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Autore: _Qwerty_    14/01/2017    4 recensioni
Come dice Olivander (e il titolo!), è la bacchetta che sceglie il mago: quindi, perché non immaginare quale sia la bacchetta di molti personaggi di cui la Rowling non ci ha detto nulla?
Non scrivo da anni, ma tante storie e sogni sono rimasti nel cassetto e adesso provo a tirarli fuori con questa raccolta di one-shot dedicate a personaggi a me cari della saga di Harry Potter e alla loro bacchetta.
Rigorosamente canon, almeno nelle intenzioni, seguendo in primis libri e anche quanto scritto dalla Rowling su Pottermore.
Genere: Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Olivander, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti, Contesto generale/vago
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Una bacchetta qualunque - Tom Riddle

IV

Il signor Olivander era considerato, a torto o a ragione, il miglior fabbricante di bacchette d’Europa e forse del mondo, ma non era stato sempre così. Semmai, aveva portato sulle spalle fin da ragazzo il peso del suo nome, dal momento che la produzione di bacchette era il vanto della famiglia Olivander dal 382 avanti Cristo, o almeno così diceva l’insegna sulla porta della bottega. Che poi si potessero avere notizie fondate sulla famiglia solo dall’alto Medioevo era solo un dettaglio per storici tediosi, visto che le bacchette uscite dalle mani sapienti degli Olivander erano davvero le migliori del proprio tempo e avevano attraversato epoche ed eventi insieme ai loro possessori. Garrick Olivander aveva appreso il mestiere da suo padre, che a sua volta lo aveva appreso dal proprio e così via indietro, aggiungendo ogni giorno un granello di sapienza e maestria in più. A dire tutta la verità, era stato suo nonno a insegnargli pressoché tutto quello che sapeva, era da suo nonno che molto probabilmente aveva ereditato il suo particolare talento nel riconoscere gli elementi magici per creare le bacchette, mentre suo padre era stato più che altro un ottimo commerciante e un valido curatore della fama del negozio. Ma come si suol dire, certe cose saltano una generazione.
Nel 1938 il signor Olivander era ancora abbastanza giovane da sentirsi in dovere di dimostrarsi all’altezza dei suoi predecessori e della sua fama ma già abbastanza esperto da aver fabbricato molte bacchette rivelatesi splendidi oggetti di successo per la soddisfazione dei loro proprietari, quando un mattino entrò nel negozio l’ennesimo ragazzino per il suo primo acquisto.
“Buongiorno, figliolo, come posso aiutarti?”
“Sono qui per comprare la mia bacchetta magica” rispose il ragazzino con decisione.
“Sei sicuro? Non ci sono i tuoi genitori?” chiese il signor Olivander notando che subito dopo il ragazzo non era entrato nessuno e che si guardava intorno con aria lievemente spaesata.
“No, signore, sono da solo. Devo comprare la bacchetta per la scuola” ripeté deciso.
Olivander lo osservò meglio.
Portava abiti di foggia Babbana che, per quanto non se ne intendesse di certo, sembravano assai miseri e portava a tracolla una cartella di pelle con gli angoli tutti consumati che sembrava stipata all’inverosimile di libri, pergamene e sacchettini. Era sicuramente uno dei tanti giovani maghi Nati Babbani di cui la famiglia, irrimediabilmente e ottusamente Babbana, non vuole nemmeno accettare la natura magica, preferendo lasciarlo solo nel suo nuovo mondo.
“Guardi, ho qui la lettera. Sono stato contattato e indirizzato dal professor Silente in persona” disse il ragazzo iniziando a frugare nella tracolla, evidentemente convinto che Olivander non gli credesse.
“Ma certo caro! Vieni avanti e poggia la cartella qui – disse Olivander indicando il bancone e iniziando a prendere le misure col metro da sarto – Io mi darò da fare per trovare la tua bacchetta.”
Fece appena in tempo a notare che quando l’aveva lasciato solo con il metro il ragazzo non aveva fatto nessun cenno di meraviglia: e pensare che i Nati Babbani restavano sempre ammirati dal suo metro incantato!
“Come sono fatte le bacchette?” chiese all’improvviso il ragazzo.
“Oh, con che piacere odo questa domanda! – disse Olivander riemergendo da dietro uno scaffale – Le bacchette sono fatte di legno ricavato da varie specie di alberi, ma non alberi qualsiasi, alberi che producono un buon legno per bacchette, anche se a vederli sembrano uguali a tutti gli altri. Dentro il rivestimento di legno c’è l’anima della bacchetta, che può essere in crine di unicorno, corda di cuore di drago o piuma di fenice. È la combinazione fra legno, anima e misura che rende unica ogni bacchetta.”
“Quindi la farà su misura per me? È per questo che il metro mi sta prendendo le misure?”
“No, ti sta prendendo le misure per far sì che io la trovi fra tutte queste” e con un gesto del braccio indicò gli alti scaffali.
“E non posso sceglierla io? La vorrei di drago!” chiese il ragazzo.
“Oh no figliolo! È la bacchetta che sceglie il mago, e…”
“Ma com’è possibile che lei abbia già la bacchetta per me se non mi ha mai visto né sa come mi chiamo né niente?”
“Questa, mio caro, è una domanda troppo difficile perché io possa risponderti qui e ora. Piuttosto, prova questa. Undici pollici e tre quarti, corda di drago – e sorrise incoraggiante – legno di abete”
Il ragazzo la agitò, con scarsa convinzione.
Non avvenne alcun fenomeno magico e il ragazzo la restituì a Olivander con espressione di chi tutto sommato se lo aspettava.
Olivander ripose la bacchetta e ne estrasse un’altra.
“Mr Smithson dice che l’abete è legnaccia per bruciare” commentò il ragazzo.
Olivander si risentì un attimo, ma subito di prima di rispondere alcunché pensò che non c’era merito nel rispondere a stupidi commenti che un qualche stupido Babbano che non sa niente poteva aver detto davanti al ragazzo.
“Dodici pollici, piuma di fenice, quercia” e la porse al ragazzo, che questa volta produsse un debole pop e poi nulla.
“La fenice è solo un uccello, l’ho letto in un racconto. Posso riprovare col drago?” domandò ancora il ragazzo.
“La fenice, mio caro, non è solo un uccello: è una delle creature più difficili da avvicinare di questo mondo e la sua capacità di rinascita dalle proprie ceneri sono un fenomeno che ha dell’ultraterreno e che nessuno ha mai spiegato fino in fondo! – adesso, notò Olivander, il ragazzo lo ascoltava interessato e attento, quasi come rapito – Se è vero che nell’immediato unicorno e drago generano bacchette più performanti, la fenice ha la potenzialità dello straordinario, ed è anche più difficile da imprigionare nel legno, tanto che solo due bacchette su dieci sono di fenice.”
E così dicendo gli porse un’altra bacchetta.
“Dodici pollici e mezzo, legno di tasso, ancora fenice.”
Il ragazzo stava per replicare ancora, ma quando prese la bacchetta le parole gli morirono sulle labbra.
Olivander fece un gran sorriso: qualunque mago prova una sensazione unica e speciale quando incontra la sua bacchetta, una sensazione indescrivibile che lascia senza parole chiunque.
“Visto che l’abbiamo trovata?”
Per la prima volta da quando era entrato, il ragazzo sorrise.
“Ora che hai trovato la tua bacchetta, devi averne cura, fare un po’ di manutenzione ogni tanto e usarla con mente e cuore saldi. Sono sette galeoni” disse Olivander avviandosi verso il bancone.
Il ragazzo sembrava però di nuovo pensieroso.
“Ma il tasso che legno è? È un legno qualunque?”
“Un legno qualunque? Al contrario, ragazzo mio, è uno dei legni più rari per fabbricare bacchette! Una bacchetta di tasso non sceglie mai un mago timoroso e remissivo, tutt’altro. Anche se sentirai dire che è un legno per maghi oscuri, ricorda sempre che è il mago che sceglie come usare la sua bacchetta.”
“Quindi non è una bacchetta qualunque?” insisté il ragazzo.
“Nessuna bacchetta è una bacchetta qualunque, se il mago che la impugna non è un mago qualunque” rispose Olivander volutamente allusivo.
Il ragazzo fece una smorfia.
“E ti piacerà sapere che c’è stata una fenice che ha fornito soltanto due piume da quando la mia famiglia fabbrica bacchette e una delle due si trova proprio nella tua bacchetta.”
“E l’altra?” domandò il ragazzo con gli occhi sgranati dalla curiosità.
Ma in quell’istante la porta del negozio si spalancò ed entrò un mago corpulento e rumoroso seguito da un gruppetto di altri tre o quattro.
“Garrick Olivander!” chiamò il tale.
“Signor Diggory! Quale piacere! Come posso servirla?” esclamò Olivander avvicinandosi subito al mago corpulento che la aveva chiamato, dimenticandosi completamente del ragazzo.
“Ho qui il mio figlio più giovane per la sua bacchetta, e poi vorrei sottoporti una bacchetta da esaminare, se non…”
“Ma certo! Prego, prego!”
Il ragazzo indugiò un attimo, poi estrasse un sacchetto dalla cartella, contò sette galeoni e li lasciò impilati sul bancone, cercando a malapena di fare un cenno al signor Olivander.
“Oh, giusto, caro, a posto così – disse il signor Olivander all’indirizzo del ragazzo che stava uscendo dal negozio, non appena notò il soldi lasciati con cura sul bancone – E in bocca al lupo per Hogwarts! Diventa un grande mago!”
Il ragazzo uscì, sorridendo appena.
Quelli erano maghi qualunque.

***


Qui le cose si fanno un po’ più difficili, affrontando uno dei personaggi principali come Tom Riddle. Ho cercato di essere fedele a come viene descritto soprattutto negli ultimi capitoli della saga, immaginando che anche da giovanissimo avesse già questo desiderio di emergere e di essere speciale e questo fastidio verso ciò che è ordinario.  Dov’è l’altra piuma lo scoprirà a sue spese tanti anni dopo, ma forse meglio così, no?
Olivander invece è ancora giovane, artigiano esperto ma uomo giovane, e stavolta non ci prende più di tanto su quello che pensa essere il futuro del giovane mago che ha davanti.
  
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