IV
Le voci non si erano
sprecate, proprio come si era aspettato. Ormai conosceva Hogwarts e i
suoi abitanti come le sue tasche, e sapeva quanto veloce i
pettegolezzi volavano. Eccome se volavano. "Il Prescelto è
innamorato"; "Il Ragazzo Sopravvissuto è gay"; "Harry
Potter ha una cotta per un ragazzo". Nessuno, però, per caso
o
per fortuna, aveva collegato il gel per capelli sentito nella pozione
al gel per capelli di Malfoy – tranne di chi sapeva
dell'allergia,
quindi Hermione, Ron, Ginny, la McGranitt, Madama Chips e,
ovviamente, Malfoy.
Tutti loro, tutti!,
credevano che avesse una cotta per Malfoy. Persino la McGranitt,
anche se era rimasta piuttosto discreta a riguardo, ma gli sguardi
che gli lanciava erano piuttosto eloquenti. Persino Malfoy, anche se
in quel caso, beh, non era una sua idea. Gliel'aveva confessato.
L'odore
dei tavoli della Sala Grande.
E anche lui aveva
confessato qualcosa, ma... non sapeva bene cosa voleva dire.
Mentre Flitwick
parlava, decise che la sua testa era già pesante per il
sonno
mancato, quindi chiuse gli occhi e li nascose dietro le braccia
incrociate sul banco – poteva avere una cotta per
chicchessia, ma
il sonno, la notte, continuava ad essere irrequieto. Almeno gli
incubi non c'erano, finché non dormiva.
Socchiuse gli occhi,
e proprio davanti a lui, con cinque banchi a dividerli, c'era Malfoy.
Stava prendendo appunti, con la testa china su una pergamena e la
piuma nera che gli carezzava la guancia sinistra ad ogni lettera
scritta. Malfoy era mancino. Non ci aveva mai fatto caso.
Quando si prendevano
a cazzotti che pugno usava? Forse era ambidestro.
Senza effettivamente
pensarci – con molte probabilità Harry era
più là nel mondo dei
sogni che lì nell'aula di Incantesimi –
allungò un braccio verso
di lui e immaginò di affondare le dita in quei capelli
chiari, lisci
e, soprattutto, liberi da ogni costrinzione gelatinosa. Stava
decisamente meglio senza gel ad indurirgli i capelli, Harry per un
attimo sperò che non usasse più quello schifo e
che lasciasse per
il resto della sua vita che i ciuffi biondi gli circondassero il viso
pallido.
Anche perché, Dio,
se continuava a mettersi quello schifo sarebbe morto. E poco
importava il fatto che, probabilmente, era proprio quello che Malfoy
voleva.
All'improvviso, Ron
entrò nel suo campo visivo. Aveva dimenticato che il banco
accanto
al suo fosse quello dell'amico, e che il braccio allungato aveva
occupato gran parte del suo spazio. Se ci aveva messo così
tanto ad
accorgersene era solo perché, evidentemente, non stava
prendendo
appunti.
Ron, perplesso,
seguì la direzione del suo braccio, vedendo subito che stava
indicando l'unica testa così bionda da non passare mai
inosservata.
Il ragazzo arrossì, ma prima che potesse dire qualcosa,
Harry gli
sorrise quando riportò lo sguardo su di lui, e la mano del
braccio
allungato, da carezza che era partita, si trasformò e
divenne un
dito medio alzato contro Malfoy.
Ron scoppiò a
ridere, tappandosi la bocca con una mano per non farsi sentire
dall'insegnante.
E si rese appena
conto che, con quel gesto, aveva appena riassunto tutto ciò
che
provava per Malfoy.
Compresa la carezza
di prima.
Harry riuscì
finalmente a capire che giorno fosse solo quando arrivò
Halloween –
giusto perché vide le decorazioni arricchire la Sala Grande
e la
Sala Comune e, poteva giurare, persino i bagni avevano una piccola
zucca illuminata al posto del portasapone. Era così tutti
gli anni?
Forse sì, e solo durante quel sesto e già troppo
lungo anno quelle
piccole cose riuscivano ad urtargli il sistema nervoso già
abbastanza distrutto.
Quella notte Harry
aveva dormito, e aveva avuto incubi su incubi. Aveva sognato Sirius,
i suoi genitori, Voldemort. I Dissennatori che vorticavano sopra la
sua testa al posto delle tende in dormitorio iniziarono a succhiargli
via l'anima, e nemmeno Ramoso riuscì a mandarli via.
Si svegliò che non
era neanche l'alba che era sudato e già stanco.
Si passò una mano
sulla fronte, asciugò il viso imbrattato. Non si sentiva
molto bene,
quel giorno era iniziato male e la testa gli faceva male –
non
sapeva bene se era una fortuna o no che la cicatrice restava
lì
tranquilla e indolente, segno che Voldemort ancora sperava che Malfoy
lo uccidesse con il suo gel per capelli.
Gel per capelli che,
però, non aveva più usato, costretto o no.
Scese in Sala Grande
proprio come aveva fatto all'inizio dell'anno, strusciando i piedi
per terra e con le occhiaie che gli arrivavano alle ginocchia. La
Sala era vuota, se non per le decorazioni di Halloween che la
illuminavano, altrimenti avvolta nel buio più totale.
Le notti
incominciavano ad allungarsi e ciò non faceva altro che
deprimerlo
di più. Le notti si allungavano così come si
allungava il tempo che
avrebbe passato a scappare dalle tende della sua stanza. Merlino,
probabilmente avrebbe dovuto iniziare a cercare di dormire con la
luce accesa come i bambini di tre anni che cominciavano ad
addormentarsi senza la ninna nanna della mamma.
Ciondolò verso il
suo solito posto e si mise nella sua tipica posizione, chiudendo gli
occhi ma rabbrividendo rendendosi conto che le immagini dei suoi
incubi erano ancora lì, impresse nel buio dietro le
palpebre, pronte
a balzargli davanti appena avrebbe abbassato la guardia.
La grande porta
della Sala Grande si aprì di nuovo dopo che fu passata
mezz'ora dal
suo arrivo o poco più. Il rumore della porta sbattuta fu
seguito da
dei passi meccanici che si fermarono qualche secondo, prima di
avvicinarsi con appena meno sicurezza.
«Sei finalmente
morto, Potter?»
Fu automatico
respirare a fondo, dopo aver sentito quella voce strascicata e odiosa
echeggiare nel vuoto della Sala. L'odore dei tavoli della
Sala
Grande. Lui non sentiva niente, se non un vago odore di
legno e
lucido. E qualcos'altro di non ben identificato. Ma non era un buon
odore, perché era l'odore dell'Amortentia di Draco?
Cioè, di
Malfoy. Di Draco Malfoy. Ecco, molto meglio.
Non gli rispose,
concentrandosi sugli odori che sentiva. Il naso non pizzicava, segno
che Malfoy anche quel giorno non aveva distrutto i suoi bei capelli
con quella gelatina del diavolo. E con "bei capelli", Harry
lo intendeva in modo del tutto oggettivo.
Sentì uno sbuffo.
«Per quanto la tua morte mi faccia piacere, Potter, non
vorrei che
succeda davanti a me e che venga così identificato come tuo
presunto
assassino. Non me la sento proprio di autoinfliggermi la pena
capitale per aver ammazzato il Prescelto.»
«Credevo che fosse
il tuo intento fin dall'inizio dell'anno.»
Un altro sbuffo,
stavolta però sembrava vagamente sollevato. «In
realtà è il mio
intento fin dall'inizio del primo anno, ma sto
quasi temendo
che tu sia immortale. Se non ci sono riusciti il Signore Oscuro,
Dissennatori, Basilischi e mio padre, che speranze
ho io di
farti fuori?»
«Direi nulle.»
«Lo pensavo anche
io. Fino a quando...»
Harry alzò di
scatto la testa, guardando cupo la sua figura illuminata dalle
decorazioni arancioni. I capelli sembravano piccole fiammelle che
bruciavano lente una bambola di porcellana. Non un bello spettacolo,
soprattutto grazie alla sua mente stanca che gli faceva vedere cose
che non c'erano e, per di più, spaventose, ma in ogni caso
non
riuscì a staccargli gli occhi di dosso.
Lo vede ghignare.
«Sto scherzando, Potter. Sei particolamente disgustoso quando
l'allergia fa effetto.»
«Ti prego, mai più.
Soffocare nel mio muco non è il miglior modo per andarsene,
per
quanto mi riguarda.»
Fece una smorfia
schifata alla parola "muco" ed era piuttosto buffo che
ripugnava ogni cosa disgustosa che vedeva o che solo immaginava. Il
suo viso perfettino non aveva mai avuto neanche un brufolo? Il suo
naso non aveva mai colato? La mattina non si era mai trovato con il
cuscino pieno di bava? O con le mutande imbrattate dopo qualche sogno
particolarmente spinto?
Dio, era un maschio
pure lui, era normale.
Harry però arrossì
comunque al pensiero di Malfoy in quei frangenti.
Prima di
rabbrividire immaginandosi la scena. Ma perché era
così stanco, non
ne poteva più di vedere cose che non voleva vedere.
«Stasera vieni alla
festa?»
Ripresosi dallo
shock, Harry aggrottò le sopracciglia, perplesso.
«Quale festa?»
Fu il turno di
Malfoy di copiare la sua stessa espressione scettica. Poi
indicò
teatralmente le decorazioni di Halloween che li circondavano.
«Come
quale festa? Quella di Natale, no?» rispose, caricandosi di
tutto il
sarcasmo che riuscì ad usare. «Se non vieni mi fai
un favore, non
ne posso più di avere questi capelli in modo
così... sciatto. Mi
vanno negli occhi! Ed è tutta colpa tua!»
«C'è una festa
stasera?»
Malfoy sbatté le
palpebre. «Oh, povero, piccolo Potty. Non dormi solo a
lezione,
adesso, ma anche nella tua orribilmente grifondoresca
Sala
Comune?»
Harry cercò di
ricordare, ma nulla gli venne in mente. Che aveva fatto in quei
giorni, dopo le lezioni? Aveva giocato a Quiddich, questo lo
ricordava, e aveva giocato agli Scacchi Magici con Ron. Aveva fatto i
compiti distrattamente con Hermione... ma non ricordava neanche una
parola uscita dalle loro bocche. E neanche dalla sua. Quindi gli
avevano parlato, gli avevano detto della festa, lui aveva persino
risposto ma... ma niente. Non c'era proprio con la testa.
Crollò di nuovo con
la testa sul tavolo, sbattendoci anche la fronte con un tonfo sordo.
Gemette, infilandosi le mani nei capelli e tirandoli leggermente.
Sveglia, Harry Potter, il mondo va avanti.
La voce della sua
coscienza somigliava pericolosamente a quella di Voldemort.
«Allora, Potter? Ci
vieni o no? Vorrei essere presentabile, almeno stasera.»
«Stai molto meglio
senza quello schifo.»
Tentennò di nuovo,
proprio come la prima volta. «Allora?»
«Ci vengo, Malfoy.»
«Eddai, lo fai
apposta, Sfregiato?!»
Alzò di nuovo il
viso e sorrise al cipiglio esasperato che era il volto di Malfoy.
«Non lo faccio apposta, ci vengo perché
probabilmente ho già detto
a Ron e a Hermione che sarei venuto, e tu non hai idea di quanto
possa essere pesante Ron quando crede che una persona gli stia dando
buca.»
«E non ci tengo a
saperlo.»
«E non lo saprai,
tranquillo. Quindi, mi presenterò. Non sarà la
fine del mondo,
probabilmente sto salvando i tuoi capelli da una calvizia
certa.»
Malfoy s'impettì.
«I Malfoy non perdono mai i
capelli.»
«Ma con quello
schifo sì.»
Lo vide alzare gli
occhi al cielo, mentre i raggi del sole iniziarono a fare capolino
dalle ampie vetrate colorate della Sala Grande, facendogli vedere,
con la coda dell'occhio, quanto effettivamente la Sala fosse
decorata. Zucche, fantasmi, pipistrelli e ragnatele. C'era di tutto.
La luce illuminò
anche Malfoy, e l'immagine della bambola di porcellana che prendeva
fuoco sparì – al suo posto, solo un ragazzo dalle
fattezze fin
troppo belle.
Una mano pallida e
affusolata – che no, non faceva parte della decorazione
–
s'infilò tra i suoi ricci e spinse la testa verso il legno,
facendogli cozzare, per la seconda volta in pochi minuti, la fronte
contro il tavolo. «Dormi, Potter» disse Malfoy.
Staccò la mano
pochi secondi dopo, e camminò verso il suo tavolo.
La sensazione di
quella quasi carezza rimase tra i suoi capelli per tutta la giornata.
«Me lo avevate
detto?»
«Certo, Harry!»
rispose Ginny, «Te lo... te lo avevo detto io, chiedendoti se
avresti voluto venire con me.»
Aveva aspettato la
pausa pranzo, prima di mettere l'argomento nel mezzo, sperando di non
addormentarsi nel pieno del discorso. Fu Hermione a parlarne per
prima, chiedendo a Ron cosa avrebbe indossato – ci sarebbero
andati
insieme, quei due. Come amici, Harry.
Ora la sua coscienza
aveva la voce di Hermione.
«E io ho risposto
di sì, vero?»
«Eh, direi di sì.»
Ginny sorrise,
intenerita. Probabilmente pensava a quanto fosse patetico, anche se
era assurdo che Ginny pensasse proprio questo. Le voleva un sacco
bene, gli avrebbe fatto piacere passare una serata in sua compagnia,
poco tempo prima credeva persino di avere una cotta per lei –
ma
l'Amortentia, a quanto pareva, non era d'accordo.
«Ginny, non usi gel
per capelli tu, giusto?»
«No, Harry»
ridacchiò, «Non starnutisci in mia presenza.
Sarà la quinta volta
questa settimana me lo chiedi!»
Se non ci fosse
stato il piatto pieno di cosce di pollo pronto per essere divorato,
avrebbe di nuovo sbattuto la testa contro il tavolo. Così,
giusto
perché non c'è due senza tre. Si
limitò a poggiare il mento su una
mano e con l'altra ad afferrare una coscia, addentandola con
malavoglia.
Se lo avesse visto,
Malfoy gli avrebbe mostrato tutto il suo disgusto con una smorfia
delle sue.
Guardò al tavolo
dei Serpeverde, e lo vide mentre stava elegantemente tagliando il
pollo con forchetta e coltello. Bah. Da che mondo e mondo, il pollo,
così come la pizza e la torta, si mangiava con le mani, era
inutile
che facesse così tanto il sofisticato. Pure i suoi amichetti
serpenti avevano lasciato le posate abbandonate ai lati!
Beh, non proprio
tutti... ma va beh.
«Tu come ti vesti,
Harry?» gli chiese Hermione.
«Non ho ancora
deciso,» mugugnò a bocca piena. Lanciò
un'ultima occhiata al
tavolo Serpeverde, ed incontrò gli occhi di Draco che,
appena vide
in che condizioni era, fece proprio la smorfia che si era aspettato.
Gli sorrise e lui distolse lo sguardo, lanciando improvvisamente le
posate e pulendosi le labbra con il tovagliolo. Gran bel modo di
dirgli che gli stava facendo schifo. «forse mi
vestirò da tubetto
di gel per capelli.»
Ron scoppiò a
ridere, quasi strozzandosi con la coscia di pollo ancora in bocca.
Spazio Autrice:
Premetto che qui Ginny non sarà né odiosa, né stronza, né niente - e non cercherà di rubare Harry a Draco. Ovviamente questo Draco però non lo sa ;)
Wow, mi ha fatto piacere che finalmente mi avete fatto sapere cosa pensate di questa storiella! Sono rimasta particolarmente contenta di sapere che vi piace il tono usato e la scorrevolezza del testo. Spero che continuiate a ripetermelo perché non mi farà altro che piacere!
Grazie <3
Emily ♦