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Autore: Dark Lady 88    13/01/2017    0 recensioni
Dal testo: “Qualcuno sarà certamente morto durante il cammino, ma altri sono giunti a destinazione. E per questo non sono tornati: una volta raggiunta l’Oasi, solo un pazzo desidererebbe lasciarla”.
Solo leggende, avevano ribattuto tutti: se nessuno è mai tornato indietro, chi lo sa cosa può esserci al di là del deserto? Chi lo sa cosa esiste oltre l’orizzonte conosciuto? Potrebbe esserci perfino il nulla, la fine del mondo, o l’inizio di un inferno senza fine dal quale è impossibile uscire. Se nessuno è mai tornato a casa per narrare di questa incredibile Oasi delle Meraviglie, come fai a sapere che esiste? Invenzioni, fantasie, sogni. Ecco cosa sosteneva la gente. (...)
Aveva tentato di farsi bastare il piccolo mondo nel quale era nato. Lui sognava di giungere là, dove nessun uomo era mai stato prima: le leggende sull’Oasi delle Meraviglie ed i racconti sui terribili pericoli del Grande Deserto, erano l’unica cosa che gli accendeva il sangue nelle vene. Si era comportato da bravo figlio, osservando le regole degli dei, finché un giorno, essendo abbastanza grande, aveva deciso che era giunta l’ora di cercare la sua strada.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sole era un occhio arancione che si specchiava al centro di un deserto senza fine. Era uno scenario surreale: le dune si rincorrevano a perdita d’occhio, immerse in una polvere dorata; l'aria era calda, bruciava nella gola ogni volta che l'uomo respirava.
Camminava senza sosta da giorni, ormai: aveva mani e piedi screpolati, le labbra aride, la gola arsa. E quell'occhio arancione, il suo unico punto di riferimento, fisso nel cielo, segnava il suo orizzonte. La sua era una presenza insopportabile: bruciava fisso ed immobile, senza accennare a muoversi.  Eppure l’uomo temeva il momento in cui il grande occhio arancione si sarebbe inabissato all’orizzonte: lo scendere della notte significava la scomparsa di ogni fonte di calore. L’aria, da insopportabilmente calda, si sarebbe fatta fredda e pungente, tanto che avrebbe potuto ucciderlo se non avesse avuto la tenda che si portava sulle spalle: ad ogni passo gli sembrava più pesante, e la tentazione di scrollarsela di dosso per sentirsi più leggero, anche solo di un grammo, era forte. Ma sapeva che se l’avesse fatto, non avrebbe avuto scampo.
Anche la borraccia che portava a tracolla era una presenza viva, un’altra tentazione che lo chiamava. Ma l’uomo sapeva che se avesse ceduto alle lusinghe dell’acqua, se avesse osato bagnare le proprie labbra secche, il suo corpo stanco non ne avrebbe giovato, prosciugando subito i pochi liquidi che gli rimanevano. Avrebbe dovuto attendere il freddo della notte per rifocillarsi.

Le polveri danzavano nell'aria cangiante del tramonto, assumendo tante sfumature di colore, quanti erano i pensieri che si rincorrevano nella sua mente. Lei lo osservava immobile, con lo sguardo privo di ogni emozione. In un primo momento pensò ad un miraggio: si confondeva nel paesaggio arancione con la pelliccia dello stesso colore. Anche le iridi erano arancioni, ma di una sfumatura più brillante, mentre le pupille, nere e ferine, scintillavano pericolose. La tigre sembrava sul punto di saltargli alla gola. L'uomo sollevò piano il fucile, senza staccare gli occhi da quelli dell'animale. La tigre lo ignorò. Non si mosse, mentre l'uomo avanzava. 
“E sia”, pensò lui, abbassando infine il fucile, “Se è così che devo morire, sarà questo il mio destino”.
Ma la tigre non gli saltò addosso. Nel momento in cui si trovarono l'uno di fronte all'altra, la bestia si alzò, fiera: "Ti stavo aspettando", sussurrò una voce nella testa dell'uomo. O forse era stato solo il fruscio dell'animale che si era mosso? Adesso la tigre gli dava le spalle. Voltò appena la testa, come per essere sicura che lui la seguisse. E lui la seguì. Non aveva altra scelta. La mappa con la quale aveva iniziato il viaggio era risultata inutile. La consultava ancora ogni notte, cercando di orientarsi con le stelle, prima di ritirarsi a dormire. Sceglieva con cura il percorso da seguire, ma durante il giorno perdeva le speranze. L'unica cosa che vedeva da una settimana era sabbia arancione, dune e dune di sabbia che si ripetevano all'infinito, segnando il suo cammino. Rivedeva la sabbia anche quando chiudeva gli occhi, nei suoi sogni. Percorreva lo stesso identico sentiero ogni giorno, scorgendo di tanto in tanto una vegetazione arida che tentava di prendere come punto di riferimento. 
Certo, lo avevano avvertito quando aveva deciso di intraprendere quell’avventura: nessuno era mai tornato indietro dal Grande Deserto.
“Qualcuno sarà certamente morto durante il cammino, ma altri sono giunti a destinazione. E per questo non sono tornati: una volta raggiunta l’Oasi, solo un pazzo desidererebbe lasciarla”.
Solo leggende, avevano ribattuto tutti: se nessuno è mai tornato indietro, chi lo sa cosa può esserci al di là del deserto? Chi lo sa cosa esiste oltre l’orizzonte conosciuto? Potrebbe esserci perfino il nulla, la fine del mondo, o l’inizio di un inferno senza fine dal quale è impossibile uscire. Se nessuno è mai tornato a casa per narrare di questa incredibile Oasi delle Meraviglie, come fai a sapere che esiste? Invenzioni, fantasie, sogni. Ecco cosa sosteneva la gente.
Di tanto in tanto, nel silenzio della sua tenda di notte, l’uomo sentiva il vento sussurrare attraverso le fessure; in quel sibilo sommesso, gli sembrava di sentire il pianto di sua madre, che si appellava agli dei: “Perché non mi avete dato un figlio normale? Un figlio devoto alla famiglia, alla preghiera, un brav’uomo in cerca di una brava donna e di nipotini per rallegrare la mia vecchiaia?”
Aveva tentato di farsi bastare il piccolo mondo nel quale era nato. La sua città era sporca ma piena di vita. Ne avrebbe conservato per sempre il ricordo: fango, bambini dai grandi occhi neri che allungavano la mano ai passanti, in cerca di cibo e di speranza; il chiacchiericcio delle donne al mercato, il profumo della carne e delle spezie, il richiamo dei venditori ambulanti. Il silenzio ammutolito della gente del popolo, al passaggio della famiglia reale: oro luccicante, la pelle bruna e lo sguardo serio dello sceicco, con le sue donne avvolte nelle sete colorate che lo seguivano con gli occhi bassi. Molti li invidiavano: quella ricchezza, la leggerezza di vivere senza la preoccupazione di portare a casa il pane, ogni giorno. Lui però era diverso: il palazzo reale gli sembrava una bellissima gabbia dorata, mentre lui sognava la libertà.
Lui sognava di giungere là, dove nessun uomo era mai stato prima: le leggende sull’Oasi delle Meraviglie ed i racconti sui terribili pericoli del Grande Deserto, erano l’unica cosa che gli accendeva il sangue nelle vene. Si era comportato da bravo figlio, osservando le regole degli dei, finché un giorno, essendo abbastanza grande, aveva deciso che era giunta l’ora di cercare la sua strada.
C’era una donna, nella sua vita. Una donna che lo amava e che avrebbe voluto sposarlo. Avrebbe reso felice la sua famiglia, scegliendo il percorso che i suoi genitori avevano tracciato per lui: ma ne sarebbe stato davvero appagato? Era quello il suo destino? Una vita felice, ricca di soddisfazione e sudore, fatica ma anche amore, la gioia di avere figli, accompagnarli nella crescita così come suo padre e sua madre avevano accompagnato lui. Gli sarebbe bastato? Sua madre gli ripeteva che non c’è mediocrità nella felicità. Che vivere una vita onesta, dà più gioia di qualsiasi conquista: saggio è colui che sa riconoscere la grandezza delle gioie semplici. Quello era l’insegnamento più grande che gli era stato donato dalla sua famiglia.
Eppure lui aveva scelto diversamente: “Il cammino mi chiama. Non posso essere felice sapendo che esistono ancora orizzonti inesplorati. Non posso dedicarmi a te come meriteresti se prima non affronto il mio destino. Mi rimarrebbe un dubbio, che mi roderebbe la mente come un tarlo per il resto dei miei giorni, e non sarei un buon marito. Andrò ai confini del mondo, ed entrerò nell’Oasi delle Meraviglie. Coglierò per te un fiore bagnato da quelle acque miracolose. Tornerò indietro: sarò io il primo uomo. Ti porterò quel fiore e finalmente ti sposerò”.
La donna aveva un’espressione scettica stampata in volto. Lo avrebbe aspettato davvero? Aveva gli occhi umidi ma non versò una lacrima: “Se davvero mi amassi, non partiresti”.
Lo lasciò andare rassegnata, con una promessa: non lo avrebbe aspettato.
“Tornerò lo stesso”, gridò lui alla porta chiusa.
Non seppe mai se lei lo avesse sentito.
  
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