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Autore: lady lina 77    10/01/2017    1 recensioni
Cosa sarebbe successo se Demelza, dopo il tradimento di Ross, se ne fosse andata di casa?
Dopo la lite furiosa fra i due in cui ha rovesciato ogni cosa dal tavolo, urlando al marito tutta la sua rabbia, Demelza decide che non ha più senso rimanere a Nampara, con un uomo che non la desidera più e che sogna una vita con un'altra donna.
Prende Jeremy e Garrick, parte per Londra e fa perdere le sue tracce al marito, ricominciando una nuova vita lontana da lui e dalla Cornovaglia.
Come vivrà? E come la prenderà Ross quando, al suo ritorno da Truro, non la troverà più a casa?
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"E' solo una slogatura".

Ross osservò di sottecchi Prudie che aveva trovato l'ennesima scusa per non lavorare e si voltò verso Dwight che, concentrato sul suo lavoro, le stava fasciando il polso. "Ma una slogatura che non le permetterà di lavorare, o una slogatura leggera e che non da grandi problemi a svolgere le normali attività di casa?".

Dwight sospirò. "Niente di grave, potrà cucinare e fare lavori leggeri, pur con moderazione".

Prudie divenne rossa di rabbia. "Che ne sapete voi dell'immenso dolore che sto provando? Il braccio mi fa talmente male che me lo farei staccare a morsi da un cane, per quanto soffro".

"Il problema non era solo al polso?" - chiese Ross, accigliato.

"Prende tutto, signore, fino alla spalla. Voi non capite nulla del dolore di questa povera serva".

Dwight e Ross si guardarono negli occhi, cercando di non scoppiare a ridere. Il dottore finì di fasciare il polso e poi, dopo un breve massaggio al braccio, la congedò. "Per oggi tenete il braccio a riposo e da domani ricominciate ad usarlo con calma".

Prudie fissò Ross in cagnesco. "Calma... Bella parola, con questo qua come padrone" – borbottò, scomparendo dietro la porta trascinando i piedi.

Dwight ridacchiò. "Sei messo bene a servitù, vedo".

"Sono soli in casa tutto il giorno e si prendono un sacco di libertà. E non sono mai dalla mia parte anche se, devo ammetterlo, la casa è in condizioni discrete, rispetto a un tempo".

Dwight si sedette sulla sedia, stiracchiandosi. "Di che ti lamenti? Almeno tu hai chi ti aiuta, io sono da solo e devo fare tutto".

"Presto sarai sposato con Caroline e vi trasferirete nella casa di suo zio e vivrete fra qui e Londra, facendo la spola verso l'altra lussuosa residenza della tua futura moglie. Avrai talmente tanti servitori da non ricordarti nemmeno i loro nomi".

Dwight arrossì. "Chissà se mi abituerò".

"Ci riuscirai. Caroline è tornata a Londra?".

"Sì, da dieci giorni. Ha un sacco di faccende da sbrigare laggiù e non puo' passare tutto il tempo a fare la turista in Cornovaglia". Alzò lo sguardo su di lui, accigliato. "A proposito, hai qualche buon consiglio da darmi per il matrimonio?".

Ross spalancò gli occhi. "Chiedi consigli a me?". Scoppiò a ridere, picchiandogli sulla spalla con la mano. "Caro mio, io sono proprio l'ultimo a poterti dare consigli in questo campo, visto com'è andato a finire il mio di matrimonio".

"Avanti, non buttarti giù così! Demelza ti amava tantissimo e questo significava pur qualcosa! Insomma, non dovevi essere così male, come marito".

Ross, soprapensiero, si avvicinò a un cesto di frutta posto sul tavolo, prendendo fra le mani una mela e tirandola all'amico. "Vuoi un consiglio per il tuo matrimonio? Fai l'esatto opposto di quello che ho fatto io, sarai un marito perfetto e renderai tua moglie una donna felice".

Dwight fece per rispondere quando la voce lamentosa di Jud arrivò alle loro spalle, interrompendo i loro discorsi.

"E' arrivato un messo da Londra con una lettera per voi" – disse il servo, poggiando la busta sul tavolo.

Ross si accigliò. Una lettera da Londra? "Chi me la manda?".

Jud sbuffò, scocciato. "Ora a un servo si chiede anche di rendere conto della posta privata del proprio padrone... Roba da matti, come se non bastasse il lavoro da somaro che già si ha sulle spalle! Tutto questo è profondamente ingiusto, disumano e sconveniente" – si lamentò, allontanandosi dalla sala senza rispondere alla domanda che gli era stata posta.

Dwight scoppiò a ridere. "Ma che hanno oggi i tuoi servi?".

Ross, prendendo fra le mani la lettera, scosse la testa. "Oggi? Sono sempre così". Aprì la busta con fare annoiato e disattento, leggendo sommariamente quanto vi era scritto.

"E allora? Qualcosa di importante?" - chiese Dwight, stranamente curioso.

Ross alzò le spalle. "Niente di che, un azionista che vorrebbe comprare qualche quota della Wheal Grace".

Dwight sorrise. "Oh, ottime notizie allora, incrementerai i tuoi creditori! Chi è? Londra è piena di ricchissimi uomini d'affari, la fortuna sta davvero girando nella tua direzione, Ross".

"Non si firma con nessun nome" – rispose, facendo cadere la busta sul tavolo. "Dice che vuole rimanere anonimo fino al nostro incontro, per questioni di privacy. Mi ha fissato un appuntamento a Londra, in una locanda a Regent Street nella mattinata del 3 dicembre. Nemmeno so dove diavolo sia, Regent Steet".

"In centro, Ross. E' una delle vie commerciali principali di Londra, la finanza della capitale passa tutta da lì. Ci andrai?".

"Non lo so, le lettere anonime non mi sono mai piaciute".

Dwight alzò le spalle. "Dai, che ti importa? Li conosci questi ricconi, sono pieni di concorrenza e preferiscono concludere affari in anonimato prima che qualcun altro glieli sottragga da sotto il naso. Fa parte del gioco, non fare il difficile. E questo potrebbe essere un buon affare anche per te che si tradurrebbe in migliori condizioni di lavoro per i tuoi minatori. Pensaci, è una buona notizia che qualcuno voglia investire sulla tua miniera".

Ross si sedette sulla sedia, stiracchiandosi. "Ah, non lo so! Non ho la minima voglia di andare a Londra in pieno inverno. Sarà umidissima e con un nebbione che non si vedrà a un palmo dal naso".

Dwight scoppiò a ridere, a quelle parole. "Santo cielo, in questo momento sei identico a Caroline quando si lamenta per il vento della Cornovaglia!".

Divertito, anche Ross rise. "Finiscila! Dici che devo accettare?".

"Io accetterei. Quanto meno, andrei a vedere di che si tratta e poi deciderei il da farsi".

Ross si accasciò sulla sedia, osservando distrattamente il soffitto. "Resta il fatto che Londra, sotto Natale, con questo freddo...".

"Avanti, non vorrai rinunciare ad un affare per un po' di neve e nebbia! Ross non è da te, che ne è del tuo spirito d'avventura che sfoderavi brillantemente in guerra l'anno scorso?".

Con un sospiro, Ross annuì. "Hai ragione ma...".

Dwight divenne serio, prendendo a guardarlo intensamente negli occhi. "Se Demelza fosse qui, che ti consiglierebbe?".

Rimase colpito da quella domanda, era da così tanto tempo che lei non c'era e gli dava consigli e ormai aveva imparato, per non cedere alla disperazione, a relegare il ricordo di sua moglie in un angolo nascosto della mente, il più lontano possibile dal suo cuore. Sorrise, tristemente. "Mi consiglierebbe di andare, per i miei minatori".

Dwight sospirò, alzandosi dalla sedia e mettendosi il cappello. "Ecco, la risposta te la sei data da solo. Prepara la valigia e parti, ci si rivede nella capitale. A inizio dicembre, non so ancora il giorno preciso, partirò anch'io per Londra, per passare un mese con Caroline e festeggiare insieme il Natale. Ci divertiremo, è una città che offre molte attrattive".

Ross rise. "Tu e la vita mondana londinese siete due pianeti lontani? Non sei tipo da feste e locali notturni".

Anche Dwight rise. "Ma tu si! E pure Caroline... Mi trascinerete in qualche birreria alla moda e mi costringerete ad ubriacarmi fino a farmi vomitare anche le budella, già lo so".

"Dovrei fare da terzo incomodo?" - chiese, divertito.

Dwight gli strizzò l'occhio. "A piccole dosi, ogni tanto, ti vogliamo con noi. E' grazie a te che siamo tornati insieme e siamo tanto felici e questo non lo dimenticheremo mai, Ross. E inoltre abbiamo il matrimonio da organizzare, ci serve il tuo aiuto".

"Cioè, volete farmi lavorare?".

"Preferisco pensare che ci divertiremo come pazzi!".

"Perché no, in fondo l'idea è allettante, mi hai convinto". Ross gli si avvicinò, dandogli una pacca sulla spalla. "E sia, passiamo un po' di giorni nella capitale, a divertirci come ventenni".

"E a concludere affari" – puntualizzò Dwight.

"Speriamo" – rispose Ross, con una punta di scetticismo.


...


Nebbia, gelo ed umidità... Eccola la splendida Londra di inizio dicembre, un incubo!

Quell'anno non era ancora nevicato ma una coltre di freddo avvolgeva la città, resa scura e buia da una nebbia onnipresente che non pareva voler mai andar via.

Era giunto a Londra la sera prima, aveva prenotato una stanza in una locanda e noleggiato un cavallo per girare la città il giorno successivo, per andare all'incontro con questo misterioso azionista interessato alla sua miniera. Benché avesse promesso a Dwight di fermarsi nella capitale per passare un po' di tempo insieme, la cosa non lo allettava per niente, non aveva davvero voglia di fermarsi in quel posto così rumoroso e pieno di gente, tanto che aveva deciso di ripartire al massimo dopo due-tre giorni. In fondo, Dwight e Caroline avrebbero trovato il modo di divertirsi anche senza di lui. Soprattutto senza di lui...

Montò sul suo cavallo, una bestia dal manto color rossiccio nervosa e ingestibile, diretto a Regent Steet. Si era studiato una mappa della città perché non aveva la minima idea di dove fosse questo posto e, man mano che procedeva al passo, in mezzo a una folla infreddolita e frettolosa, si accorse che in effetti si stava dirigendo nella parte della città più commerciale e dedita agli affari. Botteghe, banche e grossi negozi adornavano le vie ed era tutto un via vai di uomini d'affari, viandanti e commercianti che urlavano come pazzi i prezzi delle loro merci. "Che posto impossibile...".

Si chiese come potesse, la gente, vivere in mezzo a quella bolgia. La parte più nobile della città, silenziosa e berbenista, era molto vicina ma sembrava lontanissima in mezzo a tutta quella confusione. Incrociò molte domestiche e bambinaie con piccoli lord e principessine al seguito, diretti verso i parchi cittadini, pensando a quanto fosse triste la vita di quelle persone dedite talmente tanto al lavoro e al denaro da relegare la servitù a crescere i propri figli. Era diversa la Cornovaglia, più a misura d'uomo, di famiglia, di bambino. Anche i nobili avevano molti servi al loro servizio, nella sua terra, ma la vita era più semplice rispetto alla capitale, anche per loro.

Perso in quei pensieri svoltò l'angolo che portava a Regent Street, ancora più caotica della via che aveva appena lasciato. Il cavallo si innervosì ancora di più e faticò non poco per tenerlo al passo. La bestia nitrì nervosamente, disturbata dagli schiamazzi di un gruppo di bambini di strada che giocavano con le biglie sul selciato. "Buono...".

Improvvisamente, una carrozza lanciata a folle velocità fra la folla, fece scansare di corsa le persone, spaventate, che si accalcarono ai lati della strada per non essere investite.

Ross strinse ancora di più le redini mentre il cavallo diventava sempre più nervoso, faticando a tenerla a bada, spostandosi verso il centro della strada per non travolgere nessuno. La carrozza lo raggiunse, sfiorandoli e prendendo di striscio il cavallo sulla coscia.

L'animale nitrì dal dolore, imbizzarrendosi, sollevandosi sulle due zampe posteriori. Fu una delle ultime cose che ricordò. Tentò di tenerlo a bada, di riottenere il controllo su di lui e mentre tentava di riconquistare stabilità, riuscì a deviare all'ultimo una bambina che gli si era parata davanti all'improvviso.

Il cavallo si issò nuovamente, ancora più spaventato, scalciando sul selciato mentre la gente si spostava spaventata. Urtarono un qualcosa dietro di loro, forse il marciapiede, non lo seppe mai con certezza. La bestia si dimenò e tentò di tenerla a freno per non schiacciare nessuno ma nello sforzo perse la prese sulle redini. L'animale nitrì ancora, terrorizzato, si risollevò sulle zampe posteriori e lui, ormai senza più appigli, perse l'equilibrio.

Cadde all'indietro, una caduta di schiena da oltre un metro d'altezza. Sentì la gente urlare e poi un dolore acuto, tanto forte da togliergli il fiato alla base della testa, all'attaccatura col collo. E poi più nulla, all'improvviso le urla cessarono e divenne tutto nero, lontano, ovattato. Fino a scomparire, insieme alla sua coscienza.

  
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