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Autore: Sophja99    07/01/2017    1 recensioni
Durante una vacanza in Canada, Aline e Megan, madre e figlia, a causa di un errore si ritroveranno sperdute in un paese sconosciuto e coinvolte in un viaggio alla scoperta di se stesse, che permetterà loro di mettere da parte tutte le loro divergenze e i problemi e risanare il loro rapporto già da tempo turbolento e complicato.
Prima classificata al contest "Inverno, Neve e Vacanze" indetto da Jadis_ sul forum di Efp.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ma le impronte che hai lasciato


23 dicembre


«Mamma, cosa hanno detto?» domandò Megan, ancora a letto, stroppicciandosi gli occhi assonnati. La madre era uscita presto dall'ostello per telefonare ai genitori e avere notizie ed era appena rientrata nella stanza, con in viso un'espressione mogia.

«Hanno detto che oggi non potranno venirci a prendere. Hanno saputo stamattina che la strada che collega Whitby Harbour a Red Bay è impraticabile a causa della tempesta di neve di stanotte. Dicono che nevicate del genere sono molto frequenti da queste parti e per la grande quantità di neve sulla strada sono stati costretti a chiuderla momentaneamente, fin quando non inizieranno i lavori per rastrellarla via.»

«Mamma! Domani è la vigilia di Natale e noi rischiamo di passarla qua, sperdute in un paesino dimenticato da Dio!» trillò Megan, alzandosi e iniziando a rivestirsi.

«Lo so bene, Megan, ma non posso farci nulla.»

«Invece sì!» le urlò contro la figlia. «Sì, c'era qualcosa che potevi fare. Ascoltare me per almeno una volta e prendere la strada giusta. O magari non costringermi a venire qui con te.»

«Non parlarmi in questo modo» la ammonì Aline.

«Vorresti dirmi che non è vero? Che non è colpa tua? Se non ti fossi fatta venire in testa la strana idea di andare nel nord del Canada per le vacanze di Natale, io ora starei a casa, con papà e le mie amiche, con cui di certo mi divertirei molto di più che qui insieme a te» Megan tirò fuori tutto ciò che sentiva dentro, tutto il disprezzo, l'incomprensione e le sue paure che si ra tenuta per mesi. «Sai, forse se non avessi chiuso con papà e chiesto il divorzio, noi saremmo ancora una famiglia unita e felice. Invece, sono costretta a rimbalzare ogni giorno da casa tua a quella di papà, il che mi fa sentire come se non ne avessi effettivamente una. E tutto questo a causa tua» sibilò e, quando ebbe terminato di vestirsi e si fu messa il cappotto e la sciarpa, uscì dalla stanza sotto lo sguardo stupefatto e addolorato della madre.

Aline rimase per diversi minuti immobile a fissare la porta spalancata dalla figlia, che nella furia della corsa si era dimenticata di richiudere, come covando la speranza che quella la varcasse da un momento all'altro e tornasse per chiederle scusa. Eppure, conosceva bene Megan e sapeva per esperienza che era fin troppo orgogliosa per arrivare a pentirsi di un suo comportamento e scusarsi. Dopo poco, capì che non sarebbe tornata e si decise ad uscire e fare le scale, per poi, tuttavia, bloccarsi nuovamente nell'atrio dell'ostello, realizzando di non sapere dove andare, se era meglio uscire a cercarla e parlarle o rimanere dentro.

«C'è qualche problema?» chiese Olivia, della cui presenza Aline non si era nemmeno accorta. La sua improvvisa domanda destò con violenza la donna dalla marea di pensieri che rischiavano di farle scoppiare la testa e la fece sussultare. «Scusa, cara. Non era mia intenzione spaventarti, né impicciarmi delle vostre faccende.»

«Oh, non si preoccupi» esclamò subito Aline, cercando di darsi un po' di contegno. «Non è assolutamente impertinente. Il fatto è che non riesco proprio a capire mia figlia. L'ho cresciuta con tutto l'amore di cui sono stata capace, ma ora questo non sembra più bastare. Ormai non è più una bambina, - lo so bene -, ma talvolta è difficile ricordarsi che Megan è diventata una ragazza, che ha bisogno dei suoi spazi. Non so... Mi sembra che tutto nella mia vita mi stia sfuggendo dalle mani e non riesca più a controllarlo, sin da quando ho capito che il mio matrimonio stava andando a rotoli e ho chiesto il divorzio.» Aline parlò velocemente, come se questo bastasse a svuotarle la testa e liberarla da tutti i suoi problemi. Guardò la donna, temendo che quella si stesse annoiando o la guardasse scocciata, ma si rese conto che, invece, la stava osservando, annuendo interessata. «Ecco... Io non so più come comportarmi con lei.»

«I figli sono meravigliosi e allevarne uno è ciò che di più bello possa capitare, ma allo stesso tempo portano con sé miliardi di pesi e responsabilità. Non conosco bene tua figlia, ma da ciò che ho potuto vedere, ho capito che è una ragazza risoluta e piena di risorse. Sta diventando grande, come accade ed è accaduto ad ognuno di noi, e tu, -se posso permettermi di darti del tu-, devi semplicemente imparare ad accettarlo e trattarla non più come una bambina, ma come una piccola donna.»

«Come?» chiese Aline, sospirando, per nulla infastidita che Olivia le si fosse rivolta in seconda persona.

«Ascoltandola. Accogliendo i suoi consigli e guardandola sotto un'altra prospettiva, per ciò che sta davvero diventando: una donna.»

Aline si prese qualche secondo per rimurginare sulle parole dell'anziana, per poi guardarla con riconoscenza. «Grazie.»

Quella le rivolse un sorriso.


Megan percorse di corsa il corridoio e le scale che portavano al pianoterra e, senza rivolgere la parola alla proprietaria dell'ostello, uscì fuori. Prese una grande boccata d'aria e respirò profondamente, prima di ricominciare a correre, ma stavolta verso la spiaggia.

Non riuscì a capire dove finiva il terriccio della strada e iniziava la sabbia, sempre se c'era, poiché tutto era ricoperto da uno spesso strato di neve, in cui Megan affondò gli stivali. Per lei fu un sollievo trovarsi di fronte al mare, cullata dalle potenti onde che si andavano a infrangere sulla spiaggia e sferzata dal vento. Eppure, tutto questo ancora non sembrava bastare a calmarla. Vide accanto a sé alcune rocce e sassi che spuntavano sulla neve e tentò di placare la rabbia che sentiva dentro, dandogli un calcio. La pietra non si mosse di molto, poiché impedita dalla neve, e Megan si guadagnò anche un lieve dolore all'alluce del piede.

«Così ti farai male» esclamò una voce da ragazzo dietro di lei, in un inglese simile a quello con cui aveva già sentito parlare Olivia. Megan si voltò e si trovò davanti un giovane dai capelli castani e coperto solo da un giacchino sbottonato fino alla metà, da cui si intravedeva sotto un maglione di lana, e da un cappello. La ragazza lo paragonò al modo in cui era vestita lei e si sentì quasi ridicola, sebbene non potesse farci nulla. Infatti, Megan aveva indossato qualsiasi indumento si era portata e che poteva darle un po' di sollievo dal gelo di quelle terre. Non era abituata ad un freddo tanto pungente e la sua poca resistenza era evidente, mentre il ragazzo doveva essersi ormai adattato a quelle temperature basse.

«Cosa?» domandò, interdetta.

«Che ti ha fatto di male quel sasso per meritarsi un tuo calcio?» Il ragazzo sorrise, mettendosi le mani in tasca.

«Lui niente» ribatté Megan, volgendo lo sguardo verso il mare azzurro. «Mia madre, d'altro canto...»

«Qualche problema? Se hai voglia di parlarne, io ho del tempo libero» disse, indicando delle grandi rocce poco vicino a loro, in cui si sarebbero potuti mettere seduti. «Sono appena tornato dalla battuta di pesca di stamattina.»

«Sei andato a pescare?»

«Già, con gli altri del paese. È il mio lavoro: qui viviamo di pesca» puntualizzò. «Come ho già detto, se vuoi qualcuno con cui sfogarti, io ci sono.»

Megan rifletté per un attimo sulla proposta. Quel ragazzo era uno sconosciuto, ma non le sembrava cattivo, né un possibile criminale. E poi le avrebbe fatto bene parlare con qualcuno dei suoi problemi.

Si avvicinò alla roccia, seguita dal ragazzo, e con le mani coperte dai guanti scansò la neve che vi si era depositata. Entrambi vi si sedettero, l'uno accanto all'altra, gli sguardi rivolti verso il mare. «Comunque, io sono Cole» si presentò.

«Megan» rispose la ragazza, prima di lasciarsi andare a un lieve sorriso. «Come Megan Fox, anche se non ho neanche la metà della sua bellezza.»

«Ehm... Chi è Megan Fox?» domandò il ragazzo, inarcando un sopracciglio.

Megan si voltò a guardarlo, incredula. «Come fai a non conoscerla? È una famosissima modella e attrice.»

«Qua non abbiamo i cellulari, i computer e le televisioni avanzate come quelle che avete voi in Europa» rispose il ragazzo, facendole anche comprendere che aveva riconosciuto il suo accento e capito che proveniva dall'Inghilterra.

«Nemmeno le televisioni? Come riuscite a vivere così... fuori dal mondo?»

«Le abbiamo, ma ovviamente non moderne quanto quelle a cui tu devi essere abituata. Di certo non ci guardiamo i film o le sfilate: al massimo il telegiornale, ma abbiamo cose più importanti da fare che stare davanti ad uno schermo» affermò Cole, per poi cambiare argomento. «Tornando a te, cosa è successo con tua madre?»

La calma raggiunta da Megan durante la breve discussione con Cole si dissipò al solo nominare della fonte di tutti i suoi problemi e l'indignazione le rimontò nel petto.

«Il nostro rapporto è così... incasinato» iniziò, passandosi una mano tra i capelli castani. «Mamma e papà hanno divorziato quando io avevo dieci anni. Ero solo una bambina e l'unica cosa che ero riuscita a capire di ciò che era successo era che da quel giorno in poi non avrei vissuto più insieme a entrambi i miei genitori. La loro relazione era ormai definitivamente terminata, ma loro continuarono a tenere un atteggiamento cortese l'uno con l'altro, scegliendo l'affidamento condiviso, per cercare di rendermi lo shock del divorzio meno tremendo. Da quel momento in poi le mie giornate sono diventate un continuo spostamento dalla casa di mamma a quella di papà.»

«Deve essere stato difficile sopportarlo, soprattutto per una bambina.»

«Già, ma alla fine ci ho fatto l'abitudine. Il difficile non è stato tanto l'accettazione di questa situazione o la separazione, quanto più il fatto che mamma e papà non sarebbero più stati gli stessi di una volta. Non si sarebbero più amati. Insomma, non eravamo più una famiglia perfetta» rivelò Megan, le labbra che si sollevavano in un sorriso amaro. «Mia madre mi ha chiesto di venire qui per le vacanze di Natale per incontrare i miei nonni, ma la verità è che cercava solo un pretesto per allontanarsi da papà e dal resto della nostra famiglia in Inghilterra. Mi ha praticamente costretta a partire, impedendomi di passare queste giornate con le mie amiche nella mia città. Invece ora ci troviamo in un paese sperduto, sempre a causa di mia madre, perché ha sbagliato strada venendo qui, e non possiamo nemmeno sapere se riusciremo a raggiungere Red Bay e incontrare i nonni.»

«Non dovresti abbatterti così» disse il ragazzo, guardandola dritta negli occhi. «Non tutti gli errori sono un male: alcuni insegnano, rimarginano e possono anche aiutare. Qui c'è un detto anonimo molto celebre: Non ricorderai i passi che hai fatto nel cammino, ma le impronte che hai lasciato. Forse questo vostro viaggio qui in Canada e anche lo sbaglio commesso nella strada da prendere è un bene. Magari alla fine vi accorgerete che, invece, inconsciamente vi ha aiutate a trovare la giusta via.»

Megan sembrò riflettere sulle parole del ragazzo, senza, tuttavia, riuscire a comprendere cosa lei e sua madre potessero trarre di utile da tutta quella situazione.

«Ad ogni modo, come festeggiate il Natale in Inghilterra?» chiese lui, cambiando nuovamente argomento tutto a un tratto.

«Beh... Come tutti. Cenone in famiglia, compere nella città ricoperta di addobbi, la decorazione della casa, luci, regali, alberi di Natale e a volte anche vacanza in montagna» disse, sorridendo al pensiero di tutti I suoi Natali passati.

«Qui non si sente molto l'atmosfera natalizia» ribatté Cole. «Sono anni che non vedo più decorazioni; forse, ne avevo viste alcune da bambino, ma ormai nessuno ha più interesse nel metterle e abbellire questo microscopico paese.»

Megan rimase stupefatta per quell'affermazione. Non aveva mai preso in considerazione l'idea che in qualsiasi parte del mondo, nel Canada del nord in particolare, il Natale non venisse festeggiato. Se gliel'avesse detto chiunque altro, probabilmente non gli avrebbe creduto, ma Cole era di lì e conosceva bene le tradizioni della sua comunità.

«Perché? Insomma, non lo celebrate?»

«Sì, ma con una cena normale, come fosse un giorno qualsiasi. Non facciamo grandi cose nel periodo natalizio.»

«Beh, ma questo è davvero... triste» affermò Megan.

«Già, ma che vuoi farci? Questo posto sta diventando sempre più solitario. Io sono uno dei pochi giovani ad aver deciso di rimanere. Tutti gli altri sono andati in altre parti del Canada o addirittura in tutt'altri posti.» Detto questo, Cole iniziò a guardarsi intorno e dire: «Credo sia ora di andare. Devo aiutare gli altri pescatori con la pesca di oggi.» Si alzò e, dopo averle rivolto un ultimo caloroso sorriso, si allontanò da Megan, ancora stordita da quella chiacchierata.

La ragazza si perse per diversi minuti a contemplare il mare, mentre la sua testa veniva attraversata da milioni di pensieri e lei rimurginava sulla conversazione avuta con Cole. In particolare, si soffermò sull'ultimo argomento affrontato dai due ragazzi: il Natale a Whitby Harbour. Non riusciva a credere che lì non venisse festeggiato e che gli abitati del paese si perdessero la magia e le luci di quel meraviglioso periodo dell'anno. Si alzò di scatto, improvvisamente folgorata da un'idea, e corse quanto più rapidamente poteva verso il centro abitato. Si diresse verso il palo dell'elettricità dove il giorno prima sua madre le aveva detto che si trovava infisso il telefono. Come lo raggiunse, sollevò la cornetta e compose il numero della casa dei nonni. Sebbene non telefonasse loro spesso, aveva una fervida memoria e fortunatamente ricordava il numero. Si portò la cornetta all'orecchio, ma all'inizio sentì solo il familiare tu tu e dopo un po' cominciò a temere che nessuno avrebbe risposto, fin quando finalmente non rispose la voce inconfondibile di sua nonna: «Pronto.»

«Nonna, sono io! Megan.»

«Tesoro! Stai bene? Come mai mi hai chiamata?»

«Benissimo! Vorrei solo che mi portaste alcune cose, quando passerete a prenderci...» disse Megan, iniziando ad elencare tutto ciò che le serviva e spiegando alla nonna il suo progetto.

   
 
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