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Autore: Enlil    27/05/2009    1 recensioni
Vivere è difficile. Non basta che tu desideri ardentemente una cosa per farla accadere. La sofferenza è inevitabile e i sentimenti non nascono dal nulla. Per costruire qualcosa devi lavorarci secondo dopo secondo e accettare che, anche se hai fatto tutto il possibile, non sempre riuscirai ad ottenere ciò che vuoi.
Vivere è difficile, a volte è più facile sognare.
Genere: Romantico, Commedia, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Draco/Harry
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Titolo: Quando il sogno finisce

Titolo: Quando il sogno finisce
Autrice: Enlil
Beta: Thalia
Rating: Pg15
Pairing: Draco/Harry
Trama: Vivere è difficile. Non basta che tu desideri ardentemente una cosa per farla accadere. La sofferenza è inevitabile e i sentimenti non nascono dal nulla. Per costruire qualcosa devi lavorarci secondo dopo secondo e accettare che, anche se hai fatto tutto il possibile, non sempre riuscirai ad ottenere ciò che vuoi.
Vivere è difficile, a volte è più facile sognare.
Disclaimer: Harry Potter e tutti i personaggi sono di proprietà di JK Rowling e di chiunque ne possieda i diritti. Questa storia non ha scopo di lucro.

No, non sono morta, nonostante il dubbio sia più che legittimo visto il tempo passato da quando ho pubblicato questa storia. Prometto che d'ora in poi, salvo casi estremi, ci saranno regolari aggiornamenti e, nel caso ciò non avvenga, chiunque volesse darmi una tirata di orecchie è più che il benvenuto!


Un abbraccio grandissimo va a Thalia, la mia efficientissima beta, capace di farmi ridere a crepapelle e, l'attimo dopo, lasciarmi sprofondare nell'imbarazzo più assoluto. Se in questo capitolo non ci sono errori biologici-faunistici il merito va solamente a lei (però trasformare un primate in un primato poteva capitare a tutti ^^'').

Un bacio tesoro!




Capitolo 2


Quando Harry si svegliò ebbe come l’impressione di venir scaraventato in una vasca di acqua gelida. Aprì gli occhi di scatto; la luce dell’alba si insinuava ineluttabile fra i spiragli delle pesanti tende, rendendo i contorni della stanza netti in modo quasi crudele.

Il ragazzo si tirò le coperte fino a sopra la testa con un mugugno di protesta. Per un attimo si godette il torpore ovattato che gli concedeva quel confortevole rifugio, ma poi la causa del suo brusco risveglio ricominciò a farsi sentire a gran voce, in senso letterale.

L'urlo del neonato riempì la stanza, come ghiaccio contro tiepida pelle.

Harry sospirò e, buttate le coperte di lato, posò i piedi sul pavimento rabbrividendo per il contatto gelido. Ogni cellula del suo corpo si lamentò a gran voce di quel trattamento, ma Harry cercò di non farci troppo caso e si sporse sulla culla situata accanto al letto.

“Certo che a te il fiato non manca proprio mai,” disse con voce impastata al fagotto di coperte stropicciate.

Come risposta ricevette un urlo ancor più forte dei precedenti.

Il Gryffindor ci mise qualche secondo per ricordarsi che no, probabilmente non avrebbe raggiunto alcun risultato a spiegare il concetto di orario a un neonato e che no, neanche cercare un qualche pulsante di reset avrebbe funzionato.

Controllò velocemente se il pannolino fosse sporco, ma a quanto pareva il problema non era quello. Non poteva neppure avere fame, visto che lo aveva svegliato a quello scopo neanche un'ora prima; testimone di ciò era la sua maglia del pigiama ancora sporca di rigurgito di latte.

Il moro si chiese per un attimo quali altri motivi avrebbe potuto avere un neonato per piangere così disperatamente. Non era bravo con i bambini, anche ad Hogwarts si era sempre trovato in difficoltà ogni volta che un primino scoppiava a piangere per la nostalgia di casa. Per fortuna era Hermione il prefetto e quindi toccava a lei occuparsi di questo genere di cose.

Harry fissò ancora una volta il neonato, i suoi piccoli pugni stretti e il volto rosso quanto i suoi capelli. Forse il problema era proprio questo: Teddy aveva nostalgia della sua mamma e del suo papà. Harry a quel pensiero sentì l'aria nei polmoni farsi pesante.

Lui non aveva ricordi chiari dei suoi genitori, eppure sapeva per certo che aveva sentito la loro mancanza.

Harry prese in braccio il fagotto con gesti impacciati e tenendo le braccia più larghe di quello che avrebbero dovuto essere, gli sembrava. Gli sostenne la testa con la sua mano decisamente troppo grossa per quel corpicino minuscolo, sentendosi totalmente ridicolo e inadeguato, come se si trovasse di nuovo al quarto anno, obbligato ad esibirsi in un pomposo valzer di fronte all'intera scuola.

Poi avvertì il calore di quel corpo così solido e reale contro la maglia sottile del suo pigiama. Le ciocche di capelli fra le dita della sua mano sembravano quasi fremere ogni volta che, a pochi secondi di distanza, cambiavano colore. Il rosso si offuscava fino a diventare blu, che a sua volta sbiadiva in un biondo chiarissimo, per poi appassire e diventare del colore del succo di zucca.

Harry per un attimo si dimenticò di avere fra le mani un bambino urlante e capace di andare in frantumi da un momento all'altro. Iniziò ad accarezzare con le dita quelle ciocche soffici e a dondolare piano con il busto, sentendo quel gesto diventare improvvisamente naturale. Il ragazzo si concentrò totalmente su quei piccoli movimenti, scacciando completamente dalla mente qualsiasi altra cosa che non fosse il calore proveniente dal corpo di Teddy, il suo odore di pulito e di rigurgito di latte e il susseguirsi di quei colori, sentendosi per la prima volta in quell'ultima settimana un po' confortato. Poco alla volta il volto arrossato del bambino si distese e le sue urla si calmarono. Harry quasi non lo notò e continuò a tenere in braccio il bambino, cullandolo.



*



Harry cercò di scendere le scale il più silenziosamente possibile per non svegliare gli altri, ma quando arrivò in cucina si accorse di non essere stato l'unico ad alzarsi presto.

“Ciao Bill,” disse piano alla figura dai capelli rossi seduta davanti al tavolo e china su una tazza di caffè.

“Oh, ciao,” rispose il ragazzo alzando la testa dal giornale. “Vuoi un po' di caffè? Credo che sia ancora caldo.”

Harry fece un appena accennato gesto col capo.

“Sì, grazie,” disse con voce distratta. “Kreacher, sei qui?”

“Sono qui signore, vuole che le serva la colazione?” rispose rauco l'elfo, sbucando da sotto il lavandino. Nonostante Harry gli avesse proposto più volte di sistemarsi in una camera, lui continuava a non dargli ascolto, causando al suo padrone non solo un fastidioso torcicollo, per tutte le volte che aveva dovuto chinarsi per chiamarlo da lì sotto, ma anche un perenne mal di testa, per colpa delle ore e ore di noiosissime paternali da parte di Hermione riguardo ai diritti degli elfi domestici.

“No, grazie. Potresti per caso andare a controllare Teddy e avvisarmi quando si sveglia?”

“Kreacher andrà a fare il suo dovere, signore, ne sarà soddisfatto,” disse l'elfo prima di smaterializzarsi con uno schiocco secco, rendendo in un attimo completamente futili tutte le speranze di Harry di rimanere silenzioso.

Harry stava per versarsi una tazza di caffè, quando sentì provenire un ticchettio dalla finestra. Poi un altro. Dopo qualche secondo sembrava che una pioggia di proiettili si fosse infuriata contro le mura della casa. Si voltò e per un attimo credette che Grimmauld Place stesse subendo un assedio da quelli che parevano essere migliaia e migliaia di pennuti. Poi si ricordò che era l'ora della consegna della posta.

“Dici che è prudente lasciarli entrare?” chiese mentre vedeva un povero allocco venir malamente sbattuto contro il vetro da una civetta parecchio agguerrita.

Bill ridacchiò.

“Direi che è più prudente di lasciarli fuori. Non credo che le finestre potrebbero reggere ancora a lungo e questa settimana le abbiamo già cambiate tre volte.”

Harry sospirò e con una stoccata di bacchetta aprì la finestra, non prima naturalmente di essersi acquattato sotto il tavolo. L'ultima settimana gli aveva insegnato parecchio.

Per qualche minuto tutto quello che vide furono piume. Stava cercando di non pensare allo stato in cui avrebbe rivisto la cucina, quando si ritrovò a dover evitare la traiettoria di un gufo finito fuori rotta.

Dopo qualche lunghissimo minuto nella stanza tornò il silenzio. Harry si tolse cauto da sotto il tavolo e, facendosi mentalmente forza, osò dare una veloce occhiata attorno a sé.

Tutto era ricoperto di cacche, pacchi, pergamene e piume dei più svariati colori. Meglio di quello che pensava, si ritrovò a pensare il Gryffindor mentre scostava dal tavolo un allocco rimasto senza sensi dalla strenua battaglia; almeno questa volta nessuno gli aveva mandato una strillettera.

“Anche dopo una settimana continuano a non diminuire,” disse Bill il quale, nonostante per tutta la durata della battaglia si fosse fatto scudo con un vassoio, aveva assunto l'aspetto di un capo indiano per colpa delle penne che gli adornavano i capelli.

Harry fece una alzata di spalle.

“Ci penserà Kreacher a sistemare le lettere con tutte le altre. Spero che nella cantina ci sia ancora un po' di posto,” rispose, prendendo una tazza e versandosi del caffè.

“Forse dovresti leggerne qualcuna,” suggerì Bill. “In fondo sono da parte di persone che vogliono soltanto ringraziarti.”

Harry abbassò lo sguardo sulla propria tazza e osservò per un po' la propria immagine riflessa nel liquido scuro.

“Forse lo farò,” disse, sapendo benissimo che non sarebbe successo. “Al momento ho altre cose a cui pensare.”

“Volevo parlarti proprio di questo, Harry,” disse Bill con voce greve. “È da giorni che ti vedo sempre impegnato a far qualcosa: i funerali, la ricostruzione di Hogwarts, Teddy... ma tu come ti senti?”

Harry si ritrovò a pensare, con un moto di fastidio, che Bill avrebbe avuto altre cose di cui essere preoccupato. In fondo era un mezzo licantropo, aveva la faccia simile ad uno scolapasta ed era sposato con una Veela e, a quanto ne sapeva, le Veela erano note per la loro tendenza a tener impegnati i propri compagni.

“Naturalmente ti ringrazio con tutto il cuore per aver permesso a me e a tutta la mia famiglia di stare qui tutti insieme a Grimmauld Place, e ti stai prendendo cura di Teddy in modo magnifico. Eppure non ti vedo felice come dovresti essere.”

“Io sono felice,” lo interruppe Harry, sentendo la rabbia iniziare a gonfiarli il petto. “È solo che ho bisogno di un po' di tempo, come tutti, credo.”

“Capisco. Penso che sia naturale,” disse il ragazzo più grande, fissandolo di sottecchi. “La guerra è finita da pochi giorni, ritornare alla normalità è strano per tutti dopo quello che è successo. Comunque è andato tutto per il meglio, dobbiamo solo riabituarci.”

Harry non sapeva dove posare lo sguardo, quindi prese il giornale e iniziò a far scorrere gli occhi lungo la prima pagina.

La sua attenzione venne catalizzata non dalle pesanti lettere che parlavano dei festeggiamenti per la sconfitta di Tu-Sai-Chi e nemmeno dalla pubblicità per un nuovo modello di scopa chiamato freedom, ma da un piccolo trafiletto situato nell'angolo in basso della pagina.

“Qui dice che i processi dei Death Eater avranno inizio la prossima settimana,” mormorò quasi tra sé e sé.

“Già,rispose con tono distratto Bill, mentre posava la propria tazza di caffè nel lavandino e l'allocco svenuto sul davanzale. “Immagino che abbiano fretta di sbarazzarsi di loro il più velocemente possibile. Se fosse stato per il ministero li avrebbero già spediti ad Azkaban e buttato la chiave. È stato solo grazie a Shakebolt che potranno avere un regolare processo.”

Il ragazzo più giovane non lo stava ascoltando, era troppo impegnato a leggere l'articolo.

“Il primo sarà Lucius Malfoy,notò.

Harry non sapeva come sentirsi a riguardo. L'unica cosa che avvertiva era uno strano ronzio nelle orecchie.

Avrebbe dovuto essere felice: Malfoy avrebbe avuto ciò che meritava. Oppure non riusciva a sentirsi del tutto sollevato, non dopo ciò che era successo a Narcissa e a Draco...

“Ormai i Dissennatori sono completamente banditi da Azkaban,” disse Bill, interrompendo i suoi pensieri. “Comunque spero che gli assegnino l'ergastolo.”

Per evitare di dover dire qualcosa in risposta, Harry si portò la tazza alla bocca. Il caffè ormai era freddo, ma fece finta di nulla.

“Era un Death Eater e avrà quello che si merita, si può dire che stia andando tutto per il meglio,” continuò Bill, alzandosi e dando una pacca sulla spalla ad Harry.

“Ora devo andare a portare la colazione alla mamma, è nella sua camera.”

Harry sapeva benissimo dove si trovava la signora Weasley. Era da una settimana, dalla battaglia di Hogwarts, che non metteva piede fuori da quella stanza... da quando Fred era morto.

“Ok, ci vediamo dopo,” rispose dopo qualche secondo, ma Bill era giù uscito dalla cucina e quindi nessuno lo udì.

Si rigirò per un po' la tazza fra le mani.

“Va tutto per il meglio,” sussurrò lentamente, soppesando ogni singola parola, “va tutto per il meglio.”

Le sue labbra ripetevano quella frase, ma nessuno era lì ad ascoltarlo, come nessuno lo udì scaraventare violentemente la tazza di caffè contro il pavimento, mandandola in frantumi.



*



Draco ritirò tutto quello che aveva pensato la sera prima. Non era assolutamente tutto a posto!

Era stato sbattuto giù dal letto ad un'ora indecente, la sua camera era invasa da Gryffindor senza il minimo senso del pudore e stava per andare a farsi massacrare da un'orda di Inferi assetati di sangue. Di lui non sarebbe rimasto neppure qualcosa da mettere nella tomba, visto che con tutta probabilità ci avrebbero pensato i gatti a divorare i resti del suo cadavere.

“Diamine, è l'alba! Se proprio dobbiamo partire a quest'ora barbara non potremmo prima far colazione, almeno?”

“Per la prima volta in vita mia mi trovo d'accordo con Weasley e spero voi vi rendiate conto di quanto dolore mi provochi la cosa,” disse Draco con tono sofferente, mentre cercava di infilarsi la veste lasciando scoperta alla vista la porzione più ridotta di pelle possibile.

Nonostante fosse vissuto per sei anni in un dormitorio maschile, Draco non aveva mai concepito l'abitudine esibizionista di andare in giro mezzi nudi, ed il fatto che Zabini avesse un fisico perfetto che sembrava essere stato scolpito nel cioccolato fondente non c'entrava nulla, assolutamente!

Draco pensò con un moto di fastidio al proprio petto pallido e angoloso e, involontariamente, si voltò verso Potter, il quale sembrava essere totalmente affascinato dal suo armadio, situato esattamente nella parete opposta della stanza.

“Possibile che tutto quello che sappiate fare voi due è scannarvi a vicenda o lamentarvi?” sbottò la Granger, sottolineando la propria esasperazione con un plateale svolazzo di braccia.

“Onestamente io preferisco quando si scannano, almeno in quei momenti posso anche non ascoltarli e aspettare che uno dei due stramazzi al suolo,” continuò Potter, continuando imperterrito a fissare l'anta destra dell'armadio.

Draco non credeva che fosse coerente dire ad una persona che l'avrebbe protetta e poi, la mattina dopo, lasciarla alla mercé del primo pazzo che voleva farla a pezzi. Ma comunque Potter era una persona profondamente squilibrata, quindi la cosa non lo avrebbe dovuto stupire più di tanto.

“Allora, quand'è che ci materializziamo?” disse Draco finendo di abbottonarsi il mantello.

“Ecco...” mugugnò pateticamente Potter, smettendo finalmente di rivolgere tutta la propria attenzione alla mobilia di casa Malfoy. Draco si ritrovò a provare una profonda pena nei suoi confronti, probabilmente non aveva mai visto nulla di così lussuoso ed elegante in vita sua, anzi, probabilmente non aveva mai visto neppure un armadio in vita sua, stando allo stato dei suoi vestiti!

“Non possiamo materializzarci, Malfoy. Sarebbe uno scherzo per Tu-Sai-Chi individuarci,” gli rispose Granger, col tono di chi si sta rivolgendo a un bambino molto piccolo o a una persona affetta da gravi problemi mentali.

Draco non sentiva di appartenere a nessuna delle due categorie, quindi optò per considerare la mezzosangue una povera pazza alla quale tanti anni di studio avevano mandato in pappa il cervello, e compatì anche lei dal profondo del cuore.

“Vuoi dire che useremo una Passaporta? Non mi sono mai piaciute le Passaporte: ho uno stomaco particolarmente delicato e sensibile. Una volta ho visto uno di quei cosi babbani di metallo che volano; sembrano parecchio instabili ma mi potrei comunque accontentare se servissero del the a bordo.”

Draco avrebbe preferito farsi trovare a fare un pompino a Longbottom vestito da Hupplepuff piuttosto che ammetterlo, ma aveva sempre desiderato entrare in uno di quei areostrani o come cavolo si chiamavano.

“Mi dispiace Malfoy, nessuna Passaporta né mezzi babbani.”

“Oh,” rispose Draco, cercando di non dar a vedere la propria delusione, “allora sarà meglio che vada a prendere la scopa. Weasley non sentirti troppo umiliato dalla mia immensa superiorità nel volare, non vorrei che dovessimo fermarci a metà strada perché sei scoppiato a piangere.”

“Ehm...”

Draco non era un esperto nell'interpretare il potterese (era difficile capirci qualcosa anche per la mente più elevata, visto che consisteva principalmente in mugugni da primate e parole monosillabiche elementari), ma il tono di voce non prometteva affatto bene.

“Cioè, almeno avrete pensato a portare le scope, vero? Neanche voi potete essere così inetti da esservele dimenticate!”

I tre Gryffindor si rivolsero delle fugaci occhiate.

“Mi dispiace, Malfoy, niente scope. Hermione non ha molta confidenza co-” Potter fu obbligato a fermarsi a metà, probabilmente a causa dalla propria incapacità di formulare una frase completa di subordinate e tutto il resto, ma forse il fatto che Granger gli aveva appena conficcato il gomito nella bocca dello stomaco poteva aver influenzato in qualche modo la cosa.

“Come ho già spiegato mille volte,” continuò la ragazza schioccando un'occhiataccia a Potter, ancora piegato in due dal dolore e con gli occhi pieni di lacrime, “ci metteremmo troppo tempo con le scope. E' decisamente molto più razionale e logico usare dei mezzi... alternativi.”

Mezzi alternativi? Ora Draco era davvero interessato.

“Vuoi dire che avremmo tutto un arsenale di gadget super lusso da paladini del bene? Se sì, io pretendo di scegliere per primo. Come leader assoluto mi aspetta soltanto il meglio.”

Draco aveva sempre desiderato avere una spada, già si immaginava di averla alla cinta per l'intervista che gli avrebbero fatto per il suo Ordine di Merlino Prima Classe; sarebbe stata da urlo col suo mantello blu!

“Non iniziare a montarti troppo la testa, Malfoy,” lo interruppe Weasley proprio mentre Draco stava vivendo mentalmente una scena molto toccante che riguardava se stesso, la sua spada e sette gemelle Veela estasiate dalla sua presenza. “Abbiamo solo chiesto ad un amico di... farci un prestito.”

Allo Slytherin non piacque affatto il sibilo malevolo con il quale il ragazzo dai capelli rossi aveva adornato le sue parole, ma al momento era troppo distrutto dal vedere le sette gemelle Veela allontanarsi salutandolo deluse per curarsene.

“Vuoi dire niente optional da salvatori del mondo?! Niente armi infuocate, aggeggi sparaflescianti e divise all'ultima moda?!” Draco si buttò la faccia tra le mani in un gesto esasperato. “Se avessi saputo che foste un'associazione segreta così scadente e mal equipaggiata ci avrei pensato io a fondarne una migliore, a cominciare dal nome!”

“È sempre stato così platealmente irritante anche a scuola?” Draco udì Weasley chiedere agli altri due Gryffindor.

“Probabile,” rispose Potter, ”sarà per questo che non gli abbiamo rivolto la parola per sei anni.”

Draco aprì una fessura tra le sue dita abbastanza grande per fulminare con lo sguardo i tre Gryffindor.

“No, Potter. Voi non mi avete rivolto la parola per sei anni perché eravate troppo intimoriti dalla mia persona e da ciò che avrei potuto farvi, e io incoraggiavo la cosa poiché vi trovavo insopportabili e anche particolarmente sgradevoli alla vista,” lo corresse Draco, “In effetti non sarebbe male tornare alle vecchie e sane abitudini,” considerò rivolgendo un'occhiata speranzosa ai tre Gryffindor mentre, con uno svolazzo di bacchetta, apriva le finestre della propria camera.

Il sole stava iniziando timidamente a far capolino da oltre le colline, allungando sul terreno le ombre degli alberi, delle case e dell'immensa statua che c'era in giardino.

Aspetta, da quanto il suo giardino aveva una statua alta tre metri e pelosa?!

Draco sbatté un paio di volte le palpebre e si rese conto che non era una statua, ma il mezzogigante idiota che sbatacchiava in aria il suo braccio immenso in un patetico tentativo di mimare un saluto fra civili esseri umani.

“Sembra che Hagrid ci stia già aspettando di sotto,” notò Harry, guardando la scena da sopra la spalla di Draco e contraccambiando prontamente al saluto.

“Ditemi che non è vero...”

“Ti conviene risparmiare il fiato, Malfoy,” gli intimò Weasley, rivolgendogli un ghigno obliquo, “potrebbe servirti dopo, nel caso a Fierobecco venga voglia di fare uno spuntino.”

Draco osservò il mezzogigante rivolgere delle occhiate piene di lussuria ai quattro Ippogrifi intenti a fare colazione con le petunie di sua madre e sentì di aver toccato il fondo. Le possibilità di arrivare vivi e con tutti gli arti al posto giusto alla fine della giornata si riducevano drasticamente ogni secondo che passava, e tutto perché aveva ancora una volta sottovalutato gli istinti suicidi ed autolesionistici della fazione del bene.

Draco cercò disperatamente di farsi coraggio, in fondo c'era Potter con lui! Il Gryffindor gli aveva giurato che non avrebbe permesso a nessun Weasley, ippogrifo o Signore Oscuro di attentare alla sua incolumità... certo, con decisamente meno parole e con una padronanza lessicale da lasciar pieno di sconforto un bambino di tre anni, ma il senso era quello!

Draco rivolse lo sguardo verso Potter che, intento a pulirsi gli occhiali con l'orlo della maglietta, lo contraccambiò con un'occhiata miope. Lo Slytherin si lasciò sfuggire un gemito di disperazione e si preparò psicologicamente al peggio.

*



Harry era appena tornato nella sua camera dopo aver lasciato a Kreacher il compito di dar da mangiare a Teddy. L'elfo domestico si era rivelato entusiasta di avere di nuovo un bambino a cui badare ed era completamente alla mercé del piccolo metamorfomagus.

Con un sospiro Harry si buttò sul letto ancora sfatto, chiedendosi se sarebbe stato in grado di dormire per almeno un paio d'ore senza essere svegliato dagli incubi, quando sentì qualcuno bussare alla porta.

Stranamente la visione di una chioma di capelli crespi che faceva capolino dalla fessura della porta non gli diede la solita sensazione di conforto e di casa.

“Ciao Harry.”

“Hermione,” disse Harry, salutando l'amica con un gesto svogliato della mano.

La ragazza si avvicinò e si sedette sul letto accanto all'amico.

“I tuoi genitori?” chiese il Gryffindor, mettendosi seduto e portando le ginocchia contro il petto.

“Li ho appena lasciati a casa. Sono ancora un po' confusi per la storia dell'Oblivion, ma non credo che abbia causato loro danni permanenti. Certo, continuano a chiamarmi Harmony, ma dovrebbe passare fra qualche giorno,” rispose l'altra ragazza, rivolgendogli un sorriso appena accennato. “Ron sta ancora dormendo, ho pensato di passare a trovarti perché è un po’ che non riusciamo a fare una chiacchierata tra noi.”

Harry si chiese perché tutti avessero improvvisamente tanta voglia di parlare con lui. Lui stava benissimo anche restando zitto.

“Gli altri mi hanno detto che sei stato molto fuori casa negli ultimi giorni. E quando c'eri, eri sempre impegnato a prenderti cura di Teddy.”

Harry rimase in silenzio a fissare le proprie ginocchia coperte dal tessuto scuro dei pantaloni del pigiama.

“Ventisei,” udì la propria voce dire dopo un po'.

“Cosa?”

Ventisei,” ripeté. “È il numero dei funerali a cui ho partecipato negli ultimi giorni. Avrei voluto assisterne di più, ma proprio non ci sono riuscito.”

“Oh, Harry,” disse Hermione, avvicinando la mano sulla spalla dell'amico e lasciandola lì, a mezz'aria, come se non osasse toccarlo.

“Ieri sono andato al funerale di Narcissa. Non c'era nessuno, la stanza era completamente vuota. Lo stesso funzionario incaricato a presiedere la cerimonia sembrava come essere a disagio, desideroso che tutto finisse il prima possibile, come se si trattasse di una fastidiosa scocciatura.”

“Immagino che al momento nessuno abbia voglia di venire associato ai Malfoy. La loro posizione nella guerra è fin troppo nota.”

“Ma li hai visti anche tu, Hermione. Alla fine non hanno combattuto, volevano solo stare insieme,” disse Harry, rivolgendo finalmente lo sguardo verso l'amica.

“Harry, lo sai benissimo anche tu che Lucius è tutto tranne una brava persona.”

“Certo che non è una brava persona! È un Death Eater, ha quasi ucciso Ginny e ha fatto un sacco di cose orrende e crudeli. Ma è solo grazie a Narcissa che sono ancora vivo, senza il suo aiuto non avrei mai sconfitto Voldemort!”

“Ma Harry, non l'ha fatto per salvare te, ma Draco.”

“Lo so. Non è mai per salvare me. Anche Snape non ha fatto tutto quello... tutto quello che ha fatto per salvare me, ma solo per mia madre. Ma questo non significa che non dovrei essergli riconoscente!”

Harry fissò gli occhi stanchi ed infossati di Hermione e si chiese come potesse l'amica non riuscire a capire.

“Gli sono comunque debitore e lei è morta per questo. Glielo devo e, anche se non ho potuto salvare lei, almeno posso fare qualcosa per la sua famiglia.”

“Oh, Harry.”

“Cosa c'è?” chiese il Gryffindor sentendo per un attimo di odiare la voce della sua migliore amica.

“Ma non te ne rendi conto? Insomma, la guerra è finita, ti sei battuto con Voldemort e ne sei uscito vincitore. Non pensi che ciò possa bastare?” disse la ragazza, porgendo la mano per spostare una ciocca di capelli da davanti gli occhi del ragazzo. “Non c'è bisogno che tu debba affrontare altre battaglie. Tutto si è risolto per il meglio ed è ora che tu inizi a pensare soltanto a te stesso.”

Harry si scostò bruscamente, obbligando Hermione a ritrarre la mano .

“Finito per il meglio? Intendi dire che la morte di Fred significhi che tutto è finito per il meglio?” Il moro lasciò la propria rabbia crescere d'intensità; forse in questo modo la disperazione che da giorni lo consumava non avrebbe più avuto abbastanza respiro per crescere e lui avrebbe finalmente trovato sollievo. “Che il fatto che Teddy sia rimasto orfano sia solo un trascurabile particolare? E Dobby, Remus, Tonks, Moody, Colin e tutti gli altri, anche loro non significano nulla? Viva gli eroi caduti in battaglia, ora però andiamo a festeggiare! È questo che vuoi dire?”

“N-no Harry... non intendevo assolutamente dire questo... io-”

“Bene, perché tutto non si è risolto per il meglio. Per niente!” urlò Harry alzandosi bruscamente dal letto. Si diresse verso la porta e, appena prima di uscire, guardò da sopra la spalla la ragazza. L'espressione del suo viso era dura, ma ciò che fece gelare il sangue nelle vene ad Hermione fu il tono freddo e quasi crudele delle sue parole.

“E vorrei che tutti la smettessero di far finta che sia così.”



Continua...



I commenti fanno bene al cuore delle fanwriter, quindi se avete consigli, critiche, suggerimenti o semplicemente qualcosa da dire, non fatevi scrupoli a lasciarmi scritta qualche parolina!



  
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