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Autore: LysL    10/01/2017    2 recensioni
Una raccolta di otto piccole storie che vedono come protagonista Yuri Plisetsky mentre impara che "casa" non è solo un luogo, ma anche affetto e, perché no, a volte anche persone.
(La nota What if? si riferisce al fatto che il contesto diverge dal finale canonico, poiché la storia è stata ideata prima della fine della serie.)
*
{Storia partecipante al contest "Christmas Game – Puzzle Time" proposto e curato da Fanwriter.it ♥}
#1. Casa
#2. Promesse
#3. Tutta colpa del jet-lag (forse)
#4. Nanna
#5. Nuovo
#6. Troppo saké
#7. Hobbies
#8. Legami
#9. [Bonus!] A distanza
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Yuri Plisetsky
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Contest natalizio



Immagine di SpigaRose

Troppo sakè
 
[Prompt: Qualcuno ha bevuto troppo e ora va in giro con addosso la testa di una renna impagliata e un cappellino di Natale a nascondere le vergogne]
 
Tutto sommato avrebbe dovuto aspettarselo, si disse Yuri. Perché certe cose non succedono nelle famiglie normali, perché Yuuri i suoi geni doveva averli presi da qualcuno, perché una persona non si sveglia la mattina con l’intento di fare una pole dance quasi nudo e innaffiando tutti di champagne. Avrebbe dovuto capirlo non appena viste le bottiglie di sakè in tavola.
Quindi, Yuri avrebbe dovuto aspettarselo, ma ciò non gli impedì di rimanere del tutto scioccato quando, nella tarda serata (e per fortuna le gemelle se n’erano andate prima con Takeshi), il signor Katsuki aveva ben deciso di staccare la testa della renna che adornava il giardino della casa e piazzarsela addosso, indossando solo la propria camicia. Era uno spettacolo disgustoso, per parafrasare, e Yuri stava cercando di dimenticare il momento in cui quel tipo, le guance rosse e la voce tanto strascicata da non sembrare più nemmeno una umana, aveva rubato il cappello rosso che Victor indossava all’aeroporto e se l’era legato sui fianchi con un laccio, così che gli coprisse le vergogne; sembrava uno strano lottatore di sumo, pensò Yuri, tra un insulto mentale e l’altro.
E dire che la serata era iniziata bene! Qualche ora dopo pranzo e una quantità esagerata di smancerie più tardi, Victor e Yuuri avevano finalmente lasciato la casa per dedicarsi alla loro serata di coppia, e tutti i rimanenti si erano spostati in salotto, a parlare, guardare la tv e, nel caso delle gemelle, giocare a qualche gioco di società. E poi la signora Katsuki aveva deciso che era davvero il caso di finire il sakè rimasto dal pranzo.
Yuri si ricordava di aver cercato lo sguardo di Yuuko, ma l’aveva trovata distesa sul pavimento insieme alle figlie ad urlare su chissà cosa al telefono, poi Takeshi aveva esordito con un “E’ il caso di tornare!”, probabilmente consapevole di cosa sarebbe successo di lì a qualche minuto, ma Yuuko non ne aveva voluto sapere, perché voleva aspettare Yuuri e Victor, insistendo che sarebbe tornata a casa a piedi, più tardi. Anche le gemelle avevano protestato, ma non c’era stato verso di convincere Takeshi a rivedere la sua decisione. Dopo quella discussione, Yuri non aveva potuto far altro che promettere a Takeshi che avrebbe accompagnato lui Yuuko, motivo per cui sedeva scomposto su di una sedia, il mento poggiato sul pugno, mentre cercava di non scappare via da quella stanza e chiudersi in bagno a vomitare.
A niente erano serviti i sorrisi della signora Katsuki, né il tono più duro di Mari, né i metodi di persuasione di Yuuko, che con dolcezza (probabilmente anche per esperienza), aveva aiutato le padrone di casa a portare l’uomo in camera da letto, con il solo risultato di farlo finire seduto per terra nel corridoio a raccontare barzellette dalla dubbia comicità.
«Sapete come si vestono i pattinatori che si esibiscono in casa?» chiese d’un tratto, parlando un inglese che avrebbe dovuto essere dichiarato illegale.
Yuri si passò una mano sulla faccia, sconfitto, mentre Yuuko sorrideva al signor Katsuki, che tra un singhiozzo e l’altro rispose in tono strascicato. «In vestaglia!» poi scoppiò in una risata fragorosa.
Mari rivolse uno sguardo imbarazzato a Yuri, piegando il capo e congiungendo le mani, nel modo strano che avevano i giapponesi di chiedere scusa, e lui fece le spallucce, consapevole che in quella situazione i colpevoli erano solo i geni maschili della famiglia Katsuki.
Era arrivato così tanto a limite della sopportazione che il suono di persone nell’ingresso, nella fattispecie risatine e il rumore di qualcuno che inciampava, fu come un balsamo per le sue povere orecchie. Solo fino a quando Yuuri Katsuki fece la sua apparizione nel salotto, con un Victor molto poco sobrio che gli stava attaccato alle spalle, riempiendogli il collo di baci.
Non appena si accorse della scena che gli si parava di fronte, gli occhi scuri di Yuuri si spalancarono e si staccò di dosso il suo fidanzato senza troppe cerimonie. «Cosa è successo?» chiese, incredulo, lanciando occhiate preoccupate tutt’intorno.
Sia Mari che Yuri aprirono la bocca per rispondergli, visto che la signora Katsuki e Yuuko erano ancora inginocchiate accanto all’altro uomo, ma vennero preceduti.
«Oh, figliolo!» Esclamò il signor Katsuki, un dito alzato ad indicare Yuuri.
«Sai qual è il colmo per due gatti?»
Yuuri gemette. «Papà…»
«Guardarsi in cagnesco!» rise di nuovo. Yuri credeva che dopo quella serata ne avrebbe avuto abbastanza di quella famiglia infernale per almeno un altro anno. Sbuffò rumorosamente, prima di fare un passo avanti e squadrare con fastidio gli ultimi arrivati. «Mi sembra ovvio! Tuo padre è ubriaco fradicio e noi non riusciamo a portarlo in camera!» gli spiegò, cercando di calmare il bollore che gli attanagliava lo stomaco. Dopotutto, si disse, per una volta il cotoletto non era un diretto responsabile delle sue disgrazie. «Potresti anche aiutarci, invece di startene lì impalato, che dici!?» disse a voce più alta, visto che l’altro sembrava essersi bloccato; non era stato detto con cattiveria, quanto più con semplice esasperazione per essere stato lasciato solo con tre donne e un uomo ubriaco. Quello riuscì a far riprendere Yuuri, che si precipitò al suo fianco e, tra scuse borbottate, fece per abbassarsi e passare una braccio sotto quello del padre, in modo da sorreggerlo.
L’uomo però non ne voleva sapere, e si fece ancora più pesante e molle nella presa dei due Yuri.
«Victor!» Chiamò, e il diretto interessato si voltò. Yuri trattenne la bestemmia che gli era salita alle labbra, con uno sforzo sovrumano, impegnandosi il doppio per tirar su quel peso morto. Fu sul punto di scattare quando, con il tono genuinamente sorpreso di chi non si è accorto di nulla, il signor Katsuki si voltò verso di lui e disse. «Yurio, ma ci sei anche tu? Oh! Allora devi assolutamente sentire questa battuta!»
Victor, che intanto si era avvicinato, posò un braccio sulle spalle di Yuuri, rendendogli molto più difficile il compito di sollevare il padre.
«Sapete qual è la città preferita dai ragni?» un sorriso sornione gli adornava il volto, e se non fosse che era completamente nudo con solo un cappellino di Natale a coprirgli l’inguine e lui doveva trasportarlo fino in camera da letto, Yuri l’avrebbe anche trovato esilarante.
Ovviamente, Victor, anche lui annebbiato dai fumi dell’alcool (anche se Yuri era sicuro che la reazione sarebbe stata la stessa anche da sobrio) scosse la testa, interessato.
Il signor Katsuki allargò il proprio sorriso, prima di dichiarare, con l’orgoglio che solo un uomo ubriaco può avere. «Mosca!»
A Yuri veniva da piangere. E ancor di più quando il signor Katsuki prese a dargli leggere gomitate nello stomaco, ripetendogli il nome della città, la sua città.
Il coro di risate (si era unito anche Victor) che seguì lo lasciarono di stucco, con la sola voglia di tornare a casa con Yuuko il più presto possibile e infilarsi sotto le coperte per dimenticare tutto quello che era successo quella sera; per sfortuna, la condizione necessaria per poter raggiungere il suo obiettivo era che Toshiya Katsuki collaborasse e si andasse a coricare, una volta per tutte.
«Su, papà!» Lo esortò Yuuri, con lievi pacche sulla schiena, scrollandosi il braccio di Victor dalle spalle e alzando gli occhi al cielo quando quello produsse un suono offeso.
Con l’aiuto combinato di Yuuri e Mari, finalmente riuscirono a chiudere l’uomo in camera con la moglie, che gli stava parlando in quel suo tono dolce. Solo dopo, Yuuri riuscì a togliersi finalmente il cappello umido di neve che gli copriva ancora la teste e i guanti altrettanto umidi.
Yuri sospirò di sollievo, lanciando un’occhiata a Yuuko che significava un chiaro “ti prego, andiamo via.”, ma prima che potesse davvero fare qualche passo verso la donna, una mano gli si posò sulla spalla.
Non avrebbe avuto bisogno di girarsi per sapere che era il cotoletto, ma lo fece comunque con uno sguardo profondamente scocciato. Il sorriso di Yuuri lo colse di sorpresa, sebbene fosse ormai abituato a quel viso tondo e a quell’espressione felice, visto che Yuuri sembrava non ricordarsi come si esprimessero le altre emozioni (anche perché, la vita aveva preso una svolta in suo favore, quindi, rifletté Yuri, perché non avrebbe dovuto essere felice?).
Il maggiore gli diede due pacche sul braccio. «Grazie per esserti occupato di mio padre mentre non c’ero.» disse.
Yuri distolse lo sguardo, e perché diamine sentiva le guance andare a fuoco? Incrociò le braccia e puntò il naso verso l’alto. «Tsk. Come ti pare.» bofonchiò. Yuuri ridacchiò, ma ormai lui era scattato via al fianco di Yuuko, e quando quest’ultima si disse fiera di lui per il modo in cui era riuscito a gestire la situazione, nemmeno la notturna aria fredda  riuscì a placare il suo furioso rossore.
 
 
 
[1448 parole]
 
 
 
Note della pseudo autrice:
Salve! Sono finalmente riuscita a trovare del tempo per continuare a scrivere le fic del contest, la cui scadenza è stata fortunatamente prorogata *ringrazia l’Universo*
E sì, mi rendo conto anch’io che la cosa che avete appena letto (e a proposito, grazie per averlo fatto) è mooolto demenziale, ma questo succede quando ti ritrovi con libri d’alta letteratura, quali la raccolta di barzellette di Geronimo Stilton, tra le mani dopo averli ripescati da uno scaffale che non sapevi neanche esistesse in casa tua.
So bene che Toshiya parla in inglese tutto il tempo e queste freddure non esistono in inglese, essendo giochi di parole validi solo per l’italiano, ma fatemele passare, vi prego! Volevo mettere le traduzioni di freddure in inglese, ma ovviamente non rendono, quindi ho preferito utilizzare quelle che avevo a disposizione e sperare nella clemenza di chi le leggesse.
Anche nell’idiozia generale, ho cercato di mostrare una certa maturazione da parte di Yuri, che stavolta si offre di fare il gentiluomo con Yuuko, aiuta la madre e la sorella di Yuuri e infine Yuuri stesso senza menare nessuno e senza avere veri e propri scatti d’ira.
Mi scuso ancora profondamente per il livello di demenza raggiunto in questa shot, ma mi sono divertita a scriverla, e spero vi abbia strappato un sorriso, anche di pena nei miei confronti, va bene lo stesso :’)
Spero lascerete un commento (anche un insulto, stavolta me li merito) e come sempre un grazie speciale a chi ha inserito la storia tra le seguite/preferite.
E un grazie ancora più speciale a _Lady di inchiostro_ che non solo ha recensito tutti i capitoli, ma mi sprona sempre a far meglio :3
Un saluto a tutti e alla prossima!
LysL
  
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