Film > Suicide Squad
Segui la storia  |       
Autore: EcateC    12/01/2017    8 recensioni
La vera storia di Harleen Frances Quinzel, la rigida dottoressa newyorkese che si lasciò sedurre da Joker per diventare la famigerata Harley Quinn, la pagliaccetta bella e simpatica che tutti conosciamo.
Ma da lasciarsi alle spalle una vita di privazioni a conquistare il cuore del super criminale di Gotham c'è una bella differenza, ed è qui che riposa la vera inversione dei ruoli. Provare per credere.
Genere: Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harley Quinn, Joker, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

WREAK HAVOC!

 

 

Naturalmente, ciò che era successo nella camera 237 tra la dottoressa Quinzel e il Joker era cosa segretissima, che solo le autorità e i diretti interessati potevano sapere.

Per questo motivo, altrettanto naturalmente, tutto il personale dell’Arkham Asylum ne era venuto a conoscenza all'incirca un minuto dopo.

Infatti, quando Harleen uscì dalla sala di consiglio con un sorriso sollevato, si trovò di fronte agli sguardi increduli e biasimevoli degli inservienti, dei medici, delle guardie armate e delle segretarie. Soprattutto delle segretarie...

Ma per la prima volta nella sua vita, non badò al parere degli altri e procedette con la schiena dritta e lo sguardo alto verso il suo ufficio, non senza un mezzo sorriso orgoglioso. D’altronde cosa se ne faceva dell’opinione di quegli scartini quando aveva tra le mani l'Asso di briscola, il Poker d'Assi e Mr. Vince tutto?

Andò nel suo ufficio con un sorriso luminoso e mise fuori dalla finestra il contenitore termico che conteneva il pudding fatto la sera prima.

Guardò l’orologio dal cellulare, e constatò che mancavano ancora due ore prima che iniziasse la sua terza seduta con Joker.

Normalmente, avrebbe fruito di quelle ore buche per studiare, ma in quel momento non ne aveva proprio voglia…

Anche perché, malgrado l’incontro con Amanda Waller fosse andato nel migliore dei modi, c’era una piccola frase che l’aveva lasciata con l’amaro in bocca.

 

“Stiamo parlando di uno che conosce i nomi di tutte le puttane di Gotham City, non crederà certo che la sua dichiarazione sia vera?”

 

Già.

Quella frase l’aveva ferita più del dovuto e sotto più punti di vista. 

Intanto perché c’era la possibilità concreta che lui le avesse mentito, e conoscendo il soggetto l’ipotesi non era poi così remota. Le aveva detto che l’amava, ma magari per lui innamorarsi equivaleva a un vago sentimento di fiducia, simpatia e perché no, di attrazione sessuale. Che fosse attratto da lei in quel senso, Joker gliel’aveva fatto capire molto chiaramente.

Ma la domanda a ben vedere era un’altra.

“E tu, Harleen? Sei innamorata di lui? Faresti davvero l’amore con lui se potessi?”

Alla prima domanda si disse di sì, senza esitazioni. Pensava sempre a lui, non vedeva l’ora di vederlo, di parlargli, ma anche di baciarlo e di stringerlo forte fino a stritolarlo come un pupazzetto. Per quanto riguardava la seconda, invece..

La psichiatra chiuse gli occhi, mettendosi inavvertitamente l’unghia del pollice in bocca. L’idea la impauriva per molti motivi, anche perché lei non era esattamente disinibita e lui non era esattamente raccomandabile, ma il calore che aveva sentito quando l’aveva stretto e il modo rassicurante con cui lui minimizzava tutto, prendendo tutto in ridere e facendo apparire tutto facile, naturale, non poteva che dare una risposta affermativa anche in questo.

Sorrise, e con la sedia girabile si diede una spinta e si allontanò dalla sua scrivania piena zeppa di fogli e libri per appoggiare la fronte al vetro della finestra. Fuori c’era il giardinetto adibito agli internati meno pericolosi, che dovevano svolgere parte della terapia all’aria aperta.

Harleen si accoccolò vicino al vetro, immaginandosi di fare una passeggiata mano nella mano con Joker, magari per le vie di Roma o i quartieri di Berlino… Fremette all’idea e un gradevolissimo, improvviso profumo penetrò le sue narici e la fece rilassare completamente.

“Cos’è questo buono odore?” si chiese distrattamente, inspirando quel delizioso aroma di primavera e fiori freschi “Sa di verde… Come i capelli di Mr. J e come i suoi occhi. Ma ha gli occhi verdi o azzurri?- pensò sognante, perdendosi sorridente tra i rami di un albero “Sembrano azzurri, ma potrebbero essere verdi. Magari dopo posso…”

Ma proprio mentre pensava ciò, in mezzo alla natura intravide due occhi color bosco che la stavano fissando con interesse, contornati da una grintosa, folta chioma rossa.

Harleen sobbalzò e si alzò subito in piedi, mentre quella bellissima creatura in bilico su un ramo le fece un sorriso malizioso e come se niente fosse si lanciò nell’albero opposto, e poi ancora in un altro, il tutto sopra le teste degli psichiatri e dei loro pazienti. Un paziente indicò col dito verso il cielo, ma fu subito rimproverato dal suo dottore.

“Ma quella è…!?” pensò euforicamente Harleen, affacciandosi fuori dalla finestra e guardando con grande ammirazione la Meta-umana che sfrecciava via “Oddio, ma che bella! Cosa pagherei per essere come lei… E come Mr. J”

Effettivamente, essere un banale essere umano in un mondo di supereroi non era affatto facile. A Gotham poi c’era la creme de la creme, i migliori fantaumani di tutto il mondo. C’erano Batman, Catwoman, Deadshot, Superman quando non scorrazzava per Metropolis, Capitan Boomerang e poi, dulcis in fundo, c’era Joker. Sulla natura di Joker le voci non erano unanimi. C’era chi diceva che fosse un Meta-umano, chi lo riteneva un uomo geniale, chi un pazzo, chi un magnate simile a Lex Luthor e infine c’era chi lo ammirava segretamente, come aveva fatto Harleen durante gli ultimi dieci anni.

-Toc, toc, dottoressa Quinzel?- Rebecca, la segretaria, era entrata improvvisamente nel suo ufficio -Ma si sente bene? Sembra che abbia appena visto un fantasma-

“No, solo Poison Ivy”

-No, sto perfettamente. Dimmi pure, Rebecca-

-Volevo solo informarla che oggi dovrà visitare il Joker direttamente dentro alla sua cella di isolamento-

-Per quale motivo?- scattò Harleen, eccitata e preoccupata al contempo

-Non me l’hanno detto-

-Ma sta bene, vero? Gli hanno somministrato gli antidolorifici come avevo prescritto?-

-Oddio, dottoressa, non lo so- 

-E hanno diminuito le dosi dei sedativi? Rebecca, se io dico che devono diminuire le dosi, è bene che mi ascoltino, non ho due lauree in medicina per niente-

Rebecca sbottò -Senti, lascia che ti dia un consiglio da amica- esclamò pungente, passando dal lei al tu senza motivo -Se sei così disperata da cercare quel genere di attenzioni in un criminale assassino, posso presentarti uno dei miei amici, così almeno non rischi di lasciarci le penne, eh?-

Tutto regolare, Harleen se lo aspettava.

-Almeno io non vado a letto con il mio capo. Vai pure, Rebecca, grazie-


***

 

 

 

Finalmente, dopo aver passato gli ultimi quaranta minuti a truccarsi e a farsi bella il più possibile, Harleen finalmente fu chiamata dal telefono interno.

Uscì dal suo studio con le labbra rosse e il camice aperto sul tailleur nero e aderente che aveva scelto per l’occasione.

-Buongiorno, Griggs-

-Ammazza… Buongiorno, dottoressa Quinzel, vedo che siamo in ottima forma- esclamò il tenente, viscido.

-Lo prendo come un complimento. Andiamo?-

Griggs scosse la testa e lanciò uno sguardo ai suoi uomini -Quanta fretta… Perché non si ferma a prendere un caffè con noi?-

Ma Harleen si era già spinta a passo di marcia verso il padiglione di massima sicurezza, senza nemmeno voltarsi. 

-Ah, già… Lei preferisce la compagnia del clown psicopatico- continuò Griggs, mentre la seguiva  -Ma perché non dai un bacino anche a me? Guarda che mi offendo…-

Harleen naturalmente non gli rispose. Odiava gli uomini come Griggs, la facevano sentire sminuita e mortificata nel suo essere donna e malgrado cercasse di tenere le distanze, i suoi sguardi e i risolini erano come pugnalate dritte nella schiena. Per fortuna, però, stavano andando da lui e Harleen sapeva già che di fronte a lui Griggs ci avrebbe pensato due volte prima di fare il donnaiolo da quattro soldi quale era.

Si stavano infatti dirigendo nelle celle d’isolamento, che si trovavano in un padiglione separato dalla struttura, a cui lei non era mai acceduta. Ne aveva sentite di voci su quel padiglione, c’erano i più inquietanti e pericolosi criminali psichiatrici che avessero mai messo piede sulla terra.

Le loro celle, poi, erano congegnate in modo diverso. Le porte erano trasparenti, di un materiale simile al plexiglass ma molto più resistente, in modo che costoro fossero costantemente controllati a vista. Le luci restavano accese anche di notte e i viveri venivano somministrati nella cella da un sottile tubo d’acciaio che era collegato all’esterno.

Harleen e gli addetti alla sorveglianza scesero le scale, e già da quel momento la ragazza poteva sentire i versi disumani di quei pazzi assassini. Passarono davanti alla cella di uno che aveva la faccia premuta schiacciata sul vetro, un altro simulava il verso del cane con dei “wolf” intermittenti e inquietanti, un tizio minacciava di morte un bicchiere, uno era disteso sotto la branda… E poi, in fondo in fondo, c’era Joker, sdraiato sopra la branda con le gambe incrociate come se fosse a casa sua.

-Dottoressa Quinzel! Aspettavo con ansia il suo arrivo- soggiunse a voce alta, alzando la testa dalla branda a cui era legato -Mi raccomando, togliti le scarpe prima di entrare, non mi rovinare il parquet-

Harleen lo salutò con la mano dal vetro, dimenticandosi di Griggs che la stava guardando. La guardia al suo fianco appoggiò il palmo aperto della mano su un display per il riconoscimento tattile e poi digitò velocemente un codice alfanumerico piuttosto lungo, e così la spessa porta di vetro scivolò aperta verso destra.

Harleen entrò subito e si precipitò da lui. Costui aveva ancora un occhio arrossato e del sangue rappreso sotto il naso, ma malgrado tutto il suo aspetto risultava comunque molto gradevole.

-Ciao, tesoro, come stai?- gli sussurrò Harleen dolcemente, prendendo una sedia per sedersi di fianco a lui, il più possibile vicino.

-Legato. Ma ora che ti vedo sto bene-

Joker era infatti legato alla branda da due cinture di sicurezza: una altezza dello sterno che gli  premeva sui bicipiti e un’altra sopra le ginocchia, ma agli occhi di lei la pressione dei lacci non faceva altro che mettere in mostra i suoi muscoli. 

“Posso baciarlo subito o devo aspettare?” si chiese impaziente, voltandosi per vedere se le guardie si erano davvero girate di spalle come promesso “Basta, lo bacio subito”

Si piegò col collo su di lui e dischiuse le labbra, ma come lo fece, incontrò i suoi occhi azzurri sbarrati all’inverosimile. Harleen virò subito a sinistra con finta disinvoltura, anche se si sarebbe volentieri sotterrata dall’imbarazzo. Una cosa che tutti sapevano di Joker era che non amava essere toccato, soprattutto all’improvviso. In verità vigeva un vero e proprio divieto ferreo contro i contatti fisici, nessuno dei suoi poteva stingergli la mano o sfiorarlo, figuriamoci gli estranei…

Harleen annuì, cercando di riprendere controllo di se stessa. 

-Mr. J, sai che prima mi è sembrato di aver visto Poison Ivy su un albero del cortile?-

Lui tornò sorridente -Davvero?-

-Sì. È incredibile, volava da una pianta all’altra come se avesse le ali-

-Eh, già, incredibile. Un po' velenosa, ma molto, molto carina-

A vedere il suo sguardo trasognato, il sorriso di Harleen si incrinò lievemente. Poison Ivy sarebbe stata perfetta per lui.

Joker spostò gli occhi su di lei e le fece un enorme sorriso d’argento -Sei diventata più bella, dottoressa-

-Grazie- rispose Harleen, cercando di non guardarlo -Allora, che dici se cominciamo? Oggi vorrei proporti un gioco-

-Un gioco!?-  si accese lui, e come lo disse uno degli internati iniziò a gridare -Io sono molto bravo nei giochi, posso sceglierlo io?-

-In realtà il gioco che ho in testa non è molto divertente, farebbe parte della terapia. Io ti dico una lettera e tu devi dirmi le prime parole che ti vengono in mente, di getto-

-Ah… Dottoressa, mi aspettavo di meglio da te- esclamò deluso, girandosi con fare annoiato dall'altra parte -Comunque, anche se non è proprio il mio stile, si può fare. Ma solo perché me l’hai chiesto tu-

“Dottoressa!? Perché è così freddo?” si domandò Harleen, preoccupata “Oddio, no, non essere freddo Mr. J, io ti amo…”

-Bene, ti ringrazio- rispose preoccupata, con le dita che bruciavano dalla voglia di toccarlo  -Cominciamo con A-

-Alcool, automobili, ammazzare- rispose annoiato, con gli occhi chiusi.

-P-

-Pistola, pipistrello, puttane, psichiatra, parco giochi, poker, pagliaccio, pudding-

-Però!- esclamò Harleen, annotando tutte le parole con soddisfazione -Proviamo con… B-

-Batman, ballare, bomba, buffone, bazooka, bambola, bionda, bellissima, bacio, bocca- 

La ragazza trascrisse le ultime parole alzando gli occhi per fargli un sorriso furtivo. -S- gli disse, con voce più calda.

-Sorriso, sesso, signorina-

“Cosa sono? Messaggi cifrati?” pensò Harleen, col volto accaldato nascosto dietro il taccuino. Poi aggiunse, con falsa nonchalance -Ehm... F?-

Joker esitò. La guardò con la bocca aperta e poi scoppiò a ridere -Non si può dire!!-

Harleen arrossì e lo colpì scherzosamente sulla testa col block notes -Mr. J! Allora!-

-Dottoressa Quinzel, mi cospargo…-

-…Il capo di cenere, lo so- continuò lei, ma sempre con il sorriso sulle labbra.

-A mia discolpa, posso dirti che sono tre mesi che non vedo una donna nuda neanche per foto. E poi mi perdonerai, ma averti qui di fronte così bella non aiuta-

Bene, pensò rincuorata, i loro discorsi erano tornati alla fisiologica sfumatura equivoca e inopportuna. Dalla via che c’era, Harleen colse la palla al balzo.

-Non credevo di essere il tuo tipo- soggiunse con un sorriso imbarazzato, stringendosi forte le mani -Insomma, non assomiglio a quelle che frequenti di solito-

-Oddio, quanto sei... buona!- esclamò, con uno sorriso dolce che la fece rabbrividire -A Dubai varresti almeno cento cammelli-

-Cento cammelli?- ripeté, sorridendo. Un tempo avrebbe ritenuto quel commento offensivo e maschilista, un tempo.

Joker le si avvicinò col viso e le fece un sorriso smagliante -Da parte mia anche duecento, per averti qui e ora- La ragazza non resse il contatto visivo, prese una bottiglietta d’acqua dalla borsa e si girò per bere un bel sorso.

“Respira, Harleen, respira. Duecento cammelli… Con un fisico così, gliene basterebbe anche mezzo. Ma cosa sto dicendo?-

-Ma dimmi angioletto, ce l’hai un fidanzato a New York?-

-No- rispose lei, mentre percepiva i suoi occhi famelici addosso.

-Come è possibile, una bellissima ragazza come te? Allora immagino che ne starai cercando uno?-

Un tempo, la ragazza avrebbe risposto un no secco. Ma ora che l’aveva conosciuto, ora che aveva scoperto il suo incanto, tutte le sue priorità erano magicamente cambiate.

-Sì… Mi piacerebbe- gli sussurrò, raccattando coraggio e alzando lo sguardo su di lui -Solo che è molto difficile trovare qualcuno che mi capisca e che sia capace di farmi dimenticare tutto, come riesci a fare tu-

Joker le sorrise con la bocca chiusa, cosa piuttosto insolita per uno come lui.

-Bene, bene, zuccherino, ti va se approfondiamo questo discorso quando saremo a Parigi?-

Ad Harleen luccicò lo sguardo, ormai le facevano male le guance da quanto sorrideva.

-Ci sto-

-Magari in una suite sulla Champs Elysèes, dopo averlo fatto per tutta la notte fino alle prime luci dell’alba… Come la vedi?-

-Bene- sussurrò lei, col cuore mille. “Bene”, per quanto riduttivo fosse, era il massimo che poteva dire in quel momento.

-Allora considerati già là, fragolina- le ammiccò -Però prima io devo uscire da qui, se no come facciamo a partire?-

-Certo, sì, dimmi cosa devo fare e la farò-

-Ti dirò tutto a tempo debito. Per adesso posso avere un assaggino di Parigi?- ghignò sfacciatamente, senza tenere ferma la testa. 

Di fronte a una proposta così esplicita, un tempo, quando non era profondamente innamorata e poneva se stessa al centro del mondo, Harleen avrebbe trovato il modo di svignarsela… Perché si sa, gli uomini distraggono dal lavoro e procurano solo problemi.

-Cioè?- gli domandò invece, con un sorriso imbarazzato.

-Fai tu. Como tu quieres- rispose, enfatizzando la “s” spagnoleggiante.

Non se lo fece ripetere due volte, gli prese il viso tra le mani e gli baciò con ardore il sorriso aperto, saggiando la superficie dei suoi denti ricoperti d’argento, liscissimi e lucidi come specchi.

Quei denti con cui Joker durante un bacio aveva strappato la lingua a una donna e soffocato fino alla morte un’altra. Quei denti che con lei si fecero da parte e le permisero di ricevere il bacio più sensuale e incantevole di tutta la sua vita. Le labbra di lui succhiavano appena e la sua lingua gentile si muoveva e accarezzava quella di lei in un modo che lei prima non avrebbe ritenuto possibile. Quando la passione fu troppa e minacciò di esplodere, la ragazza si staccò da lui ma come lo guardò in viso, scoppiò in una schietta, sonora, irrazionale risata, che naturalmente fu ricambiata all’istante dal suo interlocutore.

Entrambi avevano la bocca imbrattata del rossetto rosso di Harleen, come due pagliacci mal truccati. Si guardavano e ridevano come due invasati, Joker poi più di lei. La indicava e rideva in modo esagerato, ribaltando la testa come se avesse le convulsioni, ma anche Harleen rideva come non aveva mai fatto in vita sua, fino a piangere per lo sforzo. Col respiro tremulo costei prese uno specchietto dalla borsa e si guardò, come immaginava il rossetto rosso che aveva messo era ovunque fuorché al suo posto, ma ciò la fece divertire ancora di più.

-Oddio, Mr. J, cosa sembro?-

-Fammi vedere me! Fammi vedere me!- ghignò lui come un bambino, e come Harleen girò lo specchietto dalla sua parte, Joker emise un urlo acuto e rise più forte di prima.

Era un circolo vizioso, si guardavano e ridevano, non riuscivano a smettere.

-Dottoressa? Va tutto bene lì dentro?- domandò una guardia da fuori, perplessa.

-Sì, sì- bonfichiò Harleen, cercando di ricomporsi -Tutto bene, grazie-

-Ne è sicura?- 

-Sì, sì, sì! Tutto bene- rispose, chiudendo gli occhi e facendo dei respiri profondi. Dalle lacrime le era colato perfino un po’ di mascara sotto le palpebre inferiori

“Respira, respira, non guardarlo se no ridi di nuovo”

Lui continuava a ridacchiare, seppur più piano e in modo più posato -Sei bellissima così, pumpkin pie-

Harleen gli fece un sorriso languido -Grazie J, anche tu-

-Ce l’hai il rossetto nella borsetta?-

-Sì- rispose Harleen, sorridendo maliziosa -Perché? Vuoi che te lo metta per caso?-

Joker le sorrise invasato e annuì vigorosamente, col naso arricciato come un bambino -Renderesti un uomo felice-

Harleen iniziò ad armeggiare dentro la borsa, e dopo un certo tempo passato a rovistare tra mille cose sotto gli occhi basiti del clown, il piccolo lipstick firmato saltò fuori. Lo aprì e glielo stese con attenzione, fino a che le labbra di lui non furono completamente truccate e rosse come il sangue. Aveva gli occhi chiusi, Joker, sembrava enormemente rilassato.

-Fatto. Hai delle bellissime labbra…-

-Specchietto, por favor- disse lui, continuando a tenere gli occhi chiusi.

Harleen glielo aprii subito e lui si specchiò con occhi critici e curiosi, girandosi di profilo prima a destra e poi a sinistra.

-Che goduria- sentenziò, annuendo -Joker è tornato. E sono un bel figo, non c’è che dire… ALT, dottoressa!- sbottò, dato che lei si era piegata per baciarlo -Non rovinare il capolavoro-

-D’accordo, scusa, è che…-

-È che, È che!? È cosa, bellezza? Lo sai che qui non c’è la telecamera, hm? Possiamo fare tutto quello che vogliamo… O almeno, tu puoi fare tutto quello che vuoi, perché io ho le mani legate. Sai cosa farei io, se fossi tu legata nel letto?-

All’improvviso aveva cambiato tono di voce ed espressione, come se il fatto di avere il rossetto facesse scattare in lui la valvola della disumanità.

-Beh, credo di immaginarlo- 

-Io dico di no- le rispose con occhi allucinati, facendo un sorriso che le fece accapponare la pelle -Non mi dare così per scontato, Harleen, sono un giovanotto pieno di sorprese-

Ma invece di provare paura, la psichiatra percepì un brivido caldo all’altezza del basso ventre. I suoi occhi azzurri la fissavano colmi di ispirazione, e nel suo sguardo si poteva chiaramente cogliere l’ombra dell’assassino psicopatico quale era. Col respiro tremulo e le cosce ben chiuse, Harleen cercò di dire la cosa più sensata. 

-Mi faresti del male?-

Lui sorrise ed esitò più del dovuto -Hmm, Male… No… O forse sì, non lo so. Se mi sleghi, lo scopriamo-

I due rimasero a fissarsi per un momento, lui sorrideva speranzoso e la incitava con lo sguardo, mentre lei, pur essendo profondamente spaventata, non poteva fare a meno di guardarlo, come una lepre abbagliata dai fari che corre verso la macchina invece di scappare.

-Credo che non sia il caso-

Lui fece una smorfia -Come sei giudiziosa, dottoressa-

-Non sono giudiziosa, semplicemente non devo-

-Oh, sì che devi- ribatté l’altro, con la voce bassa -Lo vuoi, quindi devi. Tu prima devi e poi vuoi, invece qua prima bisogna volere e poi dovere, se no è come vivere in galera. Tu vivi in galera?-

-Da che pulpito- gli rispose sulle difensive -Non mi sembra di avere la camicia di forza-

-E invece a me pare il contrario, perché io avrò la camicia di forza nelle braccia, ma tu ce l’hai nel cervello, mia piccola fragolina. Cosa vorresti fare ora?-

“L’amore con te”

-Vorrei…- Harleen quasi inghiottì un rospo -Vorrei capirti. Ci siamo appena baciati, perché fai così?-

-Non provare a capirmi, impazziresti se ci riuscissi. Io invece ho capito te, e so cosa vorresti fare realmente in questo momento-

 -Ah, sì?-

Joker annuì, sollevandosi con gli addominali dal letto.

-Fallo, Harley. Non avere paura di divertirti, è così piacevole… E io sono un mago del divertimento, ti farei scoprire lidi inesplorati-

Alla ragazza mancava il respiro dall’agitazione, guardò verso la porta, al di là del vetro c’erano le imponenti schiene delle guardie che stavano in vedetta. Non capiva più niente, si sentiva stupida, quella che fra i due aveva bisogno dello psichiatra. Sedersi su di lui e aprirgli i pantaloni… No, non avrebbe mai potuto farlo, neanche nei suoi sogni più spinti, era impensabile, non sarebbe stata lei altrimenti.

-Non farti prendere dal panico, fragolina. Ascolta bene me- le sussurrò lui con pazienza e una lucidità disarmante -Adesso tu mi liberi, dici alle guardie che vuoi uscire prima e stai un secondino sulla porta, giusto il tempo perché io possa prendere i loro fucili, farli fuori e uscire da qui. Va bene? Hai capito tutto, sì?- 

Respiro affannoso, mente confusa, vista annebbiata. Ora Harleen capiva cosa si provava durante una crisi di panico di tipo uno.

-Io… Ma dopo come faccio a rivederti?-

-Ho il tuo numero di cellulare, ti chiamo io- la rassicurò, con un sorriso dolce che faceva a cazzotti col suo sguardo infervorato.

-Davvero?-

-Naturalmente-

Harleen guardò di nuovo le guardie, che stavano parlottando fra loro con tranquillità, completamente ignare di ciò che stava scucendo alle loro spalle.

-Zuccherino, guarda me, andrà tutto bene-

Come sotto ipnosi, la ragazza mise le mani sopra le robuste cinghie che legavano Joker al letto, e iniziò ad aprirle tra i tremori.

-Oh, sì, sì, sì, brava, così… Che bravissimo angioletto la mia Harleen, bravissima- blaterava lui con un sorriso malato, ma quando mancavano solo le ultime due cinghie, il timer che decretava la fine della visita suonò come una sirena.

Le guardie si girarono subito -Dottoressa, è finito il suo temp… Ma cosa sta facendo!?-

Joker ringhiò un’imprecazione e sbatté tre volte la testa sulla branda, pieno di frustrazione; Harleen, invece, allontanò subito le mani da lui.

-Ah, niente, sapevo che il tempo era finito quindi stavo già slegando il paziente- mentì lei in preda al panico.

-Ma dico è impazzita!?- domandò uno, guardandola atterrito -Ma se lo avesse liberato prima che aprissimo la porta?! Ha idea di che pericolo poteva correre?-

-Ah, sì… Forse avete ragione, è che Mr. Joker non si sentiva bene, vero signor Joker?-

Ma costui non le rispose. Aveva gli occhi chiusi e i denti serrati furiosamente in una morsa ferrea. Le guardie lo guardarono stranite, in effetti sembrava che stesse male sul serio.

-Comunque sia, le è andata molto bene. Prego esca pure-

-Grazie- rispose Harleen, lanciando un’ultima occhiata al suo paziente -Ciao, Mr. J- sussurrò appena, ma lui non la guardò nemmeno.

Dopo, la ragazza divenne una larva. Non si accorse nemmeno dei borbottii e delle facce sconvolte con cui i colleghi e gli inservienti la fissavano, dato che si trascinava per i corridoi del manicomio con un’espressione funerea e il rossetto sbavato fino al naso come se niente fosse.

A dire il vero, più che una dottoressa Harleen Quinzel sembrava un’internata.

 

 

 

 

 

Note
Ciao, grazie per essere arrivati fin qui! ;)
Qui tra le altre cose ho enfatizzato una delle peculiarità caratteriali di Mr. J, ossia, tra le altre mille cose, la vanità. Ho letto da fonti attendibili che è molto vanitoso e che tiene tanto alla cura del suo aspetto e dei suoi abiti, lo sapevate? (… Quanto a bellezza, la performance di Jared Leto è stata impeccabile xD). Harleen invece sta partendo per la tangente, nel caso non ve ne foste accorti.
A presto e grazie a tutti per i riscontri del capitolo precedente :*
   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Suicide Squad / Vai alla pagina dell'autore: EcateC