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Autore: laylabinx    17/01/2017    2 recensioni
Servono solo dieci piccole parole per mandarlo in pezzi.
Studio del personaggio di Bucky Barnes, incentrato sulle parole del codice di attivazione.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Steve Rogers
Note: Missing Moments, Movieverse, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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cap 9

NdA

C'è un po' di tematica slash in questo capitolo. Niente di eccezionale, se non una consapevolezza arrivata in ritardo, e può comunque essere vista in un contesto di bromance. Spero vi piaccia!

 

 

Capitolo 9: Odin



Decide di andarsene tre giorni dopo. Non lascia soltanto l'isola di Manhattan ma lascia la città, lo Stato, il Paese; ha bisogno di scomparire, di allontanarsi da tutto ciò che ha cercato di distruggere mentre l'Hydra era ancora operativa. Sa che Steve continuerà a cercarlo, non si darà per vinto adesso che sa che è ancora vivo, ed è questo il vero problema. La cosa peggiore che potrebbe succedere è che Steve riesca davvero a trovarlo e provi a convincerlo a restare, perché in quel caso finirebbe per dargli retta.

Non vuole correre rischi. Non può fare del male a nessuno se rimane da solo e Dio solo sa quanto poco si meriti che qualcuno si preoccupi per lui. È un assassino, un'arma forgiata con ossa e metallo. Non si merita che qualcuno come Steve, altruista e testardo, rischi di farsi ammazzare nel tentativo di aiutarlo. L'isolamento è l'unica soluzione.

Tutta la sua vita entra in un singolo zaino. Non possiede molto, giusto alcune camicie e un paio di jeans di scorta e una collezione di taccuini. I taccuini sono gli oggetti personali ai quali è più legato e continua ad aprire il borsone per controllare all'interno, quasi potessero scomparire nel momento in cui non li sta guardando. Contengono i suoi ricordi e ci si aggrappa come ad un'ancora di salvezza.

Ha iniziato a scrivere per mettere in ordine tutti i ricordi ai quali non riusciva a dare un senso, in modo da decifrarli in seguito. Ben presto i taccuini sono diventati una finestra su un passato che ancora fatica a riconoscere come proprio.

Il primo gli è stato offerto gratis insieme ad una penna, durante una specie di inaugurazione di fronte ad un palazzo pieno di uffici, un pomeriggio. Dopo averli presi è rimasto a fissare a lungo le pagine vuote, domandandosi cosa avrebbe potuto farsene. La penna sembrava così pesante tra le dita. In alto nella prima pagina, in una grafia disordinata fatta di piccole lettere ha scritto Il mio nome è…

Si è fermato per un attimo, insicuro su come completare la frase. Per Anna era stato James, sebbene sembrasse strano; troppo preciso e formale, un nome che gli appartiene anche se non l'ha quasi mai usato. Steve invece l'aveva chiamato Bucky. Quel nome suona un poco più familiare ma comunque estraneo, dato che il Bucky che Steve conosceva è morto ormai da parecchio tempo.

Non riuscendo a decidere cosa scrivere ha lasciato il resto in bianco e ha infilato il taccuino nella giacca. L'ha aperto di nuovo il mattino seguente per aggiungere Bucky alla fine della frase, perché gli sembrava più giusto così.

Nel corso dei giorni successivi ha riempito tutto lo spazio disponibile di scarabocchi - poche parole o una frase striminzita, frammenti di una vita alla quale adesso sta cercando di ridare una direzione.

Avevo una sorella di nome Rachel.

Ho perso il primo dente quando avevo sei anni.

Odio il cocco.

Altri sono più lunghi e dettagliati, frutto delle memorie meglio delineate. Gli è sembrato comunque strano scriverli, come delle mezze verità che rischiavano di non corrispondere alla realtà una volta impresse su carta.

Mia madre era un'insegnante della scuola elementare Oliver H. Perry. Le piaceva insegnare matematica e scienze.

Ho trovato lavoro come scaricatore al porto durante l'estate del 1941. Il mio capo si chiamava Frank Malone. Aveva solo tre dita alla mano destra, colpa di un incidente che gli era capitato quando aveva dodici anni.

Il mio primo appartamento era in una pensione a Greenpoint. Era una stanza singola con una finestra rotta e c'era un negozio di alimentari dall'altra parte della strada.

Alcune delle note sono state depennate o cancellate, modificate a metà della frase ogni volta che si rendeva conto di confondersi con qualcos'altro. Nonostante siano sconnesse e confuse, averle a portata di mano lo ha aiutato ad iniziare a riprendere il controllo.

Il secondo taccuino è arrivato alla stessa maniera, regalatogli per strada di fronte al campus di un college; ha iniziato a scrivere quasi all'istante e ben presto non è rimasta alcuna riga vuota. Questo è leggermente diverso, però: mentre il primo è una raccolta di ricordi sporadici, tasselli di un puzzle che alla fine può essere ricomposto, il secondo contiene tutto quello che sa a proposito di Steve Rogers.

Una metà delle pagine riporta ogni cosa che ha letto sulle targhe allo Smithsonian e le informazioni sul Capitano che ha recuperato attraverso altre fonti. Ha scritto dov'è nato, ha scritto qualcosa a proposito della sua infanzia e dove è cresciuto. Ha scritto di quando si è arruolato nell'esercito, è diventato il leader degli Howling Commandos e di quando si è sacrificato alla fine della guerra. Ha riempito pagine con i dettagli di quando e come è stato ritrovato, del suo impegno con i Vendicatori, di come ha smascherato la corruzione dello S.H.I.E.L.D. ad opera dell'Hydra.

L'altra metà è dedicata ai dettagli che lui ricorda a proposito di Steve, tutti gli elementi più personali e privati che non si trovano affissi al muro in un museo.

Il colore preferito di Steve è il verde.

A Steve piacciono le mele.

Steve riempiva le scarpe di giornali in modo che non gli stessero larghe.

Steve soffre di ipermobilità al polso destro.

Steve si è rotto una caviglia in seconda elementare.

Steve era stato accettato alla scuola d'arte ma non poteva permettersi di pagare la retta.

La madre di Steve era infermiera.

Steve ha un gancio sinistro micidiale.

A differenza del primo taccuino, le note sono più approfondite; può non sapere molto di se stesso, ma di sicuro conosce il Capitano.

Steve ha una cicatrice a forma di x sull'anca sinistra, se l'è procurata inciampando nel parco e cadendo su di un bastone.

Un anno Steve ha venduto ad una fiera degli schizzi fatti a carboncino per comprare un regalo di compleanno a sua madre.

Le iridi di Steve hanno dei riflessi verdi ma si vedono solo quando c'è la luce giusta.

Steve si è rotto una costola quando ha fatto a botte con Ricky Salas.

Steve ha l'abitudine di accoccolarsi di nascosto accanto a te, la notte1. Inoltre è sempre caldo come un termosifone.

Steve profuma di trifoglio e cannella.

Conserva all'interno del taccuino alcune fotografie prese da riviste patinate e delle polaroid scovate nelle biblioteche. Anche se non ricorda nulla della propria vita, finché continuerà ad avere il viso di Steve impresso in testa andrà tutto bene.

Steve è mio amico.

Per questo la decisione di andarsene è fisicamente dolorosa. Per ogni buona ragione che ha per rimanere (e non sono molte) ce ne sono comunque altre dieci che lo spingono a scappare - tutto a causa di Steve. Sa che andarsene è la scelta migliore e al contempo la sola idea basta a farlo sentire come se qualcuno l'avesse appena accoltellato allo stomaco.

Cerca di distrarsi dai propri pensieri racimolando il denaro necessario; i conti in banca di alcuni dei suoi committenti sono ancora disponibili e lui riesce ad accedervi senza troppa difficoltà. Rubare i soldi è la parte meno complessa, il procedimento più laborioso è prelevarli di persona. Qualcuno che ritira intere mazzette di banconote da uno sportello automatico potrebbe destare sospetti e deve anche fare attenzione a non mostrare la propria faccia alle telecamere di sorveglianza, per paura di essere riconosciuto. È un'operazione che richiede pazienza, tuttavia alla fine del mese si ritrova con una somma soddisfacente.

Con i contanti alla mano l'unica cosa che gli resta da fare è andarsene da New York. Rimane fuori dall'appartamento di Steve per almeno venti minuti quel mattino, un bel pezzo prima dell'alba, e osserva la finestra oscurata memorizzando il disegno delle tende. Slaccia la cerniera dello zaino e prende uno dei nuovi taccuini; c'è una penna infilata tra le pagine, in attesa della prossima nota da appuntare.

Io amo Steve Rogers2. Ecco perché me ne sto andando.

Richiude il quadernino e lo rimette a posto, poi fa scorrere la zip e passa le cinghie oltre le spalle. La sua intera vita esiste chiusa in uno zaino traboccante di taccuini e fotografie e ricordi di un uomo in rosso, bianco e blu. Si gira e si incammina lontano dall'appartamento di Steve, lontano dall'isolato in cui vive Steve… lontano da Steve.

 

 

 

1. Steve is a stealth cuddler at nigh

Ci sono dei termini che proprio non si prestano ad una traduzione stringata!

 

2. I love Steve Rogers

L'autrice ha scelto di usare questa formula invece dell'inequivocabile "I'm in love with" per mantenere un contesto valido sia come bromance che come slash, per sua stessa ammissione nelle NdA. Del resto la formula "I love" in Inglese si applica ad un sacco di situazioni e definisce sia l'amore romantico che l'affetto verso i membri della famiglia e gli amici. [NdT]

 

 

Capitolo originale dell'autrice

Show her some love!

   
 
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