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Autore: Carme93    04/01/2017    1 recensioni
Anno 2020.
L'ombra sta nuovamente calando sulla comunità magica inglese (o forse europea) ed ancora una volta toccherà ad un gruppo di ragazzi fare in modo che la pace, con tanta fatica raggiunta, non venga meno.
Tra difficoltà, amicizie, primi amori e litigi i figli dei Salvatori del Mondo Magico ed i loro amici saranno coinvolti anche nel secolare Torneo Tremaghi, che verrà disputato per la prima volta dal 1994 presso la Scuola di Magia e stregoneria di Hogwarts.
Questo è il sequel de "L'ombra del passato" (l'aver letto quest'ultimo non è indispensabile, ma consigliato per comprendere a pieno gli inevitabili riferimenti a quanto accaduto precedentemente).
Genere: Avventura, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Potter, Famiglia Weasley, James Sirius Potter, Un po' tutti | Coppie: Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo ventisettesimo
 
Una nuova prova per James
 
 
Ormai era marzo inoltrato, il clima era diventato meno rigido ma i ragazzi erano sempre più presi dallo studio man mano che si avvicinavano gli esami di fine anno. Tutti a parte James Potter, che non aveva pensieri se non per la seconda prova del Torneo Tremaghi sempre più imminente. La preoccupazione più grande era che non aveva la minima idea su come affrontarla, nonostante trascorresse gran parte del suo tempo a cercare possibili soluzioni in biblioteca con l’aiuto dei suoi amici, Benedetta, Robert e Demetra e saltuariamente anche del fratello Albus e del cugino Louis. L’unica cosa che lo tratteneva dal disperarsi totalmente erano le storie che gli aveva raccontato il padre: il grande Harry Potter, aiutato da Hermione Granger, la strega più intelligente e dotata della sua generazione, aveva superato la seconda prova solo grazie all’intervento di Dobby, un elfo domestico.
 
«Forse dovrei andare nelle cucine e farmi amico tutti gli elfi domestici. Magari uno di loro mi sa dire come catturare un essere invisibile» sbuffò, dando voce ai suoi pensieri.
 
«Che idiozia» borbottò Robert, senza neanche alzare gli occhi dal grosso tomo che stava sfogliando.
 
«E poi gli elfi domestici non sono già tuoi amici?» chiese Demetra.
 
«Non ha importanza. James, non farà nulla contro le regole. Ha già troppi problemi» disse, invece, Benedetta fissando il suo ragazzo con severità.
 
«Si, signora» ribatté velocemente James con un lieve sorriso, che scomparve immediatamente quando tornò a fissare tutti i libri che dovevano ancora leggere.
 
«È amico degli elfi» spiegò Robert. «Deve fare il melodrammatico».
 
«Melodrammatico io?!» sbottò James.
 
«Il demiguise è una creatura pressoché pacifica. Dopo la serpentona, dovresti essere contento» ribatté l’altro.
 
«Poco ma sicuro. Non voglio vedere serpenti per un bel po’» borbottò James. «Comunque è impossibile questa prova…».
 
«No. Dobbiamo solo pianificare una strategia adatta. Tutto qui» disse Robert.
 
«Fosse facile» sbuffò James.
 
«Vuoi fare l’Auror o il timbra carte in qualche bugigattolo al Ministero?» lo provocò l’amico.
 
James ebbe un guizzò negli occhi e lo fissò serio per un attimo. «Farò mangiare la polvere alla francesina e a Dumbocoso».
 
*
«Lily Potter, dobbiamo parlare» disse una voce altezzosa.
 
La ragazzina non dovette aspettare di voltarsi per riconoscerla. Incrociò la braccia e fronteggiò l’altra ragazzina, mentre Alice al suo fianco assumeva la sua stessa espressione di sfida.
 
«Da quando io e te abbiamo qualcosa da dirci, Corner?» ribatté Lily.
 
«Ho bisogno di un favore» replicò l’altra cambiando completamente il tono di voce.
 
Lily si scambiò uno sguardo con Alice, poi rispose: «Tu non sei mia amica. E io non faccio favori a chi non è mio amico. E soprattutto non a te che mi dai fastidio dal primo momento che ci siamo conosciute».
 
«Posso pagarti. In qualunque modo tu voglia. Posso farti anche i compiti. Per sempre».
 
«Oh, addirittura. Quanto sei disperata?» le chiese Alice.
 
«Che cosa vuoi davvero?» domandò, invece, con una punta di disprezzo Lily. «Sei la prima della classe e la miglior lecchina che Hogwarts abbia mai visto. Vuoi incastrarci? Metterci nei guai? Ridere di noi? Lo fai sempre. Non so se l’hai capito, ma del tuo giudizio da piccola superba non ce ne frega nulla».
 
«Giusto! Quindi gira al largo» aggiunse Alice.
 
«Non ho nessun secondo fine. Ho bisogno del vostro aiuto e sono disposta a tutto per ottenerlo. Mi metto pure in ginocchio se volete».
 
«No, no, no» disse immediatamente Lily fermandola. «Ci guarderanno tutti. Che intenzioni hai? Mi prendi per scema per caso? Vuoi fare la parte della vittima e poi chiamare un insegnante!».
 
«No, accidenti! Ma perché questi sospetti non li hai con la Jefferson? È la cocca di molti professori, ma voi non avete alcun problema a stare in sua compagnia». Lily e Alice inarcarono contemporaneamente un sopracciglio eloquentemente.
«Ok, va bene. Sono stata spesso antipatica e scorretta con voi. Vi giuro che non lo farò mai più. Sarò al vostro servizio».
 
«Al nostro completo servizio?».
 
«Sì. Se volete stringo anche il Voto Infrangibile».
 
«No, quello non è necessario. Mio padre mi ucciderebbe» borbottò Lily. «Tanto abbiamo molti metodi per vendicarci dei traditori».
 
«Avanti, dicci prima cosa vuoi. Solo dopo stringeremo un qualunque patto con te» aggiunse Alice.
 
«Voglio fare uno scherzo a mio fratello».
 
«Tuo fratello? Gabriel Corner, il Prefetto-Perfetto?» chiese Lily sorpresa.
 
«Sì, lui».
 
«E perché mai?».
 
«Perché è asfissiante. È la copia in miniatura di nostro padre in tutti i sensi. E io non sopporto più nessuno dei due. Mi sento soffocare. Gabriel riporta ogni mia azione ai miei. Non ce la faccio più».
 
«E che tipo di scherzo vuoi fargli?» chiese con aria professionale Alice.
 
«Non lo so. Le esperte siete voi».
 
«E in cambio tu obbedirai a tutti i nostri ordini? Qualsiasi ordine?» domandò Lily.
 
«Sì. Voglio essere libera».
 
«Bene, qua la mano» disse Lily porgendole la sua. Dopo che anche Alice strinse la mano alla Corner, l’accordo fu ufficialmente siglato.
 
*
James era distrutto, ma soddisfatto finalmente aveva un piano perfetto per la seconda prova e non gli restava che metterlo in pratica. Ci aveva rimuginato sopra tutto il giorno pur di sistemare alla perfezione ogni particolare. Avrebbe voluto parlarne e confrontarsi con gli altri, ma sembrava che fossero spariti tutti. L’avevano ignorato per tutto il giorno e non ne aveva compreso il perché. Si sentiva un po’ giù per questo. Benedetta era stata chiamata da Dominique per non si sa quali compiti da Prefetto; Robert, appena si era conclusa l’ultima lezione, era corso via dicendogli solo che lo attendeva sua zia. Demetra si era dileguata senza dire nulla. L’avevano lasciato completamente solo. Era consapevole del fatto che non potessero stare sempre insieme a lui, ma almeno quel giorno avrebbe voluto la loro compagnia. Mise una mano in tasca e ne tirò fuori una cioccorana. Sorrise amaramente quando vide la figura che gli era uscita: Harry Potter. Sembrava che il destino glielo avesse fatto apposta. Era ormai il quinto compleanno che festeggiava lontano da casa, ma sembrava che i suoi stavolta fossero così impegnati da non avergli spedito ancora nemmeno un biglietto di auguri. Non dubitava che l’avrebbero fatto, ma insomma sperava solo di poter fare qualcosa, anche di stupido, con i suoi amici e i suoi cugini. Anche Albus e Lily sembravano troppi impegnati: il primo sommerso dai compiti, tanto per cambiare, la seconda impegnata in chissà quale progetto malandrino con Alice.
 
«Potter».
 
James si voltò di scatto. «Buonasera, professore» disse dopo aver ingoiato l’ultimo pezzo di cioccolata.
 
«Hai cinque minuti? Vorrei mostrarti una cosa».
 
«In realtà dovrei studiare» borbottò. Non aveva molta voglia di lezioni extra, nemmeno di Difesa.
 
Maxi Williams non sembrò dar peso alla sua risposta. «Non ha molto valore questa scusa detta da te. Forza seguimi».
 
James controvoglia obbedì non vedendo vie d’uscita, ma con la segreta speranza di trovare una scusa il più velocemente possibile e filarsela alla Torre di Grifondoro.
 
«Prima tu» disse Williams, indicandogli un’aula vuota.
James si era fidato fin dal primo momento di quell’uomo, ancora molto giovane ma già così esperto; tuttavia in quel momento ebbe un’esitazione.
«Che c’è?» gli chiese il professore accorgendosene.
 
«Quest’aula non viene usata di solito» bofonchiò. Non osava ammettere ad alta voce i suoi pensieri, perché se ne vergognava: non poteva dubitare di lui, non ne aveva motivo.
 
«Sai, sono molto soddisfatto dei tuoi miglioramenti. Neanche sette mesi fa saresti entrato in quest’aula senza nemmeno riflettere sulle possibili conseguenze».
 
«Non ha fatto altro che rimproverarmi per la mia impulsività per sette mesi» ribatté James.
 
Williams sorrise. «Forza, entra. Non te ne pentirai. Fidati, se c’è una cosa in cui credo fermamente è la lealtà».
 
«Io non volevo…» iniziò il ragazzo vergognandosi.
 
«Muoviti, non hai tutta la sera. Non mi sono offeso, tranquillo. Anzi, approvo che tu faccia attenzione a quello che hai intorno».
 
James annuì e poi entrò in aula.
 
«Buon compleanno!» urlarono diverse voci.
 
Per un attimo rimase stordito a causa della luce improvvisa e dalle urla, ma riconobbe immediatamente la figuretta che si fiondò nelle sue braccia dal profumo dei suoi capelli.
«Auguri» sussurrò Benedetta, scoccandogli un bacio sulla guancia.
James non avrebbe certo sgradito un bacio diverso, ma dal comportamento della ragazza comprese che con lui era entrato anche Williams e che non era il caso di esagerare.
«Scusate il ritardo, ma il vostro amico credeva che volessi attentare alla sua vita» disse Williams con un sorriso divertito. Molti risero e James sentì le punte delle orecchie diventare sempre più calde. Comunque i suoi fratelli lo tolsero dall’imbarazzo saltandogli al collo. «Che scemo che sei, pensavi davvero che non avessimo tempo per te?» chiese Lily. Solo quando la ragazzina mollò la presa Albus poté finalmente abbracciare il fratello maggiore.
 
«Ehi! Anche io voglio gli auguri!» disse una voce fintamente indignata.
 
«Certo, Rosie. Buon compleanno!» disse James, felice come non lo era da diverso tempo, abbracciando con forza la cugina.
«Come sempre da buon cavaliere tocca a me farti gli auguri per primo» aggiunse ricordando il gioco che facevano da bambini. Con una stretta al cuore ripensò al suo dodicesimo compleanno e si sentì davvero stupido: quello sì che era stato uno dei più tristi. Lontano da casa, da Lily e Al (anche se non l’avrebbe mai ammesso) e specialmente da Rose con cui fin dall’età di un anno aveva condiviso i suoi compleanni.
 
«Abbiamo una torta enorme. Gli elfi l’hanno fatta apposta per noi» gli annunciò Rose. Indicando un tavolo su cui troneggiava una torta a forma di drago.
 
«È molto bella» disse con un sorriso.
 
«Sbrighiamoci. Al ha voluto fare le cose per bene e chiedere il permesso e possiamo stare qui solo fino al coprifuoco sotto il controllo di Williams».
 
«Come ha fatto a ottenere il permesso?» chiese stupito.
«Non lo so» sussurrò Rose, «ma iniziò a pensare che la McGranitt abbia una cotta per lui».
 
James scoppiò a ridere come un matto. «Allora approfittiamone e divertiamoci!».
 
Williams insonorizzò la stanza e li permise di mettere un po’ di musica, se di ciò era al corrente anche la Preside nessuno era interessato a saperlo. Meno che mai James che per un po’ dimenticò totalmente l’ansia e l’agitazione per la seconda prova.
 
«Mi dispiace» gli sussurrò Benedetta.
 
«E di che?».
 
«Sei stato triste per tutto il giorno… volevamo farti una sorpresa, però. Nel mucchio di regali ci sono anche quelli dei tuoi famigliari. Li abbiamo chiesto di non inviarteli direttamente».
 
«Stai tranquilla, sono contento. E poi sapevo che qualcosa alla fine avreste fatto qualcosa per me, solo non tutto questo».
 
«Anche i professori hanno pensato che fosse giusto che ti distraessi. Il Torneo è un bel peso sulle tue spalle» aggiunse Benedetta.
 
«Ho trovato una soluzione, ve ne parlerò domani con calma».
 
«È magnifico, Jamie!» esultò lei buttandogli le braccia al collo.
 
Quella sera nel dormitorio fu l’ultimo ad andare a letto. Riguardò per un attimo i regali che aveva ricevuto e li ripose nel baule. Mettendosi a letto sfiorò con le dita il bracciale di cuoio intrecciato che gli aveva regalato Benedetta e non poté fare a meno di sorridere. 
 
*
 
«Vieni anche tu, Gabriella! Ci divertiremo!» disse Lily esortando Gabriella Jefferson, sua compagna di stanza, a seguirle.
 
«Sì, infatti. Sarà bello tutte e quattro insieme» aggiunse Alice.
 
«Ma è tardissimo!» rispose agitata la ragazzina.
 
«Fa parte del divertimento! Su, che Grifondoro sei?» insisté Lily.
 
«Ci vado persino io» disse Elisabeth Corner.
 
«Ok, va bene» sussurrò Gabriella.
 
«Ho il mantello di James» annunciò Lily eccitata tirandolo fuori.
 
«Te l’ha dato di sua spontanea volontà?» domandò Alice sospettosa.
 
«Certo che no. L’ho preso di nascosto. Su, andiamo. O faremo notte» rispose con una smorfia la ragazzina.
 
Le quattro procedettero in silenzio ben nascoste dal mantello. «Merlino, il tuo cuore batte così forte che potrebbe farci scoprire da Sawyer!» soffiò Alice fissando Gabriella, che si portò automaticamente le mani al petto. «Non stiamo andando a compiere un reato, solo a fare uno scherzetto a un Prefetto un po’ gonfiato».
La compagna le rivolse uno sguardo preoccupato, ma scelse di non ribattere. Intanto Lily aveva iniziato a salire le scale che portavano all’ingresso della Torre di Corvonero.
 
«Come fate?» non riuscì a trattenersi Gabriella.
 
«Abbiamo fatto le nostre indagini sui Corvonero. Non siamo venute qui allo sbaraglio. Faremo un lavoro pulito pulito e ce ne torneremo a letto».
 
«Una ragazza sola in una stanza buia ha un fiammifero in mano. Nella stanza ci sono anche una candela, una lampada ad olio, un camino. Cosa accende prima?» gracchiò il corvo, che custodiva l’entrata del dormitorio.
 
«Una parola d’ordine no, eh?» sbuffò Lily.
 
«Il fiammifero» rispose Elisabeth Corner e la porta si aprì.
 
«Wow, tanto di cappello!» commentò Alice mimando un inchino.
 
«Ora cerchiamo la stanza di tuo fratello» disse Lily, mentre Gabriella si guardava intorno a bocca aperta. Salirono le scale del dormitorio maschile il più silenziosamente possibile e si bloccarono solo di fronte alla stanza dei ragazzi del quinto anno. «Perfetto» disse la ragazzina muovendo solo le labbra e facendo loro segno di entrare. Lei fu l’ultima. Gli unici rumori erano il respiro regolare dei quattro ragazzi che occupavano la camera e la pioggia che aveva iniziato a picchiettare sul vetro. Lily avanzò verso il centro ed estrasse una specie di pluffa di metallo dallo zaino. Ghignò appoggiandola a terra e colpendola con la bacchetta. Lo strano oggetto cominciò a tremare. «Andiamo via, presto» ordinò concitata alle altre. Erano quasi arrivate all’ingresso che sentirono uno scoppio seguito da imprecazioni varie. Lily rise almeno finché non vide una figura vicino a uno dei divanetti. Per un attimo il suo cuore perse un battito, poi la riconobbe. Per fortuna non era Fergusson, ma solo Goldstain. Si scambiarono uno sguardo e poi loro quattro corsero via. Si fermarono solo quando furono al sicuro nella loro stanza. Lily e Alice scoppiarono a ridere sfogando in quel modo la tensione. Elisabeth e Gabriella le fisavano preoccupate.
 
«Era una bomba?» chiese spaventata la seconda. Elisabeth la fissò senza capire. «È un’arma babbana» spiegò subito Gabriella.
 
«Una specie. Ma non è pericolosa, tranquille. È uno degli scherzi di mio zio: bomba a sorpresa».
 
«Sorpresa?» chiese Elisabeth.
 
«Tuo fratello e i suoi amici in questo momento sono ricoperti di vermicoli viscidi e schifosi» spiegò Lily suscitando le risatine di Alice e Elisabeth, mentre Gabriella sembrava ancora troppo spaventata.
 
«Quel ragazzo che ci ha visto?» chiese Elisabeth.
 
«Che?!» disse, ora, terrorrizzata Gabriella.
 
«Jonathan Goldstain. Non credo che farà la spia. Dovremmo essere tranquille» rispose Lily, che nel frattempo si era avvicinata al suo baule. «Eccola, qua!» disse con un sorriso mostrando loro un enorme barattolo di nutella.
 
«Cos’è?» chiese Elisabeth.
 
«La scuola babbana è una noia mortale…» iniziò Lily.
 
«Come tutte le scuole» le fece eco Alice.
 
«Giusto! Comunque abbiamo scoperto delle cose fantastiche, tra cui la nutella. Ogni tanto gli elfi la mandano a tavola per colazione».
 
«Sì, ma mio fratello mi ha sempre vietato di mangiarla. Su ordine dei miei» spiegò Elisabeth.
 
«Siediti o ti è stato vietato anche di sederti a terra?» chiese Alice guardandola dal basso. Lily aveva tirato fuori anche dei grissini e si era seduta a gambe incrociate come Alice, nello spazio vuoto tra i letti. Gabriella le imitò e così fece anche l’altra ragazzina dopo un momento di esitazione. «Sì, ma mi sono stancata di obbedire».
 
«Ottimo» commentò Lily e Alice annuì convinta. «A voi» aggiunse la ragazzina porgendo a ognuno di loro un grissino pieno di nutella. «Credo che dopo un’avventura del genere potremmo diventare molto più amiche».
 
«Malandrine. Non vi piace come nome?» domandò Alice.
 
«Veramente io non vorrei rifarlo mai più» borbottò Gabriella.
 
«Ci sto» acconsentì immediatamente Elisabeth.
 
«Bene, ma il tuo nome è troppo lungo» disse Lily.
 
«Eli, va bene?».
 
«Perfetto! E, Gabri, puoi far parte del gruppo senza partecipare sempre o per forza ai nostri piani» disse Lily.
 
«Sul serio?» chiese incredula la ragazzina.
 
«Certo!» disse Lily.
 
«Ah, naturalmente siamo tutte sullo stesso piano. Non ci devi niente per stanotte, Eli» aggiunse Alice. Elisabeth le fissò per un attimo e poi le abbracciò con foga.
 
*
«Lily, Jonathan ti deve parlare» sibilò Albus sedendosi vicino alle ragazzine insieme al Corvonero. Magnifico, pensò, la ragazzina, Goldstain aveva raccontato tutto a suo fratello.
 
«Davvero? E di cosa?» chiese Lily, facendo la finta tonta.
 
«Davvero» ribatté Albus con un’occhiataccia.
 
«Mi stavi per mettere nei guai» borbottò il Corvonero. «Corner ha dato la colpa a me».
 
«Mio fratello è uno scemo» disse Eli alzando gli occhi al cielo.
 
«È un Prefetto!».
 
«Sei nei guai?» tagliò corto Lily.
 
«No. Williams ha detto che non c’erano prove contro di me».
 
«Bene. Allora qual è il problema? Vuoi qualcosa in cambio?».
Il ragazzo la guardò malissimo. «State lontano dalla nostra Sala Comune prossimamente. Grazie» disse alzandosi e tornando al suo tavolo.
 
«Lily» iniziò Albus, ma sua sorella lo bloccò subito.
 
«Evita la predica, Al. Per quello ci pensa la mamma».
 
«Allora forse è il caso che le racconti che la notte anziché dormire vai in giro per la Scuola» ribatté il ragazzo.
 
«Non puoi. Niente spia» lo redarguì la ragazzina. «Jamie, ti prego diglielo tu» aggiunse rivolta al fratello maggiore che era appena arrivato. Il ragazzo, però, rivolse un’occhiataccia a entrambi,
 
«Jamie, dille che non può entrare nelle altre Sale Comuni!» insisté.
 
«Che faccia quello che vuole! Che vuoi che me ne frega» ribatté scontroso il ragazzo. «Buona giornata, eh!» disse riprendendosi la borsa per abbandonare la Sala Grande.
 
«Guarda che tuo fratello c’è rimasto male» lo richiamò Benedetta nell’ingresso trattenendolo per un braccio.
 
«Sono nervoso! La prova è tra due giorni».
 
«Ti capisco. Robert sta prendendo da mangiare per tutti. Ti daremo un mano, ma devi dirci ancora come».
 
«Trasfigurazione. Devo migliorare in Trasfigurazione» annunciò. La ragazza rimase allibita, ma Robert giunse prima che potesse fare qualunque domanda.
«Demetra è rimasta a chiacchierare con i nostri compagni. Ho preso delle fette biscottate, biscotti e della torta al cioccolato» disse Robert e gli altri due si sbrigarono a liberargli le mani.
 
«Dove andiamo?» chiese Benedetta.
 
«Nel parco» rispose Robert. «Ormai è primavera, non fa freddo come prima». James e Benedetta, mano nella mano, lo seguirono. Fecero colazione in silenzio, ognuno immerso nei proprio pensieri, lungo una sponda del Lago Nero. «Allora, qual è il tuo piano?» chiese infine Robert dopo aver ingoiato l’ultimo boccone.
 
«È molto semplice» iniziò James meditabondo, «devo trasfigurare una pietra o qualcos’altro in un demiguise e lui attirerà quello della gara».
 
«Perché sono delle stessa specie?» domandò Benedetta titubante.
 
«Esattamente! Insomma il demiguise si spaventerebbe se vedesse solo me! Invece verrà attirato da un suo simile!» disse convinto James.
 
«Possiamo sempre provarci» acconsentì scettico Robert. «In caso improvvisi».
 
«Non è che abbia molta scelta» borbottò James.
 
«Non puoi chiedere ad Apolline?» tentò Robert.
 
«Preferisco cercare quella creatura per tutta la foresta che chiedere aiuto alla francesina» sbottò irritato James.
 
«Vuoi che ti aiutiamo con la trasfigurazione, vero?» chiese allora Robert.
 
«Certo. Ho difficoltà con le cose semplici» sospirò James.
 
«Stai tranquillo, ti aiuteremo noi. Entro due giorni sarai un asso in Trasfigurazione!» disse concitata Benedetta.
 
«Non esageriamo» borbottò Robert.
 
*
 
E si erano esercitati in ogni momento libero. Una parte di James avrebbe voluto saltare anche le lezioni, ma il suo ruolo di Prefetto e la consapevolezza di non voler metter nei guai gli amici, che tanto si stavano prodigando per lui.
 
«Andrà tutto bene» disse Benedetta scoccandogli un bacio sulla guancia sotto gli occhi attenti e preoccupati di Paciock.
 
«Speriamo» borbottò il ragazzo per poi seguire lo zio.
 
«Sai quello che devi fare?» chiese Neville teso.
 
«Ho un piano, ma è assurdo».
 
«Anche tuo padre faceva piani assurdi, ma se la cavava sempre lo stesso».
 
«Peccato, che non sono lui allora» replicò James, ma Neville non ebbe il tempo di aggiungere altro perché erano giunti al confine con la Foresta Proibita dove era stata costruita una struttura di legno che ospitava spettatori e giudici.
 
«Buongiorno a tutti!» principiò Gregory Mullet con la voce magicamente amplificata. «La seconda prova sta per iniziare. Come tutti sapete durante la prima prova i Campioni hanno conquistato una bottiglia che conteneva un indizio su questa nuova prova. Se sono riusciti a decifrarlo, ora sapranno che il loro compito è quello di entrare nella Foresta Proibita e trovare uno dei demiguise che sono stati liberati questa mattina. Ve ne è uno ciascuno. La creatura non deve essere ferita in nessun modo o il Campione perderà punti a seconda della gravità. Non c’è un tempo stabilito per portare a termine la prova, ma naturalmente il punteggio risentirà del tempo che si è impiegato. I tre Campioni sono pronti».
 
James era molto nervoso. La prova sembrava meno pericolosa della precedente, anche perché il demiguise era una creatura pacifica, ma aveva il terrore di fare la peggiore figuraccia della sua vita. Anche Apolline sembrava nervosa. Strano. Louis aveva parlato con lei, ne era certo. E altrettanto sicuramente Madame Maxime non si era fatta problemi a darle qualche spinta. E allora? Cosa la spaventava? Dumbocoso sembrava una statua di sale senza emozioni. Come sempre.
 
 «Al mio tre potrete entrare nella Foresta Proibita» annunciò Mullet. «Uno. Due. Tre».
 
James con il cuore in gola seguì gli altri due Campioni. «James». Si voltò di scatto verso Apolline. Non si aspettava proprio che lei gli rivolgesse la parola. La fissò interrogativo. «La foresta è davvero pericolosa come dicono?» gli chiese nel suo inglese perfetto, ma addolcito dalla pronuncia francese. Sembrava enormemente turbata.
«Decisamente sì. Immagino che si siano messi d’accordo con i centauri o non saranno felici di averci tra i piedi. Quello che più spaventa sono le acromantule. Quelle ti fanno in un sol boccone» rispose, non voleva parlarle ma sarebbe stato sleale mandarla completamente allo sbaraglio. «Ma tanto la tua Preside ti avrà già detto tutto. Hai dimenticato gli appunti nella carrozza?» chiese poi per provocarla. Intanto si stavano inoltrando nella foresta. Dumbcenka si era allontanato immediatamente da loro, neanche avessero il vaiolo di drago.
 
«Comment osez-vous?» sbottò Apolline così tanto irritata dalle sue parole e dal suo tono da dimenticarsi di usare l’inglese.
 
«Stai calmina! E parla in inglese, non ti capisco. Per quanto mi riguarda potresti anche avermi maledetto».
 
«Sei uno scemo, Potter! E perché tu lo sappia Madame Maxime non mi ha aiutato neanche per la prima prova. Si è limitata a dirmi cosa avrei dovuto affrontare».
 
«Dici niente!» s’irritò il ragazzo.
 
«Sai che ti dico? Spero che un’acromantula ti divori!» disse Apolline voltandogli le spalle e allontanandosi a lunghe falcate.
 
«Chi ti capisce è bravo» borbottò James, ormai solo. Sospirò e puntò la bacchetta contro un sasso bello grosso. Si concentrò e poi disse: «Feraverto». Con suo enorme sollievo la pietra si trasformò in un demiguise sotto i suoi occhi. Dalla tasca tirò fuori dell’erba che aveva raccolto prima di raggiungere zio Neville. Aveva avuto paura che la creatura sarebbe sparita senza dargli il tempo di raccoglierne direttamente nella foresta. Porse l’erba al demiguise sperando di attirarlo a sé. Avrebbe voluto chiedere aiuto ad Hagrid, lui sì che avrebbe saputo dirgli come comportarsi in quella situazione, ma non aveva voluto metterlo nei guai. Lentamente si abbassò e si sedette a terra, sempre tenendo l’erba davanti a sé. Il demiguise lo stava studiando e James voleva mostrarsi il più possibile degno di fiducia.
Trascorsero diversi minuti e il ragazzo iniziò a temere di aver fatto un cretinata colossale. La creatura a un certo punto, però, allungò una zampa e prese il ciuffo d’erba. James, almeno un po’ rassicurato, attese che finisse di mangiare senza fare movimenti bruschi. Quando il demiguise finì, tornò a scrutarlo. Il ragazzo sorrise e allungò una mano verso di lui. Sempre molto lentamente. Il demiguise la sfiorò con una zampa, poi improvvisamente si rese invisibile. James si trattenne dall’imprecare e s’impose di non fare movimenti bruschi. Poco dopo tornò visibile.
 
«Ci sono dei tuoi simili qui. Mi aiuti a trovarli?» disse sentendosi molto stupido. Mille domande si fecero strada in lui: un animale nato da una Trasfigurazione, era un animale vero e proprio? Oh Merlino, avrebbe dovuto seguire con più attenzione le lezioni. Si appuntò di non raccontare questi dubbi a Teddy o l’avrebbe ucciso. E poi il demiguise lo capiva? Sinceramente nutriva moltissimi dubbi. Dopotutto era un esserino carino, forse avrebbe dovuto impegnarsi di più a Cura delle Creature Magiche. Sospirò sempre più affranto: ero un disastro. Avevano tutti ragione a urlargli contro in continuazione! E avrebbe fatto un disastro anche ai G.U.F.O.! Forse era stato davvero presuntuoso a dire alla McGranitt che avrebbe fatto gli esami con i suoi compagni. Si sentì toccare e sobbalzò. Il demiguise lo fissava con un sguardo intenso. Aveva messo in mezzo anche quella povera creatura o quel povero sasso? Forse avrebbe dovuto chiedere illuminazioni almeno ad Albus. La creatura si mosse guardandolo eloquentemente. Gli stava dicendo di seguirlo? Si alzò. Probabilmente stava impazzendo, ma non aveva nulla da perdere al quel punto. A parte la propria dignità, se fosse uscito da quella foresta senza la creatura richiesta. Per un attimo si chiese come avrebbe fatto a distinguerle, poi osservando con attenzione quella che aveva davanti si diede del cretino. Altra cosa da non dire a Teddy. La trasfigurazione non era riuscita perfettamente: il demiguise era tutto grigio e le illustrazioni che aveva visto in biblioteca mostravano colori decisamente più chiari; ma non era questo il problema principale: i talloni, se così si potevano chiamare, erano di pietra. Era un disastro. Se lo ripeté come una mantra, mentre seguiva il suo povero demiguise. Per un po’ ebbe il dubbio che la creatura effettivamente non avesse capito la sua richiesta. Ogni tanto si fermava e assaggiava le piante che incontravano sul loro percorso. James non riusciva a trovare soluzioni alternativa e si lasciò guidare.
Il demiguise si era fermato e lo scrutava, quando si accorse di avere di nuovo la sua attenzione gli porse una pianta. James lo fissò interrogativo, ma la creatura tornò alle sue attività. Così fu costretto ad analizzare la pianta nella speranza di riconoscerla. Aveva un buon odore, ma proprio non si ricordava il nome e men che meno le sue proprietà. Si sentì di nuovo depresso e posò la valeriana nella tasca della divisa, che aveva deciso di indossare nonostante avessero la possibilità di scegliere qualcosa di più comodo. Si inoltrarono ancora per un po’ nella foresta e per un attimo, a causa della sua distrazione, perse di vista il demiguise. Il suo cuore accelerò il battito. La sua compagnia gli faceva piacere, realizzò. Il demiguise, però, tornò subito verso di lui diventando invisibile a intermittenza. Cosa l’aveva spaventato? Sentì un urlo che gli fece gelare il sangue.
«Apolline!» chiamò estraendo la bacchetta, che fino ad allora aveva tenuto in tasca per non inquietare la creatura. Non impiegò molto a trovarla. La ragazza correva nella sua direzione, totalmente sconvolta in volto. Quando vide che cosa la stava inseguendo James rimase paralizzato sul posto. Un’acromantula. Imprecò a bassa voce prima di intervenire. «Stupeficium!». Non le fece nemmeno un graffio. Tirò a sé Apolline con forza e le disse: «Dobbiamo colpirla insieme. Nel ventre dovrebbe essere più suscettibile. Avanti!» la esortò vedendo che non reagiva. «Adesso» gridò nella speranza che lo imitasse. «Stupeficium!» ripeté per la seconda volta, ma furono due i lampi di luce che colpirono la bestia, che si accasciò a terra. James si accorse di aver il fiato corto, come se avesse corso a lungo.
 
«Merci» sussurrò la ragazza, ancora sconvolta. Si era aggrappata al suo braccio.
 
«Di niente. Allontaniamoci, però. Prima che riprenda i sensi».
Così si avviarono insieme in una direzione completamente diversa e per un po’ non parlarono. Fu Apolline a rompere il silenzio strillando. «Quello è un demiguise?!».
 
James si voltò appena in tempo per riconoscere il suo nuovo amico. Il suo colore era inconfondibile. La creatura, però, si spaventò e tornò invisibile. Probabilmente li aveva seguiti fino a lì. Il ragazzo lanciò un’occhiataccia alla francesina, imponendole silenziosamente di tacere. Strappò un ciuffo d’erba e tentò un nuovo approccio con il demiguise, che alla fine tornò visibile e accettò la sua offerta. James spiegò rapidamente il suo piano ad Apolline.
 
«Bene, ci separiamo di nuovo?» propose James, ma la ragazza scosse violentemente la testa in risposta.
 
«Ti prego, so che ce l’hai con me, ma questo posto è inquietante. Non ce la faccio più. Non lasciarmi sola. Aiutami. Ti giuro che ti lascio tutto il vantaggio che vuoi. Voglio uscire al più presto da qui. Ho già visto un demiguise, ma mi è sfuggito. Tu sei molto più bravo. Sono disposta anche a perdere la prova, se vuoi. Ma non mi lasciare da sola».
 
James vide il suo sguardo supplichevole e sincero e non se la sentì neanche di rispondere sarcasticamente. Annuì. «Anche se non so quanto tu ci possa guadagnare. Comunque troviamole insieme e usciamo insieme».
 
Così procedettero insieme, di nuovo in silenzio. Ognuno perso nei propri pensiero.
 
«Perché hai della valeriana in tasca? Serve per attirare il demiguise?».
 
«No. Ti ho già detto il mio piano, per quanto sia folle. Questa è valeriane, dici? Ha proprietà rilassanti, vero?» replicò James. «Me l’ha data lui» disse indicando il demiguise, che, di nuovo, tranquillo passava da una pianta all’altra. Stupefacente era che evitava le piante velenose. «Dovrei portarlo a erbologia con me, forse potrebbe aiutarmi a rialzare la media» borbottò.
 
«Se non riconosci la valeriana, sei messo male. Comunque sì, ha anche effetti rilassanti» ribatté Apolline. «E il tuo piano non è così folle. Ha la sua logicità».
 
«Non c’è bisogno d’infierire sulla mia ignoranza. So di essere un inetto» borbottò James infastidito.
 
Apolline scoppiò a ridere. «Scherzi, vero? Non sei un inetto! Quando ti ho visto poco fa, ho tirato un sospiro di sollievo!».
 
«Come facevi a sapere che sarei stato in grado di aiutarti?» replicò James.
 
«Sapevo che non ti saresti tirato indietro ridendo di me come ha fatto Dumbcenka».
 
«Cosa? Non ti ha aiutato?» chiese allibito James.
 
«No. Al contrario l’ha trovato divertente».
 
James si indignò, ma non aggiunse altro. All’improvviso si sentì tirare la manica. Era il suo demiguise. Si scambiò uno sguardo con Apolline e insieme lo seguirono in una radura. Rimasero esterrefatti: la creatura aveva realmente fiutato i suoi simili, ma la scena che si presentò ai loro occhi era inaspettata. Lo stesso demiguise di James divenne invisibile. Le tre creature destinate a ciascuno di loro erano legate e su di esse torreggiava il Campione di Durmstrang. Dumbcenka si voltò verso di loro.
 
«Io non aspettare foi così presto» disse.
 
«Che li hai fatto?! Non dobbiamo ferirli!» si irritò immediatamente James.
 
«Non afere ancora feriti» ribatté per nulla turbato. «E comunque afere ferito solo vostri, non mio» spiegò per poi muovere velocemente la bacchetta. James che aveva alzato la guardia aveva evocato un incantesimo scudo con prontezza.
 
«Essere brafo Potter» disse con il chiaro intento di prenderlo in giro e non certo di fargli un complimento. «Vediamo come te la cavi con loro».
Pronunciò delle parole che James non comprese, ma sentì un brivido percorrergli la schiena. La terra iniziò a tremare, Dumbcenka si prese la sua creatura. «Difertitefi» disse dileguandosi. Il Grifondoro non poté fermarlo perché dalla terra erano emersi quattro bestioni.
 
«Troll» esalò. «Ma come?!».
 
«Evocazione. È magia nera» sussurrò Apolline terrorizzata. Dopodiché non si capì più nulla. I due ragazzi furono separati dai troll che tentavano di colpirli con le loro mazza. Entrambi provarono diversi incantesimi, ma quelle creature avevano la pelle dura. James aveva il cervello inceppato. Aveva paura e si vergognava. Spinse via Apolline prima di essere colpita dalla mazza di legno.
 
«Vattene» le strillò. «Quelli vogliono me» disse. Non ci voleva un genio a capirlo. Stavano tentando di ucciderlo. Che scemo! Era così preso a piangersi addosso e a preoccuparsi per il demiguise, che si era dimenticato l’obiettivo del Torneo: farlo fuori.
 
«Che? Scordatelo! Ti faranno a pezzi».
 
«E se rimani, faremo la stessa fine» ribatté James.
 
«Quel pezzo di merda» sbottò Apolline, sorprendendo James. «Dobbiamo uscire di qua solo vendicarci».
 
Quello era poco ma sicuro pensò James. Tentò di ricordarsi come sconfiggere i troll, ma non li avevano ancora studiati. Williams affrontava certi argomenti solo a livello M.A.G.O. Si sforzò e si ricordò uno dei racconti del padre. Se tre bambini di undici anni avevano sconfitto un troll, potevano riuscirci anche loro due. Beh a parte il fatto che erano quattro i troll.
«Exsperlliamus» disse e prese la mazza di uno dei troll al volo. Apolline non avendo altre idee lo imitò. Poi disarmarono anche gli altri due. Decisamente facevano meno paura disarmati. Certo, solo un pochino di meno. «Impedimenta» tentò James, ma nel frattempo un altro troll lo colpì con una manata. Vide le stelle. Forse gli aveva rotto il braccio.
 
«James!» urlò spaventata Apolline. «Incarceramus».
 
Con sorpresa di entrambi un troll era caduto in terra legato da corde invisibili. James si rialzò a fatica e tentò di imitare la ragazza, nonostante tutto il braccio destro gli dolesse. Apolline lo affiancò e soffiò: «Insieme! Così l’incantesimo sarà potente. Li intrappoliamo tutti e quattro e poi scappiamo. Sono troppo forti e si libereranno. Almeno credo».
 
Ansimavano entrambi per lo sforzo di evitare i troll, che sembravano ancora più feroci. «Sono pronto».
Ne colpirono uno insieme, ma gli altri due non furono dei bersagli semplici. Alla fine, dopo aver legato l’ultimo, James cadde in ginocchio esausto e dolorante.
 
«James! Il braccio è rotto?» gli chiese Apolline avvicinandosi.
 
«Non ha importanza. Andiamocene. Dove sono i demiguise?».
Si guardarono intorno per un attimo. James imprecò quando li vide. Erano ancora legati e sembravano feriti. Non erano sfuggiti alla foga dei troll.
 
«Non sono feriti entrambi. E comunque non sembra nulla di grave. Come facciamo? Sono terrorizzati» tentò di tranquillizzarlo Apolline. James la raggiunse a fatica e si inginocchiò accanto alle due creature. Poco dopo accanto a lui apparve anche il suo demiguise grigio. Accarezzò la creatura ferita e sussurrò: «Va tutto bene, presto guarirai. È solo un graffio» disse puntando contro la bacchetta. Apolline lo fermò. «Scapperà».
 
«Non ha importanza. Questa storia è andata oltre. Non dovevano farsi male né spaventarsi tanto. È poi è ferito alla zampa, non andrà lontano. Sanguina» replicò James.
 
«Ok, ma sbrigati» acconsentì ella fissando con preoccupazione i troll che tentavano di divincolarsi.
 
«Finite incantatem» disse per poi prendere il demiguise in braccio. Sentì un dolore lancinante al braccio, ma almeno non era rotto. Apolline liberò l’altro, che non fuggì. Ella lo accarezzò. «Andiamo» disse James. I troll stavano diventando sempre più inquieti. Un giorno sarebbe stato abbastanza forte da sconfiggerli senza problemi si promise e dopo un ultima occhiata si allontanarono in fretta. Camminarono a passo svelto e i demiguise li seguirono. Sentirono non molto lontano un ruggito e capirono che almeno uno dei troll si era liberato.
 
«Corriamo!» strillò Apolline.
 
James corse come mai aveva fatto in vita sua stringendo a sé il demiguise, ma si sentiva sempre più stanco e soprattutto il braccio doleva sempre di più. «Ci siamo!». Alle parole della ragazza sollevò il capo per un secondo e accorse felicemente il confine della foresta. Le urla degli spettatori lo stordirono improvvisamente e si bloccò quasi spaventato.
 
«James, sei ferito?».
Peter Lux si avvicinò a lui per primo.
 
«BÂTARD, JE VAIS TE TUER!».
 
James aveva appena consegnato il demiguise a uno dei maghi addetti e rimase colpito dallo schiaffo che Apolline tirò a Dumbcenka sotto gli occhi dell’intera Scuola e soprattutto dei giudici. Vulchanova iniziò a urlare in tedesco e si avvicinò con foga al suo allievo e alla ragazza. La McGranitt e Madame Maxime furono costrette a intervenire. Il ragazzo ignorò i richiami di Lux e li raggiunse.
 
«Levale le mai di dosso!» sbottò mettendosi tra Vulchanova e Apolline.
 
«Potter, pretendo una spiegazione» sibilò la McGranitt nel tentativo di riportare l’ordine.
 
«Potreste iniziare a dirci perché avete tre demiguise e non due» s’inserì Mullet. James sospirò e iniziò a raccontare a partire dal suo piano per arrivare all’attacco dei troll e alla loro fuga. Il silenzio era totale, sugli spalti non avevano potuto comprendere ogni cosa, ma capirono che era una situazione grave.
 
«Come osi accusare un mio allievo?» tuonò Vulchanova. «Faccia qualcosa e metta a tacere quest’insolente. Non ha nemmeno e prove!» aggiunse rivoltò alla McGranitt.
 
«Io non mento!».
 
«E c’ero anche io! L’abbiamo visto con i nostri occhi evocare i troll. Quella è magia nera!» sbottò Apolline.
«Menzogne! Fatemi vedere le prove!».
 
«La sua bacchetta!» buttò lì James.
 
Vulchanova serrò la mascella e fece cenno al suo allievo, Dumbcenka estrasse la bacchetta e la porse alla McGranitt. «Prego».
 
«Prior Incantatio» mormorò con voce lievemente scossa la donna. Ripeté l’incantesimo più di una volta, ma risultarono sempre e solo incanti base.
 
«Visto!?» tuonò Vulchanova.
 
Apolline stava cedendo si vede dal suo volto, James, invece, non si trattenne. «Perquisitelo! Deve avere un’altra bacchetta!».
 
«Insolente!».
 
«Basta così, Potter» disse la McGranitt in tono di avvertimento.
 
«No! Professoressa, lei non mi crede?» chiese stupito. «Professor Williams! Professor Paciock!» disse rivolgendosi anche agli altri due insegnanti che si erano avvicinati. Il primo scosse la testa, mentre il secondo gli disse: «Fatti medicare». James si sentì sconfitto e permise che Peter gli controllasse il braccio.
 
«Signori e signori, ecco il risultato della seconda prova» iniziò Mullet nuovamente con la voce amplificata magicamente. «Al primo posto il signor Dumbcenka che ha portato a compimento la prova in circa un’ora, la giuria ha attribuito cinquanta punti. La signorina Flamel e il signor Potter hanno impiegato lo stesso tempo circa un’ora e mezza, ma il signor Potter ha ferito il suo demiguise. Alla Campionessa di Beauxbatons vengono, perciò, attribuiti quarantacinque punti, mentre al signor Potter quaranta. La classifica finale è la seguente: Dumbcenka primo con 97, Flamel con 85 punti e infine Potter con 77 punti. Le modalità della terza prova vi verranno comunicate a tempo debito. Buona giornata».
 
James era furioso. Si liberò dalla stretta di Peter e si allontanò prima che qualcuno potesse fermarlo.
 
Angolo autrice:
Ciao a tutti!
Innanzitutto buon 2017!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. :-D
Vorrei fare solo qualche precisazione:
  1. “BÂTARD, JE VAIS TE TUER!” significa “bastardo, io ti uccido” (mi sono affidata a Google Traduttore). Decisamente Apolline ha perso il controllo.
  2. Mi sono innamorata del demiguise, come dello snaso e dell’asticello, dopo aver visto “Animali fantastici: dove trovarli”.
  3. Non ho riletto con attenzione l’ultima parte, perché sono stanca ma ci tenevo a pubblicarlo e non indugiare oltre. Quindi abbiate pietà se c’è qualche errore.
 
Vi auguro una buonanotte,
Carme93
 
   
 
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