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Autore: MerasaviaAnderson    10/01/2017    2 recensioni
•{Gallavich ~ Pericolosamente angst ~ Mickey!OOC ~ What if?}
Mickey ha convinto Ian a non arruolarsi nell'esercito.
Al Rosso non viene diagnosticato il Disturbo Bipolare.
Eppure, due anni dopo, una difficoltà molto più grande si abbatterà sui due amanti.
"Il mal di testa pulsava sulle sue tempie e ancora mezzo intorpidito si era deciso ad accendere il telefono, dove aveva trovato una numerosa serie di chiamate perse da praticamente ogni membro dei Gallagher e un’altra manciata da Mandy.
E lì ebbe la consapevolezza di non poter essere egoista: di non poter lasciare da solo Ian in una situazione del genere, di dover mettere da parte la sua sofferenza e tornare lo stronzo Mickey Milkovich che tutti conoscevano prima che quella fighetta avesse fatto breccia nella sua miserabile vita."
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Until the end of my days

Capitolo III:

MIDDLE


“I’ll promise to build a new world, for us two … with you in the middle.”
 
 
 
«Buongiorno.» Ian scese in cucina, trovando come al solito Fiona e Lip intenti a preparare la colazione, mentre il resto della famiglia dormiva ancora profondamente, Mickey compreso. D’altronde erano ancora le sei meno un quarto di mattina.
«Ehi, come mai già sveglio a quest’ora?» gli domandò Fiona, un leggero tono di preoccupazione macchiava la sua voce che si sforzava di essere il più naturale possibile.
Ian aveva chiesto a tutti di non comportarsi come se fosse un bimbo bisognoso di cure e attenzioni, ma non sembrava funzionare, specialmente per Mickey e Fiona. Non che gli dispiacesse, ma era intenzionato a vivere i suoi ultimi mesi di vita nella maniera più semplice possibile.
Non era stato benissimo la sera prima e gli stavano tutti con il fiato sul collo, in più si era svegliato con un mal di testa terribile a causa dell’ossigenoterapia.
«Volevo parlarvi.» ammise Ian, posizionandosi di fronte ai suoi fratelli e parlando con un tono più che serio «E vorrei che voi parlaste anche a Debbie e Carl.»
«Cosa succede?» Fiona abbandonò la colazione che stava preparando, attenta alle parole del fratello.
«Si tratta di Mickey.» lo disse a bassa voce, nel timore che il suo ragazzo si potesse svegliare e beccarli a parlare di lui. Di conseguenza, Fiona e Lip sospirarono con un’espressione rassegnata sul volto. «Quando morirò voglio che gli stiate accanto.»
Fiona era perplessa, triste, impotente.
«Cosa potremmo fare per lui?»
«Provare a consolarlo, a non fargli buttare la sua vita nel cesso.» Ian era serio, determinato ad offrire a Mickey le cose più belle anche dopo la sua morte. Anche se lui non ci fosse stato più, i suoi fratelli avrebbero potuto aiutarlo, come sua ultima volontà.
«La vita di tutti noi che viviamo al South Side è buttata nel cesso, Ian. Ci gettano dentro fin da quando usciamo dalle fighe delle nostre madri.» questa volta fu Lip a rispondergli, sorridendogli amaramente con un bottiglia di birra in mano.
«Bevi già di prima mattina?» il Rosso s’accigliò, guardando il fratello con uno sguardo di rimprovero … non era quello il futuro che voleva per suo fratello Lip.
«E i cazzi tuoi?»
Ian era pronto a rispondergli a tono, ma Fiona li interruppe, sospirando e portando le mani sui fianchi prima che potessero assalirsi a vicenda.
«Scusa Ian, ma secondo te Mickey si lascerà consolare da noi?»
«Be’, stiamo pur sempre parlando di Mickey Milkovich. Con te è una pecorella smarrita e preoccupata, ma con gli altri è rimasto lo stronzo che ti picchia a sangue alla prima parola sbagliata.» continuò Lip, sorseggiando la sua birra. Era vero, però, che dopo la diagnosi del cancro di Ian Mickey era notevolmente cambiato, glielo aveva confidato anche Mandy, dopo un classico pomeriggio di “Scopo per dimenticare”.
«Voi non lo conoscete, non ha nessuno.» Ian scosse la testa e si strofinò gli occhi, nervoso «Sarà distrutto.»
«Questo non lo mettiamo assolutamente in dubbio, Ian, ma …» gli rispose Fiona, che era nuovamente sull’orlo delle lacrime.
«Ci sarà Mandy.» aggiunse Lip, alzando le spalle e guardando il fratello dritto negli occhi.
«Che sarà distrutta quanto lui!»
«La smetti, cazzo!» urlò Lip, posando la bottiglia di birra sul ripiano della cucina e alzandosi, inveendo contro Ian «Cosa cazzo credi? Che noi non saremo distrutti? Pensa anche a noi, maledizione, che siamo la tua cazzo di famiglia, quelli che ti hanno pulito il culo quando eri neonato! Smettila di sbatterci in faccia la tua cazzo di vita da frocio perfetto e piangere per il fidanzatino della minchia che dovrai abbandonare per andare a bruciare all’inferno!»
Fiona lo guardò sbigottita, chiedendosi come potesse mai dire cose del genere … Avrebbe voluto solo tirare un ceffone a suo fratello, ma poi capì: capì quanto doveva essere doloroso per Lip dover perdere Ian, il bambino che proteggeva dai bulli quando erano piccoli, quello a cui aveva insegnato tutto quello che sapeva, con cui passava le notti insonni a chiacchierare. In quel minuto, la maggiore dei Gallagher comprese che quella morte sarebbe stata devastante per tutti gli altri suoi fratelli tanto quanto come lo sarebbe stata per lei.
Adesso Lip si sentiva messo da parte, accantonato in un angolino mentre tutto intono a sé collassava.
«Senti, siccome le tue relazioni vanno una merda e la tua vita sta andando allo sfascio non sfogare le tue frustrazioni con il presente frocio che – come hai precisato – presto se ne va all’inferno. Prima di allora vorrei godermi un po’ di vita in questo buco di quartiere con le persone che amo. Ma se le cose con te stanno così, Lip, è meglio che trovi qualcun altro su cui sfogare i tuoi tormenti da universitario alcolizzato e genio incompreso perché io-» Ian urlò e gli si mozzò il fiato, spalancò gli occhi e si portò un mano al petto che sembrava andare a fuoco. Il suo sguardo si appannò e perse l’equilibrio, cadendo di peso sul pavimento, arrancante mentre cercava disperatamente aria.
Subito i suoi fratelli gli furono attorno, Lip lo sollevò sulle sue braccia, urlando il suo nome. Cosa cazzo aveva combinato?
Fiona era una maschera di terrore, si guardava intorno sperduta, mentre Lip aveva afferrato il suo cellulare per comporre il numero del 911. Sfortunatamente il cellulare non ne voleva sapere di sbloccarsi e con mani tremanti lo lanciò sul pavimento.
Fiona corse sulle scale, spaventata e piangendo.
Non era forse arrivato il momento … ?
No, era decisamente troppo presto.
«MICKEY! MICKEY!» Fiona gridava il nome del ragazzo per le scale, nella speranza di svegliarlo. Fece capolino nella camera urlando, svegliando anche Carl.
«Cosa cazzo succede?» era già seduto sul letto che si metteva un paio di pantaloni, agitato.
«Si è sentito male!» urlò Fiona, ansimando e piangendo, Mickey scattò come una furia al piano di sotto, mentre il povero Carl guardava la scena spaesato e assonnato.
«IAN! IAN! CAZZO!» arrivò in cucina correndo, con il cuore che batteva all’impazzata dalla paura e i pantaloni ancora slacciati.
Era letteralmente terrorizzato, si gettò sul pavimento e prese la testa di Ian sulle sue ginocchia «Ian, rispondi, cazzo!» vide Lip in preda al panico che cercava qualcosa intono a lui come un forsennato «Chiamate una cazzo di ambulanza!»
«Se trovassi un cazzo di telefono che funziona la chiamerei!» ribatté Lip «E tu aiutaci, cazzo!» si rivolse a Fiona, che si era rannicchiata vicino l’uscio della porta a guardare la scena sommersa da un pianto disperato.
Mickey lanciò il suo cellulare a Lip, che prontamente s’alzò dal pavimento per andare a chiamare il Pronto Soccorso. Mickey prese il suo posto, sorreggeva il corpo di Ian con le braccia e gli stringeva forte la mano fredda e tremante, proprio come la sua.
«Riprenditi, brutta testa di cazzo.» gli mormorò, mentre gli mollava la mano e iniziava ad accarezzargli i capelli e posarvi un bacio sopra di essi … profumavano, perché la sera prima avevano giocato a fare le fighette e avevano fatto il bagno insieme, abbracciati nella vasca di casa Gallagher finché l’acqua non si era fatta troppo fredda, con Ian con lo sguardo perso nel vuoto, poggiato sul petto di Mickey, che – ovviamente – giocava con i suoi capelli bagnati.
«Se muori adesso ti taglio quelle palle di fuoco che ti ritrovi, okay?» se lo appoggiò alla spalla che ancora cercava aria, sentiva tutto attorno a sé ovattato, non riusciva a parlare.
Nel frattempo Carl e Debbie erano scesi a vedere, la seconda terrorizzata, abbracciata a Fiona mentre urlava il nome del fratello. Lip parlava ancora con il 911.
Non seppero con certezza quanti minuti passarono … sapevano solo che quei pochi minuti erano sembrati un’eternità.


Era già pomeriggio ed Ian era ancora in ospedale, aveva avuto delle strane macchine attaccate per tutta la mattina, ma fortunatamente adesso aveva solo una flebo al braccio sinistro e qualche altro orrido aggeggio che gli monitorava le funzioni vitali.
Avevano chiamato Mandy per avvisarla, ma era ancora impiegata in un turno dei suoi numerosi lavori, che faceva per mandare avanti la famiglia.
Mickey si chiese che cazzo di lavoro facesse alle sei e mezzo del mattino, anche se temeva di saperlo già. Li avrebbe raggiunti in ospedale più tardi, durante l’orario delle visite.
Quando erano andati ad avvisarli delle condizioni piuttosto critiche di Ian i medici avevano comunicato alla banda dei Gallagher – Mickey, Kevin e Veronica compresi – che solo una persona poteva rimanere con Ian fuori dall’orario di visite, Mickey si offrì subito come volontario, guadagnandosi un’occhiataccia da Lip e alcune prediche dal medico perché non era un suo parente.
Ma dopo alcune discussioni con il medico e vari insulti da parte di Mickey erano riusciti a farlo restare con Ian, Lip aveva deciso di non intromettersi, chiamando Mandy per aggiornarla sulla situazione e dirle che la stava andando a prendere.
A Mickey non importò, non appena ebbe il permesso si fiondò nella camera di Ian, ancora incosciente, a prendergli la mano e mormoragli qualche preghiera mischiata a qualche insulto.
Adesso erano ancora lì, Ian aveva ripreso conoscenza e respirava grazie all’aiuto dell’ossigeno, Mickey, sfinito per com’era, aveva poggiato la testa sul suo addome, coperto dalle lenzuola pesanti, e stava in silenzio, fermo a fissare il muro bianco davanti a sé mentre Ian gli stringeva la mano e gli accarezzava le guance. Ogni tanto Mickey gli baciava la mano e ringraziò il cielo che fossero soli perché non sarebbe riuscito a metter su la maschera da duro prepotente e non lasciar andare tutto il dolore e la paura che aveva dentro.
«Come stai, Mick?» gli domandò con un sospiro, mentre Mickey si alzava per sistemarsi sulla sedia e guardarlo meglio in volto.
«Come sto io, Ian?» ribatté, con tono pacato – non aveva neanche la forza di mettersi a litigare – quasi innaturale per lui «Cazzo, sei tu quello che stava per lasciarci le penne.»
«Tu hai tutta la vita davanti, Mick.»
«Non parlare come se avessi novant’anni.»
«E tu non parlare come la tua intera vita dipendesse da me.»
Mickey si voltò di scatto a guardarlo scioccato dopo quell’affermazione, la sua vita intera non dipendeva da lui, era solo la ragione di ogni sua azione, di ogni suo gesto, di ogni sua parola, di ogni suo respiro.
No, sicuramente la sua vita non dipendeva da lui.
«Mi hai fatto prendere un cazzo di infarto e perdere vent’anni di vita, stamattina. Porca puttana, Gallagher.» gli confessò, strofinandosi gli occhi, circondati da violacee occhiaie.
«Dillo al mio cancro.» ironizzò Ian, sorridendo a malapena.
«Smettila.»
«Perché non dormi un po’?» gli propose Ian, notando la sua espressione stanca «La notte non dormi più.»
«Cosa cazzo dici?» scattò sugli attenti, timoroso che Ian potesse sentire tutti quei pianti e tutte quelle suppliche durante la notte.
«Lo so che di notte non dormi, Mick.»
«E come cazzo lo sai?» Mickey lo guardò torvo, si sentì in un certo senso violato … non voleva che Ian sapesse certe cose, non voleva che sapesse che di notte viveva con il costante timore che fosse morto mentre dormiva.
Ma evidentemente era troppo tardi.
Ian gli sorrise e lo invitò a stendersi accanto a lui, che dopo averlo guardato in cagnesco non se lo fece ripetere due volte e, facendo attenzione a tutti quei trabiccoli che aveva addosso si stese al suo fianco, posando la testa sulla sua spalla e un braccio intorno al suo addome.
«Qual è il tuo sogno?» gli domandò Ian, di punto in bianco, mentre stavolta era lui quello occupato ad accarezzargli i capelli.
«Che cazzo di domanda è?»
«Rispondi e basta. Sincero.»
«Non lo so … voglio tante cose, che avvenga un miracolo e distrugga lo schifo che hai nei polmoni e nel cervello, che la Russa scompaia, potermi fare seghe in bagno sulla tua fotografia senza che …»
«Mick, non hai bisogno della mia fotografia su cui farti le seghe.» rise di gusto «Io dico il tuo sogno. Quello che coltivi da bambino, hai capito cosa intendo.» lo interruppe Ian, chiudendo gli occhi e immaginando chissà cosa.
«Non ne ho mai avuto queste stronzate.»
«E invece sì.»
«E invece no.» ribatté lui, con una fermezza tale palesava il contrario.
«Non ci credo neanche un po’.»
«E va bene.» cedette, scrollando le spalle «Andare via da questo buco di culo, vedere il mondo, vedere cosa mi aspetta fuori da questa merda di quartiere.»
«E allora andiamo a vedere il mondo, Mick.» sorrise Ian, facendo una carezza lungo tutto il braccio di Mickey e posando una guancia sulla sua testa.
Mickey sperava solo che non fosse venuto nessun medico o nessun infermiere a rompere il cazzo.
«Ti sei fritto il cervello, Gallagher.» rise lui.
«No, dico sul serio. Partiamo, andiamo a fare un viaggio, lo voglio anche io.»
«In questa situazione del cazzo dovrei essere io a dover soddisfare ogni tua fantasia.» ribatté Mickey, ridendo … rideva finalmente, amaramente, ma rideva. Questo rincuorò Ian.
«È il mio ultimo desiderio.» affermò Ian, serio, con un’espressione quasi intransigente.
Mickey alzò lo sguardo per incrociare il suo volto e comprese che contro quel viso così bello non poteva fare alcuna resistenza, neanche se avesse tirato fuori la parte peggiore di sé, quella che mostrava ogni giorno prima di diventare una checca innamorata.
Si limitò ad annuire silenziosamente.
L’ultimo desiderio di Ian Gallagher era … renderlo felice?
«Okay, troverò il modo di fare questo viaggio.» confermò Mickey, anche se il modo di farlo già l’aveva trovato «Dove vuoi andare?»
«Dovunque tu voglia, Mick. Basta che siamo assieme e che siamo fuori dall’Illinois.» rise Ian, mentre Mickey roteava gli occhi. «Adesso fai il bravo bambino e dormi.»
«’Fanculo, Gallagher.» gli rispose, stringendosi, tuttavia, tra le sue braccia.
«Sì, ti amo anche io, Mick.» Ian rise e con la poca forza che aveva lo strinse a sé, sperando solo che si fosse addormentato e che avrebbe riposato almeno un po’.


4.072 dollari.
4.072 dollari del fondo cauzioni di suo padre (e pensare che morivano di fame!) che sommati agli altri 3.800 che aveva ricavato vendendo tre dei suoi fucili facevano 7.872, ma sì … gli sarebbero bastati e avanzati per pagare due biglietti per Honolulu e per viziare al meglio il suo Ian.
Honolulu, quando aveva quattro anni era convito che se ci fosse andato ci avrebbe trovato Mago Merlino.
Sperava solo che Ian avrebbe approvato la scelta e che le spiagge delle Hawaii gli sarebbero piaciute, nonostante fosse appena iniziato gennaio in teoria lì doveva fare caldo.
Un tempo avrebbe gioito come un bambino davanti ad un negozio di caramelle alla notizia di poter andare finalmente ad Honolulu, ma adesso? Il prezzo che doveva pagare per andarci era troppo alto.
Senza contare che non appena Iggy avesse scoperto che aveva rubato l’intero “fondo cauzioni” di suo padre si sarebbe incazzato come una bestia e non si sarebbe fatto alcuno scrupolo a sparargli un altro paio di proiettili nel culo.
Ma non gli importava, non gli importava più niente se non di Ian Gallagher.
Nascose il bottino intero nella tasca interna della giacca e recuperò il suo vecchio computer portatile – rubato dalla casa di un tizio ricco sfondato – e scroccando la rete Wi-Fi del vicino di casa si connesse su un sito che vendeva biglietti aerei, ma mollò subito perché, stupido per com’era, non si era reso conto che tutti i siti richiedevano un pagamento tramite VISA.
Era spazientito, arrabbiato, triste … Ian sarebbe uscito dall’ospedale qualche pomeriggio dopo, nel frattempo avrebbe passato la mattina in qualche agenzia di viaggio del North Side.
Lip stava trascorrendo la notte con Ian e lui aveva tutto il tempo per farsi una notte di sonno decente, alzarsi, lavarsi, vestirsi a tiro, andare in ospedale, salutare il suo Ian e poi imbarcarsi in un piacevolissimo viaggio in macchina di mezzora per raggiungere l’altra parte della città.
E così la notte passò in fretta, tra un sonnellino tra le lenzuola del suo letto e un pianto di Yevgeny.
La mattina alle otto era già in ospedale, con una camicia pulita e i capelli sistemati. Peccato che quando entrò nella camera entrambi i fratelli Gallagher dormivano, Lip in una posizione piuttosto scomoda su una sedia.
S’avvicinò piano al letto d’ospedale e gli accarezzò ancora una volta i capelli rossi, per poi posargli un bacio sulla tempia, gli dispiaceva doverlo svegliare, ma voleva parlargli del viaggio, dei biglietti e di tutto ciò che avrebbero fatto insieme.
Voleva parlargli del fatto che avrebbe mantenuto la sua parola, quando gli aveva promesso che avrebbe vissuto una bella vita.
«Ehi.» lo scosse un po’, accarezzandogli un po’ bruscamente lo zigomo «Sveglia, testa di cazzo.» sorrise, contemplandolo come un dio.
Lui effettivamente si svegliò, provando a stiracchiarsi un po’.
«Almeno ho fatto un risveglio decente.» rise Ian, non appena vide la sua sagoma sopra di lui.
«Ben svegliato, Bell’addormento.» lo schernì, aiutandolo ad alzare lo schienale del letto per poi sedersi sopra e posando una mano sul suo collo «Come ti senti?»
«Sto bene, non preoccuparti.» sorrise, prendendogli la mano «tu, piuttosto? Come mai di tutto punto stamattina? Chi devi andare a fregare?» gli domandò, osservando il suo abbigliamento piuttosto inconsueto.
«Nessuno. Devo andare al quartiere dei ricchi a prenotare i nostri biglietti per Honolulu.» disse, con una certa fierezza nella voce.
«Honolulu? Sul serio, Mick?» rise Ian, e a quel punto Mickey non capiva se lo stesse prendendo per il culo o il suo animo da bambino da otto anni fosse terribilmente felice.
«Che c’è? Non ti piace? Non …» ma prima che potesse farlo finire di parlare lo attirò verso di sé e lo baciò con foga, lasciandolo spiazzato e facendogli sputare qualche insulto e qualche parolaccia.
«È perfetta, Mick.» sorrise, una volta staccatosi dalle sue labbra, mentre Mickey lo guardava ancora imbarazzato. «Dove hai trovato i soldi?»
«Be’ … ho venduto un paio di fucili e poi c’era il fondo cauzioni di quello stronzo di mio padre.»
«Non dovevi, se i tuoi fratelli lo scoprono ti squartano vivo.»
«Poco mi importa, non sapevano neanche quanto c’era dentro. Non se ne accorgeranno. Vieni qua.» con timore lo avvolse tra le braccia, facendo ben attenzione ai mille fili che aveva collegati ovunque. Sperava solo che il biondino non si fosse svegliato o avrebbe dovuto ucciderlo per fargli scordare quell’immagine di Mickey Milkovich come fidanzato amorevole e devoto. Ian lo strinse a sua volta. «Dai, testa di cazzo, adesso devo andare.» mormorò staccandosi e guardando Ian negli occhi «Torno verso l’ora di pranzo, fatti trovare vivo.»
Ian annuì, mentre Mickey gli posava un bacio sulla testa, per poi uscire di tutta fretta dalla stanza.
Mickey Milkovich giurò a se stesso che, per quanto fosse poco il tempo che avrebbero potuto trascorrere insieme, avrebbe costruito un mondo solo per loro due e lui … lui sarebbe stato al centro quel mondo.
Al centro del suo mondo.


 
FINE CAPITOLO III


 

Note d’Autrice.
Anche oggi sono, più o meno, puntuale con l’aggiornamento, fortunatamente … ce l’ho fatta!
Bene, siamo già al terzo capitolo e – come avete potuto leggere – quel poveretto di Ian è stato male.
Ora, nonostante abbia cercato di informarmi il più possibile sulla questione clinica, non sono un medico e non ne conosco i dettagli, semplicemente ho scritto il tipo di scena che mi sono immaginata, quindi mi scuso se a livello medico non risulta molto realistica.
Bene, l’inizio di questo capitolo (la litigata tra Lip ed Ian) è stata una delle primissime cose che ho scritto di questa storia e, questa chiacchierata che hanno avuto i due fratelli assieme a Fiona ad un certo punto della storia avrà un ruolo fondamentale.
Personalmente, credo che Lip abbia ragione nell’affermare che Ian si sta preoccupando solo di Mickey e non della sua famiglia, ma diciamo che secondo me in questa storia il Rosso dà alcune cose per scontate.
Sa che la sua famiglia è salda, che ne usciranno distrutti, ma che riusciranno a superare tutto insieme, è effettivamente vero che Mickey non ha nessuno ed è vero anche il fatto che certamente non si farà aiutare.
Ian ama la sua famiglia, ma non riesce a non preoccuparsi per Mickey, visto che – come ha detto nella storia – lo vede assumere comportamenti che non sono suoi.
Mickey è cambiato, sta man mano perdendo il suo temperamento e rivelando le sue emozioni per quelle che sono. A mio parere, però, in questa storia l’ho reso molto più coraggioso di quel che è stato in alcuni punti della serie TV (per esempio quando è andato via dalla clinica), diciamo che qui, nonostante tutta la paura che abbia nel vedere Ian in quelle condizioni, è ben determinato a restare al suo fianco e non fuggire, come ha fatto quando ha saputo la diagnosi.
Per come mi son figurata il suo personaggio in questa storia, il suo sogno più nascosto è poter viaggiare, girare il mondo e vedere cose nuove e, visto che l’ultimo desiderio di Ian è quello di poterlo rendere veramente felice, Mickey fa emergere il bambino che è in lui e decide di racimolare soldi e prendere due biglietti per Honolulu, solo per loro.

Tutti abbiamo un qualcosa che ci fa gioire come bambini, un desiderio che coltiviamo fin dalla tenera età e credo che non sia diverso neanche per un duro come lui.
I versi della canzone associati a questo capitolo sono quelli di Middle, di DJ Snake (ft. Bipolar Sunshine).
Vi chiedo scusa ancora una volta per l’OOC e per essermi dilungata ancora una volta in queste note.
Ringrazio ancora una volta Katie_P che ha inserito la storia nelle preferite, bananacambogianachiquita che l’ha inserita nelle ricordate e ophelia15362 ed Enzo98_ che l’hanno inserita nelle seguite.
Spero che qualcuno la possa recensire e dirmi cosa ne pensa, visto che mi sembra di star brancolando nel buio.
A martedì prossimo,
Merasavia Anderson.


 
   
 
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