NdA
Capitolo 8: Vozvrashcheniye Na Rodinu
Lui
osserva in
silenzio, in un caffè di Manhattan. La televisione
è accesa, l'orrore trasmesso
sullo schermo in alta definizione; ogni persona nel locale guarda
mentre la
Sokovia si solleva sempre più nell'atmosfera, un Paese
trasformato in
un meteorite. Una donna sta piangendo in un angolo, qualcuno sta
pregando e
tutti sono attoniti, incapaci di credere ai propri occhi.
È come
qualcosa uscito da un incubo surreale, terribile e impossibile. I
filmati diventano
sempre più tremolanti e arrivano notizie dei Vendicatori,
che stanno cercando
di fermare una catastrofe. Non sa chi siano i Vendicatori ma per qualche
ragione
il nome suona familiare e si trova a digrignare i denti intanto che le
immagini
dei notiziari continuano a scorrere. Ci sono scie rosse e dorate che
schizzano fulminee
tra la polvere che oscura il cielo, poi c'è uno scintillio
di rosso, bianco e
blu e no, no, NO… Steve
è lassù.
Ecco
perché
ha riconosciuto quel nome, è quello il motivo per cui
l'aveva già sentito: la
prima cosa che gli è tornata in mente quando ha iniziato a
ricordare è stata
Steve. Ha scovato ogni piccola informazione a proposito del Capitano e
si è
impresso ogni dettaglio nella memoria. Se non riesce a ricordare molto
di sé sente
che almeno deve conoscere qualcosa di Steve.
Steve,
che
ha messo fine alla guerra in Germania quando avrebbe dovuto essere a
casa, a
Brooklyn.
Steve, che
è diventato Capitan America, leader degli Howling Commandos.
Steve, Capitan
America, il primo dei Vendicatori.
Steve, che
adesso si trova in Sokovia nel mezzo di una strada distrutta mentre il
resto
del Paese galleggia ad alta quota.
Lo
vede per
una frazione di secondo, affacciato sul cratere creato da un parcheggio
che
adesso si apre nell'abisso. Tiene lo scudo in mano, la stella bianca
gli orna
il petto e assomiglia in tutto e per tutto a quell'incosciente
imbecille che ha
fatto irruzione in una delle basi dell'Hydra. Pazzo disgraziato, non ha
mai
saputo quando fermarsi…
Il
pensiero gli
fa girare la testa e per un attimo si aggrappa allo schienale della
sedia per
mantenere l'equilibrio. Ha studiato la storia del Capitano fino alla
nausea,
tuttavia è difficile riuscire a capire come posizionarsi nel
quadro generale. Si
sente ancora distaccato dal proprio passato e quel poco che ricorda gli
si
conficca nel cervello come filo spinato. Parole e frasi, un braccio
intorno
alle spalle, Steve che pronuncia il suo nome. Un'ondata di emozioni
riaffiora
prepotente: orgoglio, preoccupazione, senso di protezione.
L'immagine
sullo schermo cambia, Steve sparisce e all'improvviso è come
se gli mancasse
l'aria. Non riesce a vederlo, non sa dove sia, la telecamera taglia su
un'altra
inquadratura e il Capitano è scomparso. La presa sullo
schienale della sedia è
abbastanza stretta da piegare il metallo tra le dita ma nessuno sembra
farci
caso, sono tutti troppo impegnati a fissare la televisione.
Non
riesce più
a tollerare la sensazione di sentirsi rinchiuso in quel
caffè.
Si fa
largo a spintoni per la strada, barcollando sul marciapiede. Un'altra
televisione trasmette le ultime notizie dalla vetrina di un negozio
poco
distante ed è impossibile passare oltre senza lanciare uno
sguardo. È un evento
senza precedenti, che ha il potenziale per distruggere qualsiasi essere
vivente
sulla Terra. Tiene gli occhi fissi sullo schermo con febbrile
attenzione, in
cerca di una qualsiasi traccia del Capitano. Ha bisogno di vederlo, ha
bisogno
di assicurarsi che sia ancora vivo.
Delle
sirene
strillano in lontananza da qualche parte, in città; gli
annunciatori tv invitano
la gente a cercare
riparo e prepararsi al peggio. Non che possa fare differenza, se la
Sokovia
verrà distrutta il mondo intero seguirà a breve.
Lo
scontro
sta raggiungendo una svolta decisiva e ogni scossone o dondolio del
blocco di
terra potrebbe essere l'ultimo. Rifiuta di muoversi finché
non saprà dove si
trova Steve. Per quanto abbia cercato di stargli alla larga, per quanta
distanza abbia cercato di mettere tra loro, non riesce a costringere il
proprio
corpo a muoversi - non finché non avrà la
certezza che Steve stia bene.
Qualcosa
di
enorme appare in un angolo dei monitor. Una nave in grado di volare,
simile a quella
sulla quale lui e Steve hanno combattuto nei cieli sopra il Potomac. I
giornalisti adesso sembrano parlare con entusiasmo, nonostante la
Sokovia abbia
raggiunto un'altitudine tale che le
persone coinvolte nel disastro sembrano ormai formiche. Molte
navette più piccole raggiungono le strade mentre le fiamme
della battaglia non
accennano a placarsi.
Gli
ultimi
civili si imbarcano in tutta fretta e nel giro di un attimo succede
l'inevitabile: l'ammasso di rocce ed edifici comincia a precipitare
verso il
basso e il suo stomaco si contorce quando realizza cosa sta per
accadere. Se
dovesse raggiungere il suolo sarebbe la fine.
Poi un
lampo di luce accecante, un'esplosione di formidabile energia e la
Sokovia si
disintegra in miliardi di frammenti. Le telecamere vengono oscurate
dalla
cortina opaca di fumo e detriti che satura l'aria.
Servono
alcuni minuti per far tornare l'inquadratura a fuoco. L'immensa nave da
guerra
atterra a diverse miglia di distanza dal luogo del disastro per
scaricare i
passeggeri e lui non perde un solo istante della trasmissione. Scorge
il
Capitano in lontananza, coperto di polvere e tracce di sangue; sta
aiutando una
donna e i suoi bambini a sbarcare. Il sollievo che prova nel saperlo
vivo e tutto
d'un pezzo non gli è ben chiaro, ma adesso che sa che Steve
sta bene può
ricominciare a respirare.
I
giornalisti in tv riprendono il commento in diretta e lui si allontana
dalla
vetrina. Non ha bisogno di vedere nient'altro, Steve è al
sicuro e per qualche ragione è l'unica cosa che conti.
Cammina fino al lato opposto della strada e gira l'angolo, intanto che
il
filmato della distruzione della Sokovia viene mostrato più e
più volte.
OOOOO
Si
trova
ancora a New York quattro giorni dopo, seduto sul tetto di un palazzo
di fronte
ad un condominio. Sta aspettando Steve, anche se non lo ammetterebbe
mai,
anticipando il suo ritorno come una sposa di guerra. È
rimasto lontano per più
di sei mesi, tenendosi a distanza dalle città principali
ogni volta che lui o
il suo amico, l'uomo con le ali di metallo, riuscivano ad arrivargli
troppo
vicino.
Non
si fida
di quello che potrebbe fare se dovesse incontrare Steve. Forse il
condizionamento dell'Hydra gli farebbe scattare di nuovo qualcosa in
testa,
spingendolo a completare la missione che non ha portato a termine tempo
prima,
a Washington. Per questo mantiene le distanze ma lo stesso ha bisogno
di
controllare, di vederlo di persona.
I
Vendicatori, Steve compreso, hanno fatto avanti e indietro per aiutare
i
sopravvissuti e coordinare le operazioni di soccorso. Ci sono stati
numerosi incontri
e comitati consultivi; la squadra ha preso parte a ciascuno di essi
finché non
è rimasto nessun altro intervento possibile e tutti loro
sono stati rimandati
in America per un breve periodo di riposo. Ha scoperto tutte queste
informazioni attraverso le comunicazioni radio dello S.H.I.E.L.D. ,
dato che
ancora riesce ad accedere ad alcuni dei loro canali più
sicuri. Interessante
come nessuno all'interno si sia preoccupato di modificare i codici dopo
che
l'Hydra ha quasi preso il controllo, però non è
una questione che lo riguardi.
Ciò che gli importava era ottenere la conferma che i
Vendicatori sarebbero
rientrati a New York nel pomeriggio. Armato solo di questa certezza si
è
diretto all'appartamento di Steve e si è arrampicato sul
tetto del palazzo di
fronte, per poi aspettare.
Il
giorno si
trasforma in pomeriggio e diventa sera. Sono passate da poco le sette e
mezza
quando Steve spalanca la porta. Da quello che può vedere
dalla sua postazione
dal tetto l'arredamento ha un aspetto spartano, soltanto pochi mobili
necessari
ad assicurare giusto le minime comodità. È chiaro
che non si tratti di un
posto dove Steve passa molto tempo, sebbene sia una benedizione avere
un posto
tranquillo dove rifugiarsi e staccare la spina - soprattutto
considerati gli avvenimenti
dei giorni passati.
L'appartamento
è l'ultimo sul piano, il che significa che le finestre si
affacciano in due
diverse direzioni. Non sarebbe un problema se non fosse per il fatto
che a
quanto pare Steve non crede nell'uso delle tende e c'è una
vista perfetta di
quasi ogni stanza dalla strada. Per essere uno che cerca di
mimetizzarsi nel
resto della società quando non indossa l'uniforme, Steve
sembra ignorare i
fondamentali principi di tutela della privacy; chiunque dal marciapiede
potrebbe guardare in su e spiarlo mentre si aggira per casa.
L'idea
che
Steve non abbia il minimo riguardo per la propria incolumità
lo disturba. Certe
cose non cambiano mai e se i suoi scarsi ricordi sono attendibili (il
che è
tutto da vedere) significa che continua a non preoccuparsi di quello
che
potrebbe succedergli perché è troppo impegnato a
proteggere gli altri piuttosto
che se stesso.
Steve
non
rimane in sala molto a lungo. Lascia la posta arretrata sul tavolo, fa
cadere
le chiavi sopra le buste e si dirige quasi subito verso la camera da
letto. È
l'unica finestra della casa protetta da tende ma quando accende le luci
la sua figura
è comunque visibile attraverso di esse. Cammina su e
giù
per la stanza per
alcuni minuti, muovendosi a fatica per via della stanchezza, delle
ferite e dei lividi con i quali dovrà fare i conti per
diverse settimane.
La
luce si
spegne poco dopo e nell'appartamento cala il buio.
Lascia
passare almeno un paio d'ore prima di fare la propria mossa. Scende dal
tetto e
attraversa la strada; non degna di uno sguardo l'ingresso principale
del
palazzo che ha di fronte e si arrampica per la scala antincendio che si
trova
sotto la finestra del soggiorno. Finestra aperta, nota con enorme
disappunto.
Scivola
all'interno
spostandosi come un'ombra attraverso l'oscurità. Con molta
probabilità Steve
continuerebbe a dormire perfino se scoppiasse una bomba, ma
è comunque cauto ed
evita ogni tipo di rumore. La porta della camera da letto è
spalancata e riesce
a distinguere la sagoma di un corpo sdraiato tra le lenzuola.
Non
stava
così vicino al Capitano da quando l'ha trascinato fuori dal
fiume. Avverte
ogni muscolo del corpo contrarsi, fremere per l'urgenza di fare
dietrofront e
scomparire nella notte. Sta correndo un rischio enorme e non dovrebbe
nemmeno
trovarsi lì, eppure si blocca impietrito nel corridoio;
raccoglie il coraggio
per avvicinarsi, quasi stesse avanzando in un campo minato.
Steve
è
sistemato al centro del letto con le gambe divaricate e le braccia
abbandonate
sui cuscini. Non ha neanche perso tempo a svestirsi, è
collassato sul
materasso e le tracce dello stress e del caos che ha dovuto affrontare
in
Sokovia sono
abbastanza evidenti sul suo viso. I capelli sono disordinati e
arruffati, il
respiro regolare. Da vicino e privo dell'uniforme sembra
incredibilmente
giovane e vulnerabile.
I
ricordi
che ha di lui sono discrepanti, si scontrano e rimbalzano come palline
di
gomma. In alcuni è un piccoletto scheletrico, con un occhio
nero e un labbro
spaccato; in
altri invece è l'uomo alto e forte che adesso riposa, ignaro
della sua
presenza. Enorme e mingherlino, implacabile e gentile, Capitan America
e Steve
Rogers. Si chiede quale dei due sia davvero reale, anche se
è probabile che lo
siano entrambi.
Alla
fine si
decide a muovere un altro passo verso il letto.
Un
microscopico sussulto nel respiro di Steve lo rimette sull'attenti: a
giudicare
dalle rughe che si formano sulla sua fronte, qualsiasi cosa stia
sognando non
deve essere piacevole. Pur non conoscendone la ragione, sapere che
Steve è
turbato gli scuote qualcosa nel profondo. Qualcosa di intrinseco e
radicato come
se fosse parte del suo codice genetico.
Allunga
una
mano e accarezza con cautela il palmo di Steve. Tiene il braccio di
metallo
lontano da lui, l'ha già fatto soffrire abbastanza usando
quell'arto; si
concentra sulla sensazione che gli trasmette il contatto con la sua
pelle. Quella
di Steve è tiepida e sfiorarla gli dà
l'impressione di trovarsi a casa.
Le dita del
Capitano si chiudono intorno alle sue, un movimento così
spontaneo e
inconsapevole che di certo si tratta di un semplice riflesso. Dovrebbe
andarsene, scappare lontano e non tornare mai più,
perché se Steve dovesse
svegliarsi e vederlo, chiamarlo per nome, chiedergli di
restare… sarebbe
impossibile rispondere di no.
Rimane
immobile
per alcuni istanti, le dita di Steve piegate intorno alle sue in cerca
di
conforto dopo un incubo. Fa scivolare il pollice lungo l'indice di
Steve, in
modo da rassicurarlo per quel poco che può.
Ossa
piccole. Steve ha sempre avuto ossa piccole. Se lo ricorda, o almeno lo sa.
Steve una volta era molto gracile e per questo l'ha sempre tenuto
d'occhio.
Scaccia
i
pensieri e si allontana dal letto, la mano ricade lontano dal Capitano
ancora addormentato; sgattaiola
fuori dalla stanza e fuori dalla finestra, poi sulla scala antincendio.
Per
quanto una parte di lui voglia restare, la parte più
preminente e logica sa che
non è il caso. È troppo pericoloso, troppo
imprevedibile e se rimanendo finisse
per fargli di nuovo del male non potrebbe perdonarselo.
Quando
raggiunge il lato opposto del vicolo si ferma a guardare dal basso
verso l'alto
in direzione dell'appartamento. Il tempo si ferma per una frazione di
secondo
mentre una luce nella camera da letto si accende e qualcuno si muove
dietro le tende.
Steve
si
affaccia alla finestra ma non c'è nessuno nella strada sotto
di lui, il
marciapiede è deserto. Chiunque ci fosse qualche attimo
prima è sparito senza
lasciare traccia, scomparso nell'oscurità.
Capitolo originale dell'autrice
Show her some love!
È d'obbligo inserire un ringraziamento a Ragenruin, che ha contribuito a questo capitolo in anteprima sopportando i miei
dubbi su quanto siano efficaci le traduzioni di alcuni passaggi… soprattutto
quelli che fanno nascere immagini mentali poco dignitose!
* "It's eleven thirty!" Lancia una lattina di Diet Coke in
casa di Steve e aspetta gli sviluppi *
Your
Humble Translator