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Autore: controcorrente    08/01/2017    3 recensioni
Raccolta di pensieri del triangolo più famoso di Lady Oscar. Maria Antonietta, Fersen e Luigi XVI si susseguono negli episodi più famosi e non presenti nel corso della vicenda della storia principale. Buona lettura a tutti.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Axel von Fersen, Luigi XVI, Marie Antoinette
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Benvenuti a questo nuovo aggiornamento. Non è facile scrivere piccoli pezzi per questa raccolta, soprattutto perché Lady Oscar è tutto tranne che un anime banale. I suoi personaggi sono tragici e a tratti estremi e credo che sia difficile fare qualcosa all'altezza del capolavoro di Ryoko Ikeda. Fare questo capitolo è stato molto complicato da realizzare perché l'episodio a cui fa riferimento è quello più difficile da trattare.

 

LA MENZOGNA parte 1

 

Essere re prevede per l'adempimento di compiti ben precisi e l'essere costantemente sotto gli occhi della corte, pronta a giudicare ogni azione con la massima inclemenza, a frugare nei meandri della mia persona, a caccia di un nuovo pettegolezzo. L'obbedienza meccanica ai precetti del cerimoniale non risparmia il sovrano dalla cattiveria del pettegolezzo. Questo è ciò che ho imparato e che sto sperimentando costantemente sulla mia pelle. 
E'orribile.

Niente è più sgradevole di un nobile annoiato. Mia nonna mi invitava a diffidare da questo vezzo cortigiano, giudicandolo immorale, quasi quanto le favorite che il suo reale consorte ha sfoggiato nel corso della sua lunga vita.

Ho sempre concordato con questa linea, ritenendo la lussuria un atto sporco e privo di dignità...ma questo insegnamento, inculcato fin dentro le membra più segrete del mio essere, non fa che farmi sentire vuoto e sotto pressione. Ogni mio atto è attentamente visionato e analizzato da tutti quegli aristocratici che, prima della mia nomina come erede, avevano deriso la mia goffaggine. Ora tutti tacciono, sapendo che, pur essendo indegno, sono pur sempre l'uomo al quale devono la loro posizione. 
Questo insieme di doveri mi rende nervoso e tremante, malgrado la corazza compassata d'ignavia che porto sembri dire il contrario.

Sono re, ormai,  e non posso più evitare il mio destino. C'è una cosa che devo fare e che trascende qualunque altra cosa: devo dare una discendenza. Fin dal suo arrivo, tutti hanno guardato con pruriginosa smania la linea sottile del corpo di mia moglie, alla ricerca dei segni rivelatori di un futuro lieto evento.

Quattro anni però erano passati e la mia regina continua a mostrare alla corte una figura snella e graziosa.

In molti avevano iniziato a mormorare...e, in un certo senso, questo malcontento era atteso. Sono troppo indegno di questo ruolo, benché Iddio abbia deciso di chiamare a sé persone ben più capaci della mia persona, lasciando a me questo trono. In una piega fatalista, attendevo da tempo il primo segno della mia indegnità. Mai avrei pensato che colpisse la mia capacità di lasciare una discendenza. In quattro anni, mia moglie non aveva ancora avuto una gravidanza.

Nessuno riusciva a spiegarsi la ragione di questo vuoto.

Come erede imperfetto dei Borbone, avrei dovuto ragionevolmente aver contribuito alla prosecuzione della stirpe. Nessuno si aspettava che io diventi un grande re ma era inconcepibile, ai loro occhi, che non vi fosse un figlio, pronto a succedermi.

Luigi XIV ebbe sei figli dalla sua consorte, senza contare gli illegittimi. Luigi XV, mio nonno, ebbe invece una prole ben più numerosa, generando dalla sua moglie dieci figli, a testimonianza della fecondità della propria stirpe. I miei fratelli si stavano rivelando all'altezza di una simile fama. Mio fratello Luigi si vantava da tempo la gravidanza della sua consorte, un evento che, fino ad ora, non era mai giunto a compimento. Carlo, addirittura, aveva diffuso la notizia della nascita di un figlio, a cui ha dato il nome di Luigi Antonio. Entrambi avevano avuto successo laddove io avevo fallito. Mio cugino Philippe era anch'egli padre, avendo avuto un figlio maschio, evento che lo rendeva orgoglioso e fiero. Ognuno di loro era assai migliore di me che ancora non ero riuscito a giacere pienamente con mia moglie come prevede lo stato di Natura. Lo stesso atto mi sembrava qualcosa di orribile e sporco, benché sancito da una cerimonia religiosa...eppure dovrei. Maria Antonietta è bellissima e desiderabile ma non ci riuscivo. Sapevo perfettamente che, se avessi avuto il carattere dei miei fratelli e di mio cugino, non mi sarei fatto alcuno scrupolo a possederla.

Non che non vi abbia tentato. Tempo prima, in attesa di queste nozze, venni condotto, per volere di mio nonno, alla presenza di una meretrice per essere iniziato alle arti dell'alcova. Chinai docilmente la testa, obbedendo al volere del Re, poiché è inconcepibile che un sovrano giunga al trono, privo di questa esperienza. La trovai nauseante e bestiale, contraria ai buoni insegnamenti che i miei defunti genitori mi avevano trasmesso e fu per questa ragione che, da quel momento, disdegnai la compagnia di quelle donne di dubbia moralità.

In quel momento però rimpiansi di non possedere un grammo della decadenza morale del nonno. Se l'avessi avuta, avrei saputo rendere onore alla mia dinastia, almeno sotto questo aspetto e, soprattutto, rendere felice mia moglie, liberandola da tutte quelle preoccupazioni. Il peso di quelle culle vuote gravava tutto su di lei mentre nessuno osava levare una parola contro di me, come se fossi una presenza scomoda che non può essere biasimata in alcun modo.

Come vorrei che qualcuno mi avesse detto qualcosa, invece di darmi pallide parole di conforto, pronte a scusare questa situazione. Avrei voluto che qualcuno mi accusasse direttamente, mettendo fine a questa pantomima di perfezione fasulla e indicasse me come responsabile...e invece niente. Tutto era rivolto verso mia moglie, che era tornata ad essere l'Austriaca.

Ogni sera la vedevo piangere silenziosamente, chiedendomi perché sta succedendo tutto questo e perché non riuscissi a liberarsi di quegli occhi indiscreti. A quelle domande, non riuscivo a trovare una risposta. Se fosse nato un figlio o, al limite, una figlia, molte di quelle indiscrezioni insensibili si sarebbero placate, lasciandoci in pace...ma niente di tutto questo stava avvenendo. Ogni notte si trasformava in un supplizio, ogni atto diventa un gesto meccanico e frettoloso, con l'angoscia perenne di avere di fronte quei cortigiani pettegoli e smaniosi. Nulla ormai mi apparteneva, né il mio corpo né, tantomeno, il mio matrimonio...e, senza rendermene conto, mi stavo avvicinando sempre più a guadagnarmi il disprezzo di mia moglie.

Poi, un giorno, qualcosa cambiò.

La contessa di Polignac, la dama di compagnia di mia moglie, comunicò alla corte che la regina attendeva un figlio.

Tutti esultarono, in ogni angolo del regno.

I miei fratelli ed i miei cugini smisero di colpo di deridermi e di calunniare mia moglie...ma io non riuscii a godere appieno del momento, troppo instupidito dalla notizia. Avrei dovuto essere lieto di poter avere un figlio, di essere un uomo degno, almeno in ciò, della fama dei miei antenati.

Molti regali giunsero negli alloggi di mia moglie che, da quel momento, si chiuse in un silenzio ancora più denso. Un'angoscia attanagliava ogni suo gesto, portandola sull'orlo del pianto al minimo soffio di vento. La contessa disse che era colpa della gravidanza, che rende le donne più sensibili del consueto...non saprei dire. Questa fragilità rese ancora più difficile per me parlarle. Mia moglie divenne un essere incomprensibile. Solo la contessa riusciva a placare il suo pianto...un ruolo che avrebbe dovuto essere mio, a ben pensarci. Mi resi comunque conto che era necessario renderla il più tranquilla possibile e così acconsentii alle sue richieste, anche le più insolite e contrarie al buon costume della corte. Per liberarla dalla tristezza, accettai che si giocasse d'azzardo a palazzo, con la sola condizione che la notizia non trapelasse. Fu una richiesta eccessiva, ne sono consapevole ma vederla così provata e sapere quanto fosse importante, per entrambi, giungere al termine di quella gravidanza, mi costrinse a tacere, per rispetto della sua condizione delicata.

Tutto dipendeva da quel figlio che avrei avuto dalla mia consorte e, senza rendermi conto, presi a sperare in questa nascita, come un augurio per ricevere un filo di sollievo. Lo stesso ritorno di Madamigella Oscar aveva alimentato le mie speranze, dal momento che sapevo che la mia regina nutriva per lei un affetto molto forte.

Tutto fu vano. Qualche tempo dopo la contessa riferì che mia moglie, a seguito di una forte emozione dovuta ad un incontro con Madamigella Oscar, aveva perduto nostro figlio. Nella corte si levarono numerose proteste e si vociferò di punire Madamigella. 

Preoccupato della notizia, mi recai nelle camere di mia moglie, pronto a darle un po' di conforto e senza badare alla pena che avrei dovuto dare a Madamigella, benché non vi fossero prove evidenti ed accuse esplicite.
La trovai alla finestra, intenta a guardare il paesaggio fuori dalla finestra, bellissima e triste come sempre. Congedai subito le dame di compagnia, compresa la contessa e, con fare titubante, mi preparai a dirle qualche parola di conforto...ma mi ritrovai impacciato e privo di voce.

Maria Antonietta era a poca distanza da me, avvolta da un silenzio gelido, lontana miglia e miglia da me. Quella solitudine, così dolorosa, mi straziò dentro. Cosa avrei mai potuto dirle? Mentre tutti erano intenti a farle pressione e ad addossarle ogni colpa io, venendo meno ad ogni responsabilità, me ne stavo al sicuro nella fucina, lasciandola in balia della corte.

In questo inferno, che credevo solo mio, è rimasta sola.

Non ricordo cosa dissi in quel momento...ma ho ancora impresso nella mente il suo silenzio...e fu allora che ebbi la conferma della distanza incolmabile che ci separava.

Per tutta la vita avevo temuto l'idea di sperare di trovare nel mio matrimonio quell'isola di quiete che mi era stata a lungo negata. Ho desiderato, nel profondo del cuore, di poter essere felice, finalmente libero dalla gabbia di aspettative del mio ruolo, grazie al legame affettuoso che avrei sviluppato con la donna scelta per me...ma tutto è finito con questa notizia.

Vedendo che non mi rispondeva, l'ho stretta goffamente a me, sperando di farle capire che non era sola.

Lei non ha detto una parola.

Non un singhiozzo.

Non una lacrima.

Solo un sordo silenzio...e le mie paure sono diventate realtà.

La speranza si è rotta.

Avevo perso mia moglie, senza nemmeno averci provato.

 

Questo pezzo è stato difficile da scrivere ma ancora più difficile è quello di Maria Antonietta. Ho pensato che questo episodio, intitolato LA MENZOGNA, meritasse di essere diviso in due parti. Chiedo scusa per il ritardo ma ho dovuto scrivere e riscrivere questo capitolo. Quello successivo sarà forse ancora più complicato perché dovrò dare voce alla regina. Oscar qui ha un ruolo marginale e compare solo dalle parole della Polignac, che viene ignorata da Luigi. La sua priorità è la moglie...peccato che arrivi tardi.

Spero di riuscire ad aggiornare presto con la seconda parte, anche se vi dico fin da subito che è un pezzo ostico.

   
 
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