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Autore: Bibliotecaria    04/01/2017    0 recensioni
La magia che conosciamo non è l'unica ad esistere, e questo Arthur lo sa, alcune sono antiche e dimenticate, altre novelle e sconosciute. Ora però una magia oscura sta portando Hogwarts nel terrore, sangue innocente scorrerà, e sotto il velo della paura qualcuno alzerà la testa per affrontare il proprio destino. E c'è un nemico che solo l'erede di Merlino può affrontare.
Attenzione: questa storia è il seguito di "Una nuova generazione - il ritorno dei draghi"
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuova generazione di streghe e maghi
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Una nuova generazione '
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Cap. 1 La fine dell’estate

A svegliarmi fu la recente cicatrice alla spalla che, in quel momento, mi aveva generato un'altra fitta. Ehogan mi aveva lasciato un impacco per la ferita vietandomi di usare qualsiasi altra medicina, soprattutto se moderna, dato che, secondo il suo parere, avrebbe interferito con la magia. Sconsolato presi tre cucchiai di quel impasto farinoso e verdognolo, vi aggiunsi un goccio d’acqua fresca, lo mescolai fino a ché l’impacco divenne pastoso e lo applicai abbondantemente sulla ferita, bloccandolo con delle garze nuove trattenendo gli urli che bruciavano nella mia gola. Allora scesi a fare colazione, lì c’era mio padre che come tutti i giorni faceva colazione con pomodori e salsicce. Io invece mi limitavo a del latte e dell’avena; un tempo facevo colazioni anche più abbondanti, ma, per colpa di Ehogan, avevo dovuto iniziare una dieta più semplice e prevalentemente vegetariana, come si addice ad un druido. In certi momenti era un’autentica scocciatura e nei primi tempi non mangiavo quasi nulla, però dopo un po’ scoprii qualche cibo alternativo e la mia dieta divenne un po’ più varia. “Oggi dobbiamo andare a comprare il tuo nuovo materiale scolastico, Arthur. Ci saranno anche gli Uther da quel che so.” Mi comunicò mio padre continuando a masticare la sua colazione. “Sì, verranno anche Nath ed Elaine.” Dissi io distrattamente. “Non mi piace la famiglia di quella ragazza: sono troppo strani… nel senso, una pazza, una dark e uno che ha come seconda casa la prigione non è una famiglia che si frequenta volentieri.” Commentò mio padre. Non potevo che concordare sulla stranezza degli zii e della cugina di Elaine, ma era mia amica, e poi, anche se fosse, se non l’avevo lasciata per via dei suoi due draghi da compagnia, non sarebbero stati degli zii mezzi folli a farmi cambiare idea. Così rimasi zitto e finsi di non aver sentito. “Hai con te la lettera?” Chiese d’un tratto mio padre per rompere il silenzio; in tutto risposta la estrassi dalla tasca e gliela mostrai. “Bene. Va’ a lavarti i denti e poi partiamo.” Corsi di sopra e tornai di sotto in meno di cinque minuti. Mi misi su un vecchio cappellino blu un po’ logoro e saltai nel camino assieme a mio padre mentre diceva. “Diagon Alley.” Allora mi sentii come avvolgere dalle fiamme e portai di riflesso la mano sulla spalla, sentendo il dolore improvvisamente più forte, ma non era reale, mi ripetei, era solo il ricordo del dolore.

Ci ritrovammo in un camino pubblico vicino all’entrata sul muro. Lì vicino c’erano i miei amici con le loro famiglie. “Arthur!!” Mi chiamò Hanna agitando il braccio. Io mi avvicinai trotterellando cercando di ignorare il forte dolore alla spalla. -Fortuna che era un rimedio infallibile ed efficacissimo!- Pensai maledicendo Ehogan e i suoi rimedi naturali. “Arthur! Fatti un po’ vedere!” Esclamò Hanna afferrandomi per le spalle e facendomi alzare lo sguardo. “Hanna, ci siamo visti due mesi fa, non siamo cambiati più di tan….” Mi dovetti rimangiare la parola: Hanna era cresciuta di minimo tre o quattro centimetri, il viso tondo da bambina era diventato appena più affilato e pareva più muscolosa in oltre non era più piatta ma mostrava qualche leggera curva, Nath, grazie al cielo, era rimasto lo stesso tranne forse un mezzo centimetro in più d’altezza e qualche vago cambiamento nei tratti del viso, Elaine invece aveva preso sette o otto centimetri d’altezza, già che io gli arrivavo appena al petto, il quale aveva subito un certo cambiamento quell’estate, infatti il seno da appena visibile era diventato più grande e in bella vista anche se indossava una semplice t-shorts larga marroncina, anzi sembrava quasi che lo mettesse in risalto, e sembrava più matura, il viso più allungato e gli occhi più seri, ma era scontato che Elaine avesse un’aria da adulta, tuttavia ora ci si metteva anche il fisico. “Ti stanno bene gli occhiali.” Disse Hanna facendomi riprendere dal mio complesso di inferiorità visto che ero tale e quale a quando ci eravamo lasciati l’ultimo giorno di scuola. –Già, gli occhiali, ci devo ancora fare l’abitudine- Pensai, all’inizio li dimenticavo dappertutto, e spesso restavano sul comodino, ma quando mi resi conto di vederci decisamente più nitido e di non aver più mal di testa anomali avevo preso la sana abitudine di indossarli sempre. E poi non erano male anche se semplici, erano squadrati con la montatura in ferro. “Sembri più grande.” Aggiunse Hanna. “Il che ti serve.” Disse stuzzicandomi con una gomitata amichevole. “Sta zitta.” Le dissi offeso, dato che era evidente che io non ero cresciuto neanche di mezzo centimetro. “Allora, prima tappa?” Chiese Hanna riferendosi a tutti. “Direi la Gringot: noi dobbiamo fare un prelievo e la signora Galleric e la signora Zannet devono cambiare la moneta.” Disse il padre di Hanna mentre rimetteva il portafogli nei pantaloni. “Perché, siamo in un altro stato?” Chiese la zia di Elaine che nel frattempo si era sbattuta la mano sulla faccia. “No zia, è solo una tradizione dei maghi usare queste monete.” Spiegò la ragazza esasperata facendo intuire di averglielo già spiegato minimo tremila volte. “Una tradizione stupida come ostinarsi a tenere le sterline.” A quelle parole vidi mio padre e quello di Hanna accendersi: erano entrambi conservatori e raramente perdevano occasione per ribadirlo. “Mamma, andiamo e basta! Non serve fare polemiche.” Disse la ragazza dark lì accanto che malgrado l’insolito caldo vestiva di nero e con le maniche lunghe. “E va bene.” Disse la donna stancamente. Mentre queste parlavano una bambina dai capelli castano scuro quasi neri di circa otto anni saltò in spalle a Nath abbracciandogli il collo da dietro. “Andiamo fratellone!” Disse la bambina indicando la strada scalciando come se Nath fosse un cavallo. “Vai giù piccola peste!” Gli ordinò il ragazzo cercando di liberarsi dalla morsa della sorella. “Smettetela voi due.” Ordinò la madre di Nath obbligando la più piccola a scendere dalla schiena del maggiore. “Sì, mamma.” Risposero i due in coro e subito si scambiarono uno sguardo complice. Improvvisamente provai invidia per Nathaniel. –Deve essere bello avere una sorellina.- Pensai.

Arrivati alla Gringot mi sentii stranamente osservato da quei folletti: i loro piccoli occhi neri mi scrutavano in maniera quasi ossessiva, così abbassai il capo e cercai di far finta di niente ma comunque rimase quella strana sensazione. Mentre gli adulti facevano i loro prelievi noi restammo in una delle panche di legno vicine all’entrata ad aspettare. “Allora, come le avete passate le vacanze?” Chiese Nath rompendo il ghiaccio. “Io ho iniziato a seguire dei corsi di difesa personale da mio cugino.” Dichiarò Hanna, a sentire ciò tutti la fissammo. “Cosa intendi con corsi di difesa personale?” Domandò Nath confuso. “Sapete che mio padre da giovane era un campione di arti marziali, giusto?” Chiese Hanna perplessa. “No, non lo sapevamo. O almeno io e Elaine” Disse il ragazzo guardando Elaine che era sorpresa quanto lui. “Beh… ora lo sapete.” Disse con pochezza Hanna. “Quando inizierà la scuola mi manderà tre volte a settimana delle lettere con gli esercizi da fare.” Spiegò Hanna con semplicità. “E con chi intendi allenarti, sentiamo?” Chiesi io incrociando le braccia dato che non avevo la benché minima intenzione di ritrovarmi livido tre volte a settimana. “Potresti allenarti con lei, Naty.” Intervenne la sorellina di Nathaniel. “Sta zitta.” La sgridò a mezza voce il ragazzo terrorizzato all’idea di essere usato come sacco da box da Hanna. “Che c’è: tu sai picchiare. Difendi me e la mamma.” Disse la bambina. “Difendevo, te e la mamma, e poi non vorrai che miss furia rossa mi riduca a un budino.” Dichiarò il ragazzo scompigliando i capelli della bambina la quale cercò di liberarsi dalle grinfie del fratello agitando le braccia. Potevo comprendere Nath: infatti Hanna anche senza diventare un’orsa era molto forte, e dato che ora aveva iniziato ad allenarsi sarebbe potuta diventare davvero pericolosa in un combattimento corpo a corpo. “Andiamo Nath, che c’è, hai paura?” Lo stuzzicò Hanna dandogli una gomitata amichevole sul braccio. “No, solo vorrei raggiungere i miei tredici anni ancora tutto intero.” Disse il ragazzo massaggiandosi la parte lesa non poi tanto amichevolmente. “Su avanti… sarà divertente!” Lo incitò Hanna; però Nath si voltò dall’altra parte come per dire che non lo avrebbe fatto neanche morto. “E se diventi più forte di sicuro sarai più bravo nel Quidditch.” Hanna aveva appena toccato un punto dolente, infatti Nathaniel si voltò verso di lei e la guardò dritta negli occhi. “Prometti di controllarti e di non fare pazzie?” Le ordinò Nath allungando la mano verso di lei. “Prometto” Disse Hanna stringendola. “Ragazzi!” Alzammo lo sguardo: la zia di Elaine ci stava chiamando tenendo in mano il portafogli pieno di monete. Raggiungemmo lei e gli altri in un secondo e allora vidi che erano arrivati anche i due fratelli gemelli di Hanna. “Eccovi, sfaticati!” Li prese in giro quest’ultima. “A chi hai dato dello sfaticato?” Chiese Harold afferrando il collo della sorella e iniziando a strofinargli la testa con vigore, allora Hanna, giocando, sollevò il maggiore da terra e spezzò la presa che aveva su di lei. I due allora iniziarono a fare la lotta amorevolmente, era quasi un abbraccio e i pugni erano quasi carezze ma si notava che sapevano quel che facevano: Hanna bloccava i colpi del fratello attuando anche leve e una volta fece quasi uno strangolamento, invece Harold colpiva, anche se con leggerezza, le parti sensibili del corpo con precisione chirurgica. “Voi due! Smettetela!” Tuonò il signor Uther fulminandoli con lo sguardo; i due si congelarono seduta stante e si separarono mettendo le mani dietro la schiena sorridendo come due ebeti. “Che infantili.” Commentò Luke, beccandosi un’occhiataccia dai due fratelli. Appena uscite la zia e la cugina di Elaine si accesero una sigaretta. “Dovete proprio fumare?” Chiese la ragazza guardando le due con disappunto. “Che c’è, lo sai che fumo per questioni mediche.” Disse la zia inspirando il fumo. “Certo, questioni mediche….” Disse Elaine avvicinandosi. “La questione medica della dipendenza, zia.” Disse la ragazza togliendole la sigaretta dalla bocca e spegnendola a terra, ripetendo la procedura per la cugina. “Che palla che sei cuginetta! È una cicca, per la miseria!” Elaine lanciò un’occhiataccia a sua cugina e continuò a camminare verso la libreria con noi increduli che le stavamo accanto e lasciò intendere di non commentare. Teneva la testa bassa e trascinava i piedi con vergogna. Mi chiesi cosa l’avesse spinta a fare la parte dell’adulta.

Fatti gli acquisti in libreria ci dirigemmo all’emporio per comprare il necessario per quell’anno e fare nuove scorte di ingredienti per pozioni. Dopo di ché Elaine andò a comprarsi una divisa nuova dato che la vecchia, per ovvi motivi, le era diventata piccola e così fece anche Hanna per non ritrovarsi maglioni o camice piccole a metà o a fine anno.

Tornato a casa andai di sopra in camera mia dicendo di voler sistemare la valigia. La mia stanza era la soffitta, il tetto era più basso ai lati e si vedevano le travi in legno, c’era un'unica finestra tonda rivolta a sud da cui entrava sempre molta luce, la stanza era tinta di celeste, c’era un vecchio armadio in legno d’abete in cui tenevo i miei vestiti, un tavolo di dimensioni medie con una lucetta per la lettura e con dei libri chiusi ordinatamente sopra, accanto alla finestra sul lato destro c’era il mio letto, era un singolo da una piazza con sopra delle coperte verde scuro e lì accanto sulla parete c’era una biblioteca con libri scolastici sia vecchi che nuovi, non c’erano romanzi, gli unici libri da lettura li avevo letti alle elementari e non mi erano mai piaciuti. Ai piedi del letto v’era la valigia con il materiale per Hogwarts e la gabbia per Anacleto che in quel momento era fuori per il suo giretto quotidiano. Stavo iniziando a mettere i libri in valigia quando una voce mi distrasse. “Eccoti qua, ragazzino.” Sussultai nel sentire la voce di Ehogan. Non sapevo come facesse, ma tutte le volte appariva dal nulla senza preavviso, sapevo solo che lo incontravo almeno una volta al giorno quando voleva lui. “Che ci fai in casa mia?” Chiesi io sussurrando, spaventato all’idea che mio padre ci scoprisse. “Te ne intendi di leggende antiche?” Mi chiese l’uomo ignorando del tutto la domanda. “No, non mi piace la letteratura.” Dissi io senza vergogna. “Beh ragazzino, te la dovrai far piacere, dato che da oggi ti insegnerò i versi che devi sapere a memoria.” Disse quello stranamente allegro. “Che cosa?” Chiesi io esasperato e confuso. “Fa parte delle mansioni dei druidi l’essere un bardo.” Rivelò Ehogan. “E poi molti incantesimi potenti richiedono canti e musica.” Disse con ovvietà. “Canti e musica?” Chiesi io terrorizzato. “Sì. Cosa credi, che tutta la magia sia come quella che ti ho insegnato fino ad ora? La telecinesi e l’uso dell’energia interna sono un conto. Ma per controllare gli elementi, il clima, la vita, la morte, l’amore e l’odio servono formule e pozioni.” Spiegò il druido. “Per tanto… devi costruirti un’arpa!” Decretò questo solenne e fiero. “Una ché?” Chiesi io confuso guardandolo come se avesse appena detto che gli asini volano. “Un’arpa.” Ripeté. “È fondamentale: non si possono cantare questi antichi testi senza musica.” Dichiarò il vecchio brandendo con orgoglio la sua vecchia arpa come se fosse un’arma o un tesoro prezioso. –Inizio a credere che a questo vecchio manchino delle rotelle.- Pensai guardandolo sempre più confuso. “Mi prendi in giro? Io non so suonare e sono un pessimo cantante!” Rivelai sperando che ci fosse una via di fuga. “Oh, tutto si impara! Avanti fammi sentire un… Do.” Cantò accompagnando quel dolce do con la rispettiva nota musicale. “Potrebbero sentirci.” Dissi io preoccupato alla reazione che mio padre avrebbe avuto, già vedevo le pareti andare in frantumi. “Tuo padre è appena uscito.” Rivelò il vecchio indicandomi la finestra, guardai e non potei che constatare che era appena uscito. “Avanti, Do.” Insistette il vecchio. Presi un bel respiro, il vecchio suonò la nota e io… “Do.” La mia nota era stridula e poco musicale e il vecchio mi guardò perplesso e accigliato. “Ci dobbiamo lavorare… e tanto... tanto.” Lo guardai disperato. “Non posso evitare?” Domandai giocando l’ultima carta, ma conoscevo già la risposta. “No!” Tuonò Ehogan.

 

   
 
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