Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Red Owl    27/12/2016    2 recensioni
Una freccia; e Marai, principessa di Rocca del Vento, si trova a lottare tra la vita e la morte. Anche se lei ancora non lo sa, sarà quella stessa freccia a esaudire il suo sogno più segreto e a concretizzare il suo incubo più oscuro.
Una freccia; e Zeru, capitano della Guardia Reale, si vede costretto a fare un giuramento che non avrebbe mai voluto pronunciare e che lo lega alla principessa morente.
Insieme, i due dovranno affrontare i loro pregiudizi e le loro paure, perché solo uniti potranno vincere i fantasmi del passato e sconfiggere i nemici del presente.
***
NB. Più avanti il rating potrebbe cambiare, tenete d'occhio il colore del quadratino.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Fu una carezza a svegliarla. Non sulla fronte o tra i capelli, ma piuttosto nella mente, un tocco lieve che solleticò il suo animo, disturbando l’immobilità del nulla che lo avvolgeva. Durò solo un istante, poi arrivò il dolore: le fitte violente la trapassarono da fianco a fianco, ghermendole la schiena e artigliandole le spalle.

«Ah!»

Ancor prima di aprire gli occhi, Marai provò a mettersi a sedere, ma il suo corpo si rifiutò di collaborare e ebbe solo un debole tremito esausto. Una seconda carezza – questa volta molto più tangibile – le sfiorò il viso e d’un tratto la fanciulla ebbe l’assoluta certezza di essere sveglia.

«Ragazza? Mi senti?»

Stringendo i denti nel tentativo di combattere il mal di testa che era sbucato da chissà dove e subito aveva preso a martellarle le tempie, la fanciulla annuì. «Sì» mormorò, ma la sua voce fu solo un soffio rauco. «Sì» ripeté, più forte. «Mi fa male tutto.»

«Mi stupirei se non fosse così.»

La fanciulla gemette e poi si decise a socchiudere gli occhi, affrontando con cautela la luce che illuminava l’ambiente in cui si trovava. Un secondo più tardi li spalancò per la sorpresa: davanti a lei c’era il viso serio di Wenza. Non il modo migliore, per svegliarsi.

Cosa…

Poi, la ragazza ricordò. Il viaggio. L’imboscata. La freccia.

«Sono stata ferita?» chiese, pur conoscendo già la risposta. Guidata dall’istinto, la sua mano cercò di raggiungere il fianco per ispezionare il punto da cui, ora che era più lucida, le pareva avesse origine il dolore, ma la guaritrice intercettò il suo polso e la costrinse a riabbassarlo sulle coperte.

«Sì, sei stata colpita da una freccia: considerato il punto in cui è penetrata, sei fortunata a essere ancora viva.»

Nell’udire quelle parole, Marai provò una fitta di preoccupazione appena tamponata dalla consapevolezza di essere sopravvissuta a un pericolo potenzialmente mortale. «Ci saranno conseguenze?» indagò, con la voce un po’ impastata.

Wenza sollevò appena una spalla, senza distogliere gli occhi dai suoi: «È troppo presto per dirlo. Dovremo aspettare e vedere quello che accadrà nei prossimi giorni. Per ora la ferita sta guarendo bene, ma è meglio essere cauti.»

«Quanto tempo è passato?» chiese ancora la fanciulla, con la voce resa tremula dal dolore.

«Sei rimasta priva di sensi per quattro giorni» la informò Wenza, in tono insolitamente gentile. «C’è stato un momento in cui credevamo che non ce l’avresti fatta.»

«Quattro giorni» ripeté Marai, meravigliata, soppesando le parole della guaritrice. Quattro giorni non erano pochi, ragionò, senza riuscire a nascondere un brivido al pensiero del pericolo scampato.

Come indovinando ciò che le stava passando per la testa, Wenza scrollò le spalle. «Personalmente credo che il peggio sia alle spalle, ormai» la rassicurò. «Dovrai avere ancora un po’ di pazienza, ma a breve tornerai come nuova: come ho detto, le tue ferite stanno guarendo bene e non hai febbre. Se non ci saranno complicazioni, ti riprenderai completamente.»

Nonostante le fitte lancinanti che continuavano a dilaniarle il torso, nell’udire quelle parole la ragazza provò un inaspettato brivido di trionfo. Ci avevano provato, a ucciderla. Ci avevano provato, ma non ce l’avevano fatta. Lei era ancora lì e… un pensiero improvviso le attraversò la mente e la principessa sbiancò, sentendo l’angoscia mozzarle il fiato.

«Gli altri come stanno? Mia madre, mio padre e…»

La guaritrice sospirò, adombrandosi. «Il re e la regina stanno bene: sono scossi, naturalmente, ma non sono stati feriti. Tua madre è venuta spesso a trovarti, in questi giorni, sarà deliziata nell’apprendere che hai ripreso conoscenza. Purtroppo, tua cognata, la principessa Arina, è state ferita e non ce l’ha fatta: è morta questa notte.»

Marai la guardò a bocca aperta, quasi stentando a dare un senso ciò che aveva udito. «Arina…»

«L’abbiamo curata come abbiamo curato te – anzi, forse anche meglio. Ciononostante non siamo riusciti a fermare l’infezione. Probabilmente la principessa era troppo debole per sopravvivere: è stata colpita da due frecce e ha perso molto sangue…»

«Capisco» mormorò la fanciulla, abbassando mestamente gli occhi sulle lenzuola stropicciate. Le sembrava strana, la sua voce. Come se appartenesse a qualcun altro. «Il funerale c’è già stato?»

La guaritrice scosse il capo: «No, si terrà domani.»

Marai deglutì, cercando di allentare il nodo doloroso che le stringeva la gola. «Voglio partecipare.»

Ancor prima che la ragazza finisse di pronunciare quelle poche parole, Wenza emise un sibilo di disapprovazione. «Credo proprio che non sia il caso, principessa. Devi recuperare le forze, prima di azzardarti a lasciare questa stanza. La sorte è stata generosa, con te: non essere così stupida da sfidarla.»

«Non voglio sfidare la sorte» protestò la fanciulla, più flebilmente di quanto avrebbe desiderato. «Voglio solo dire addio ad Arina: era quasi come una sorella, per me. E poi glielo devo.»

«Può essere», replicò la guaritrice, impassibile, «ma, per quanto mi riguarda, la cosa più importante, ora, è che tu guarisca: andrai alla cerimonia solo se sarai abbastanza forte per farlo. In caso contrario, dovrai pregare dal tuo letto.»

La principessa aprì la bocca per protestare, ma poi la richiuse, stringendo debolmente la coperta tra i pugni sudati. Wenza aveva ragione: come poteva pensare di reggersi in piedi, se non riusciva nemmeno a stare seduta sul proprio letto? L’idea di non potere dare l’ultimo saluto ad Arina, però, le faceva più male delle ferite della carne. Lei e la sposa di Spiro non si conoscevano da molto, ma nel poco tempo in cui avevano vissuto sotto allo stesso tempo Marai aveva imparato ad ammirare la cognata, che si era fin da subito dimostrata più determinata e coraggiosa di quanto lei avrebbe mai potuto essere. Era sempre stata buona, con lei, e, senza chiedere nulla in cambio, l’aveva presa sotto alla sua ala protettrice.

Ed è morta, per questo, pensò, mentre le lacrime le pizzicavano gli occhi. Non le sembrava vero. Ricordava chiaramente il modo in cui Arina si era gettata su di lei, probabilmente per proteggerla da quell’attacco tanto improvviso e inaspettato.

Sentendosi sul punto di scoppiare a piangere, Marai si passò una mano sugli occhi, cercando di trattenersi. Dimostrando un tatto che solitamente le era estraneo, Wenza si allontanò da lei. «Vado a chiamare tua madre, principessa. Tu resta a letto e non fare nulla di avventato.»

Annuendo in silenzio, la fanciulla nascose il volto tra le mani e si concesse un pianto silenzioso.

***

Marai sospirò, appoggiata al petto di suo madre, godendosi le carezze leggere con le quali la donna le stava pettinando i capelli arruffati. Doveva essere passata quasi un’ora dal momento in cui Wenza le aveva lasciate sole, ma la regina non dava cenno di voler fare ritorno alle sue occupazioni abituali.

E, del resto, la principessa non sentiva alcun bisogno di riposare. Il dolore non era diminuito, ma la presenza di sua madre le dava forza e riportava un poco di ordine nei suoi pensieri, sconvolti dalla notizia della morte della cognata. Si sentiva più in forze e, soprattutto, sentiva crescere il bisogno di comprendere ciò che era successo.

«Ma quindi i suoi genitori non faranno in tempo a venire al funerale?»

«Temo di no» mormorò la regina, chinando il capo per posare un bacio sulla fronte della figlia.

«Ma non sarebbe meglio aspettare qualche giorno e dargli il tempo di arrivare?» obiettò piano Marai, pensando come si sarebbero potuti sentire il padre e la madre di Arina, in quelle circostanze.

«Meglio di no» ribatté la regina. «Meglio rispettare i tempi che gli Dei hanno fissato: a questo punto, re Lashkar vorrà sapere che lo spirito di sua figlia è in salvo, visto che per il corpo, purtroppo, non c’è più nulla da fare, ormai.»

« È davvero brutto, però» commentò tristemente la fanciulla, sentendosi totalmente impotente di fronte alle ingiustizie del mondo. «Spiro come sta?»

Lisi esitò un secondo, prima di rispondere. «È arrabbiato» disse, poi. «Non l’ho mai visto così arrabbiato: vuole andare a cercarli.»

Allarmata dal tono della madre, la fanciulla raddrizzò la schiena, stringendo i denti contro la stilettata che la passò da parte a parte. «Quelli che hanno ucciso Arina, intendi? Vuole andarci da solo?»

Le pareva una domanda innocente, quella, eppure sua madre si irrigidì di nuovo. «No, non da solo: ha dato ordine di radunare un corpo di soldati e di esploratori» mormorò, prima di inspirare profondamente. «Senti, c’è anche un’altra cosa che devi sapere.»

La fanciulla avvertì chiaramente l’ombra di incertezza nella voce della madre e la cosa le fece contrarre lo stomaco in un crampo che non aveva nulla a che fare con la ferita che la freccia aveva aperto nella sua carne o con i punti di sutura con cui Wenza l’aveva richiusa.

«Cioè?» chiese, leggermente tremula.

«Quando sei caduta a terra e non c’era modo di svegliarti, pensavamo che per te non ci fosse più nulla da fare» mormorò la regina, con voce mesta.

«Lo so, Wenza me l’ha detto.»

«Però eri ancora viva; e Padre Tyban era lì con noi.»

Marai aggrottò la fronte, cercando di capire dove volesse andare a parare sua madre. Ricordava perfettamente la presenza del confessore al suo fianco, nella carrozza, ma non vedeva come la cosa potesse essere di un qualche interesse, per lei.

«Lui ci ha raccomandato di fare il possibile per assicurarci che il tuo spirito fosse salvo; e che gli venisse garantito l’accesso alla Sala degli Antenati.»

«Ah?» la fanciulla avvertiva che c’era un pericolo, lì, nascosto da qualche parte, ma ancora non riusciva a vederlo. Alzando lo sguardo sulla regina, Marai vide che la gote della donna si erano fatte scarlatte.

«Lui ha detto che non eri più una bambina e che, alla tua età, il fatto di non essere sposata era contrario alla legge divina… quindi siamo stati costretti a trovarti un marito.»

La regina pronunciò quelle ultime parole tutte d’un fiato, quasi che tenerle dentro di sé fosse diventato troppo faticoso – o imbarazzante. La ragazza si scostò bruscamente da lei, ignorando la fitta che le mozzò il fiato. «Quindi devo sposarmi?» chiese, inorridita. Rendendosi conto di quanto poco consona fosse la sua reazione, la principessa si schiarì la voce, portandosi una mano al fianco nel tentativo di tamponare il dolore. «Voglio dire… sarò lieta di sposarmi, se questo è quello che avete stabilito per me, ma è una decisione così improvvisa…»

L’ombra di compassione che scorse negli occhi azzurri di sua madre le fece morire le parole in gola. «Non ti devi sposare» mormorò la donna. «Sei già sposata.»

La principessa sbatté lentamente le palpebre, certa di avere interpretato male le parole della regina.

«Eh?»

«Ma non è una cosa definitiva!» scattò immediatamente Lisi, posando entrambe le mani sulle spalle della figlia, prima di rendersi conto che quel gesto le procurava dolore. «Non devi preoccuparti, si è trattato ovviamente solo di un proforma, di un espediente per…»

«Ma non ero nemmeno cosciente!» pigolò Marai, a metà tra le lacrime e l’indignazione.

Non è possibile. Non così.

«Lo so, lo so: credimi, non l’avremmo mai fatto, se avessimo pensato di avere un’alternativa. Ma eravamo convinti di averti perso e abbiamo fatto il possibile per salvare almeno la tua anima.»

La fanciulla rimase immobile per alcuni istanti, fissando la madre con aria vacua. Inconsciamente, il suo sguardo corse all’anulare destro, dove non c’era nemmeno l’ombra di una fede nuziale. Sono sposata? Si chiese, mentre la testa iniziava a girarle. Con chi? E cosa significa che “non è una cosa definitiva”?

«Temo di non capire, madre» mormorò la principessa, facendo del proprio meglio per mantenere un contegno quantomeno dignitoso.

Perché si stupiva tanto? Perché si sentiva quasi tradita dalla decisione dei suoi genitori? Dopotutto sapeva che era ormai solo una questione di tempo: aveva già vent’anni, non poteva sperare di rimanere nubile per sempre. Prima o poi suo padre le avrebbe comunque scelto un marito e, con ogni probabilità, lei non avrebbe avuto alcuna voce in capitolo. Tuttavia, il modo in cui era successo non faceva altro che rendere ancora più traumatica quell’esperienza.

«Beh…» Lisi sorrise, palesemente imbarazzata. «Il matrimonio doveva essere celebrato subito, quindi abbiamo dovuto cercare un uomo tra quelli che erano lì con noi.»

Marai deglutì e sgranò gli occhi, aspettando con trepidazione il seguito, mentre l’adrenalina le faceva quasi dimenticare il fatto di essere ferita.

Non mi avranno mica fatto sposare Padre Tyban, vero? Si chiese, cercando disperatamente di ricordare se, in circostanze particolari, i sacerdoti potessero prendere moglie.

«Ovviamente tra di essi non c’era nessuno che fosse alla tua altezza, quindi abbiamo dovuto scegliere il meno peggio. Fortunatamente il capitano ha compreso perfettamente la situazione e ha accettato di buon grado di concederti la separazione, non appena sarà trascorso l’anno in cui, per legge, è impossibile sciogliere il matrimonio.»

La regina guardò la figlia, aspettando una sua reazione, ma i pensieri di Marai erano inciampati sulla parola “capitano” e da lì non si erano più mossi.

«Il… capitano? Il capitano della Guardia Reale? Mi avete fatta sposare con lui?» chiese, con un filo di voce.

Lisi si morse leggermente un labbro, poi annuì: «Sì.»

Qualcosa prese a suonare, nella testa di Marai. Qualcosa che assomigliava tremendamente a delle campane a festa. Le gote della fanciulla si fecero roventi e le sue labbra iniziarono lentamente a piegarsi verso l’alto. Resasi conto di quanto stava accadendo, la principessa irrigidì la mascella, cercando di non far trasparire alcuna emozione.

Zeru! Pensò, mentre l’euforia la faceva fremere e cancellava per un istante anche il dolore.

«Marai? Tutto bene?»

Senza osare incontrare lo sguardo di sua madre, la ragazza annuì. «Credo che sia un brav’uomo» disse, misurando le parole con grande attenzione.

«Oh, lo è senz’altro» concordò la regina, palesemente sollevata. «In molti non avrebbero esitato ad approfittare della situazione, ma lui era decisamente restio a fare quello che gli stavamo chiedendo. Pensa che l’abbiamo dovuto pregare a lungo, prima di convincerlo ad accettare: è davvero un uomo estremamente fedele alla corona, il che è una cosa rara, di questi tempi.»

Le parole di Lisi raffreddarono un poco l’improvviso entusiasmo della fanciulla. «Lo è davvero» considerò, con voce controllata.

Le cose poco chiare, in quella situazione, erano ancora troppe e Marai sentiva di non avere il coraggio di confessare a sua madre che lei, per Zeru, aveva una cotta mostruosa da quasi sette anni - da quando, per la precisione, il capitano, fresco di investitura, aveva cenato con la famiglia reale in una lontana sera d’estate. L’uomo aveva più volte sorriso alla principessa, allora tredicenne, servendole anche da bere e offrendole i bocconi migliori: la ragazzina, che fino a quel giorno non gli aveva mai prestato particolare attenzione, aveva pensato che non potesse esistere un uomo più bello e più gentile.

Crescendo, l’aveva tenuto d’occhio da lontano, dissimulando il proprio interesse, imparando a conoscere lui e i tanti difetti che, a prima vista, le erano sfuggiti. Tuttavia quelle piccole imperfezioni non erano servite che a farglielo piacere ancora di più, a renderlo più umano, ai suoi occhi.

Era sempre stata convinta che la sua fosse condannata a rimanere una semplice infatuazione;  e invece ora si ritrovava sposata all’oggetto dei suoi desideri. Anche se, da quanto aveva capito, Zeru l’aveva presa in moglie solo perché gli era stato ordinato di farlo; e non aveva alcuna intenzione di portare avanti quel matrimonio.

La ragazza sentì la delusione bruciarle la gola, poi un tremito di determinazione la scosse da capo a piedi. A lei il capitano piaceva; e pure tanto. Quante volte aveva pregato gli Dei, chiedendo loro che l’uomo si accorgesse di lei? Quel matrimonio imprevisto – e, soprattutto, insperato – poteva davvero essere soltanto il frutto del caso?

Forse gli Dei vogliono dirmi qualcosa, rifletté la fanciulla. Probabilmente per lui adesso sono solo un incarico come tutti gli altri, ma chissà se, conoscendomi meglio, non cambierebbe idea? Anzi, pensò ancora, in un guizzo di intraprendenza, sono certa di riuscire a fargli cambiare idea, se mi ci metto d’impegno.

Il fatto che lei non avesse la benché minima esperienza, in materia di uomini, le pareva in quel momento un particolare di nessuna importanza. Prima di tutto, comunque, doveva capire con esattezza come stavano le cose. «E ora cosa succederà?» chiese, allora, rivolta a sua madre.

«Non abbiamo ancora discusso dei particolari» sospirò la regina. «La morte di Arina ha sconvolto tutto: ne riparleremo a breve, non appena avremo sistemato le cose più urgenti. Non preoccuparti, però: per te cambierà poco, o nulla. Non dovrai vivere con lui, se è di questo che ti preoccupi.»

Oh, non mi preoccupo affatto, pensò Marai, abbassando lo sguardo sulle coperte, con aria contrita.

«I nobili e i signori delle casate sono stati tutti avvertiti delle circostanze che hanno condotto a questo matrimonio: tra un anno la tua vita tornerà esattamente quella di prima» Lisi si interruppe e guardò la figlia con un’espressione insolitamente determinata. «E poi, cara mia, sarà proprio il caso di trovarti un marito vero: non vorrei portare male, ma un matrimonio fasullo può anche andare, due proprio no

Marai deglutì: doveva forse rivelare a sua madre i suoi veri sentimenti? Osservando per una frazione di secondo l’espressione sdegnosa della regina, però, la ragazza desistette da quel proposito. Con ogni probabilità la donna riteneva – forse a ragione – che il capitano della Guardia non fosse uno sposo all’altezza di sua figlia e lei, la figlia in questione, sentiva di non avere la forza di intavolare una discussione in proposito. Non in quel momento, almeno.

«Se la cosa può farti stare più tranquilla, però,» continuò la regina, ignara dei pensieri della fanciulla, «posso chiedere al capitano di venirti a trovare: sono certa che lui potrà risolvere ogni tuo dubbio.»

Marai sobbalzò: «No, no. Domani, forse, ma oggi non mi sento in grado di affrontarlo.»

Morirei di vergogna. Non saprei nemmeno cosa dirgli. E poi mi fa male dappertutto. E puzzo pure.

«Sei stanca, vero?» chiese Lisi, facendosi improvvisamente apprensiva. «Mi sono trattenuta troppo. Scusami: chiederò a Wenza di darti qualcosa che ti aiuti a riposare.»

Così dicendo, la donna si chinò e posò un bacio sulla fronte sudata della ragazza. Quando se ne fu andata, Marai si adagiò sul cuscino, espirando profondamente. Quasi non aspettassero altro che la partenza della regina, le mille novità che aveva appena appreso si abbatterono tutte insieme sulla fanciulla, risvegliando anche il dolore che per qualche tempo era passato in secondo piano.

Marai gemette, rannicchiandosi su un fianco e portandosi le mani sulla ferita.

«Ecco, ti sei stancata troppo.»

La voce brusca di Wenza le fece socchiudere un occhio e la principessa si sforzò di adottare di nuovo una postura più rilassata. «Forse», ammise, «ma almeno ho scoperto un sacco di cose decisamente importanti.«

«Mh. Il tuo matrimonio, immagino.»

«Proprio così.»

«Strano uomo, tuo marito» mormorò la guaritrice. «Non sono mai riuscita a inquadrarlo perfettamente.»

«Come mai?» chiese la ragazza, aggrottando la fronte, sospettosa.

Wenza si strinse nelle spalle: «Non lo so: mi sembra uno che nasconde molto. Ma niente disquisizioni filosofiche, adesso: è ora di dormire.»

Davanti a quell’ordine che la fece sentire una bambina, Marai non trattenne un sospiro. «Non vedo come potrei dormire, visto che mi fa male dappertutto: posso avere un po’ di latte di grano rosso?»

«Ma nemmeno per sogno!» sbottò la guaritrice. «Te ne ho somministrato fin troppo, durante i primi giorni: non ti ho salvata solo per vederti morire avvelenata dal latte.»

«Ma mia madre ha detto…»

«Lo so cosa ha detto tua madre, ma la guaritrice sono io; e dico che, al massimo, posso darti qualche foglia di stella del sole.»

Pur con una smorfia di disappunto, la fanciulla annuì e allungò una mano per afferrare le piccole foglie giallastre che la donna le stava porgendo. Infilandosele in bocca e soffocando il conato di vomito che il loro gusto acre le provocò, la ragazza aspettò pazientemente che il blando anestetico contenuto in esse iniziasse a fare effetto, mettendo a tacere, almeno per qualche tempo, il dolore del corpo, la tristezza per la morte di Arina e gli interrogativi a proposito del suo nuovo marito.

***

Scusate il ritardo: tra le feste natalizie e una one-shot per un concorso ho dovuto mettere un attimo in stand-by questa storia. Da gennaio però gli aggiornamenti torneranno regolari.

 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Red Owl