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Autore: FrancescaPotter    10/01/2017    2 recensioni
RosexScorpius
Dal secondo capitolo:
"Infatti, gli adulti di casa Weasley-Potter -e anche di casa Malfoy, suppongo- non erano a conoscenza delle nostre ultime divergenze, per loro eravamo ancora i quattordicenni spensierati che passavano tutte le loro giornate ad Hogwarts insieme. Pensavano fossimo ancora migliori amici. Non erano a conoscenza della sofferenza, della solitudine e disperazione che, almeno io, avevo provato nell'ultimo anno e mezzo. Ho sempre dato a lui la colpa delle mie disgrazie, ma in realtà sono stata io. Io, è tutta colpa mia."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Hermione Granger, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione, Rose/Scorpius, Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo Ventotto
 
 
You and I walk a fragile line
I have known it all this time
Never ever thought I'd see it break.

Never thought I'd see it...
Haunted, Taylor Swift

 
 
 

Alla fine, dopo una buona mezz’ora durante la quale mia madre aveva tentato in tutti i modi di convincerli –e di farli sentire in colpa- Albus e Jerome si fermarono a cena.
Io mi sedetti tra mio cugino e Scorpius, provando un senso di sicurezza così forte che riuscivo a sentirlo alla bocca dello stomaco. Ero ancora scossa, ma lì, stretta tra i miei due migliori amici e la mia famiglia, mi sentivo in qualche modo protetta, come se niente di brutto potesse accadere. Ero consapevole che si trattava di un’illusione, di una bolla immaginaria costruita dalla mia mente per tenere lontano i mali del mondo, ma desideravo che fosse vera. Desideravo poterli davvero proteggere tutti con la sola forza del pensiero.
Jerome prese posto di fronte ad Albus, e non sembrava imbarazzato, bensì in pace con se stesso. Jerome era sempre tranquillo. Era una di quelle persone che paiono avvolte da un’aurea di calma e pacatezza che li rende incredibilmente piacevoli da avere attorno. Jerome era piacevole, non solo caratterialmente, ma anche esteticamente; con i suoi occhi profondi come pozzi di petrolio e i tratti delicati del viso pareva un angelo caduto in terra, un’anima pura che non aveva nulla a che fare con la corruzione di questo mondo. Era davvero una brava persona e non potevo essere più felice per mio cugino. L’animo tranquillo di Jerome era in grado di placare il fuoco che spesso accendeva quello di Albus, rendendolo insicuro e tormentato. E non è proprio questo che dovrebbe fare la persona che ami? Renderti migliore giorno dopo giorno e insegnarti ad accettarti per quello che sei?
Mamma aveva proibito di parlare di quanto accaduto quel pomeriggio, infastidendomi non poco. Papà era un auror, di sicuro aveva informazioni -doveva avere informazioni!- e tutto ciò che desideravo era riempirlo di domande. E invece non potevo, perché ogni volta che provavo a sollevare la questione venivo incenerita dallo sguardo di mia madre. Alla fine ci rinunciai e continuai a mangiare imbronciata.
Scorpius al mio fianco era silenzioso. Nonostante avesse indossato il suo tipico sorriso di cortesia, riuscivo a percepire la sua tensione.
«Rose, potresti passarmi il sale?» Chiese mia mamma, seduta di fronte a me.
Feci per porgerglielo, ma quando lei allungò la mano per prenderlo io lo tirai indietro in fretta. «Se solo mi lasciassi chiedere a papà come sia possibile che…»
«Oh insomma!» Sbottò lei, spazientita. «Ho detto di no, Rose»
Avevamo avuto quella conversazione come minimo cinque volte nel giro di venti minuti, e finiva sempre nella stessa maniera: lei perdeva la pazienza e io l’appetito.
Spinsi il piatto di insalata lontano da me, solo la vista del cibo mi faceva stare male.
«Rose, sei sicura di non voler mangiare più?» Chiese mio padre preoccupato. «Hai bisogno di…»
Qualcuno bussò forte alla porta. Mamma e papà si scambiarono uno sguardo confuso che sottendeva una muta domanda: aspettavi qualcuno? Papà scosse leggermente il capo, lo sguardo sempre fisso sulla mamma, per poi estrarre piano la bacchetta. Il mio cuore perse un battito e misi una mano sul braccio di Scorpius in un gesto automatico, senza pensare che un serial killer avrebbe semplicemente sfondato la porta senza prendersi la briga di bussare, annunciando così il suo arrivo. Ma in quel momento ero ancora sotto shock e avevo smesso di ragionare.
La mamma sorrise. «Sarà zio Harry, o zia Ginny»
Non avendo ricevuto un’immediata risposta, il visitatore riprese a bussare, questa volta più forte. 
«Non è possibile» sussurrò piano Al, lanciando un’occhiata a mio padre mentre si dirigeva verso la porta.  
«Oh miseriaccia!» Esclamò papà, per poi scoppiare in una risatina nervosa.
«Chi è, Ronald?» Chiese la mamma alzandosi e avvicinandosi alla porta della cucina. «Oh, cielo!»
«Ce ne hai messo di tempo, Weasley» fece una voce fredda come il ghiaccio. «Ora, se non ti dispiace, esigo vedere mio figlio.»
Draco Malfoy varcò le soglie della cucina come un re che fa ritorno al suo castello, nonostante la mia cucina fosse ben lontana dall’assomigliare a un castello, figuriamoci a un castello dei Malfoy.
Indossava ancora il mantello di seta verde di quella mattina e, nonostante la stanchezza e la preoccupazione dipinte sul suo volto, si ergeva altero di fronte a sei paia di occhi che lo guardavano come se fosse un alieno con tre teste.
Scorpius inclinò la testa di lato, come se stesse studiando la figura del padre per accertarsi che fosse davvero lui. «Papà» disse piano sbattendo più volte le palpebre. Improvvisamente mi sembrò molto giovane, un bambino che rivede il padre dopo tanto tempo, nonostante lo avesse incontrato solo qualche ora addietro. «Che cosa ci fai tu qui?»
Il signor Malfoy si lasciò scappare un’espressione stupita, per poi ricomporsi subito. «Che cosa ci faccio qui?» Esclamò indignato. «Al Ministero non mi hanno permesso di vederti dopo l’attacco e tu non ti sei nemmeno degnato di scrivermi che stavi bene. Che cosa avrei dovuto fare?»
Scorpius lo guardava come se fosse uno sconosciuto, come se non stesse capendo mezza parola che usciva dalla sua bocca. «Tu sei venuto al Ministero?»
«Certamente» disse il signor Malfoy indignato. «Non appena ho saputo, ma non mi hanno permesso di entrare nel quartier generale degli auror per vederti. A tal proposito» aggiunse poi, rivolto a mio padre che lo aveva seguito in cucina. «…scambierò due parole con il Ministro riguardo all’incompetenza di Viola Thompson, Weasley.»
Papà alzò gli occhi al cielo e fece per dire qualcosa, ma la mamma gli tirò una gomitata per farlo tacere.
Scorpius continuava a sembrare confuso. Era incredibile come si trasformasse di fronte a Draco Malfoy: il ragazzo sempre sicuro di sé, fatto di logica e razionalità, diventava vulnerabile, quasi fragile. Lui, che capiva sempre tutto, non era in grado di comprendere come fosse possibile che il padre si stesse davvero preoccupando per la sua incolumità.
«Non ti ho scritto perché…» iniziò, guardandosi le mani come se stesse cercando le parole più adatte. Poi alzò lo sguardo sul signor Malfoy, gli occhi spenti che fissavano nel vuoto. «… perché me ne sono dimenticato»
Il viso di Draco Malfoy, caratterizzato da lineamenti tanto belli quanto spigolosi e pungenti, si addolcì. «Ma certo. Devi essere ancora parecchio scosso. Uhm, grazie per esservi presi cura di lui» Disse poi, rivolto ai miei genitori.
Mia madre sorrise e poi fece segno a me, ad Albus e a Jerome di seguirla in salotto con papà, così da lasciare ai due Malfoy un po’ di privacy.
«Come può biasimarlo per non avergli fatto avere sue notizie?» Sbottò Albus velenoso una volta chiusa la porta della cucina alle sue spalle. «Non è che possa essere eletto genitore dell’anno»
«È pur sempre suo padre, Albus» sussurrò piano Jerome, che era stato in silenzio fino a quel momento.
«Avremmo dovuto scrivergli noi, Ron» disse mia mamma, passandosi una mano sul collo angosciata. «Avremmo dovuto pensare noi ad avvisare Malfoy»
Papà le mise un braccio attorno alle spalle e le posò un bacio tra i capelli. «Abbiamo fatto abbastanza, Hermione. L’importante è che ora lui sia qui e sappia che Scorpius sta bene»
Mi voltai e puntai lo sguardo contro la porta della cucina, come se in qualche modo potessi vedere attraverso il legno. Sentivo i due Malfoy parlare a bassa voce senza però riuscire a decifrare le loro parole, ma non importava. Ciò che mi importava era che non stessero litigando. Non potevo sopportarlo. Se Draco Malfoy avesse in qualche modo peggiorato le condizioni di Scorpius lo avrei preso personalmente a calci.
«Mi è passata la fame» sussurrai senza togliere gli occhi dalla porta. «Posso andare a dormire?»
«Certo, Rose» acconsentì mia mamma avvicinandosi e posandomi una mano sulla spalla. «Hai bisogno di qualcosa? Vuoi un tè?»
Scossi piano il capo e, dopo aver fatto un segno di saluto ad Albus e Jerome, mi diressi in camera mia, trascinandomi su per le scale con capo chino. Non mi ero resa conto fino a quel momento di quanto fossi stanca. Eppure, quando finalmente raggiunsi la mia camera e mi gettai a pancia in giù sul mio letto, il sonno non si decise a farmi visita. Ero stanchissima, tanto stanca che non riuscivo ad addormentarmi.
Rimasi così, il viso sprofondato nel cuscino e gli occhi chiusi, ma la mia mente era vigile, e non voleva darmi tregua.
 

Dopo quelle che parvero ore mi arrivò un messaggio. Inizialmente decisi di non leggerlo, poi però mi venne in mente che non avevo chiamato Julia, perciò raccolsi le poche briciole di buona volontà che mi erano rimaste e afferrai il cellulare.
Era Julia, appunto.
Mi girai sulla schiena e le scrissi brevemente quanto era accaduto, promettendole che stavo bene e che l'indomani l’avrei chiamata. Posai il telefono sulla pancia, attendendo una risposta che arrivò nel giro di qualche minuto.
Se mi fai preoccupare ancora così tanto, ti faccio fuori.
Sorrisi alla sua minaccia e mi girai di lato. La sveglia sul comodino segnava le dieci di sera, eppure il sonno non si decideva ad arrivare.
Chissà se Draco Malfoy se n’era andato… Chissà se Scorpius aveva deciso di seguirlo e di tornare a casa con lui. Pensai anche a sua madre, Astoria, che di materno doveva avere ben poco. Dopo il viaggio in Polinesia che aveva fatto quell’autunno era andata a vivere con i suoi genitori, e Scorpius non la vedeva da mesi. Chissà se sapeva che cos’era successo e se era preoccupata, o se in quel momento si trovava in qualche altra isola tropicale a prendere il sole. Sospirai amareggiata perché Draco Malfoy era davvero l’unica famiglia che rimaneva a Scorpius.
Volevo sapere come stava, ma avevo paura che stesse dormendo, perciò decisi di inviargli un messaggio pregando che avesse silenziato il telefono. Sempre che sapesse come si faceva. A me lo aveva spiegato Julia, che era una nata babbana, altrimenti non avrei mai nemmeno pensato che fosse possibile. Ma di nuovo, io e la tecnologia non andavamo per niente d’accordo. Anche se dovevo ammettere che era piuttosto comoda quando si trattava di comunicare con Albus durante le vacanze: Leotordo era stufo marcio di fare avanti e indietro da casa mia alla sua (che si trovavano l’una di fronte all’altra) e dopo un po’ si arrabbiava e mi beccava il dito, obbligandomi ad alzarmi dal letto, a mettermi le scarpe e ad andare da mio cugino così da poterci parlare di persona. Con i cellulari era tutto più semplice, anche se per capire come funzionassero ci misi un’estate intera. Per fortuna mamma era piuttosto brava con gli aggeggi babbani e mi aveva dato una mano.
Scorpius bussò alla mia porta qualche istante dopo aver ricevuto il mio sms. Indossava il pigiama di Serpeverde che gli avevano regalato i miei per Natale; era composto da una maglietta verde scuro e dei pantaloni bianchi tempestati dallo stemma della casa. Albus lo aveva preso in giro, sostenendo che i ragazzi non usano il pigiama, ma Scorpius aveva storto il naso blaterando qualcosa sugli stereotipi di genere e sul fatto che lui faceva quello che gli pareva e che lo avrebbe indossato con piacere.
Beh, se avevo voce in capitolo, evviva i pigiami di Serpeverde!
«Ehi,» mi disse. «Posso?»
«Certo.» Mi scostai di lato per farlo entrare nella mia camera e mi chiusi la porta alle spalle. Scorpius non si fece tutti i problemi che si era fatto l’altra volta, e si sedette subito sul letto, appoggiando la schiena contro la testiera e allungando le gambe davanti a sé. Io incrociai le braccia al petto e ghignai.
«Bel pigiama»
Lui alzò gli occhi al cielo divertito. «Non dirmi che anche tu hai qualcosa contro i pigiami»
«Assolutamente niente»
«Sto bene, comunque» disse, rispondendo così al messaggio che gli avevo mandato poco prima. «Mio padre sembrava davvero preoccupato. Non abbiamo litigato, solo parlato. È andato via quasi subito perché aveva del lavoro da sbrigare ma mi ha fatto piacere vederlo»
Annuii tra me e me e mi avvicinai piano al letto, sedendomi al suo fianco, la schiena a mia volta poggiata alla testiera del letto e la mia spalla che toccava la sua.
«E tu stai bene?»
«No, non sto bene» sussurrai piano posando la mano sulla sua.
Scorpius mi guardò serio. «Non farlo più»
Aggrottai la fronte e inclinai il capo di lato, non capendo a che cosa si riferisse. Ritrassi la mano, ferita, come se mi fossi scottata. Non voleva che lo toccassi?
«Mi hai sentito, Rose?» Si sistemò meglio sul letto così che potesse guardarmi fisso negli occhi. «Che non ti venga in mente mai più di gettarti tra me e una maledizione»
Alzai gli occhi al cielo, improvvisamente infastidita dalla sua mania di fare il melodrammatico. «Non dirmi cosa posso o non posso fare, Scorpius»
Lui scosse il capo ridendo piano. «Non me lo sognerei mai. Anche perché so che non mi ascolteresti»
Lo guardai storto. «Tu avresti fatto lo stesso per me. O per Albus»
Quando alzò i suoi occhi su di me, questi erano cupi. «Sì,» disse senza esitazione, «e tu mi avresti detto di non farlo più»
Mi strappò un sorriso che cercai di celare abbassando il capo.
«Non me lo perdonerei mai se ti capitasse qualcosa per colpa mia» La sua voce si ridusse a un sussurro. «Chloe è morta a causa mia. Si è presa la maledizione che era diretta a me. A me, Rose, capisci?» Si passò una mano sul viso e sospirò. «Mi sento terribilmente male per lei, eppure…» Aveva perso quel poco di colore che aveva, il suo viso era tirato, stanco, mortificato. «Eppure non posso fare a meno di pensare che saresti potuta essere tu. E sono sollevato, sono così sollevato che non sia toccato a te, perché vivere con il peso della morte di Chloe sulle spalle sarà terribile, ma con il tuo, Rose? Non ce l’avrei fatta… Questo fa di me una persona orribile? Che razza di essere umano prova sollievo per morte di qualcuno?»
«Anche io mi sento allo stesso modo. Sono devastata dalla morte di Chloe. È stato ingiusto, crudele, e a volte penso che non mi riprenderò mai più. Qualcosa in me è cambiato, non sarò più la stessa persona. Ma se fossi stato tu a morire?» Scossi il capo. «Avrei probabilmente perso la testa»
«Non posso fare a meno di pensare che avrei potuto salvarla»
«Scorpius, no…»
«Invece sì!» Si animò lui. «Se solo avessi pensato prima al Sectumsempra, se solo fossi stato più veloce... il minimo che potevo fare era salvarle la vita»
Sapevo che, in un modo o nell’altro, si sarebbe incolpato per quanto successo. «Non puoi salvare tutti, Scorp. Hai fatto quello che potevi in quel momento. Anche se non è stato abbastanza, tu hai fatto tutto quello che potevi fare. Non è colpa di nessuno se non di quell’uomo. O almeno, credo si trattasse di un uomo, ormai non sono più sicura di niente»
Scorpius sbuffò e sprofondò tra i cuscini, passandosi una mano sul viso. Mi soffermai ad osservare la linea di pelle che si intravedeva tra i pantaloni del pigiama e la maglietta, per poi distogliere in fretta lo sguardo. 
«Voglio solo essere un ragazzo normale, chiedo troppo?»
«Con dei genitori come i nostri…» iniziai sconsolata, «nessuno ci considererà mai dei ragazzi normali, non importa quanto ci sforziamo per esserlo» C’era amarezza nella mia voce. Amavo la mia famiglia, ma a volte desideravo solo essere… una tra i tanti. Desideravo passare inosservata, senza bisbigli curiosi che mi seguissero dovunque andassi solo perché ero imparentata con i salvatori del mondo magico. Per Scorpius doveva essere ancora peggio. Almeno le persone mi guardavano con ammirazione e si aspettavano grandi cose da me, Scorpius invece veniva sempre etichettato come il figlio dell’ex mangiamorte, non importava quanto si impegnasse per scrollarsi di dosso quell’etichetta.
«Lo odio» disse Scorpius, tenendo gli occhi chiusi e parlando a bassa voce, come se fosse sul punto di cadere tra le braccia di Morfeo. «Odio tutto questo»
Mi sdraiai al suo fianco, girandomi di lato per poterlo osservare.
Avevo acceso la lampada sul mio comodino e la luce disegnava uno strano gioco di ombre sul suo viso delicato. Gli misi una mano sul petto, proprio sopra al cuore che batteva piano sotto al mio palmo, e poi posai il capo sulla sua spalla.
«Lo so, Scorpius» sospirai. «Mi dispiace»
Restammo così per un po’, l’unico rumore udibile erano i nostri respiri regolari, tanto che ad un certo punto credetti si fosse addormentato.
«Cosa succede se tuo padre mi trova qui?» Chiese Scorpius improvvisamente, gli occhi chiusi e la voce impastata di sonno, a metà tra il mondo dei sogni e quello reale.
«Niente» Risposi io, dandogli un bacio sulla guancia. «Non succede proprio niente»
 
 ---

«Penso che dobbiate uscire un po'» disse mia mamma risoluta una mattina di gennaio.
Papà alzò gli occhi dal giornale che stava leggendo confuso, Scorpius raddrizzò la schiena e io mi misi a ridere.
«Sì, certo» dissi, convinta che fosse uno scherzo. Poi, vedendo la sua espressione mi bloccai. «Oh, aspetta. Parli sul serio?»
Scorpius ed io eravamo seduti sul divano a guardare la televisione, mentre papà stava leggendo la Gazzetta del Profeta. La mamma, che era appena entrata in soggiorno, ci guardò male.
«Tu e Scorpius avete passato quasi tutte le vacanze in casa!» Si spiegò, chiaramente nervosa. «Non dico che dobbiate tornare a Diagon Alley, solo che penso dovreste prendere un po' d'aria. Non so, fate un giro qui a Godric's Hollow»
«No» dissi, e Scorpius al mio fianco sospirò.
Io e Scorpius non avevamo messo piede fuori di casa dall'attacco, se non per attraversare la strada e andare da Albus a passare qualche pomeriggio. Ormai era però il quattro gennaio e ci erano rimasti solo due giorni prima di rientrare a Hogwarts il sette.
Non che me ne importasse, si intende. Non avevo intenzione di mettere piede fuori di casa, o meglio, di far mettere piede fuori di casa a Scorpius, fino a quando non avessero preso il pazzoide che aveva tentato di ucciderlo.
«Magari tua mamma ha ragione» disse Scorpius, ma io non mi voltai a guardarlo. «Non posso nascondermi per sempre»
«Non abbiamo alcun motivo per pensare che quell’uomo stesse davvero mirando a Scorpius» intervenne papà con calma chiudendo il giornale. «Viola pensa piuttosto che si sia trattato di un attacco casuale»
Viola Davis mi iniziava davvero a stare sulle scatole.
«Ve l’ho detto» sibilai a denti stretti. «Aveva la bacchetta puntata verso Scorpius. L’ho visto»
«Rose, tesoro, magari ti stai sbagliando…» Mia mamma fece per mettermi una mano sulla spalla ma me la scrollai di dosso.
«Voi non eravate lì, okay?» Non piangere, Rose. Non metterti a piangere, mi ripetevo come un mantra nella testa. «Non potete sapere quello che è successo»
«Nessun testimone lo ha visto, Rosie»
Guardai mio padre con affronto. «Oh, ora stai dalla sua parte. Grazie»
«Non ci sono delle parti, Rose» disse la mamma. «E non siete obbligati a uscire, se non volete. Dico solo che è una cosa che a mio avviso potete fare, almeno qui in paese dove potete essere raggiunti facilmente da noi»
Chiusi gli occhi e presi un gran respiro.
Era da anni che la mia mente pareva non voler darmi un attimo di tregua –tutte le mie ansie, le indecisioni per il futuro, la faccenda Biondaccio- e quando finalmente si decideva a concedermi un respiro di sollievo, ecco che un pazzo assassino uccideva una donna davanti ai miei occhi.
Io mi chiedevo che cosa avessi fatto di male nella vita, perché c’era sempre qualcosa. Sempre. Qualcosa.
«Tu cosa ne pensi?» Chiesi piano a Scorpius, tenendo gli occhi chiusi.
«Penso che sia una buona idea»
Il mio cellulare, che si trovava posato sul bracciolo del divano, vibrò. Lo presi, aspettandomi di trovare un messaggio di Albus che ci invitava da lui a cena, invece ne trovai uno da parte di Jason.
Dopo l’incidente di fine dicembre mi aveva chiamata per assicurarsi che stessi bene e per dirmi che aveva intenzione di chiedermi di uscire durante le vacanze una volta che mi fossi ripresa. Dato che con le interazioni umane facevo decisamente schifo, ero rimasta zitta per un minuto buono, per poi dirgli che probabilmente non me la sarei sentita di lasciare casa mia per un bel po’. Ma Jason Cameron era famoso per la sua testardaggine, perciò eccolo lì di nuovo, una settimana più tardi, a chiedermi se mi andava di fare un giro a Londra con lui.
No, ovviamente non mi andava. Forse avrei solo dovuto dirgli che ora stavo con Scorpius così l’avrebbe piantata, ma il solo pensiero che la notizia si diffondesse a Hogwarts mi faceva venire il mal di stomaco. Non perché non volevo che si sapesse, anzi. Fosse stato per me sarei andata in giro con una maglietta con scritto “Scorpius Malfoy è finalmente il mio ragazzo” e lo avrei urlato ai quattro venti, ma Hogwarts era pieno di pettegole –e pettegoli- pronti a inventare qualsiasi storia per saziare il loro desiderio di sapere i fatti altrui. E non lo sopportavo.
«Jason» dissi a bassa voce facendo accenno allo schermo del cellulare, così che solo Scorpius potesse sentirmi.
Mia madre era tornata di là, probabilmente per preparare la cena, mentre papà era di nuovo immerso nella lettura. La televisione era ancora accesa e le voci dei protagonisti del film che stavano trasmettendo –un thriller dove tutti si sparavano a vicenda- smorzavano la mia.
Scorpius sbuffò, leggermente infastidito. «Digli che vorrei unirmi anche io al vostro appuntamento»
«Non penso Jason sarebbe d’accordo»
«Non vedo l’ora che sappia che stiamo insieme» continuò lui. «Almeno ti lascerà stare. E se non ti lascerà stare, farò in modo che lo faccia»
Alzai gli occhi al cielo, sicura che non ce ne sarebbe stato bisogno.
«Gli dico che domani ho già da piani con te e Al» decisi, digitando velocemente una risposta gentile ma sintetica.
«Uh, quindi usciamo?»
Alzai le spalle sconsolata. «Non possiamo mica stare in casa per sempre, no? Pensavo potremmo andare al parco qui vicino.»
«Battaglia di palle di neve?» Chiese Scorpius con gli occhi che brillavano come perle preziose.
Adorava giocare a palle di neve. Anzi, ne era quasi ossessionato, peggio di un bambino di dieci anni. Ogni volta costruiva, con o senza magia, un muro fatto di neve così da distinguere i “territori” da invadere. E poi le regole. Per Merlino, le sue regole! Non ti aspetteresti mai che un gioco come “palle di neve” possa avere delle regole che vadano oltre il “colpisci e scappa”, e invece no. Ogni volta le spiegava e rispiegava come un generale che istruisce le truppe sul piano di attacco. Io e Albus lo assecondavamo in preda alla disperazione, ma ogni volta la partita finiva con Scorpius che si lamentava perché avevamo dimenticato quanto tempo stare fermi dopo essere stati colpiti e Albus che sbottava e iniziava a riempirlo di neve senza ritegno urlando Vai al Diavolo, tu e le tue regole!
«Mmmm»
«Oh, andiamo!» Sbottò lui. «Sarà divertente!»
Sì… un vero spasso.
 
 
«No, no, no e poi no!» Strillò Albus puntando il dito contro il di me. «Quando ieri mi hai chiesto di uscire, Rose, io ho acconsentito ad una condizione: niente palle di neve con Scorpius!»
Ci trovavamo al parco di Godric’s Hollow, di fianco alla Chiesa e al cimitero. Non era molto grande, ma vi erano dei giochi per i bambini e d’estate era sempre pieno di sportivi che correvano tra i sentieri sterrati, oppure di scansafatiche –tipo me- che cercavano riparo all’ombra dei fitti alberi del boschetto, che si iniziava qualche metro più avanti rispetto a dove stavamo noi.
«Oh, ma dai, Albus» fece Scorpius divertito. «Solo perché perdi ogni volta»
Albus pareva oltremodo offeso mentre si portava una mano al petto e lo guardava indignato. «No. Non voglio più giocare perché tu sei un pazzo psicopatico!»
Ora era Scorpius ad essere offeso. «Io… io sarei lo psicopatico? Sei tu che ogni volta impazzisci e inizi a infilarmi la neve nella giacca!»
A me veniva da ridere perché qui, quella sana di mente, ero ovviamente io.
«Ragazzi» mi misi tra i miei due migliori amici e voltai lo sguardo da uno all’altro, cercando di trovare un compromesso. «Possiamo giocare, uhm… senza regole?»
Scorpius parve schifato e arricciò il naso. «Non si può giocare senza!» Esclamò alzando le braccia al cielo. «Cosa siete, dei barbari?»
«Aha!» Albus batté le mani inguantate. «Visto? Anche Rose pensa che tu sia uno psicopatico, solo che non lo dice»
Inarcai un sopracciglio. «Lo sai che non ho problemi a dirgli che è uno psicopatico» feci notare ragionevolmente a mio cugino. «Tra parentesi, Scorpius, un po’ psicopatico sei.» Gli sorrisi angelicamente ignorando le sue proteste, poi tornai a rivolgermi ad Albus. «Però, Al, non puoi negare che alla fine ci divertiamo. Anzi, direi che ci divertiamo proprio per quelle stupide regole»
Entrambi mi guardarono male, Albus perché stavo dando ragione a Scorpius e Scorpius perché avevo definito le sue regole stupide.
Io stavo iniziando a sentire davvero freddo. La neve mi arrivava alle ginocchia e avevo i pantaloni fradici nonostante gli stivali, perciò era meglio mettersi a fare qualcosa per evitare di morire congelati. Incrociai le braccia al petto e li guardai a mia volta, con aria di sfida.
Scorpius indossava un cappotto grigio che era ben lungi dall’essere adatto a una battaglia di neve, ma a lui pareva non importare. Si era tirato un cappello in tinta sopra i capelli biondi e le sue guance erano colorate di rosso per il freddo, rendendolo davvero bellissimo. Mi guardò e, quando finalmente capì che stavo acconsentendo a giocare secondo i suoi termini, mi sorrise e mi si avvicinò con due lunghe falcate.
«Grazie» Mi prese il viso tra le mani e mi stampò un bacio sulle labbra.
«Non farmene pentire» sospirai, e lui mi baciò di nuovo.
Albus ci stava probabilmente insultando, ma io non lo sentivo.
Scorpius si mise a costruire il suo muro, felice come un bambino al quale è appena stato dato il permesso di mangiare tutte le caramelle.
«Ehi!» Gli urlò dietro Albus. «Io non ho ancora acconsentito»
«Siamo due contro uno, Potter» Scorpius alzò le spalle, inginocchiato per terra mentre accatastava la neve per formare un divisorio. «Mi dispiace»
Era evidente che non gli dispiaceva per niente.
Io lo guardavo imbambolata, come un serpente ipnotizzato dal proprio incantatore. Okay, forse il paragone non era dei migliori, dato che qui, le serpi, erano loro, ma avete capito.
«Quasi quasi vi preferivo quando litigavate» disse Albus imbronciato, ma si vedeva che, in fondo in fondo, si stava divertendo.
Io mi ricomposi e gli sorrisi. «Scusa»
Albus tornò a concentrarsi su Scorpius, che si era alzato e osservava la sua opera compiaciuta.
«Siamo in tre, Scorp» fece Al. «Hai diviso il campo –Merlino! Non ci credo che sto davvero parlando come te- solo in due parti»
«Io gioco con Rose»
«Oh, no» Albus mi prese per il braccio e iniziò a trascinarmi dal lato opposto rispetto a quello di Scorpius, che lo guardava con aria confusa. «Se dobbiamo farlo, io mi prendo Rose»
A Scorpius era evidente che poco importasse, quello che gli interessava era iniziare. O meglio, spiegare le regole del gioco nuovamente. Come se ormai non le sapessimo a memoria.
«D’accordo, come vuoi. Dunque, ricordate che dopo essere stati colpiti tre volte scatta la penitenza, cioè…»
«Sì sì, lo sappiamo, dopo tre colpi si viene riempiti di neve, e anche se si varcano i confini o se si fa invasione di campo. Se si viene colpiti si sta fermi quattro secondi, eccetera eccetera» Albus sventolò una mano per aria come a scacciare un moscerino fastidioso e mi guardò come per dirmi È tutta colpa tua, lo sai vero?
«No! Sono sei secondi, Albus!» Esclamò Scorpius. «Concentrati, amico!»
Albus sbuffò e si sfregò le mani guardandolo minaccioso. «Non vedo l’ora di farti arrivare la neve su per…»
«E ovviamente non si può usare la magia» lo interruppe Scorpius, per niente spaventato dalle sue minacce. «Non possiamo rischiare che qualche babbano ci veda»
Il problema non erano tanto le regole. Il problema principale era Scorpius che diventava paranoico se non le rispettavi, e Albus lo sapeva e si divertiva a infrangerle di proposito. Perciò non mi stupii quando diede le spalle a Malfoy e si voltò verso di me con un ghigno diabolico.
«Che state facendo, voi due?»
Non riuscivo a vedere Scorpius perché Albus, chino davanti a me, mi copriva la visuale, ma sentii una nota di preoccupazione nella sua voce.
«Stiamo preparando un piano d’attacco, se non ti dispiace» Gli urlò di rimando Al. Poi mi sussurrò all’orecchio. «Al mio segnale attraversiamo il muro e lo attacchiamo. Tu a destra e io a sinistra. Fanculo le sue regole. Voglio vederlo bagnato fradicio nel giro di cinque minuti»
«Okay, basta che sia conforme alle regole. Scegliete un capo squadra, già che ci siete…» stava dicendo Scorpius, ma noi avevamo già finito di confabulare e ci stavamo avvicinando al muro con nonchalance.
«… dobbiamo scegliere il campo e decidere… aspettate, che state facendo? No, no. Non ci provate»
Albus urlò, e io scoppiai a ridere perché, davvero, non potevo avere amici così stupidi. Albus caricò Scorpius e lo gettò per terra, coprendogli la faccia di neve. Scorpius se lo levò di dosso, rotolandogli sopra per vendicarsi.
«Rose, dannazione» gridò Al. «Aiutami!»
Uh, giusto.
Corsi verso di loro, Scorpius ancora a cavalcioni su Albus, che si dimenava per liberarsi. Con tutta la forza che avevo cercai di spingere Scorpius via da Albus, che riuscì a liberarsi e a scappare via dalle grinfie del Biondaccio. Biondaccio che mi guardò e mi puntò un dito contro. «Traditrice»
«Scusa, Scorpius» dissi io con un’alzata di spalle. «A questo giro sto con Albus»
Lui alzò un sopracciglio e poi ghignò. «Oh, molto bene. Se la metti così»
Prima ancora che si muovesse, mi ero già messa correre. Non volevo finire con la neve nella giacca e i capelli bagnati, faceva freddo e avevo un orgoglio da difendere. Ma Scorpius non solo aveva le gambe più lunghe delle mie, era anche più forte, quindi quando mi afferrò per la vita e io tentai di liberarmi invano, mi gettò a terra senza troppe cerimonie, bloccandomi le mani sopra la testa.
«E ora cosa pensi di fare?» Mi chiese con un ghigno.
«Posso darti un bacio» iniziai seria. «O tirarti un calcio dove non batte il sole»
«Picchialo, Rose!» Urlò Albus qualche metro dietro di noi.
«Credo di preferire il bacio»
Scorpius mi liberò le mani e posò le labbra sulle mie. Improvvisamente non avevo più freddo. Le mie mani erano ora tra i suoi capelli, ormai liberi dal cappello che si trovava abbandonato da qualche parte tra la neve.
«Sto per vomitare!» Continuò Albus. «Lo sapevo che avrei dovuto chiamare Jerome»
«Che ne dici di continuare questa conversazione a casa?» Sussurrò piano Scorpius, il suo respiro che mi sfiorava la pelle.
«Dico che è un’ottima idea» Gli diedi un bacio a stampo, che durò un po’ più del dovuto e che venne interrotto da Albus che urlava, e poi ci alzammo entrambi, spazzolandoci via la neve dalla giacca alla bell’e meglio.
Mi voltai intenzionata a rispondere per le rime a mio cugino, ma qualcosa al limitare del bosco catturò la mia attenzione e mi fece congelare il sorriso sulle labbra.
Tra gli alberi, proprio vicino al sentiero, c’era un uomo con il volto coperto e quel mantello nero bordato di rosso che avrei riconosciuto tra mille. Mi bloccai, pietrificata dalla paura. Ebbi un déjà-vu, e improvvisamente non ero più a Godric’s Hollow, ma mi trovavo di nuovo nel vicolo di Diagon Alley, con quell’uomo che puntava la bacchetta contro Scorpius e qualche istante dopo Chloe a terra morente.
Scorpius e Albus stavano andando a sedersi sulle altalene a una decina di metri da dove mi ero fermata io, ed era proprio loro che l’uomo stava osservando. Non aveva ancora alzato la bacchetta, ma la stringeva con forza tra le mani e con una buona mira gli sarebbe bastato pochissimo per colpirli.
Una rabbia cieca mi invase, il cuore iniziò a battermi così forte nel petto che temetti potesse scoppiare da un momento all’altro. Senza pensare ulteriormente, e accesa da una scarica di adrenalina, mi misi a correre come mai avevo corso in vita mia. Ma non stavo correndo verso casa per chiamare aiuto, o verso Scorpius e Albus per proteggerli in qualche modo, stavo correndo contro quella figura. Probabilmente era una mossa che mi avrebbe fatto uccidere, ma in quel momento non stavo pensando lucidamente; volevo solo prenderlo.
Quello non si accorse di me fino a quando non fui a pochi metri di distanza, ma riuscì in ogni caso ad abbassarsi per evitare il mio schiantesimo, che lo mancò per un pelo. Al posto di attaccarmi a sua volta, girò sui tacchi e se la diede a gambe.
Non avevo intenzione di lasciarlo fuggire così, doveva pagare per quello che aveva fatto.
Lo inseguii lungo il sentiero che portava nel folto del bosco; sentivo Albus e Scorpius che mi chiamavano in lontananza, e sperai davvero che corressero a chiamare i rinforzi piuttosto che seguirmi come due idioti. Anche se, in quel momento, forse la più idiota di tutti ero io.
Il bosco si stava facendo sempre più fitto e l’uomo, essendo molto più veloce di me, mi stava seminando. Però non era molto furbo, perché si stava mantenendo sul sentiero principale e io avevo un’ottima mira.
Impedimenta, pensai. L’incantesimo lo colpì sul polpaccio, facendolo cadere rovinosamente per terra. Se solo il mio braccio non avesse tremato, sarei stata benissimo in grado di beccarlo in piena schiena, così che la fattura durasse più a lungo, ma una ragazza fa quel che può. 
Tenendomi il fianco con un braccio cercai di raggiungerlo, ma l’incantesimo era davvero debole, e lui stava già riprendendo a muoversi. In più, non aveva perso la bacchetta, quindi riuscì a lanciarmi addosso un incantesimo che parai abilmente con un semplice protego, pregando che non si trattasse di una maledizione senza perdono.
Perché cavolo ha usato un banale stupeficium? Mi domandai perplessa mentre riprendevo fiato. Probabilmente non aveva la forza per compiere un incantesimo più complesso, dato che era ancora sotto effetto del mio impedimenta.
«Chi sei?» Gli domandai ansimante, la bacchetta ancora puntata contro di lui. «Che cosa vuoi da Scorpius?»
Lui non disse niente e tenne il capo chino, la bacchetta sempre salda nella sua mano destra.
Ormai lo avevo raggiunto e troneggiavo su di lui particolarmente fiera di me. Dovevo solo pietrificarlo prima che l’effetto dell’impedimenta svanisse e aspettare che papà lo portasse al quartier generale degli auror. Ma forse prima era meglio disarmarlo.
«Expell…» Non feci in tempo a terminare l’incantesimo, che l’uomo si mosse. Con la gamba mi fece lo sgambetto e nel giro di una frazione di secondo mi ritrovai per terra. Avevo perso la bacchetta e mentre la cercavo, l’uomo aveva ripreso a correre, questa volta però non stava più seguendo il sentiero, si era addentrato tra gli alberi, probabilmente per cercare un posto nascosto dove smaterializzarsi.
Mi diedi della stupida per non aver notato che la mia fattura aveva smesso di fare effetto e per essermi fatta mettere a tappeto da quell’energumeno, poi guardai alle mie spalle e pregai che Scorpius e Albus avessero chiamato i nostri genitori, altrimenti ero davvero spacciata.
Le loro voci si stavano avvicinando e li vidi in lontananza, ma io non li aspettai. Mi diedi di nuovo all’inseguimento, cercando di colpirlo con qualche fattura, ma i rami degli alberi e i cespugli mi stavano rendendo il lavoro particolarmente difficile. Inoltre qui la neve era più alta e soffice, rallentandomi ulteriormente. Dovevo assolutamente impedirgli di fermarsi e smaterializzarsi, altrimenti lo avrei perso per sempre e sarei stata punto e a capo.
Dopo quelli che mi parvero secoli, gli alberi iniziarono a diminuire e ci ritrovammo davanti a un piccolo laghetto ghiacciato; aveva la strada sbarrata.
«Fermo» gridai, senza fiato. Non svenni solamente grazie all’adrenalina.
L’uomo mi dava le spalle e alzò le mani in segno di resa, ma in quel momento Albus e Scorpius mi raggiunsero con le bacchette sfoderate.
«Rose, che cavolo succede?» Esclamò Albus, prendendomi per le spalle. Chiaramente nessuno dei due aveva capito perché mi fossi messa a correre nel bosco.
«No, Albus, aspetta» me lo levai di dosso, ma l’uomo incappucciato aveva colto quel momento di distrazione per girare su se stesso e smaterializzarsi.
«No!» Gridai, lanciandomi in avanti con il braccio teso per afferrargli la caviglia, ma la mia mano si chiuse attorno al nulla e mi ritrovai stesa a faccia in giù con il viso nella neve.
 
Non pensavo che avrei avuto la forza per sollevarmi da terra. Volevo solo star lì e dormire per il prossimo decennio.
Il cuore mi martellava nel petto come un pendolo che scocca la mezzanotte, e sapevo per certo che se mi fossi alzata sarei svenuta. Ero davvero una mezza cartuccia con zero resistenza. Se solo fossi stata più veloce, sarei stata in grado di prenderlo.
Due mani mi afferrarono per la vita e mi tirarono su da terra con delicatezza. Mi ritrovai tra le braccia di Scorpius.
«Rose» mi chiamò con la voce rotta dal panico. «Che cos’è successo?»
«Era lui, Scorp» ansimai con voce strozzata. Mi mancava l’aria. «Era lui. L’uomo di Diagon Alley»
Scorpius sbiancò e sentii Albus imprecare dietro di me.
«Ne sei sicura?» Mi chiese serio.
«Rose, che cazzo ti è preso?» Albus si avvicinò così che potessi guardarlo. «Avresti dovuto chiamarci!»
«Albus, sto bene» dissi, ma non ci credeva nessuno, neanche io.
Scorpius continuava a tenermi un braccio attorno alla vita, probabilmente conscio del fatto che avrei potuto perdere i sensi da un momento all’altro. Mi veniva da vomitare e mi girava la testa.
«Bene?» Scorpius mi guardava serio ora. Mi toccò la guancia con il pollice e poi sospirò. «Stai sanguinando. Come puoi stare bene?»
Mi allontanai piano da lui, guardandomi attorno per assicurarmi che fossimo davvero soli, o per cercare qualche indizio che potesse in qualche modo non rendere del tutto vano il mio inseguimento. Ma non appena feci un passo le mie gambe iniziarono a tremare e mi portai una mano alla testa. Mi si annebbiò la vista e, se Scorpius non mi avesse afferrata, probabilmente sarei caduta di nuovo.



NOTE DELL'AUTRICE CHE FA DAVVERO SCHIFO PERCHE' NON AGGIORNA DA UN SACCO DI TEMPO:
Ehm, ciao a tutti!
Mi dispiace così tanto per non aver aggiornato in questi mesi! Ma ve l'ho detto, mi  sono trasferita, ho iniziato l'università, ed è stato davvero un momento della mia vita davvero impegnativo che mi ha lasciata un po' spaesata inizialmente. Spero però di essermi rimessa "on track". Uno dei miei propositi per l'anno nuovo è leggere e scrivere di più, quindi vi prometto che mi impegnerò per avere più costanza. 
Passando al capitolo, spero in qualche modo di essermi fatta perdonare per l'attesa. E' molto lungo, e sinceramente sarei volentieri andata avanti, ma non volevo esagerare e ho preferito concluderlo qui. 
Spero davvero che vi piaccia e, se ci siete ancora, vi ringrazio tanto e vi abbraccio forte. <3
Un bacio e a presto!

Francesca 

P.S. Non so nemmeno se ha molto senso, dato che ho scritto la prima parte a novembre, e il resto in questi giorni. Nel caso fatemi sapere! 
  
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