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Autore: Sophie_moore    11/01/2017    1 recensioni
Questa storia partecipa al contest "It's too cliché - Seconda edizione" indetto da rhys89 sul forum di EFP.
In tutta onestà non capiva come mai Cana allontanasse sempre suo padre: probabilmente se avesse avuto un padre come lui non avrebbe mai sentito quell'impellente bisogno di andarsene. Per quanto Gildarts fosse strano, appiccicoso, anche un po' con la testa tra le nuvole, era sempre presente e pieno di buoni consigli paterni, a differenza di Jude.
[...][«Ci sposeremo.»
«Mamma… sei sicura?»
«Perché?»
«Jude…»
«Oh tesoro, andrà tutto bene! Vedrai, creeremo una nuova famiglia, una nuova vita tutti insieme.»
«Credi sia la persona giusta?»
«Lo amo…»
«Mi basta che tu sia felice.»]

Lucy si trasferisce a casa di Cana, perché Gildarts sta per sposare Layla.
Le due ragazze dovranno fare i conti con il proprio passato, il proprio presente ed il proprio futuro. Amicizie, dubbi, amore... riusciranno a trovare un equilibrio mentre aiutano nella preparazione del matrimonio?
Sophie è tornata!
Si spera.
Hope you like it
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Gildarts, Layla Heartphilia, Lucy Heartphilia
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Regola 2 – Trovare l'abito perfetto – Sono qui per te.

10 luglio – sei giorni al matrimonio


Lucy stava aspettando. Da un po'.

Non ci era abituata in effetti, era strano che una come lei aspettasse: quando era con suo padre nessuno si permetteva di farla attendere, anzi, era sempre lei che arrivava un pochino dopo in modo da non dover stare lì a non fare niente.
E invece ora aspettava.
Diede uno sguardo all'orologio, poi sbuffò. Era quasi mezz'ora che stava seduta sul marciapiede di fronte a quel negozio di vestiti. Eppure non le pesava così tanto, non era arrabbiata o infastidita, solo annoiata.
Stava chiacchierando con Natsu al cellulare, per passare il tempo.
Stai ancora aspettando?”
Sorrise. Era un ragazzo estremamente carino, dolce, e premuroso, seppure con la testa tra le nuvole e sempre pronto ad attaccare briga con chiunque lo provocasse. Non poteva negare di provare affetto nei suoi confronti, un affetto profondo.
Cana è in ritardo…”
Digitava velocemente, poi alzava lo sguardo sulla strada e lo fissava nella direzione dalla quale sarebbe dovuta arrivare Cana. Non sapeva bene cosa stesse facendo, per avere un ritardo così. Sapeva che stava andando al dopo scuola, per prepararsi agli esami, ma sarebbero dovuti finire un'ora prima.
Cana è sempre in ritardo. Mezz'ora è considerato anticipo per lei.”
Lucy rise ed infilò il cellulare in tasca, senza rispondere. Decise di attraversare e guardare la vetrina da più vicino, per portarsi avanti.
Avevano deciso di andare quel pomeriggio a fare shopping perché era l'ultimo giorno possibile prima degli esami di Cana. Aveva finito il dopo scuola e due settimane dopo avrebbe iniziato gli esami per diplomarsi, finalmente, all'alba dei suoi diciotto anni. Senza contare i preparativi del matrimonio… non ci sarebbe quasi stato più un momento libero.
«Eccomi!»
Cana le mise le mani sulle spalle, facendola saltare dallo spavento.
«Accidenti a te!» sbraitò, tenendosi una mano sul cuore. Poi si voltò, e guardandola ogni segno di rabbia si sciolse. Sembrava così contenta che rimanere arrabbiata per lo spavento non era facile. «Com'è andata a scuola?» le chiese, aprendosi in un sorriso.
L'altra ragazza la prese a braccetto e spalancò la porta del negozio, entrando come un piccolo uragano.
«Una noia mortale, come al solito. Però ora siamo qui, scegliamo il tuo vestito!»
«Tu non lo scegli?»
«Non credo si adegui al mio portafoglio,» le fece l'occhiolino, per iniziare a spingerla tra le fila di vestiti.
Lucy si rabbuiò: credeva che avrebbero fatto shopping insieme, non che avrebbe fatto la principessa come quando viveva con suo padre.
«Vi serve una mano, ragazze?»
Una commessa si avvicinò, quatta, e le guardò con un bel sorriso luminoso. Passava lo sguardo da una all'altra, cercando il punto debole su cui insistere.
«Sì, grazie!» Cana saltò, alzando l'indice. «Stiamo cercando un abito da cerimonia per la mia amica…» prese Lucy per le spalle e la posizionò davanti a sé «dobbiamo fare le testimoni di nozze, ci servono dei vestiti adeguati.»
La commessa si illuminò e, congiungendo le mani, chiese: «Avete un colore? O un tema?»
«Non ci sono temi, ma il colore sarebbe tutta la gamma di azzurro. La sposa sarà blu.»
«La mamma sarà blu?» sgranò gli occhi la bionda. Si ricordava di un vestito bianco, non di un vestito blu.
«No, non del tutto.» la rassicurò Cana soffiandole all'orecchio. Lucy rabbrividì. «Comunque! Blu e azzurro.» la spinse leggermente in avanti.
Da quel momento, Lucy si sentì sballottata da una parte all'altra del negozio – che sembrava non finire mai – dalla commessa Juvia e da Cana, che ogni tanto scoppiava in una risata prendendo un vestito orrendo dalle relle, per poi finire scaraventata di peso dentro ad uno stanzino ricoperta di abiti. Forse c'era qualcosa di decente lì in mezzo, ma per il momento sospettava fosse solo un gioco per vederla conciata in modi improponibili.
Comunque ora era nel camerino, tra tre pareti rosa confetto e una spessa tenda di velluto nero. Fissava i vestiti in modo che le parlassero, che dicessero qualcosa… ma niente. Sentiva solamente Cana che rideva. Possibile che avesse un tono di voce così alto?
Sbuffò e iniziò a sbottonarsi la camicetta bianca; si slacciò i pantaloni e li sfilò, lasciandoli sul pouf nero perfettamente piegati. Si diede un fugace sguardo allo specchio, soffermandosi sulle sue forme: grande seno, grandi fianchi, pancia piatta. Quanta invidia aveva sempre fatto alle persone che incrociava per strada per il fisico che aveva, lo vedeva nei loro occhi: le ragazze la osservavano con una certa gelosia, i ragazzi invece con un certo desiderio.
Tranne Natsu, in effetti. Non aveva ancora visto in lui quegli occhi, quello sguardo da predatore a caccia. Forse era troppo ingenuo per avere quella luce, forse semplicemente era troppo bravo a nasconderlo.
«Da quanto lavori qui? Non ti ho mai vista in giro!»
Sentì la sua futura sorellastra chiedere alla commessa. Ma perché Cana dava quella confidenza a tutti? Non poteva semplicemente concentrarsi su di lei? Era per lei che erano lì, alla fine, non per flirtare con commesse sconosciute.
«Non da tanto, mi sono appena trasferita…»
Fissò il suo riflesso non appena riuscì ad infilarsi quello scafandro celeste, sbattendo le palpebre. Doveva sembrare una scema, vista da fuori. Cana l'avrebbe sicuramente presa in giro. Era così assurdo: era gelosa di una semplicissima commessa.
Era quello, per forza, era gelosa.
«Cana!» esclamò Lucy, per poi arrossire. Non se n'era accorta. Le tornò subito alla mente il bacio di qualche giorno prima, tra le coperte. Si era girata dall'altra parte e aveva fatto finta di dormire, perché per lei era il primo bacio e sicuramente non sarebbe riuscita a chiudere occhio facilmente. E l'aveva dato a Cana. Anzi, se l'era rubato Cana, perché lei non l'aveva chiesto. E se l'era preso così, senza un vero motivo, probabilmente troppo ubriaca per poterne trovare anche solo mezzo valido. Un po' era arrabbiata, doveva ammetterlo. Un po' avrebbe voluto un bacio da film, magari appoggiati ad uno scooter con un cono gelato che si scioglieva tra le mani, e con un ragazzo, soprattutto.
Cana si infilò nel camerino, spingendola indietro. La fissò negli occhi, la testa leggermente inclinata di lato.
«Che c'è?» le chiese, con un tono talmente ingenuo che sembrava un'altra persona.
Lucy abbassò lo sguardo, mordicchiandosi il labbro inferiore, per poi sussurrare: «Mi aiuti con la cerniera?» e si voltò di schiena.
Perché si stava comportando così? Quale diavolo era il motivo che la spingeva ad arrossire a quel modo? Era colpa sua, il bacio, le parole, non era affatto giusto!
«Sei gelosa, Lucy?»
«Perché dovrei.» sarebbe dovuta essere una domanda, ma uscì più come una specie di ringhio.
Cana sogghignò. Le mise le mani sulle spalle e appoggiò la fronte contro la sua nuca, espirando in modo particolarmente sonoro.
«Guarda che sono qui per te. Non c'è bisogno di essere gelosa.»
Le diede un bacio nel punto in cui era appoggiata ed uscì, lasciandola sola.
Lucy si sentì una stupida dopo quelle parole: certo che Cana era lì per lei, non le doveva neanche servire quel tipo di rassicurazione. Si batté una mano sulla fronte e finalmente si decise a guardarsi allo specchio: l'abito che aveva indosso era di un pallido celeste, una scollatura a cuore le sorreggeva il seno e la lunghezza le sfiorava appena il ginocchio. Non aveva spalline, piuttosto un nastro semi trasparente che si andava a legare dietro al collo. Non era poi così male, in effetti. Possibile che avesse beccato l'unico vestito decente del mucchio?
Uscì tirando la tenda e fece un giro su se stessa in punta di piedi.
Juvia e Cana si interruppero per osservarla.
Nel negozio non c'era anima viva oltre loro, perciò il silenzio era pressoché assoluto.
«Allora?»
«Stai benissimo Lucy. Prendilo.» Cana si alzò in piedi e batté le mani una volta, sbattendo le palpebre. Forse era davvero sorpresa che quel vestito le stesse così bene.
«Sono d'accordo, ma credo dovresti provare altri abiti. Lo sentirai quando sarà l'abito giusto per te.»
«Non funziona così per gli abiti da sposa?»
«Funziona così per qualsiasi vestito, Cana.»
Juvia e Cana si scambiarono uno sguardo d'intesa, poi tornarono su Lucy e in coro dissero: «Il prossimo!»
Sarà stato il decimo. O undicesimo. Aveva perso il conto, in realtà. Le mani le facevano male a forza di chiudere bottoni e tirare su lampo, i piedi le pulsavano sui tacchi e le gambe stavano diventando delle zampogne.
Senza contare che era più di un'ora che stava lì. Forse erano due.
«Ci sei? Questo è il penultimo!»
Lucy sbuffò, poi roteò gli occhi al cielo. Si guardò allo specchio: non era proprio un abito adatto a lei, a dire il vero. Blu scuro, lungo, aderente, un profondo scollo e uno spacco vertiginoso. Sarebbe stato sicuramente meglio addosso a Cana, piuttosto che a lei. Non aveva l'atteggiamento giusto per portare un vestito simile.
Si massaggiò le tempie, mosse il collo a destra e a sinistra per sciogliere i muscoli, poi uscì.
Cana ammutolì.
Non c'era nessun altro nel negozio, non c'era neanche più Juvia, non volava una mosca. Lucy e Cana si osservavano, la bionda la fissava e Cana non smetteva di fare su e giù con le pupille, studiando quasi ogni cucitura dell'abito.
Si alzò, le andò incontro, le fece fare un giro su se stessa.
«Sei splendida.» le sussurrò, guardandola negli occhi.
Lucy si sentì avvampare, tanto che credeva di stare per evaporare da un momento all'altro. Che cosa diavolo le prendeva? Un complimento. Era stato un semplice complimento. Sì, un bel complimento, ma comunque niente di sconvolgente. Perché adesso stava cercando di tenere le gambe forti per non cadere?
Cana aveva un profumo meraviglioso. E uno sguardo estremamente intenso.
«Grazie…» biascicò non appena riuscì a prendere aria. Spinse leggermente indietro la sua amica e si fece vedere anche da Juvia, che applaudì.
«Stai davvero bene… ma credo sia perché sei bellissima e stai bene con tutto, sai?» le sue parole fecero ripartire il tempo che si era fermato. Tutto ricominciò a scorrere, e Lucy tossì, resasi conto solo in quel momento di aver trattenuto il respiro.
«Vero, starebbe bene anche con un sacco nero addosso,» Cana le fece un largo sorriso mentre la faceva girare su se stessa un'altra volta, «ma non credo sarebbe il caso di andare ad un matrimonio vestiti con un sacco.» le fece l'occhiolino e le diede una pacca sul fondo schiena, incitandola a tornare nel camerino.
Lucy si svestì, poi appoggiò la fronte allo specchio e scivolò giù in ginocchio, con gli occhi chiusi. Non si era mai sentita così per nessuno, in vita sua. Cana la mandava in tilt il cervello e non era una cosa che le piaceva.
Jude le aveva insegnato a mantenere la calma e il controllo in ogni secondo, durante ogni respiro. Sentiva che stava per perderlo.
E cos'avrebbe fatto quando l'avrebbe perso del tutto?
  
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