L'anno è il 2014 e si trova al centro di Washington D.C., a studiare file e dossier riempiti di informazioni sul suo prossimo incarico. Si tratta di un uomo potente e temibile, il direttore di un'organizzazione chiamata S.H.I.E.L.D. ; l'unica foto di lui che gli hanno fornito mostra un viso severo e una benda su un occhio, un'immagine che manda forte e chiaro il messaggio "meglio non prendermi per il verso sbagliato". Ha affrontato la malvagità che c'è nel mondo e l'ha costretta ad indietreggiare al proprio passaggio, ma adesso qualcuno lo vuole morto e non esiste alcun modo di fermare l'ordine.
La
tabella
di marcia è approssimativa, il particolare che conta
è che la missione venga
svolta in fretta e per bene. Il Soldato osserva la foto e il Direttore
sembra
osservare lui di rimando. Ha memorizzato tutti suoi orari e impegni, sa di preciso dove si
troverà in ogni
momento. Arriverà in posizione perfetta in meno di un'ora e
il Soldato sarà
pronto ad agire. Richiude la cartelletta di scatto, si alza e si avvia
verso la
porta.
Nove
isolati. La distanza che lo separa dall'obiettivo.
Lascia che
siano gli altri a muoversi per primi,
che siano loro ad occuparsi di bloccarlo e accerchiarlo. L'auto del
Direttore
viene circondata da tutti i lati, fori di proiettile riducono la
vernice nera e
lucida a un colabrodo e i finestrini si riempiono di ragnatele di vetro
incrinato.
Il
Direttore
però è pieno di risorse, molte più di
quelle che si sarebbero aspettati da lui,
e riesce a sfuggire all'assalto prima che possano finire il lavoro. Si
apre una
via di fuga e loro lo inseguono, altre macchine e pedoni vengono
coinvolti
nella frenesia della caccia all'uomo. Il Soldato si limita a tracciare
il
segnale del trasmettitore nascosto nel sistema di navigazione.
Può sentire
sirene e grida, poi un fragore di
metallo accartocciato e vetro rotto. Continua a camminare verso
l'incrocio.
Il
SUV del Direttore
appare in fondo al viale dopo una sterzata improvvisa e, a dispetto dei
danni,
non sembra avere intenzione di rallentare. Il Soldato lo sta
aspettando.
Prende la
mira con la propria arma e spara un piccolo disco che si attacca al
fondo
dell'auto. Una violenta esplosione ribalta il veicolo a mezz'aria e lo
fa
ricadere sul tetto, continuando a strisciare sull'asfalto fino a
perdere
velocità. Il Direttore non è morto,
può ancora vedere del movimento all'interno
dell'abitacolo.
A
terra ci
sono brandelli di gomma bruciata e schegge di lamiera sparsi ovunque;
molte persone
stanno correndo e urlando, qualcuno sta parlando al cellulare - forse
per
avvisare le autorità di quanto sta succedendo. Non che abbia
molta importanza.
Strappa via la portiera con un semplice gesto: il Direttore
è scomparso,
rimane solo il foro frastagliato del passaggio che è
riuscito a scavare per
accedere alle fogne e scappare. Intraprendente e scaltro.
Le
sirene
delle volanti di Polizia e di un'ambulanza si fanno più
vicine. Si toglie dalla
strada principale e scompare in un
vicolo prima che arrivino. Un furgone si ferma nel vicolo e la
porta si apre; sale a bordo senza dire neanche una parola, mentre
ascolta il
frenetico giro di comunicazioni che rimbalzano attraverso alcune radio.
Non c'è
traccia del Direttore ma stanno triangolando la posizione del suo
telefono. Una
volta che riceveranno il via libera a procedere si rimetteranno in
marcia.
La
mano di
metallo si contrae al suo fianco, si rilassa, si contrae di nuovo. La
museruola
che indossa è stretta e gli taglia la pelle ma
ignora il
dolore. I suoi
committenti non vogliono che parli, ecco spiegata la presenza del
bavaglio,
così lo indossa senza lamentarsi. Vogliono risultati,
vogliono
che il lavoro
sia portato a termine. Se per qualche motivo ciò non dovesse
accadere si disferebbero di lui e affiderebbero l'incarico a qualcun
altro. Ha già
fallito al primo tentativo, non succederà al secondo.
La
localizzazione viene confermata circa un'ora dopo e si muove per conto
proprio.
Può ottenere più risultati da solo,
c'è
meno rischio di distrazione. Prende un fucile e le coordinate e si
dirige
verso un palazzo dall'altra parte della città.
Il
Direttore
è malconcio; le ferite, benché non mortali,
sono comunque abbastanza gravi da rallentarlo. Si sta nascondendo
nell'appartamento di
qualcuno, ha spento le luci e si è lasciato cadere su una
sedia. Può seguire i suoi movimenti attraverso il
mirino in attesa di una visuale
perfetta.
Un
uomo entra
nell'appartamento, nota il Direttore e scambia con lui qualche parola.
Il
Direttore sa che lo stanno braccando e che il suo nome dev'essere
finito in
cima ad una lista di personaggi scomodi. Ha fiducia nell'uomo col quale
sta
parlando, tanto da affidargli la propria vita; sembra sapere che
farà la cosa
giusta e si è rivolto a lui per cercare aiuto, peccato che
il suo tempo ormai
sia scaduto.
Si
alza,
muove un paio di passi in mezzo alla stanza ed è allora che
il
Soldato spara. I
proiettili raggiungono il bersaglio con precisione e il Direttore cade
a terra;
l'uomo nella stanza si abbassa su di lui per proteggerlo e subito dopo
guarda fuori dalla finestra. Riesce a individuare da quale
direzione provenivano gli spari, dal tetto dell'edificio dal lato
opposto
della via, e si accorge della presenza di un cecchino.
Il
Soldato non
pensa che l'uomo si metterà ad inseguirlo eppure se lo trova
alle calcagna, lanciato
alla carica nel tentativo di raggiungerlo. Con un tuffo atterra proprio
dietro
di lui, si rimette in piedi in una frazione di secondo e gli lancia
contro
qualcosa, che il Soldato blocca al volo con una mano. È liscio
e pesante, rosso, argento e blu con una stella bianca al centro.
Ricorda una
bandiera ma è rotondo e fatto di metallo. È uno
scudo e per qualche ragione
gli sembra di averlo già visto.
Per un attimo è come se
in lui affiorassero
pensieri sepolti a lungo e dimenticati. A propria volta lancia lo scudo
e
colpisce l'uomo sul petto, facendolo arretrare di almeno mezzo metro.
Quel breve
momento di distrazione gli permette di scavalcare il parapetto e
scomparire giù
per una scala anticincendio, nel vicolo buio. L'uomo sul tetto e il suo
scudo a
stelle e strisce rimangono indietro.
Nove
ore. Quanto
impiega a rintracciare i suoi nuovi obiettivi.
Pierce gliene
ha concesse dieci; a lui ne servono soltanto nove. Stavolta sono in
due, un uomo e una donna.
Sono venuti a conoscenza di alcune informazioni relative all'Hydra che
dovevano
restare segrete e adesso costituiscono un pericolo.
La
donna non
sarà facile da togliere di mezzo. È un'assassina
addestrata dai Sovietici, la
sua scheda personale riporta un elenco di omicidi confermati lungo
quanto una
guida del telefono. Ha
un aspetto familiare, forse
faceva parte di un precedente lavoro
in cui era stata coinvolta pur non essendo l'obiettivo designato.
Adesso le carte in tavola sono cambiate ed è senza dubbio
uno
degli obiettivi.
L'uomo
sarà
altrettanto difficile da liquidare. È lo stesso
dell'appartamento, quello che
il Direttore è andato a trovare prima di
morire. È un Capitano dell'esercito, i file dicono che
è nato nel 1918 ma
non sembra un giorno più vecchio di venticinque anni.
È strano, però lui non
fa obiezioni. Sa che non è il caso di mettere in discussione
gli ordini.
Nella
documentazione è stato riportato tutto,
dalla sua infanzia all'appartamento nel quale vive adesso, ma non
è per quello che c'è qualcosa di familiare in
lui. Nel
profondo, dentro di sé, il Soldato sente di conoscerlo -
ogni
dettaglio del suo
volto, della vita che ha vissuto. Una parte di lui è
convinta di
doverlo
riconoscere,nonostante sia impossibile.
Non
conosce
nessuno al di fuori dei suoi committenti e dei guardiani. Non ha
bisogno di amici
o colleghi, nessuno al quale legarsi che possa diventare un punto
debole o un
peso. Lui è un'arma, niente di più. Quest'uomo
è solo un'altra faccia, un'altra
missione da completare.
Studia
il
volto del Capitano ancora per pochi
istanti, chiude la cartellina e la spinge al centro del tavolo.
Nove
minuti.
La durata dello scontro sul ponte.
Sbarazzarsi
di Sitwell non è complicato, ma la donna e il
Capitano… è un altro discorso.
Dimostrano di essere tenaci quanto il Direttore e la situazione prende
ben
presto una piega irritante. Il Soldato si concentra sulla donna per
prima e
attacca come un predatore.
Se
pensava
che gli avrebbe permesso di ucciderla senza opporre resistenza o
combattere, si
era sbagliato di grosso. Addirittura lei riesce ad avere la meglio per
una
manciata di secondi, gli colpisce il braccio con un minuscolo congegno
che
emette un segnale elettromagnetico e gli fa perdere l'equilibrio. Si
tratta più che altro di una fastidiosa seccatura, che lo fa
infuriare.
La
segue con
lo sguardo per prendere la mira mentre lei si mette a correre
allontanando più
gente possibile dalla strada man mano che guadagna terreno. La
traiettoria non
è pulita, il proiettile le trapassa la spalla e la fa cadere
a terra; il Soldato
si incammina verso di lei per finire il lavoro.
Il
Capitano
lo intercetta prima che possa raggiungerla e diventa subito chiaro che
neppure
lui abbia intenzione di cedere senza lottare. Il Soldato è
veloce ma il Capitano
combatte alla pari, sia in difesa che in attacco. È
altrettanto aggressivo e
forte come il suo avversario e lo scudo è capace di
trasformarsi in un utile
strumento d'offesa.
Afferra
il
Capitano per la gola e lo manda a sbattere contro un furgoncino; lui
contrattacca
calciandolo indietro. Lo scontro è violento e rapido e ad un
tratto il
Capitano lo rovescia a terra, sulla strada. Atterra di schiena e
quando si risolleva di scatto la museruola cade sull'asfalto.
Stranamente,
il
Capitano sembra vacillare.
Incredulo si ferma e sbianca,
quasi non gli fosse rimasto più sangue nelle
vene. «Bucky?»
Il
Capitano
non ha il tempo di replicare perché all'improvviso un uomo
dalle ali di metallo
compare dietro il suo avversario e lo spinge a terra. Il Soldato si
rialza ed
estrae una pistola, ma esita per una frazione di secondo: quel nome
significa
qualcosa, il Capitano significa qualcosa.
L'esplosione
del furgone alle sue spalle lo coglie di sorpresa e gli fa perdere
l'occasione
giusta per sparare. Impreca sottovoce prima di scomparire tra la
cortina di
fumo nero e denso; lascia il Capitano e la donna e in mezzo alla
strada, circondati
da più armi che uomini. Saranno morti entro un'ora, non
rimane per finire il
lavoro che ha cominciato.
Non è in
grado.
Sente che
si sta sgretolando in mille pezzi e tutto quello che può
fare è mettersi a
correre.
Bucky.
Bucky. Bucky. Il
nome rimbalza impazzito nella sua testa, lacerando
ogni cosa con la quale entri a contatto. È rimasto sepolto a
fondo, antico e
dimenticato, e adesso si sta facendo strada verso la superficie con le
unghie e
con i denti.
Bucky.
Bucky. Bucky. Ogni
sillaba lo colpisce come un calcio alle costole. L'uomo
sul ponte. Il Capitano. Steve Rogers. Pensa di conoscere
quell'uomo, ma non è possibile
perché il Soldato non
conosce nessuno. Non
ha mai conosciuto davvero qualcuno. L'uomo sul ponte è
niente e tutto allo
stesso tempo.
Riesce a trovare la
strada per tornare al laboratorio per pura fortuna; la sua mente
è confusa,
il suo cervello trabocca di schegge di vetro e frammenti di metallo
appuntito.
Pierce sta parlando ma il Soldato non risponde. È ancora il
Soldato? È Bucky?
Chi diavolo è…?
Pierce
lo
schiaffeggia con forza per richiamare la sua attenzione. Gli sta ancora
parlando, gli sta spiegando quanto il suo contributo sia importante per
l'intera umanità. Il Soldato però non vuole
ascoltare. Ha
una
domanda.
«L'uomo
sul ponte…» biascica
con voce roca. «Chi
era?»
Pierce
risponde di malavoglia. Senza perdersi in troppi dettagli spiega che
l'ha incontrato in
settimana durante un precedente incarico; il Capitano sta creando dei
problemi
ed è necessario eliminarlo.
«Lo
conoscevo,» insiste
il Soldato,
perché anche se la possibilità è da
escludere a priori, quest'uomo - il Capitano,
Steve… lui lo conosce.
Pierce
sospira
e ordina di resettarlo, di farlo
tornare pulito come un foglio bianco. Qualsiasi accenno di memoria che
sta riaffiorando
deve sparire.
«Ma
io lo conoscevo,» ripete
il
Soldato. Nessuno gli dà retta.
Lo fanno
sdraiare sulla poltrona, gli infilano un dischetto di gomma tra i denti
e
premono l'interruttore.
Le
schegge
di vetro e frammenti di metallo nel suo cervello prendono a mischiarsi
tra loro
in un vortice lacerante; i pensieri diventano liquidi come metallo
fuso, che
trasforma i nomi in cenere. Ogni cosa sparisce, cancellata. Tabula rasa.
Nove
parole1.
Quante bastano a risvegliare una coscienza a lungo sopita.
Sta
affrontando di nuovo il Capitano, non su un ponte ma su di una nave da
guerra
che si libra nell'aria. Il Capitano continua a chiamarlo con un nome
che non ha
mai sentito prima, sta cercando di parlare ad una persona che non
esiste. Il Soldato
ha l'ordine di toglierlo di mezzo per portare a termine l'incarico e
non ha
intenzione di fallire ancora.
Il
Capitano si
mantiene in posizione di difesa questa volta, bloccando i colpi e
schivandoli
ma facendo poco o nulla per contrattaccare. Ha deciso di evitare di
battersi, come se il Soldato fosse un suo amico. Peccato che il Soldato
non abbia amici; combatte
per uccidere, per concludere la missione. I suoi attacchi sono mirati a
spezzare ossa e causare emorragie interne. Il coltello e la pistola che
porta
con sé servono ad infliggere danni ben peggiori. La lama
infatti
viene
conficcata nella spalla del Capitano e tre proiettili gli finiscono in
corpo.
Dovrebbero essere sufficienti ad ucciderlo ma non sembrano avere alcun
effetto.
Rimane
in
piedi anche quando la nave comincia a puntare verso il basso e la sua
uniforme
è impregnata di sangue. Senza pensare alla propria
incolumità spreca energie
per liberare il Soldato, intrappolato da una grossa trave di metallo
che lo
schiaccia contro un pannello di vetro. Poi fa la mossa più
sciocca di tutte: abbandona
lo scudo.
«Non
combatterò con te, Buck,»
dice ad un uomo senza nome. «Tu
sei il mio
migliore amico.»
Per
qualche
ragione provoca un moto di rabbia nel Soldato. Lui non ha amici, non ha
un nome,
non è nessuno - eppure quest'uomo, questo stupido idiota,
è disposto a morire
pur di dimostrargli il contrario. Ruggisce e si lancia addosso al
Capitano, bloccandolo
sulla superficie incrinata per prenderlo a pugni più forte
che può.
«Tu
sei la mia missione,» sibila,
una
mano stretta a pugno e sollevata per colpire.
«Allora concludila,» rantola il Capitano, con il viso ormai ridotto ad una maschera piena di lividi. «Io sarò con te fino alla fine.»
Il
Soldato
si blocca, il braccio ancora alzato e gli occhi incollati al volto
tumefatto
dell'uomo sotto di sé. Le parole lo scuotono come un
uragano, spazzando via
strati e strati di oscurità e nebbia. Le ricorda
perché è sicuro di averle
dette lui stesso, sebbene non sappia di preciso quando. Ricorda anche
l'uomo
a terra, pesto e sanguinante e indifeso. Lo conosce, conosce il suo
viso: Steve.
Il mondo sembra crollargli sotto i piedi e il Capitano - anzi no, Steve - precipita insieme ad esso. Lo guarda cadere nel vuoto, una bambola di pezza senza ossa vestita con i colori della bandiera americana. Il corpo inerte colpisce la superficie del fiume e affonda; il Soldato salta solo mentre la nave alle sue spalle inizia ad andare in pezzi.
Nove
secondi. L'attimo che gli serve per tornare a galla.
L'acqua è limacciosa
e opaca per via dei numerosi detriti che cadono dal cielo, smuovendo la
terra
sul fondo, ma in superficie scintilla come uno specchio. Il relitto
della nave
ancora in fiamme sembra quasi l'illustrazione di un pianeta morente e
nuota in quella
direzione.
Raggiunge
il
Capitano (Steve, gli ricorda con
insistenza il suo cervello) che fluttua a peso morto tra la fanghiglia.
La luce
del sole filtra sbiadita e si riflette sugli inserti bianchi
dell'uniforme, filamenti
di sangue si allungano dai fori di proiettile nel tessuto e prendono la
forma
di viticci cremisi.
Non
sa se
Steve sia morto o vivo, non perde tempo a pensarci: lo afferra, lo
stringe
contro il proprio corpo e nuota per portare entrambi in salvo. Il
braccio di
metallo rimane arpionato intorno al petto del Capitano.
Non
è sicuro
del perché sia così determinato a
riportarlo in superficie, dato che con molta probabilità
è già morto, ma
continua a nuotare. I suoi polmoni bruciano per la mancanza d'ossigeno
e può
sentire la testa troppo leggera. Non ci fa caso e punta risoluto verso
l'alto, fino ad
Prende
una profonda boccata d'aria, satura di fumo; la corrente porta con
sé chiazze d'olio e rottami e, nonostante la
terraferma
non sia a troppa distanza, il corpo che sta trasportando sembra fare
del
proprio meglio per tornare ad inabissarsi nel fiume. Non ha idea del
perché
mantenere salda la presa sia un pensiero irremovibile. Ringhia per la
frustrazione e ricomincia a nuotare.
Impiega
molto più tempo di quanto avrebbe voluto per raggiungere la
battigia e posare
la suola degli stivali sul fondale sassoso. È affannato,
quasi stremato dalla
spossatezza, ma tiene le dita sempre
strette alle cinghie dell'uniforme del Capitano (Steve)
e riesce a trascinarlo fino alla sponda.
Allenta
la
presa soltanto quando gli sembra che Steve sia al sicuro. Lo lascia
cadere sulla riva con un tonfo attutito; respira a malapena, da un
angolo della
bocca sgorga un rivolo sottile di sangue e acqua, però
è vivo grazie al Soldato. Per
la prima volta ha risparmiato una vita
piuttosto che spezzarla.
Rimane
a
fissare il Capitano per alcuni lunghi istanti, le parole gli echeggiano
in mente ancora e ancora. Sarò con te fino alla
fine. Si sente stordito e
arrabbiato (oppure
potrebbe essere una commozione cerebrale, che di sicuro ha riportato) e
sa che
dovrebbe portare a termine il lavoro, eliminare l'obiettivo e farla
finita.
Se
davvero avesse
voluto ucciderlo avrebbe potuto lasciarlo affondare nel fiume e
annegare. Potrebbe
comunque strangolarlo o spezzargli il collo e lasciarlo lì,
morto. Potrebbe completare
la missione in un centinaio di maniere diverse, ma non lo fa. Non
può. Sarò
con te fino alla fine. Si
inginocchia e appoggia una mano sulla stella al centro del petto del
Capitano.
Nove
battiti. Quanto a lungo resta così.
Tiene il
palmo posato sul torace di Steve,
rincuorandosi nel constatare la presenza di
un debole battito cardiaco. Non ha alcun senso, dato che è
stato inviato a
svolgere il compito opposto. Il suo incarico non era tenere quest'uomo
in vita,
era stato mandato ad ucciderlo; non sa
perché ma salvargli la vita è diventato importante, forse persino la cosa
più importante al mondo.
Rimane
ad
osservare
il suo viso, analizzando ogni dettaglio nel tentativo di ricostruire
un ricordo qualsiasi. Sente di conoscerlo ed è un
problema. Perché se davvero
si conoscono, se sul serio esiste qualcosa nel passato che lo lega a
quest'uomo… non
ne ha memoria. Il Capitano si sbagliava quando
diceva che erano amici,
perché gli amici si ricordano uno dell'altro e non cercano
di
uccidersi perché gli è stato ordinato da alcuni
ufficiali del
governo.
Ritira
la
mano e si alza. Chiunque
lui fosse in passato, ormai non è più quella
persona.
Adesso è nessuno,
non ha un posto al mondo dove andare, non ha amici. Non ha ricordi. Non
ha
nulla.
Nove
passi. La
distanza che percorre prima di sentir arrivare qualcuno alle sue spalle.
È una
donna, che chiama Steve a gran voce in tono angosciato.
Si
allontana
dal Capitano ancora privo di sensi sulla riva, dall'uomo che dice di
essere suo amico anche
se lui non se ne ricorda, dall'uomo che prima per lui non significava
niente ma
adesso invece significa tutto.
Dieci
passi.
Continua a camminare.
1. I'm with you 'til the end of the line
Nel caso della traduzione conteggio come
nove parole l'intera frase di Steve, ovvero «Allora concludila: io sarò con te fino alla
fine.» [NdT]
Capitolo
originale dell'autrice
Show her some love!
Ehilà!
Faccio
capolino un istante per augurarvi buone feste e per linkarvi anche un post Tumblr che riporta una breve
analisi dell'outfit del Soldato d'Inverno, visto che mi sembra molto in linea
con alcuni degli argomenti trattati in questi capitoli. Enjoy and happy holidays, everyone!
Your Humble Translator