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Autore: Kikyo90    26/05/2009    6 recensioni
Bella si sveglia dopo un lungo periodo di coma in ospedale. L'unico suo contatto con il mondo, è un ragazzo di nome Edward, che la strappò alla morte una sera di un anno fa. -Il mio amore è come una rosa rossa rossa,ch'è da poco sbocciata in giugno: il mio amore è come una melodia che è dolcemente e armoniosamente suonata. Il mio amore è come questa rosa rossa che ti sto regalando: ti amo, Bella Swan. La ragazza arrossì, mentre vedeva il viso di lui che si avvicinava inesorabile alle sue labbra, fino a sfiorarle in un bacio timido e passionale allo stesso tempo. In quel momento, Isabella conobbe il vero significato della parola felicità. E se il dottor Cullen fosse diverso da come lo conosciamo? E se avesse un fratello? E se Edward non fosse suo figlio adottivo? E se gli eventi si fossero sviluppati in maniera del tutto diversa a quelli del libro? Beh, per trovare le risposte non dovrete far altro che cliccare sulla mia fic e leggerla ^^
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio
Note: Alternate Universe (AU), OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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SCARLET ROSE
CAPITOLO 1

***

La ragazza stava correndo, stava scappando da qualcuno o da qualcosa.
Non avrebbe mai immaginato che sarebbe finita così, quando tutto era iniziato credeva che la vita le avrebbe sorriso e ora, invece, si trovava nel bosco e stava cercando con tutte le sue forze di sfuggire al suo inseguitore.
Era riuscita ad uscire, a superare  tutti gli alberi quando inciampò e cadde sul freddo terreno. All'improvviso, la creatura da cui lei cercava di scappare, le fu sopra. A nulla servì cercare di dimenarsi: la ragazza sprofondò nel buio e da allora non vide più nulla.

***

-Dottore, dottore! Presto, venga!
-Cosa c'è, signorina Walters?
-La paziente della camera 3 si è svegliata! La ragazza che era in coma...
Il dottor Cullen sollevò la testa dalle sue scartoffie con un'espressione indecifrabile.
-Ne siete sicura?
-Si, presto venite!
L'uomo si alzò dalla poltrona del suo studio e si precipitò alla stanza numero 3 e vide che, effettivamente, la paziente si stava svegliando. Lo mostravano le sue palpebre tremolanti che lottavano per riaprirsi e le dita contratte.
Nel periodo che aveva passato priva di sensi, solo un ragazzo, Edward Bennett,  andava a trovarla ed era colui che l'aveva portata d'urgenza in quel luogo dopo averla trovata quasi esanime.
Nell'ospedale conoscevano solo il suo nome: Isabella Swan. Il nome era pervenuto dai documenti trovati nella borsa della ragazza, oggetto che Edward aveva tenuto con sé.
Un urlo si levò dalla sua bocca e in un attimo il medico le fu accanto. Lei sgranò gli occhi e si guardò intorno.
-Ragazza, come ti senti?
Ci mise un po' prima di riprendersi dal suo incubo e riacquistare l'uso della parola.
-D-dove mi trovo? Chi è lei? E chi sono io?
-Non ricordi proprio niente?
La ragazza scosse il capo, ma se ne pentì subito poiché fu assalita da un improvviso mal di testa.
-Era solo un sogno... come sono finita qui?
-Sei stata trovata quasi esanime nel cimitero, dal guardiano che quando ti ha vista ti ha portata immediatamente qui. Sei stata in coma per un anno, durante il quale ti ha fatto visita solo il ragazzo che ti ha soccorsa. Non hai famiglia?
Lei trasalì leggermente quando il dottor Cullen nominò quel luogo, ma cercò di non darlo a vedere.
-Mi spiace, non ricordo niente. Non so nemmeno come mi chiamo...
-Beh, in questo posso aiutarti. A fianco al tuo corpo svenuto, è stata ritrovata una borsa all'interno della quale c'erano i tuoi documenti. Il tuo nome è Isabella Swan, ma purtroppo non posso dirti di più.
 
-Isabella...-ripeté lei, poco convinta.                         
Così, era stata in coma per un anno. Perché non ricordava in che circostanza era accaduto? E perché aveva dimenticato anche il suo nome e tutto il suo passato? Ad Isabella sembrava di essere nata in quel momento e la cosa non le piaceva.
Siccome non parlava più, il dottore la chiamò.
-Isabella...?
Non rispose subito, ma quando lo fece, avanzò la richiesta che più le premeva.
-Vorrei vedere il ragazzo che mi ha salvata. Potreste farlo chiamare, per favore?
-Forse non è una buona idea, devi riposare.
-La prego, è importante per me vedere chi mi ha salvata.
L'uomo sbuffò e mandò un'infermiera a telefonare a Edward, il guardiano del cimitero e rimase solo con la ragazza.
-Quando mi dimetterete?
-Vedremo. Prima dovremo farti fare i dovuti esami e dovrai affrontare anche un periodo di riabilitazione. Tuttavia, non avendo memoria, credo che sarebbe meglio per te rimanere qui finché non riusciamo a rintracciare qualcuno della tua famiglia.
Abigale annuì mentre sulla soglia apparve un ragazzo dai capelli neri e gli occhi verdi. Era davvero bello e la ragazza rimase un attimo ad osservarlo sorpresa. Possibile che un ragazzo così giovane fosse il custode del cimitero?
-Per fortuna ti sei svegliata, sai che cominciavo a perdere le speranze?
-Edward, non farla stancare troppo, d'accordo?-detto questo, il dottore li lasciò soli.
-Scusa, non vorrei essere scortese, ma chi sei?
-Non c'è problema, è naturale che tu non mi conosca. Io sono Edward Bennett e sono il guardiano del cimitero.
-Allegria, signori e signore...
Edward rise. Nonostante l'atmosfera intorno a loro fosse leggermente surreale e non adatta all'umorismo, i due ragazzi riuscirono a ridere insieme durante la loro conversazione.
Anche se l'aveva salvata, Isabella non si fidava e chiese al ragazzo di parlarle di lui e fornirle qualche informazione.
Edward aveva ventisei anni e viveva da solo. Avendo perso la sua famiglia qualche mese prima, non si era più sentito di vivere nella casa dei suoi genitori e si era trasferito per fare il custode del cimitero, sostituendo il suo vecchio zio andato in pensione.
Oltre a quello, aveva anche altri problemi. Aveva molto in comune con Isabella dato che anche lui era stato colpito da un'amnesia. La differenza era che lui ricordava il suo passato, ma aveva dimenticato ciò che gli era successo nella fascia di età compresa tra i diciassette e i venticinque anni. A quanto gli avevano detto, si era svegliato una mattina senza riconoscere nessuno e da allora i suoi genitori lo avevano portato da ogni medico nella speranza che potesse guarire e in un certo senso le cure gli avevano giovato, anche se non del tutto.
Non riuscì a riacquistare i ricordi perduti di quegli otto anni, ma aveva imparato a vivere con quel vuoto e si stava rifacendo una vita e si poteva dire felice quando, per ironia della sorte, pochi mesi prima un incidente d'auto non portò via i suoi genitori.
-Mi dispiace, accidenti. E in tutto questo periodo sei sempre venuto a trovarmi?
-Si, Isabella. Quando ti ho trovata lì per terra, stesa, sembravi quasi morta... mi hai spaventato.
La ragazza arrossì. Non si conoscevano, eppure lui era così premuroso...
-Ma non era necessario.. voglio dire, avrai avuto parecchie cose a cui pensare e...

-Non è stato di nessun disturbo, se é questo che volevi dire. É vero, ho avuto molto da fare negli ultimi mesi ma ti assicuro che non mi è pesato il venirti a trovare.
-Grazie, adesso a quanto ne so non ho nessuno e tu sei l'unico appiglio che ho col mondo reale.                                                                                  
-Quando uscirai di qua, ti darò una mano a ricordare. Ce la farai, vedrai..
-Spero... ah, volevo chiederti se per caso durante questo anno di coma è venuto qualcun altro oltre te.
-Che io sappia, no. Se poi sono venuti a trovarti mentre non c'ero è un altro discorso, credo che dovresti chiedere al dottor Cullen. Adesso è meglio che vada, non devi stancarti... d'altronde ti sei appena risvegliata.
-No, aspetta...
-Non ti preoccupare, torno domani.
Edward salutò Isabella che chiuse gli occhi stancamente, ma non per dormire: per riflettere. Cosa ci faceva lei in un cimitero? Come era finita in coma? Nonostante la visita del ragazzo, lei aveva addosso una strana sensazione di disagio dovuta forse al sogno che stava facendo prima di svegliarsi e si sentiva stanca come se avesse corso veramente.
Forse quello era semplicemente l'effetto di un anno di coma, non poteva essere fresca e riposata dopo tutto quel tempo ma ancora non si spiegava il perché avesse dimenticato tutto il suo passato.
Ricordava di avere dei genitori, ma pur sforzandosi non riusciva a mettere a fuoco i loro visi, come del resto capitava con chiunque lei volesse tentare di ricordare. Che fine aveva fatto la sua famiglia? Erano forse morti? No, no poteva essere...
Mentre rifletteva, una dottoressa entrò nella stanza per condurre la paziente fa fare una tac. Le staccò la flebo e le fece indossare il camice.
-Dove mi sta portando?
La dottoressa Black le sorrise.
-Andiamo a fare una tac, in modo che esaminandola riusciamo a capire perché sei stata colpita da un'amnesia. Non ti viene in mente nulla che possa aiutarci?
-No, mi dispiace. L'unica cosa che ricordo, prima di svegliarmi, è uno strano sogno, ma sicuramente non c'entra...
-No, parlamene. In questi casi non bisogna tralasciare nulla.
Isabella, seppur scettica, le raccontò il sogno.
-Mi trovavo in mezzo agli alberi e scappavo. Non so da cosa, o da chi, ma ricordo che ad un certo punto sono caduta e mi sono ritrovata la “cosa” addosso. So che è inutile, ma ricordo solo questo sogno ricorrente...
La donna disse che niente era inutile e spinse la sedia a rotelle sulla quale si trovava la ragazza nella stanza che avevano di fronte. Un'infermiera la aiutò ad alzarsi dalla sedia e a sdraiarsi, dopodiché schiacciò un pulsante e il tubo si chiuse.
-Dottor Cullen, cosa ne pensate?
-Non so, signora Black, davvero. Non riesco a trovare niente di anomalo e la cosa non mi piace. Lei vede qualcosa?
La donna scosse la testa. Com'era possibile che l'esame non mostrasse nulla? La ragazza aveva perso la memoria e non era certo una cosa da niente...
-Dottore, la ragazza mi parlava di uno strano sogno ricorrente. Non sarebbe il caso di chiamare il suo collega per vedere se ha a che fare con lei? Magari, analizzandolo, potrebbe anche ricordare chi é...
Carlisle Cullen impallidì. Mai, mai avrebbe ceduto e fatto una cosa simile... per nessun
 
motivo al mondo avrebbe chiamato quel...
-No, assolutamente.
-Ma è il migliore psicologo che ci sia sul mercato!
-Ne cercherò un altro, ma non provi a chiamare James Cullen per nessun motivo! Chiaro?
-Si, non si preoccupi..                                                   
In realtà, James era il fratello di Carlisle ma tra loro non correva buon sangue. Erano stati rivali fin da piccoli, quando la loro madre aveva preferito l'altro a lui e suo padre lo aveva mandato in collegio per stare vicino al più piccolo.
“Non gli darò questa soddisfazione, no...”
Intanto, dopo quindici minuti, la tac di Isabella era finita e l'infermiera che l'aveva portata lì la riportò in camera.
-Non voglio tornare a letto...
-Non sei in condizioni di poter dire cosa vuoi fare. Non essere capricciosa, su!
-Ma io voglio provare a camminare, dottoressa!
-Magari tra qualche giorno, ora sei troppo debole.
-Non voglio stare a letto, non mi piace stare ferma!
-Che impazienza, ti sei svegliata da appena un giorno Abigale. Non puoi fare miracoli, ma se proprio ci tieni domani ti aiuterò a metterti in piedi, ok?
-Grazie... senta, non è che in questo anno ha visto qualcun altro oltre ad Edward?
-Intendi che è venuto a trovarti? No, non ho visto nessuno, mi dispiace.
Isabella sospirò, mentre la donna l'aiutava a mettersi nel letto le le sistemava la flebo. Dunque, il suo unico appiglio con il mondo esterno era Edward... quello strano ragazzo che faceva il guardiano del cimitero e che le aveva salvato la vita.
-Isabella, credo che adesso dovresti riposare.
-Ma se ho dormito per un anno!
-Non discutere. Vuoi o no essere riposata per domani? Non volevi alzarti e iniziare a camminare?
-Si.
-E allora, vedi!? Buonanotte, Isabella...
La signorina Harrocks uscì dalla stanza e la lasciò sola in modo che potesse riposare. Era vero che aveva dormito un anno intero, ma lo stress mentale assorbito durante tutta la giornata era stato incredibilmente stancante e si era indebolita ulteriormente. Un'altra notte di riposo non poteva che giovarle, dunque.
Purtroppo, non riuscì a dormire perché quando tentava di chiudere gli occhi le tornavano in mente le immagini del sogno. Adesso che ci pensava, le sensazioni che aveva provato nel suo inconscio le sembrava di averle sentite per davvero e non era una bella sensazione.
Sbuffò, come a voler cacciare via quei pensieri e così si stese meglio, coprendosi persino la testa.
Pur essendosi stesa, Isabella non aveva intenzione di dormire, temeva di non riuscire a svegliarsi, ma la stanchezza ebbe la meglio e la ragazza chiuse lentamente gli occhi.
Nello stesso istante, a qualche chilometro di distanza, un uomo seduto davanti al caminetto nel salotto della sua casa, lasciò che il suo viso si deformasse in una sorta di sorriso sardonico finché dalla sua bocca non proruppe una risata che non aveva niente di allegro.
Una risata da brivido che non prometteva nulla di buono...

Ehilà, eccomi ritornata!!!!!!!
Prometto che con questa fic sarò più puntuale negli aggiornamenti, anche perché ho già un po' di capitoli pronti ^^
Mi raccomando, commentateeeeeeeeeeeeeeeeee!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

  
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