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Autore: Echocide    07/01/2017    6 recensioni
[Sequel di Miraculous Heroes]
Sono trascorsi alcuni mesi da quando la minaccia di Coeur Noir è stata sventata e il gruppo di Portatori di Miraculous è alle prese con la vita di tutti i giorni: le relazioni sentimentali, il nuovo mondo universitario in cui sono sballottati...
Ma Parigi non è mai tranquilla e una nuova minaccia giunge dal passato, assieme a una persona che sembrava persa per sempre.
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Quantum Universe'
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Titolo: Miraculous Heroes 2
Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero, romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what if...?, original character
Wordcount: 3.174 (Fidipù)
Note: Chiedo enormemente scusa per il ritardo: questi giorni di festa mi hanno leggermente sfasata e...beh, mi ero totalmente dimenticata che ieri fosse venerdì. Son geniale, vero? Ma eccomi qua a rimediare subito, appena il mio cervello ha fatto: 'ok, oggi è sabato. Ieri era venerdì...aspetta, ma ieri io non....'. E niente: ci siamo, con questo capitolo iniziano le battute finalissime di Miraculous Heroes 2.
E come mi sembra strano che anche questa parte della storia sia quasi conclusa, soprattutto se conto che un anno fa iniziai a buttare il primo brainstorming (no, cioè, come son professionale. Brainstorming...) di Miraculous Heroes, quando ancora doveva essere una storiellina così, scritta perché sono innamorata del fandom e dei personaggi.
Ma bando alle ciance e ciancio alle bande, passiamo subito ai ringraziamenti: grazie a chi legge, grazie a chi commenta, grazie a tutti voi che mi supportate!
E buona lettura!


Alex addentò la brioche che Marinette gli aveva passato, tenendo lo sguardo fisso su Sarah: era nervosa, lo vedeva bene da come evitava accuratamente di guardare nella sua direzione e da come si torceva le mani.
Ed era diversa.
Non sapeva come e cosa, ma qualcosa era differente nella sua amica.
«La pianti?» sbottò dopo poco Sarah, voltandosi verso di lui e fissandolo a sua volta: «Sai che non lo sopporto quando fai così.»
«Sei diversa.» constatò Alex, dopo aver buttato giù il boccone, voltandosi poi verso Lila – che ancora stava scegliendo cosa mangiare – e Marinette, che si trovava dall’altra parte del bancone: «Vero che è diversa?»
L’italiana si voltò, studiando l’amica e scuotendo il capo: «Non direi. E’ la solita Sarah.»
«E tu saresti una donna?»
«Vuoi fare a botte, Alex?»
«Lila, hai deciso?» domandò Marinette, roteando gli occhi verso l’alto e sospirando: «Le brioches stanno attendendo solo il tuo verdetto.»
«Ragazze!» esclamò Alex, agitando le mani e spargendo un po’ di briciole per tutto il banco: «Vogliamo tornare al discorso principale. Sarah. Cambiata.»
«Ma non sono cambiata!» sbottò la bionda, pestando stizzita un piede per terra: «La vuoi smettere?»
«Alex, seriamente stai tirando fuori il peggio di lei.»
«E’ una mia dote naturale.» sentenziò il moro, sorridendo: «Far uscire il peggio delle persone, intendo.» addentò nuovamente la brioche, pensieroso: «E comunque è dall’altro giorno che mi sembri diversa, da quando abbiamo fatto il meeting ‘i nostri tre amici sono stati uccisi dalle gemelle di Sadako’.» spiegò, dopo aver buttato giù il nuovo boccone: «E anche Rafael. Aveva un che di strano…»
«Tu hai il cervello, strano.» bofonchiò Sarah, sospirando e alzando lo sguardo verso l’alto: «Davvero, non c’è…»
«Beh, sareste diversi se l’aveste fatto.» buttò lì il ragazzo, portandosi alla bocca la brioche ma fermando a metà il gesto: si voltò verso l’amica, osservandole le guance imporporarsi velocemente; aprì la bocca, pronto a dire qualcosa ma, tutto ciò che fuoriuscì fu un verso gracchiante.
«L’avete fatto?» domandò per lui Lila, posando una mano sulla spalla del moro e spintonandolo di lato: «Parla, Sarah.»
«Davvero?» si affrettò a domandare Marinette, scivolando dietro al banco nel punto più vicino a loro: «Quando? Come? Perché? No, aspetta. Il perché lo so. Quando? Come? Come è stato?»
«Io…io…» Sarah osservò i tre: Marinette la fissava con gli occhi colmi di curiosità e felicità, Lila era quasi sul piede di guerra se non avesse parlato alla svelta e Alex doveva ancora riprendersi, dato che l’additava con la bocca aperta e guardando, alternativamente, le altre due ragazze.
«Sì.» bisbigliò l’americana, sentendo il volto andarle a fuoco: «Ma perché ve l’ho detto?» piagnucolò poco dopo, portandosi le mani al volto così da nascondersi alla vista dei tre.
«Perché siamo amici.» decretò Marinette, uscendo dal bancone e mettendole una mano sulla spalla: «Mh. Non so cosa si dice in questi casi, ma sono tanto contenta per te. E per Rafael.»
«Devo dirlo a Wei!» sentenziò Lila, mettendo mano alla borsetta e recuperando il cellulare, sotto lo sguardo attonito di Sarah: «Wei? Tesoro?» esclamò poco dopo: «Devo dirti una notizia fantastica: il pavone ha impalmato l’ape.»
«Lila!» strillò Sarah, voltandosi verso Marinette in cerca di aiuto.
«Come non capisci, Wei. Andiamo. Non è difficile! Pavone. Ape.» Lila sbuffò, pestando un piede per terra: «Seriamente, Wei, alle volte mi chiedo cosa ci trovo in te. Pavone. Ape. Quanti pavoni e api conosci?»
«Voglio morire…»
«Mi sento graziata che…» Marinette si bloccò, arrossendo leggermente: «Beh, che all’epoca non avevo un simile rapporto con Lila.»
«Ecco. Perché non sono saltata addosso a Rafael subito?»
«Gli sei saltata addosso?» strillò Alex che, fino a quel momento, era rimasto in un ghiacciante silenzio.
«Aspetta, Wei. Qua sono iniziati i particolari. Vuoi che metto il vivavoce?»


«Lei è un imbecille!» tuonò Gabriel, marciando nell’androne della casa con il cellulare alla mano, raggiungendo veloce lo studio: «Le avevo detto chiaramente che non volevo quella stoffa. Per quale arcano mistero mi ritrovo un vestito fatto proprio con quella? Ha una motivazione valida oppure devo additare il tutto alla sua completa idiozia?»
Sophie si affacciò nella stanza, osservando il marito scuotere il capo: «No. Passo io dopo.» sentenziò alla fine Gabriel, chiudendo la chiamata, mentre un lungo sospiro gli usciva dalle labbra: «Sophie?» domandò, alzando la testa e notando la figura della donna ferma sulla soglia della porta: «Qualche problema?»
«Volevo solo dirti che uscivo con Willhelmina ma…» la donna si fermò, muovendo una mano per aria e avvicinandosi a lui: «Eri impegnato.»
«Lavoro.» liquidò il tutto Gabriel, sospirando: «Lavoro e idioti che pensano di saper lavorare.»
«Problemi? Vuoi una mano?»
L’uomo sorrise, superando la scrivania e posandole le mani sulle spalle: «Non avevi detto che uscivi con Willhelmina?»
«Sì, però…» Sophie voltò la testa verso il marito, mentre veniva sospinta verso il portone della villa: «Seriamente, Gabriel. Hai bisogno di…»
«Di niente. Non preoccuparti, Sophie.» le rispose immediatamente l’uomo, sorridendole dolcemente: «Vai e pensa a divertirti.»
«Signori.» sentenziò la voce di Adrien, portando l’attenzione della coppia verso le scale, dove il figlio li fissava con un sorriso divertito in volto e i due kwami svolazzavano attorno a lui: «Segnate: in data odierna Gabriel Agreste ha sorriso.»
«Io sorrido sempre.»
«In quale universo parallelo, papà?» domandò il figlio, scuotendo il capo: «Perché non mi sembra…»
«Stai uscendo?» tagliò corto Gabriel, mettendo fine a qualsiasi soliloquio del figlio e scambiandosi un’occhiata con Sophie, che sorrideva divertita: «Avevi detto…»
«Ero lì, che stavo facendo una partita con Nooroo e Plagg a quel gioco di formula uno, quando mi arriva una chiamata di Wei, dove mi chiede di andare a controllare la sua metà – mi rifiuto di definire Lila dolce –, che si trova alla boulangerie di Marinette…»
«Quindi sì, stai uscendo.»
«Sì. Sto uscendo, papà.»
«Facciamo un pezzo di strada assieme, tesoro?» si intromise Sophie, posando una mano sul braccio del marito: «Avevo già avvisato il Gorilla di preparare l’auto e…»
«Sapete che, quel povero uomo, ha un nome, vero?»
«Sì, papà. E il suo nome è Gorilla.»
«Adrien…»
«Comunque pensavo di trasformarmi e saltare qua e là fra i tetti.» spiegò Adrien, massaggiandosi la mano con l’anello: «Faccio sicuramente prima.»
«Sophie, portalo con te.» sbottò Gabriel, indicando il figlio: «Prima che metta in allarme tutta Parigi per un’apparizione di Chat Noir.»
«Ehi, io non metto in allarme tutta Parigi.»
«Vorrei ricordarti di quando ti sei trasformato e sei fuggito di casa…»
«Quella volta hai messo tu tutti in allarme.»
«Adrien Agreste! Cos’è questa storia che sei fuggito di casa?»
«E’ una storia lunga, mamma.»
«Quando era piccolo, lo faceva spesso.»
«Papà, ti devo ricordare che il sequestro di persona è reato anche verso tuo figlio.»
Sophie scosse il capo, raggiungendo il figlio e mettendoglisi alle spalle, iniziando poi a spintonarlo: «Andiamo.» sentenziò, alzando gli occhi al cielo: «Se iniziate a discutere non la finirete ed io non voglio far tardi al mio appuntamento con Willhelmina.»
«Sì, mamma.»


Maus osservò l’auto argentata uscire dalla abitazione degli Agreste: era stato solo per un momento, ma aveva intravisto la figura di Sophie sul sedile posteriore.
Quella donna…
L’aveva vista, durante l’ultima battaglia contro i suoi sottoposti.
Era tornata a essere Pavo, eppure…
Eppure…
Peacock era nel gruppo, quindi Sophie Agreste non poteva aver avuto nuovamente il suo Miraculous.
Dopo la chiamata con Kwon, aveva iniziato a pensare e pensare, elaborando i dati che aveva a sua disposizione e arrivando a una possibile soluzione: tutto aveva portato in un’unica direzione e il peso delle sue scelte – passate e future – era nella tasca del suo soprabito.
Papillon.
Era tutta colpa di quell’uomo.
Papillon e il suo potere non catalogabile.
Papillon, a cui Sophie si era rivolta per chiedere aiuto e il potere di combattere.
Quell’eroe, quel buono redento, era stata la causa di tutto.
Ma adesso avrebbe avuto la sua rivincita.


«Mi sento offesa.» decretò Lila, incrociando le braccia al seno e osservando Sarah che, comodamente seduta sul divano del salotto dei Dupain-Cheng, teneva la testa china: «Non ci hai detto niente. E siamo le tue amiche!»
«Non sapevo come…non sapevo…»
«Sbaglio o anch’io sono stato incluso in ‘amiche’?» domandò Alex, mimando le virgolette quando pronunciò l’ultima parola e chiedendo soccorso a Marinette: «No, perché stamattina ero ancora…»
«Alex.» Lila lo fermò, sospirando: «Sinceramente non voglio sapere.»
Marinette sorrise, avvicinandosi a Sarah e sedendosi accanto a lei, passandole un braccio attorno alle spalle: «Sai com’è fatta Lila, no?» domandò all’amica: «Vuole solo…»
«Voglio sapere! Voglio sapere tutto!» la interruppe l’italiana, saltellando sul posto.
«Ne sei sicura, Lila?» la riprese Marinette, fissandola negli occhi: «Vuoi davvero sapere di Sarah. E Rafael. Sarah e Rafael…»
«Mh. Ora che mi ci fai pensare…» la castana si fermò, tamburellandosi le dita sulla bocca e scuotendo la  testa: «In effetti non è che muoio di questa gran voglia di sapere.»
«Io non voglio proprio sapere.» sentenziò il moro, dalla sua postazione vicino al banco della cucina.
«Ecco.» sentenziò Marinette, ridacchiando e poggiando la testa sulla spalla dell’americana: «Allora, Sarah…» il campanello la fermò e tutti si voltarono verso la porta d’ingresso: «Mamma?» domandò la ragazza, alzandosi dalla sua postazione e raggiungendo velocemente la porta.
«Sì.» dichiarò una voce in falsetto dall’altra parte, che fece ridere la mora.
«Ma quanto sarà scemo…» mormorò Lila, scuotendo il capo e accomodandosi sul divano: «Seriamente.»
«Perché è qui?» chiese Sarah, voltandosi verso l’italiana e fissandola male: «Lila.»
«Non centro! Io ho solo chiamato Wei…»
Marinette le ascoltò, aprendo poi la porta e trovandosi davanti il volto sorridente di Adrien: «Ciao, mamma.» lo salutò, continuando il gioco messo in atto, mentre il ragazzo si chinava e la salutava con un bacio: «Non dovresti essere giù in boulangerie?»
«Tuo padre mi ha spedito quassù a vedere che fate.» dichiarò Adrien, continuando a falsare la voce e facendo spaziare lo sguardo sugli altri occupanti: «Lila, perché Wei mi ha chiamato disperato?» domandò all’italiana con voce normale.
«Come Wei ti ha chiamato disperato?»
Adrien si chiuse la porta di casa dietro di sé, addossandosi a questa: «Sì, mi ha chiesto di venire qua e di controllare se tutto andava bene, dato che doveva ancora lavorare e non sapeva se…» il campanello suonò nuovamente, fermandolo: «My lady, attendi visite?» domandò, posando lo sguardo sulla fidanzata.
«Sì, l’amante.» sbottò Marinette, spintonandolo leggermente e liberando il portone dell’abitazione: «Rafael?» esclamò, vedendo il moro davanti il suo ingresso: «Che ci fai qua?»
«Mi ha chiamato Wei.»
«A quanto pare Wei chiama tutti oggi.» sbottò Lila, imbronciandosi: «Tranne me.»
«Per quello non c’è problemi.» sentenziò la voce di Wei, mentre il cinese compariva nell’adrone della porta: «Chiami tu per tutti e due.»
«Ogni tanto farebbe piacere che tu prendessi l’iniziativa, tesoro.» lo rimbeccò l’italiana, mentre gli ultimi due arrivati entravano nell’appartamento.
«Wei, amico mio.» s’intromise Adrien, sorridendo al compagno: «Perché ci hai riuniti tutti qui?»
«Perché se ho capito bene la storia del pavone che impalpava…»
«Impalmava.»
«Impalmava, grazie Lila.» Wei si fermò, sorridendo alla ragazza: «Dicevo, se ho capito bene la storia del pavone che impalmava l’ape, penso che…»
Adrien spalancò la bocca, iniziando poi a ridere di gusto: «Pennuto…» gracchiò, appoggiandosi a Marinette al suo fianco: «Hai qualcosa da dirmi?»
«No.» ringhiò il francese, fissandolo male e cercando poi con lo sguardo Sarah: «Si può sapere come…»
«Ringrazia Alex.» decretò Lila, indicando l’americano: «Ha talmente esasperato Sarah che alla fine è scoppiata.»
«Ehi! Così passo come da cattivo della situazione.»
«Voglio solo morire…» pigolò Sarah, dalla sua postazione sul divano, stringendo forte contro di sé uno dei cuscini e nascondendo il volto: «Dove sono le ombre killer quando servono?»
Il riferimento all’assassinio dei tre uomini di Maus congelò l’aria nella stanza: «Hai avuto altre notizie, Alex?» domandò Adrien, voltandosi verso il ragazzo e vedendolo negare con la testa: «E da Maus nessun movimento…» continuò il biondo, sospirando poi pesantemente: «Non mi piace questa calma.»
«Non piace a nessuno, Adrien.» dichiarò Wei, scuotendo la testa: «E’ quasi come se tutto si preparasse alla tempesta imminente.»


Gabriel sospirò, sfogliando velocemente il catalogo di stoffe e cercando qualcosa per rimediare all’errore fatto: non c’era il tempo materiale per rifare il progetto da capo, quindi doveva assolutamente aggiustare l’entità del danno.
Girò l’ennesimo scampolo, carezzando la stoffa argentata e valutandola con occhio critico: poteva andare bene?
Non riuscì a trovare una risposta al suo quesito, perché venne interrotto dal campanello dell’abitazione: Gabriel alzò la testa, ascoltando la casa silenziosa e ricordandosi che era solo.
Nathalie era stata spedita alla maison.
Sophie era fuori.
Adrien uguale.
Sbuffò, marciando spedito verso l’ufficio della sua assistente e, dopo aver girato attorno alla scrivania, azionò la telecamera dell’entrata: «Sì?» domandò, voltandosi un attimo per osservare l’agenda lasciata aperta e notando alcuni appuntamenti segnati.
«Guten Tag.» dichiarò la voce straniera, facendo voltare velocemente Gabriel: il viso di Maus era sullo schermo del piccolo monitor e lo fissava sorridente.
«Cosa vuole?»
«Parlare.» rispose il tedesco, sorridendo appena: «Con lei, Papillon.»
Il francese inspirò, osservando il nemico e poi premette l’interruttore che azionava il meccanismo di apertura del cancello; osservò Maus voltarsi verso di questi e poi sparire dalla telecamera, sicuramente diretto verso l’abitazione. Gabriel chinò la testa, stringendo i pugni e inspirando pesantemente: come aveva fatto a scoprirlo? Come aveva fatto a conoscere la sua identità?
Alzò la testa, fissando la porta e si issò in tutta la sua statura: quelle erano risposte alle quali molto presto avrebbe avuto risposta.


Sophie osservò inorridita Maus entrare nella sua casa: il cancello era stato aperto, quindi qualcuno dentro la casa lo aveva fatto entrare.
Ma chi?
Nathalie era fuori, il Gorilla era con lei, Adrien era da Marinette.
Chi?
«Gabriel…» mormorò, portandosi le mani alle bocca e uscendo velocemente dalla vettura, sotto gli sguardi del Gorilla e di Willhelmina.
«E’ una fortuna che ti eri dimenticata il cellulare.» dichiarò quest’ultima, imitandola e uscendo dalla vettura: «Ehi, bestione. Fatti un giro. Veloce.»
Sophie si voltò, osservando il Gorilla cercarla con lo sguardo in cerca di ordini: «Puoi…puoi…puoi andare a prendermi quei dolci che mi piacciono tanto? Li fa il papà di Marinette e poi puoi prenderti la giornata libera.» mormorò velocemente, riportando poi l’attenzione sulla casa, mentre l’auto argentata partiva velocemente.
«Chiamo i ragazzi.» decretò Willhelmina, armeggiando con la borsa e prendendo velocemente il cellulare: Sophie la ignorò e corse verso la propria abitazione.
Gabriel.
Gabriel.
Gabriel, doveva proteggerlo.


La suoneria di Alex risuonò nel salotto dei Dupain-Cheng, attirando l’attenzione di tutti sull’americano: «E’ Willie.» dichiarò, osservando lo schermo del cellulare e rispondendo alla chiamata: «Ehi, babbiona del mio cuore! Come stai? Hai saputo la novità?»
«Poche chiacchiere, Alex.» decretò la donna dall’altro capo del telefono: «Abbiamo un problema: Maus è dagli Agreste.»

   
 
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