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Autore: cin75    11/01/2017    11 recensioni
Come il legame dei due fratelli riesca ad andare anche oltre l'incoscienza. La forza del sentimento fraterno che li lega riesce a raggiungerli anche quando non possono comunicare.
Genere: Avventura, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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In ospedale.


Per un attimo, Sam, vedendo le condizioni del fratello si sentì in colpa. Dean aveva davvero bisogno di una trasfusione decente e non solo di plasma, salina e chissà che altro. E ripensò con amarezza al momento in cui il dottore gli aveva chiesto se voleva donare il suo sangue e lui, purtroppo, aveva dovuto declinare la richiesta.

 
“Il corriere sanitario sta facendo il prima possibile, ma voi siete fratelli, nel frattempo potrebbe donare il sangue a Dean e poi interverremo noi con…”, e Sam non potè non notare la sorpresa sul volto del medico quando lo interruppe dicendo di no.
“No. Mi dispiace. Ma io…io non posso donare sangue. A nessuno, tanto meno a mio fratello.” rispose con un colpevole imbarazzo.
Il medico storse appena le labbra in segno di disapprovazione. Una disapprovazione che provò a giustificare.
“Sam, non voglio mancarle di rispetto ma non crede che questo non sia il momento adatto per le sue credenze religiose?!”
“Mi creda dottore, qui le credenze religiose, o almeno quelle che intende lei non c’entrano niente.” spiegò il giovane Winchester.
“E allora perché non…”
“Non posso. Io ho….cioè…” cercando il modo giusto per dire ciò che lo frenava nell’aiutare il fratello.  “Il mio sangue è malato. Non posso donarlo.”
Il dottore cambiò immediatamente espressione e sembrò quasi chiedere scusa per quell’errato giudizio. “Mi scusi. Non potevo immaginare. Che tipo di malattia ha?” chiese per  deformazione professionale.
Sam, colto di sorpresa, lavorò velocemente una risposta ma l’unica che gli venne in mente era l’unica che poteva dare ad un medico.
“Mi creda, per me e la mia famiglia è come una maledizione!” sperando di interrompere in quel modo quella conversazione.
Ci riuscì grazie alla discrezione del medico.
“Va bene. Vado a sollecitare il corriere sanitario!” e il medico andò via.

Sam restò qualche secondo immobile davanti alla porta della stanza di suo fratello. Per quanto in quegli ultimi anni si voleva convincere che le Prove o il soggiorno nella Gabbia potessero averlo puificato, una paura insita nella sua anima continuava a dirgli che lui , Sam Winchester, aveva ancora un qualcosa di demoniaco a scorrergli dentro.
Mille paure. Mille pensieri.

 
“Maledetto Azazel. Maledetto il suo piano. Maledetto il mio maledetto sangue. Maledetta questa maledetta vita.”
 
Poi entrò.
 

“Il mostro?!” quasi sussurrò Dean.
“C’ho pensato io. L’ho sistemato a modo nostro, fratello. Quando ti ho trovato in quella sorta di camera segreta, il bastardo ha cercato di farmi fuori. Ma non c’è riuscito. Sai come vanno questa cose?!” disse quasi con innocenza. “E’ volata qualche parola grossa. Qualche pugno, un po’ di calci ma poi un paio di pallottole con la punta piena di sangue di uomo morto e un bel machete hanno fatto il resto. E gli ho dato un bonus anche per quello che ha fatto a te, tranquillo. Credo che sia ancora nel bosco a riscaldare Yoghi e Bubu!!” sembrò volerlo rassicurare Sam con aria tranquilla anche se dentro di lui, sentì ancora quella morsa allo stomaco ricordando le condizioni in cui aveva trovato Dean: riverso a terra. Pallido da spavento. Il torace e le braccia lacerati in più punti a causa delle aggressioni del mostro. Gli occhi chiusi e paurosamente segnati da scure occhiaie livide. Chiazze rossastre e asciutte del suo sangue sul pavimento.
E poi , quasi si risentì chiamarlo terrorizzato senza avere nessuna risposta. Scuoterlo con vigore mentre il corpo del fratello non aveva nessuna reazione ai suoi richiami angosciati.

I suoi ricordi vennero, però, fermati dalla più assurda delle domande di Dean. Ma poi era davvero assurda?
“Tu stai…stai bene?!” e questo spiazzò il minore per un po’. Ma solo per un po’, perché quanto mai Dean Winchester non si preoccupava per il piccolo Sammy?!

Il giovane cacciatore gli sorrise e volle, questa volta, davvero rassicurarlo.
“Io sto bene, Dean. Sto benone, tranquillo. Perciò vedi di rimetterti al più presto anche tu, perché in questo posto c’è il club delle single che ha già tirato su le antenne da quando abbiamo messo piede in città!” scherzò , perfino.
Dean sorrise, soddisfatto del lavoro fatto dal fratello. Felice di aver saputo di aver salvato delle altre vite e che Sam era al sicuro.
“Bene….bene…” sussurrò flebilmente, deglutendo a fatica. “…bene…” e poi, come se fosse infinitamente stanco, chiuse di nuovo gli occhi.

Un attimo.
Un solo brevissimo attimo.

La testa si abbandonò appena da un lato. La mano che teneva sul fianco scivolò mollemente verso il materasso e un secondo dopo i macchinari a cui era collegato iniziarono a trillare tutti rumorosamente. Il cuore, la pressione, l’ossigeno. Tutto sembrò impazzire.
Sam sobbalzò e preso alla sprovvista, per un attimo andò nel panico. Poi, ripresosi immediatamente, chiamò aiuto.
Non poteva perderlo. Non era concepibile perdere Dean.
 

Quando il medico e gli assistenti che erano intervenuti, ebbero portato a Dean le cure dovute, fu il medico stesso a  mettere al corrente Sam della situazione clinica del fratello.
“Dottore…che è successo? lui era sveglio…stavamo parlando. Lui…lui…”
Il dottore comprese naturalmente l’ansia del fratello minore. Gli poggiò una mano sul braccio e lo spostò dalla porta da cui uscivano ancora gli infermieri che si stavano prendendo cura di Dean.
“Mi ascolti, Sam. Suo fratello ha avuto un collasso.”
“Un …collasso?”
“Sì, ma nelle condizioni in cui era , ce lo aspettavamo. Eravamo pronti e abbiamo agito immediatamente nell’unico modo possibile.”
“Che cosa …come sta adesso?! Che gli avete fatto?” chiese, ansioso.
“L’unica cosa che potevamo fare per evitare al fisico ogni tipo di stress era metterlo in coma farmacologico!”
“Dean è….in coma?”
“Era l’unica soluzione, Sam. Mi creda. Ogni sforzo, ogni forte emozione, ogni stress possono fare andare in tilt i suoi valori. Suo fratello è molto debole, fortemente provato fisicamente. Se andrà incontro ad un’altra crisi come quella che ha avuto prima, potrebbe non  superarla!” gli spiegò con calma, per cercare di…indorare la pillola.
“Quindi lui non è ancora fuori pericolo?!”
Il medico strinse le labbra perplesso, lanciò uno sguardo alla cartella clinica del suo paziente.
La chiuse e fissò il giovane davanti a lui.
“Aspettiamo  che passi la notte e vediamo come va nelle prossime ore e giorni. Domani, comunque, decideremo se mantenere lo stato di sedazione o somministrare un’altra terapia.” e poi vedendo che Sam lo guardava quasi con aria spaventata, volle provare a rassicurarlo. “Sam, Dean è comunque un ragazzo forte. Vedrà che ne verrà fuori. Ora, perché non se ne torna in albergo e cerca di riposare. Ha un aria distrutta!”
“In albergo!?” ripetè stranito il giovane.
“Sì. L’avviseranno se ci sono delle….” ma non riuscì a finire.
“Dottore, io non mi muovo dalla stanza di mio fratello.” e lo disse con un tono e un espressione talmente decisa che il medico non ebbe il coraggio di controbattere.
“Come vuole!” e lo lasciò rientrare nella stanza di Dean.
 

Quando l’ennesima infermiera uscì dalla camera dopo aver preso, consultato, controllato e registrato tutti i valori di Dean, Sam prese una sedia e si mise accanto al letto del fratello dormiente.
Lo guardò a lungo. In silenzio.
Sembrava quasi come se stesse memorizzando ogni lineamento di quel fratello ferito.
Lanciò uno sguardo veloce ai macchinari che sibilavano inclementi.
“Sai, Dean?!” fece ad un certo punto. “Hai presente quella frase di circostanza che si dice … “Ho perso il conto di quante volte….”, beh!...” e sospirò frustrato. “E’ un emerita stronzata.” esclamò come se si fosse levato un peso dal cuore.  “Io mi ricordo ogni stramaledettissima volta in cui ti ho dovuto vegliare in un letto di ospedale. Ricordo ogni dannata volta in cui temevo che ti avrei perso. Ricordo ogni singola goccia di sudore che mi colava lungo la schiena ogni volta che un medico scuoteva la testa dopo averti visitato. Quel mostro che ti fermò il cuore e che mi portò a cercare quel guaritore…” iniziò a ricordare quei momenti drammaticamente tristi. “…le torture di Occhi Gialli per mano di papà e poi l’incidente subito dopo che ti mandò in coma. Quel caso al Mistery Spot e tutte le volte che tu…che ti ho visto….” e mandò giù un groppo amaro rammentando le svariate morti di Dean a cui aveva assistito impotente. “ Oddio….e poi i cerberi e tu che venivi massacrato davanti ai miei occhi e poi ancora quello che ti fece Alastair quando Uriel ti portò via…Metatron…Dio!, Metatron!” sussurrò ricordando l’ultima volta che Dean gli era morto letteralmente tra le braccia. “E tutte le altre volte…tutte le altre stramaledettissime volte. Le ricordo tutte!” disse quasi con tono rabbioso.

Si passò una mano sul volto come se avesse voluto riprendere il controllo. Guardò ancora i vari monitor e poi di nuovo suo fratello.
Strinse le labbra in mezzo ai denti, quasi volesse trattenersi nel dire qualcosa.
Sospirò pesantemente.
Allungò una mano per toccare quella di Dean. Si fermò.
Non voleva disturbarlo, pensò stupidamente.
 
Invece no! Sapeva che se lo avesse toccato, solo sfiorato, Dean comunque non avrebbe accennato a muoversi e per l’ennesima volta tutto sarebbe stato dolorosamente vero.
Dean poteva lasciarlo. Poteva morire.
 
“Per favore…per favore, Dean. Non mollare. Non morire.” sussurrò esasperato, a tratti frustrato da quella sua impotenza nel poterlo aiutare. “Resisti. Non puoi lasciarmi solo in questa assurda vita. Lo sai che finirei nei guai.” provò anche a provocarlo.
Sapeva che se Castiel era  per Dean un angelo custode, Dean stesso lo era per lui. Per il suo fratellino. Per il suo Sammy. 
“Una volta , in uno stupido film sentii dire che quando tutto va male, bisogna aggrapparsi a quello che resta.” ricordò con un tono quasi imbarazzato.
Sam alzò lo sguardo verso quello addormentato di Dean. “Dean…” sembrò chiamarlo come se Dean avesse potuto rispondergli. “.. sta andando tutto in malora. E tu sei quello a cui io mi sono sempre aggrappato. Sempre. Nonostante non volessi ammetterlo a te o a me stesso. Ma se ti arrendi, se tu muori, se te ne vai e mi lasci qui a combattere da solo…io…io non avrò più niente. Niente per cui lottare, vivere. Niente a cui aggrapparmi. Niente di talmente forte che abbia la forza di sostenermi. Tu sei quello che “resta dopo”. Perciò, fratello…” fece , trovando invece, adesso, il coraggio di stringere la mano del maggiore. “….resisti. Aggrappati a me. Torna da me. Torna a sostenermi e ad essere il mio “ciò che resta!”.”

La notte passò così.  
E così il giorno dopo.
Con Sam che parlava a Dean del suo enorme bisogno di averlo accanto. Di avere una guida costantemente presente diversa da quella che era stata John. Il padre, per quanto Sam avesse ormai accettato che lo avrebbe amato comunque, era un tipo alla “E’ così perché lo dico io. Si fa così perché è così che si deve fare!
Dean, con lui, a modo suo, era stato diverso. Aveva sempre cercato di spiegare il perché di certe azioni e di alcune decisioni e quando, ogni tanto, quel lato di John Winchester si palesava anche nel maggiore, Sam obbediva, anche se poi sapeva che Dean avrebbe chiesto scusa.
Ed era così. Era così ogni volta.
 
Sam gli chiese scusa ancora per il Purgatorio, per aver solo pensato di rifarsi una vita con Amelia rinunciando a lui. Per non aver compreso il suo legame con Benny, per aver giudicato così duramente il suo agire con Gadreel. Gli chiese scusa ancora e ancora di aver scelto Ruby.
Dio!! gli chiese scusa perfino di aver fatto salire un cane sull’Impala.
Sam chiese scusa.
Su ogni cosa.
Per ogni azione che credeva o pensava aver commesso. E ogni volta che chiedeva scusa, chiedeva anche a Dean di resistere, così il maggiore avrebbe potuto compiacersi soddisfatto guardandolo negli occhi.
Sam lo avrebbe fatto fare. Lo avrebbe accettato, pur di riaverlo con lui. Sano e salvo.

 
La seconda notte, verso le tre, vide un infermiera armeggiare con i macchinari che somministravano il sedativo a Dean.
“Che succede? Cosa…” chiese allarmato, temendo in un peggioramento.
“Tranquillo. Ho portato gli ultimi controlli al dottor  Norton. I valori di suo fratello sono in lieve miglioramento e continuano a migliorare, così ha deciso di diminuire il dosaggio del sedativo.”
“Da….davvero?!” fece sentendo dentro di lui una speranza che però voleva tenere ancora a bada.
“Davvero, Sam. Vedrà…Dean si riprenderà.” e rassicurandolo in quella maniera così calma, uscì dalla stanza e lasciò di nuovo i due fratelli da soli.
“Andiamo….andiamo….andiamo….” prese a sussurrare Sam, riprendendo il suo posto accanto al letto del maggiore.
 
 
Arrivò l’alba e Sam, stanco fisicamente, sfinito mentalmente a causa di tutti quei ricordi, si sedette di nuovo sulla sedia accanto al letto del fratello.
Lo guardò, forse dolcemente. Forse con un pizzico di rassegnazione.
“Sono stanco, Dean. Ora mi metto qui. Chiudo solo un attimo gli occhi e quando li riapro voglio vedere anche i tuoi aperti. Ok!, fratello?!” chiese retoricamente.
Aspettò comunque una risposta.
Dean nemmeno si mosse. Non un fremito. Non una contrazione nervosa.
Immobile. Dannatamente immobile.

L’infermiera gli aveva detto che stava migliorando, allora perché era ancora così immobile?!

Sam sospirò e tirò la testa indietro fino ad appoggiarla al bordo della sedia. Fece appena in tempo a rilassarsi e a socchiudere gli occhi, sfinito, che il sonno ebbe il sopravvento su di lui.






N.d.A.: Che dite è plausibile la paura di Sam nella questione del dover o meno donare il sangue a Dean?
Fatemi sapere!

Baci, Cin!

 
   
 
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