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Autore: LydiaBones    02/01/2017    1 recensioni
Jade frequenta la scuola diretta dal padre e la sua costante presenza la opprime, perché deve mostrarsi perfetta in ogni suo movimento.
Solo con la scoperta di un enorme segreto, la sua vita verrà stravolta e sarà costretta alla conoscenza di Adam, il ragazzo più odioso che lei abbia mai incontrato.
Riuscirà, Jade, a superare tutti gli ostacoli che le si presenteranno davanti e raggiungere la felicità o rimarrà bloccata nella sua vecchia vita?
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Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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VI

 

Mi sentivo tremendamente sola. I miei pensieri erano rivolti ad Adam e non riuscivo a tenerli a freno.

L’episodio accaduto il giorno prima era stato così scioccante che non riuscivo a liberare la mente. Era qualcosa troppo impensabile, eppure era successo con una tale casualità da non sembrare vero.

Avrei davvero voluto stargli accanto, ma non era possibile soprattutto dal momento che lui sembrava non sopportare la mia presenza.

Ogni volta che la mia mente mi rimandava a lui mi si formava un nodo allo stomaco, un misto tra nausea e mancanza, che non faceva altro che incrementare i pensieri e il sentimento di solitudine che li seguiva.

La maggior parte della giornata la passavo a guardare nel vuoto perchè la mia testa era appesantita dalla sua immagine e mi sentivo una stupida, perchè probabilmente lui non era così incentrato su di me da pensare a come potessi aver reagito. E allora provai rabbia perchè ero sempre l’unica a cui importava qualcosa delle altre persone, ma delusi me stessa ancora una volta quando, dopo poco, alla rabbia erano già stati sostituiti altri pensieri che mi inebetivano.

Nascondevo la testa sotto al cuscino, nella speranza che almeno quello riuscisse a sopprimerli, ma non c’era nulla da fare. L’unica cosa che avrebbe cessato la mia agonia era vederlo.

Così indossai scarpe e giacca e andai a casa di Mark.

 

Camminai velocemente sotto lo sguardo degli sconosciuti che si godevano una passeggiata tranquilla, al contrario io ero ansiosa e già pentita della mia scelta, ma ormai ero in strada e non volevo tornare indietro.

Non sapevo cosa gli avrei detto, ma ero certa che la delusione che mi sarebbe stata fornita dal suo comportamento avrebbe cessato ogni mia immaginazione.

Arrivai davanti alla casa ansimante e con i polpacci doloranti, poi mi lasciai un minuto per riprendermi e suonai il campanello.

Dovetti suonare una seconda volta e come previsto, con una faccia scocciata venne ad aprire Adam.

Forse immaginai, ma il suo sguardo per un attimo era cambiato vedendomi, ma era praticamente impossibile che lui potesse provare qualcosa anche solo minimamente positivo perciò seppellii le speranze.

“Ciao” disse.

Aprì il cancello e entrò di nuovo in casa lasciando la porta aperta.

Seguii il suo percorso e mi ritrovai da sola, non mi aveva aspettata, ma dopo pochi secondi la sua testa sbucò dalla cucina e intravidi nuovamente quello sguardo.

Mi schiaffeggiai mentalmente.

“Mi stavo preparando un tè, vuoi favorire?” domandò con estrema gentilezza.

Annuii e seguii il fischiettio della teiera fino alla cucina.

L’ambiente era caldo e accogliente.

Lo guardai mentre versava con cautela l’acqua bollente nelle due tazze, per poi infilare una bustina di tè in ognuna.

L’acqua si infiltrò nel tessuto e diffuse in sè il colore delle erbe.

“Scotta” mi avvertì prima che afferrassi la bevanda.

Si appoggiò al banco della cucina e mi guardò attendendo che parlassi.

Sorseggiai dalla mia tazza, ustionandomi il palato, e lui dovette vedere le lacrime agli occhi che mi si erano formate perchè si mise a ridere e mi porse dell’acqua fresca.

“Grazie” risi anch’io.

“Allora? Il motivo della tua visita?” chiese con un accenno di sorriso ancora marchiato in viso.

L’acqua portò sollievo al mio palato e la vista di un Adam sorridente lo portò agli occhi.

“Ero in pensiero” pronunciai semplicemente.

“In pensiero per me?”

“Sì, sai dopo quello che è successo” guardai dentro alla mia bevanda temendo la sua reazione.

“Come vedi, con un po’ di tè si risolve tutto” sorrise di nuovo.

Era strano vederlo in quel modo.

Ricambai il suo sorriso, ma abbassai lo sguardo in fretta perchè il nodo allo stomaco era tornato.

Mi spaventava l’effetto che aveva su di me in quel momento e provai il profondo desiderio di andarmene.

“Allora io vado” dissi appoggiando la tazza vicino al lavandino.

Lui fece uno sguardo confuso.

“No dai”

Mi voltai e lo ritrovai pochi passi più avanti.

“Sei appena arrivata”

La necessità di andarmene era solo un tentativo per scappare da lui, ma invano perchè i pensieri mi avrebbero assillato lo stesso.

Perchè non era stato scontroso come sempre? Sarebbe stato molto più semplice odiarlo, ma non altrettanto togliermelo dalla testa.

Ci spostammo in salotto dove ci accomodammo e iniziammo a parlare.

Scoprii in lui un ottimo intrattenitore di ospiti e assolutamente il contrario di uno scorbutico e insopportabile ragazzo.

Ascoltavo ciò che mi diceva e rispondevo con entusiasmo a quello che mi chiedeva, cercando di non fissare i suoi occhi troppo a lungo.

Ad un certo punto del suo racconto mi sfiorò addirittura il ginocchio con il suo, ma fui io a spostarmi un poco.

Avevo paura di quello che stavo provando, non più di lui.

Mi sentivo febbricitante e il suo costante sorriso non smetteva di farmi sentire un’altra persona.

Mi chiesi come potesse essere così spensierato dopo quello che era accaduto il giorno prima, ma non domandai perchè non volevo rovinare tutta l’atmosfera.

Dopo poco non resistetti più e dopo la sua ultima occhiata, domandai dove fosse il bagno e me lo indicò.

A passo svelto mi ci infilai dentro e accorsi al lavandino dove l’acqua gelida uscì di getto per bagnarmi la faccia.

Guardai allo specchio il mio volto che gocciolava e mi sentii un’assoluta idiota.

Mi passai l’asciugamano sul viso e ricomposi i capelli.

Dovevo smetterla con quelle sciocchezze e convincermi che era tutto nella mia testa.

Lanciai un ultimo sguardo severo al mio riflesso e uscii.

Adam si trovava ancora nello stesso punto di prima.

“No, ora non può rispondere” chiuse una telefonata.

“Eccomi” sorrisi e mi sedetti nuovamente di fianco a lui, cambiando espressione quando vidi che quello che aveva appena appoggiato era il mio telefono.

“Continuava a squillare” si giustificò con espressione seria.

Vedendo che non dicevo nulla aggiunse “Era Kenton”
  
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