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Autore: Happy_Pumpkin    25/05/2009    1 recensioni
Un pittore inesperto si trova improvvisamente a dover valicare il proprio piccolo mondo, delimitato dalle mura di un giardino, ed affrontare la vita da lui solo immaginata nei libri. Incontrerà due persone che, in modo diverso, gli cambieranno per sempre l'esistenza fino ad accompagnarlo nella scoperta di ciò che vogliono realmente significare le parole vita, morte, amore.
Prima classificata al contest "Sai in pairing" indetto dal SaiFC
Genere: Malinconico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Deidara, Sai, Sakura Haruno
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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III

Raccolto


Sii in festa, popolo devoto!
Oggi il raccolto è proficuo
perché benedetto.
Conserva ogni spiga d'esperienza
e cuocine pane;
condividilo con chi, come te,
ha maturato il frutto acerbo del dolore.



Sai, mentre era intento a dipingere uno degli animali fantastici che tanto amava, sentì bussare con forza alla porta, come se l'autore di quella composizione musicale di poco gusto fosse intenzionato a sfondare la barriera di legno che gli impediva di entrare.
Così l'artista si alzò e andò ad aprire per poi guardare Sakura che, con il fiatone e le gote colorate di rosso per la corsa, lo fissava aspettando qualcosa.
Un qualcosa che però non arrivò, infatti Sai si limitò ad un tranquillo:
“Buongiorno.”

La Haruno lo osservò ancora, infine si decise ad oltrepassare la soglia e farsi strada in quell'ampio solaio caldo illuminato da una luce soffusa. Carica di determinazione si guardò attorno anche se solo il suo respiro affannato disturbava la quiete di quella stanza, nella quale la ragazza notò un divanetto collocato sotto una finestra –  magicamente avvolto dai raggi solari – e davanti ad esso un cavalletto con appoggiata una tela bianca. Sul lato sinistro vi era una lunga serie di mobiletti sufficientemente bassi da potersi incastrare perfettamente nel tetto a spiovente, alcune opere – che rispecchiavano in pieno lo stile di Deidara – erano disposte sopra di essi per dare prova di uno sorprendente sfoggio di capacità personali.
Sakura corrugò la fronte perché sentiva quella grande soffitta così vissuta, così piena di entrambi i ragazzi, da indurla a pensare di essersi inevitabilmente sbagliata.

L'artista non poteva essere morto; le pareti erano sature non solo di lui ma anche di amore, un amore che entrambi dovevano avere provato.
Ma poi si ricordò, con una fitta di dolore al petto, quanto in realtà quel sentimento potesse essere subdolo e spesso talmente immaginario da poter dare più felicità di ciò che era reale. Si avvicinò a Sai che immobile la stava a guardare, indecifrabile come al solito.

“Dov'è Deidara?” chiese sofferente.
“Tornerà. E' uscito poco fa.” rispose l'altro con estrema tranquillità.
“Non è vero, Sai, Tsunade mi ha raccontato dell'incidente avvenuto poco giorni dopo che siete usciti.”
Calò il silenzio. In lontananza, una nidiata di passeri litigava nascosta tra le tegole in cotto per il cibo procurato dalla madre operosa.
Sai disse, dando uno sguardo fuori dalla finestra che però – ahimè – era troppo alta per permettergli di scorgere qualcosa della città:
“Il suo corpo è morto sotto i miei occhi, forse alla gente piace pensare che sia così. Ma questa camera è ancora viva e io lo sento: lo immagino sedersi nell'angolo, lo immagino plasmare l'argilla per poi asciugarla al sole ed infornarla investito da una vampa di calore del fuoco. Cos'altro siamo noi se non i ricordi degli altri e gli oggetti che abbiamo vissuto?”

Sakura abbassò lo sguardo, infine scosse la testa:
“Non puoi far finta di niente e nemmeno continuare ad immaginartelo... finirai per impazzire dal dolore e soffocare nel rimpianto.”
“Ironico che sia proprio tu a dovermelo dire.” rispose Sai; non con presunzione o irritazione, bensì con una nota di dolcezza – forse persino amore premuroso – che fece quasi star male la ragazza al punto da confondere quelle che un tempo credeva certezze assolute.
“E' diverso, io...” si interruppe.
Improvvisamente Sai le sfiorò con un dito le ciglia e replicò serio:
“Anche tu come me hai gli occhi ma vedi semplicemente cose diverse dalle mie, cose che a loro volta gli altri non potranno mai percepire.”

Sakura sentì le lacrime minacciare di scenderle: questa volta non era sonno, ma puro e semplice pianto. Perché quel ragazzo così immediato nei pensieri e nei modi di fare le stava sbattendo in faccia una realtà che lei aveva cercato di ignorare, buttandola coraggiosamente via assieme all'assenzio che giorno dopo giorno rovesciava nella strada affollata di pedoni e carrozze.
Smise di respirare quando Sai le disse:
“Anche Sasuke è morto. Da più di un anno ormai.”

Lei continuava ostinata a volerlo vedere sostare presso quel tavolo, come era solito fare prima che la tisi glielo portasse via per sempre. La morte sapeva essere ogni volta squisitamente in anticipo; non aveva dato né a lei né a Sai l'occasione di provare la vita con la persona che amavano, così li lasciava entrambi, viventi, nell'amarezza del rimpianto per tutte le occasioni perdute e la certezza di aver sbagliato a calcolare i tempi.
Si cullavano nella fantasia di come l'esistenza sarebbe potuta continuare, l'uno sognando il futuro, l'altra ripercorrendo il passato. Annegavano nella trasparenza dei loro fantasmi il dolore di un amore non consumato, l'erotismo dei gesti proibiti, la sensualità degli sguardi scambiati prima che tutto finisse evaporando come il thé che danzava davanti a loro.

“Fa male. Tanto.” ammise lei tenendo la testa orgogliosamente alzata.
Sai si portò una mano all'altezza del cuore commentando: “Allora è questo il dolore. Senti qualcosa che si spezza e giorno dopo giorno si frantuma togliendoti il respiro.”
“Già ma non puoi farci davvero nulla.”
Si guardarono, respirando sorprendentemente in sincronia, infine Sakura mosse un passo verso di lui come se non avesse altra traiettoria da poter seguire.
Egli si limitò a dire inespressivo: “Forse non sempre funziona così. Forse possiamo realizzare un desiderio.”

*°*°*°*

Sai guardò la casa che aveva abbandonato e non si stupì nel vederla ancora in piedi, seppure molto più invecchiata rispetto a quando era stata lasciata: l'edera aveva coperto parte della parete frontale, l'erba alta cresceva inondando il vialetto ormai indistinguibile dal resto del giardino e il cancello in ferro battuto, che un tempo lo aveva separato dal resto del mondo, era ora piegato in un angolo innaturale. Cigolò quando Sai lo aprì per far entrare lui e Sakura la quale, mano a mano che avanzava, sentiva il respiro farsi più difficile, come se avesse atteso tutta la vita di giungere sino a lì.

La giovane si affiancò determinata a Sai quando questi percorse un ampio porticato avvolto dalla stessa edera che infestava le murature: in quel tratto la luce del giorno veniva filtrata dalle foglie, avvolgendo il vialetto in un'ombra piacevole.
Sakura improvvisamente prese il pittore per mano con decisione, quella decisione che non era stata sufficiente per Sasuke. Il ragazzo spalancò gli occhi ma non si voltò verso di lei, cercando di contenere la propria sorpresa con abilità, anche se finì per stringere a sua volta quelle dita più piccole delle sue, non credendo potessero essere tanto diverse rispetto quelle che aveva immaginato appartenere a Deidara mentre lo sfiorava.

Così insieme, legati da un dolore comune, camminarono fino a non oltrepassare una tenda di vegetazione che aveva coperto il passaggio. La attraversarono senza smettere di tenersi stretti e giunsero di fronte ad un piccolo stagno, circondato da tantissimi fiori dai colori diversi: calle, rose, narcisi, bocche di leone... un insieme insolito ed impossibile di specie che conviveva in quella stagione, come se il clima o il tempo fosse del tutto ininfluente.
Sakura non seppe cosa dire, il battito del cuore sembrava volerle impedire di parlare, e quando si avvicinò notò che l'acqua dello stagno era insolitamente limpida, al punto da riuscire a vedere il fondo argilloso mentre un riverbero di luce nuotava sulla superficie piatta.

Capì perché Sai l'aveva portata lì, capì anche che lui non era una persona con cui c'era bisogno di tante parole: osservava silenzioso gli altri e ricordava ogni loro gesto, ogni loro parola, nello sforzo di intuire a sua volta cosa dovesse fare di sé stesso.
Sakura si portò una mano davanti alla bocca, infine il compagno di escursioni spiegò:
“Sapevo che sarebbe rimasto così. Ci sono cose che non muoiono né cambiano, altrimenti come faremmo ad andare avanti se non possiamo voltarci indietro?”
La giovane lo guardò con intensità, infine annuì sorridendo. Dopo un istante chiese, più come se fosse un ordine che una semplice domanda:
“Vieni con me?”
“Su diversi libri ho letto che spesso essere accompagnati serve ad affrontare le proprie paure, quindi se vuoi posso entrare con te.” concluse con logica intuizione.
“Non ho paura.” ribatté lei, alzando le spalle orgogliosa. Era vero.

Allora tolsero le scarpe quasi in contemporanea e, a passi misurati, si immersero lentamente nell'acqua, così che i loro vestiti vennero inzuppati centimetro dopo centimetro. La gonna ampia di Sakura si gonfiò, galleggiando per qualche istante sulla superficie, infine accompagnata da bolle affondò poco a poco simile alla barca di un pescatore nella tempesta, mentre lei avanzava sino a che anche metà del bustino non venne completamente immersa.
Rideva girando a fatica su sé stessa per via del peso mentre Sai la guardava senza esprimere opinioni o commenti, finché la cameriera non gli afferrò nuovamente una mano dicendogli suo malgrado:
“Sono una stupida che è tornata bambina. Mi giudicherai pazza.”
“Non ti reputo tale; forse non lo faccio semplicemente perché siamo pazzi entrambi.”

Immaginare l'amore era follia?
“Tutto sommato abbiamo sognato di amare.” confessò Sakura mostrando un volto determinato. Guardò la propria gonna, guardò l'acqua rilucente e si sentì bene.
Improvvisamente Sai inclinò la testa, chiedendo con incredibile naturalezza:
“E se invece noi due ci amassimo?”
Sarebbero stati entrambi reali e, per una volta, vicini. Sakura sgranò gli occhi, stupendosi di aver formulato a sua volta quei pensieri senza però avere la spontaneità di renderli concreti, come invece era stato in grado di fare Sai.

“Mi sembra assurdo – replicò tagliente – poi tu con quei tuoi discorsi fuori da ogni logica, tu che...” cessò di parlare, non riuscendo a risultare forte e razionale come avrebbe voluto essere.
Sai osservò: “Già, dimenticavo che a volte sei vittima delle tue indecisioni: vorresti apparire perfetta agli occhi degli altri, allora eviti di camminare per non cadere. Ma non potrai rimanere immobile tutta la vita.”
Sakura lo guardò, esterrefatta da quelle parole: ascoltarle era come essere stata denudata; se però Sai l'avesse spogliata sul serio, notò, la gonna sarebbe affondata e invece lei avrebbe continuato a galleggiare nel suo mare personale, come una deliziosa ninfa baciata dagli dei. Sorrise, sentendo che questa volta qualcuno la spingeva e la sfiorava, spolverandole in una passata le proprie incertezze: forse quel qualcuno era proprio lei stessa che, come sempre, era costretta a farsi forza da sola.

Si avvicinò quindi al ragazzo dai capelli scuri e lo sfiorò con le labbra. Sai la guardò, rimanendo rigidamente immobile mentre tentava di capire perché il suo cuore avesse iniziato a battere così veloce, perché l'aria non gli entrava nei polmoni con la stessa tranquillità di prima, come potesse anche solo sentire il sudore pur essendo nell'acqua.
Ma quando Sakura lo baciò all'improvviso non avvertì nulla. Le gambe non erano più piantate sul fondale dello stagno, il freddo nemmeno esisteva: Lui era in un mondo senza gravità con Lei a scortarlo, le sue labbra a condividere la stessa aria e i capelli, come quelli di Deidara, gli sfioravano la pelle.

“Fermati.” disse improvvisamente lui guardandola. Questa volta l'espressione non era impassibile o falsamente sorridente, bensì spaventata e confusa.
Sakura, notandolo, si morse un'unghia e aggrottò la fronte:
“Io...” fece per dire, cercando di giustificarsi pur pretendendo di avere comunque ragione.
“Sento le farfalle nello stomaco. Anzi, a dire il vero è l'unica cosa che sento ma non riesco a controllarla, non capisco cosa debba fare...” la interruppe improvvisamente Sai, artigliando una mano sui vestiti all'altezza del torace.
La Haruno accennò ad un sorriso e chiese quasi con la professionalità di un medico:
“Ti fa male tutto questo?”
Il suo paziente ci pensò un istante, infine rispose fissandola intensamente:
“No.”

Si stupì della sua stessa risposta e del fatto di non averci realmente pensato: aveva semplicemente abbandonato la razionalità alla quale faceva da sempre appoggio e il risultato era stato di capire un mondo che non aveva mai avuto occasione di conoscere.
La ragazza annuì e sussurrò:
“Forse perché sei innamorato.”
“Amo anche Deidara.” rifletté.
Sakura scosse la testa:
“Tu ami l'immagine che ti eri creato di Deidara, il pensiero di come ti toccasse, le parole che avrebbe potuto rivolgerti: lo ami perché hai confezionato la relazione con lui, elaborata a misura della tua fantasia.
Una fantasia effimera perché anche tu, come me, ogni mattina ti svegli e stai male non trovando l'oggetto dei tuoi pensieri nel letto accanto a te. Manca il calore nel suo respiro e nei suoi gesti, quando te ne accorgi soffri e... ti rendi conto di non poter fare nulla per riportarlo indietro.”
Sai rimase in silenzio perché Sakura, con la sua gonna zuppa e i capelli umidi, aveva parlato anche per lui e svelato il dolore che i due celavano dietro la maschera, indossata ad arte da entrambi: esternamente forti e determinati, oppure insensibili; internamente così fragili da frantumarsi lentamente, simili a specchi colpiti da pugni dati troppo forte.
“Ora continuerai a baciarmi?” chiese infine, stringendo con più forza la mano della ragazza.
Sakura commentò: “Beh, se non ti spaventa troppo potrei anche pensarci.”
Alzò gli occhi al cielo, facendo finta di nulla.
Sai dopo un istante di silenzio rispose candidamente:
“Mi piace. Anche tu, se solo non fossi conciata così male, potresti piacermi.”
Potresti?” sibilò la giovane, pur soffocando una risata.
“Ho sbagliato a dire qualcosa?” chiese Sai guardandosi un istante, come se fosse stato un oggetto montato male.
Lei sbuffò appena, scosse la testa e replicò avvicinandogli una mano alla guancia pallida:
“Non importa... questa volta avremo tempo: ce lo meritiamo entrambi.”

Così si baciarono immersi fino alla vita nell'acqua di uno stagno limpido, volteggiando coi vestiti inzuppati tra quei fiori colorati; tutti e due avevano conosciuto quello che speravano essere un amore, dal quale però erano stati separati prima che potessero farlo diventare reale.
Ora si trovavano a possedere davvero qualcun altro da amare, da toccare per essere toccati a propria volta; impacciati nella loro inesperienza e inesperti nel sentire qualcosa che non fosse solo un'immagine evanescente che fluttuava nell'aria.
Chissà... forse Deidara e Sasuke in lontananza li guardavano, persi a loro volta nelle rispettive attività; il primo plasmando figure irreali, il secondo scrivendo frenetico mentre sorseggiava assenzio.
Magari entrambi, un istante prima di morire, avevano immaginato la vita con quelle persone appena conosciute senza però avere l'occasione di assaporarla, come se fosse stata la più ambita delle ambrosie crudelmente divorata da dei ingordi.

*°*°*°*

Tsunade, in piedi presso il bancone del café, guardava soddisfatta la nuova assunta che le preparava un alcolico con cui poter sfogare i rancori dovuti alle ultime perdite finanziarie nelle scommesse ippiche; tanto per cambiare la fortuna non girava mai dalla sua parte.
“Tenten, quando hai finito dai una ripulita agli scaffali, fai attenzione però: il vetro è fragile e costoso in questi tempi.”
La ragazza annuì poi, perplessa, chiese:
“Signora, devo togliere anche questi oggetti?”

Tsunade spostò lo sguardo. Sorrise vedendo la statuetta d'argilla appartenente a Deidara e, di fianco, un bicchiere in cristallo che ancora sapeva d'assenzio; dietro di essi troneggiava un piccolo quadro che ritraeva uno stagno circondato da fiori: non ci nuotava nessuno eppure l'acqua era increspata, come se dei fantasmi danzassero leggiadri plasmati dall'aria.
“Non serve.”
“Ma la polvere...” accennò un po' incerta.
La proprietaria sorrise mesta, fece ondeggiare il liquido nel calice e infine rispose:
“Fa lo stesso, lascia che si coprano. D'altronde il tempo passa per tutti, anche per questi soprammobili immutabili.”

Tenten senza aggiungere altro annuì mentre Tsunade pensava. Pensava a come sarebbe stato il locale se ci fosse stata ancora Sakura, spigliata e sorridente, a servirle da bere e chiacchierare di quegli argomenti frivoli tanto cari alle donne.
Invece aveva avuto la fortuna o forse, chissà, sfortuna di incontrare qualcuno consumato dallo stesso dolore provato da lei; peccato che nessuno dei due fosse abbastanza pronto od esperto per poterlo fronteggiare, così insieme si erano trovati e insieme se ne erano andati.

Sai e Sakura erano stati rinvenuti, dopo ore dalla scomparsa, morti annegati in un laghetto sudicio di una casa diroccata, attorniato da fiori secchi ed erbacce che nascondevano appena la pozza coperta da una patina verdastra.
Ogni volta che guardava quel quadro Tsunade invece pensava che sarebbe stato bello se i due al posto di lasciarsi morire avessero avuto l'occasione di rialzarsi e, anziché affondare, potersi amare... magari baciandosi circondati da bellissimi fiori, immersi in un lago dall'acqua lucente nascosto tra le mura di un giardino magico.

I suoi meravigliosi fantasmi danzanti.



Sproloqui di una zucca


Finalmente ho pubblicato *O*
Sono reduce da due ore di studio quindi pietà e compassione se quanto scriverò non sarà propriamente furbo ed espressione di massima intelligenza - non capiterà mai, ma lo studio di certo non contribuisce a migliorare le cose, anzi.
Ho amato questa storia: ci ho lavorato sopra per diverso tempo, prima ancora che ci fosse il concorso anche se molte cose sono state modificate rispetto ai miei intenti inziali. Infatti avevo pensato ad una vera e propria long fiction con protagoniste le relazioni tra Deidara e Sai, oltre che tra Sasuke e Sakura, più altri personaggi; l'ambientazione era nell'epoca contemporanea ma aver visto il quadro "Il bar delle Folies Bergére" mi ha totalmente rapito e quindi ho cambiato allegramente luoghi e tutto il resto, adattando infine ogni cosa al concorso indetto da Princess.
Cosa dire, spero che questo racconto un po' atipico sia piaciuto, anche se dal finale triste - che ci volete fare, io amo i finali un po' malinconici. Sarebbe anche un grande onore se continuaste a seguirmi in altre mie storie ^^

Dragon gio: Già, la frase finale in effetti è tragica. Povero Deidara, avrei tanto voluto farlo apparire molto di più non solo perché è un personaggio che adoro ma anche perché ricco di spunti *O* Hai perfettamente ragione, mia cara: la scena di Deidara che bacia il ventre di Sai è sensuale, sono contenta che tu la ritenga tale, non solo per motivi di logica soddisfazione ma anche perché effettivamente il pancino di Sai è sublime, anch'io lo sbaciucchierei allegramente =ç=
Ti ringrazio davvero di cuore per tutto quello che dici e pensi di questa storia,  mi emoziona davvero oltre che incentivarmi in futuro a fare ancora meglio. Quindi grazie, i tuoi commenti sono sempre splendidi^//^

Steste: Ritardo? Ma non devi assolutamente preoccuparti: come dico sempre - sta cosa fa molto proverbi della nonna XD - la fanfiction non ha una data di scadenza. Quando e se avrai voglia di commentare lei sarà sempre lì e io ben felice di leggere^^
Stampare una fiction secondo me è il modo migliore di leggerla: permette di cogliere dei particolari che normalmente sfuggono, io personalmente noto anche meglio gli errori e le stupidate che scrivo. Peccato che da un po' abbia perso l'abitudine, dunque le stupidate rimangono lo stesso XD
Sono felice che le descrizioni risultino così dettagliate ed incisive, mi piace parlare dell'ambientazione che ruota attorno alla storia, interagendo con i protagonisti. Quanto alla frase finale, sì, hai pienamente ragione: voleva dare proprio un effetto sorpresa, meno male che è riuscito *O*
Sasuke me lo sono immaginato istintivamente intento a bere assenzio e scrivere: se un tipo come lui fosse vissuto in quell'epoca - almeno secondo la mia "ponderatissima" opinione - non avrebbe potuto fare altro se non il poeta o scrittore maledetto.
Quindi concludo ringraziandoti tantissimo per quanto hai detto nelle recensioni e per aver seguito questa fiction, mi hai reso proprio felice *_____*

Grazie a coloro che hanno inserito la fiction tra i preferiti e i seguiti o anche ai lettori^^
Alla prossima! *O*
   
 
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