non si ammorbidì. Sapeva che era solo una copertura.
 
“Credevo che tuo cugino fosse babbano.” Affermò, riducendo gli occhi a due fessure.
 
“Lo è. È una gigantesca balena di un babbano.” Harry rallentò il passo; solo un corridoio li separava dall’infermeria, e quel giorno non aveva molta voglia che Malfoy fosse lì con lui. L’altro non aveva bisogno di sapere ciò che Harry sperava non fosse vero. “E la McGranitt, dall’alto della sua saggezza, gli ha permesso di venire.”
 
“Un babbano a Hogwarts.” Malfoy era sul punto di star male; Harry aveva la certezza che sarebbe successo anche a lui. Dudley che parlava con i suoi amici. Con la McGranitt. Con Malfoy. Merlino, era una tragedia annunciata.
 
“Allora… hai già recuperato i compiti di pozioni?” Harry cambiò discorso nella speranza che Malfoy capisse l’antifona e se ne andasse. Smise di camminare, per sua grande sorpresa Malfoy aveva messo un braccio attorno al suo, costringendolo a proseguire. Che bastardo.
 
“Devi far pratica con le bugie; sei patetico.” Disse pigramente, con l’aria annoiata. A chiunque altro sarebbe apparso indifferente, ma Harry riusciva a vedere i suoi occhi brillare per il divertimento. Merlino, per poco non inciampava da quanto era nervoso. La situazione gli stava sfuggendo di mano, maledette farfalle. “Non nascondermi dove sei diretto; nelle ultime settimane ho percorso questo tragitto così tante volte che mi è più familiare della strada per il dormitorio.”
 
Wow.
 
Deprimente.
 
“Ho bisogno di un controllo; non ti sarà comunque permesso andare oltre le tendine.” Tentò Harry, poi sospirò quando Malfoy iniziò a fissarlo, ancora e ancora.
 
“Occhi. Finestre. Stai mentendo.” Malfoy ebbe il coraggio di ghignare alla fine. Stronzo.
 
Harry sospirò interiormente; non si prospettava niente di divertente.
 
Madama Chips si immobilizzò appena entrarono, accigliandosi. “Che altro c’è adesso?” Suonava circospetta, spaventata. Ma riuscì comunque a raddrizzarsi, poi si affrettò verso un letto e gli indicò di sedersi.
 
Malfoy si appoggiò alla parete, indifferente. Be’ ancora per poco.
 
“Ho questo livido e non so come me lo sono fatto.” Si tolse di nuovo il mantello, scorciando la manica per mostrare l’intero braccio. Era ancora di un viola intenso e si estendeva dalla spalla al gomito. “Non era lì quando mi sono vestito, è comparso prima di colazione. Non ho urtato nulla.” Aveva la bocca asciutta.
 
Madama Chips aggrottò le sopracciglia, picchiettandolo con le dita. Harry trasalì, e quando Malfoy ringhiò aggressivamente, lo folgorò con lo sguardo. Le aveva letteralmente ringhiato contro. Merlino.
 
“…Be’, hai fatto bene a mostrarmelo.” Disse gentilmente, il solco sulla sua fronte si fece più profondo. “Comunque… non è strano, considerando che la tua magia è diventata molto più aggressiva. La Preside McGranitt te ne già parlato, no?” Harry annuì, e tenne gli occhi puntati su Madama Chips quando uno sguardo insistente iniziò a perforargli la nuca. Merda.
 
“Adesso stai assumendo una dose doppia di Stabilizzante Magico, quindi per il momento i danni dovrebbero essere contenuti… mi dispiace Harry, ma non c’è niente che possa fare per evitarlo…” Esitò, guarendo il livido con un colpo di bacchetta. “Non devi venire qui per ogni piccolo... episodio. Se sei preoccupato, e anche gli altri lo sono,” Aggiunse, scoccando uno sguardo a Malfoy. “Allora sì, certamente...”
 
“Quindi devo aspettarmi anche cose di questo genere da ora in poi?” Chiese piano, ignorando l’enorme debolezza nella sua voce. Conosceva già la risposta. Era preparato. Allora perché faceva così male?
 
“È diventata più aggressiva adesso; la tua magia non ha più necessariamente bisogno dell’uso della bacchetta per reagire.” Spiegò. Almeno aveva l’aria dispiaciuta.
 
“Ah… quindi può darsi che mi esploda un braccio mentre me ne sto senza far nulla? All’improvviso?” Continuò a parlare, tutto per evitare di restare solo con quel Malfoy in preda a una furia omicida.
 
“…quel genere di situazione è estremamente inverosimile.” Ma non lo negò.
 
“Strano a dirsi, ma non me la sento più di ignorare le eventualità più insolite.” Harry incontrò il suo sguardo e le fece un lento cenno della testa mentre si allontanava via sconvolta.
 
“Mi dispiace, Harry.”
 
Grandioso. Ma non era abbastanza dispiaciuta da salvarlo da quella situazione difficile.
 
Maledettissimo. Bastardo.
 
Harry si tenne forte, osservando il biondo furioso. Quegli occhi grigi erano incatenati ai suoi, non riusciva a distogliere lo sguardo. Si era aspettato la solita maschera. Si era aspettato freddezza, o uno sguardo pensieroso.
 
Ma nulla era nascosto, e la cosa in sé era peggio di qualsiasi maschera che Malfoy potesse indossare. Le emozioni nude e crude attraversavano il suo volto, il cosiddetto ‘ Principe-Glaciale’ emanava una furia bollente; quanto era inadatto quel soprannome. Harry si sentiva davvero in colpa; era proprio quello che sperava di evitare. Merlino, non voleva che Malfoy soffrisse; era molto peggio lui che Ron, Hermione, o… al diavolo, l’intera scuola poteva anche bruciare tra le fiamme purché Malfoy stesse bene.
 
“Quando avevi intenzione di dirmi che stai peggiorando?” Ringhiò l’altro, stringendosi le braccia con le mani. Le sue nocche erano sbiancate; si era trattenuto finché Madama Chips non aveva lasciato la stanza. Harry era sorpreso che avesse resistito così tanto.
 
“Mai.” La gola di Harry stava per collassare su sé stessa; quella parola fu tutto quello che riuscì a dire prima che succedesse. Aveva bisogno di distogliere lo sguardo, ma la persistenza di Malfoy era implacabile.
 
Meritavo di sapere!” Urlò, aprendo le braccia con un ampio gesto. Si avvicinò ad Harry di un solo passo, poi si fermò. Qualcosa agguantò il cuore di Harry, stritolandolo. Malfoy prese di nuovo a stringersi le braccia con le mani; si sarebbe costretto a non raggiungerlo, non per quello.
 
Un senso di rabbia iniziò ad invadere Harry; perché era lui ad essere così furioso? Non era la sua magia a dare di matto!
 
Perché, Malfoy? Harry si ritrovò ad urlargli contro. Saltò giù dal letto e lo aggirò, mettendo il biondo all’angolo. “Non stiamo insieme, non siamo una coppia. Siamo a malapena amici; non ho il dovere di dirti un cazzo della mia vita! L’unica ragione per cui sai di questa storia è che sei un piccolo stronzetto egoista-”
 
“Ma vuoi ficcartelo una buona volta in quella testa dura che ti ritrovi?” Urlò Malfoy, afferrandolo per la camicia. La rabbia di Harry diminuì velocemente quando realizzò con orrore quello che aveva detto. No. Non poteva perderlo, non poteva perdere anche lui. Le mani di Malfoy stavano tremando. “Se non me ne fregasse un cazzo di te, non sarei qui adesso, Potter! Perché pensi che io sia qui? Perché è una specie di hobby? Un gioco? Che provi piacere nel veder soffrire una persona a cui tengo? Che sia divertente star qui a vederti appassire ogni giorno di più, mentre te ne stai lì con la tua cazzo di mente ottusa e ignorante, senza avere la più pallida idea di quanto io…!... Non puoi essere davvero così cieco, Potter!
 
Ad Harry mancò il respiro. Non poteva dire sul serio. Nessuno lo voleva, specialmente Malfoy. No, non poteva succedere. Non importava quanto Harry lo volesse.
 
Si ritrovò a scuotere la testa.
 
“V-vai via.” La sua voce tremò, e si odiò per questo.
 
Anche la voce di Malfoy fece lo stesso. “No.” Ringhiò; i suoi occhi avevano un bagliore pericoloso. “Non allontanerai anche me.”
 
“‘Allontanarti’ implicherebbe che mi appartieni.”
 
Con questo implichi che non è così.”
 
Harry cercò di divincolarsi, ma Malfoy gli ringhiò contro in segno di minaccia, rafforzando la presa. Però rimase in silenzio; si era sfogato, adesso toccava a Harry dire quello che pensava. Ma non poteva…
 
Riuscì finalmente a distogliere lo sguardo. Iniziò a fissare il soffitto, cercando disperatamente di non lasciare che il bruciore agli occhi si trasformasse in qualcosa di più. “Non uscirò con te Malfoy. Non uscirò con nessuno. È che io… Cazzo, Malfoy, non puoi farmi questo… ti chiedo solo di… non…”
 
“‘Non’ cosa?!” Sbottò, e quando Harry non rispose lo strattonò. “‘Non’ cosa?!”
 
Non tentarmi, cazzo! Urlò Harry in risposta, liberandosi dalla stretta del biondo. Non poteva farlo. Non aveva neanche metà della tenacia che gli altri gli attribuivano. Si asciugò velocemente gli occhi, lo rendeva furioso il fatto che gli erano scappate delle lacrime. Era così debole. Così patetico. Aveva il respiro pesante, come se avesse corso miglia e miglia. Non riusciva nemmeno a guardare il biondo negli occhi. “Non… posso…” Merda, non sapeva nemmeno come continuare. Che avrebbe mai potuto dire? Sì, si sarebbe messo con lui e poi sarebbe morto nel giro di pochi mesi, spezzandogli il cuore? No, non l’avrebbe mai fatto! Non a Malfoy.
 
“…non dobbiamo per forza stare insieme.”
 
Harry si accigliò, quel tono gentile attirò il suo sguardo. Malfoy era ancora furibondo, il suo volto emanava collera e confusione. Però non sembrava arrabbiato come prima. I suoi occhi erano gentili. “E allora che proponi… di essere amici ‘con altri vantaggi’?” Quello sì che avrebbe funzionato alla grande.
 
“Che termine sgradevole. Assolutamente no.” Harry osservò il biondo ricomporsi; sembrava tornato in sé; le emozioni erano state messe da parte.
 
“E allora?” Si ritrovò a chiedere Harry, asciugandosi ancora le guance. Perché Malfoy lo vedeva sempre piangere? Ormai non gli rimaneva più nulla da fare, eccetto chiudersi da qualche parte e buttarsi giù dalla torre. O morire di fame nella Camera dei Segreti.
 
“Ci… godremo i momenti.” Harry sospirò, e si voltò per rifiutare il biondo, ma si ritrovò a sobbalzare, indietreggiando. Malfoy era proprio lì, a pochi centimetri dalla sua faccia. Se indietreggiava, lui lo seguiva.
 
“Ho messo il mio cuore su una maledetta picca, Harry; non continuare a trafiggerlo.” Sussurrò. Cazzo, era proprio lì davanti a lui. Harry riusciva a sentire quell’odore di vaniglia che sembrava seguirlo dappertutto, e anche a vedere ogni singola ciglia sui suoi occhi. “Goditi i momenti.” Harry Ignorò il tacito ‘che ti restano’ e allungò con esitazione le mani per toccare il volto sorprendentemente caldo dell’altro, anche solo per fargli smettere di inseguirlo.
 
“Non odiarmi quando morirò.” Sussurrò, scavando nelle profondità di quelle iridi argentate. Merlino, potevi perderti nei suoi occhi.
 
“È semplice.” Rispose lentamente Malfoy, non sarebbe mai cambiato. “Non morire.”
 
Le loro labbra si sfiorarono.
 
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