«Tua moglie non è
venuta?»
Zeru si voltò di scatto, quasi stupito
di trovarsi di fianco il conte Jarad. Era talmente assorto nei suoi
pensieri e
talmente occupato a osservare i movimenti di Difan che non si era
accorto della
presenza dell'uomo. Riponeva una grande fiducia nelle
capacità del suo secondo
in comando, ma il funerale di un membro della famiglia reale era pur
sempre una
questione estremamente delicata e il capitano voleva essere certo che
nulla
andasse storto.
Con una smorfia appena accennata, Zeru
si rivolse all’uomo alla sua destra. «No»
mormorò, rispondendo alla domanda che
il conte gli aveva posto poco prima. «Avrebbe voluto essere
presente,
naturalmente, ma le sue condizioni di salute non gliel'hanno
permesso.»
O, per lo meno, quella era la
conclusione alla quale era giunto quando, poco prima, si era fatto la
stessa
domanda. Perché, in verità, lui Marai non l'aveva
vista: era stata sua
intenzione andarla a trovare, quando aveva appreso che si era
svegliata, ma la
regina gliel'aveva impedito, dicendo che la principessa preferiva
aspettare
qualche giorno, prima di incontrarlo.
Per
recuperare le forze e la lucidità, aveva spiegato, ma Zeru sospettava
che il motivo fosse un altro.
E come biasimare quella povera
ragazza? Poteva solo provare a immaginare come dovesse sentirsi:
ferita,
dolorante, sconvolta per la perdita di Arina e, come se tutto
ciò non bastasse,
pure sposata contro la sua volontà. La cosa lo turbava
più di quanto avrebbe
voluto ammettere e il capitano si trovava ad accarezzare sempre
più spesso il
proposito di disobbedire agli ordini della regina e di andare comunque
da
Marai. Solo per rassicurarla, si intende: trovava assolutamente
detestabile
l'idea che la fanciulla vivesse nell'angoscia, immaginando forse che
lui avesse
chissà quale sgradite intenzioni, nei suoi confronti.
Se
le spiegassi per bene che questo matrimonio è solo una
formalità – alla quale
io ho cercato di oppormi, tra l'altro – e che non ho nessuna
intenzione di
disturbarla più di quanto non sia strettamente necessario,
la ragazza
dormirebbe sonni tranquilli, no?
«Come sta? Le chiacchiere mi avevano
fatto intendere che si stesse riprendendo in fretta: non posso negare
di essere
stupito di non vederla qui, oggi.» Ignaro dei pensieri che
stavano
attraversando la mente di Zeru, il conte Jarad gli si
avvicinò ancora di più,
abbassando la voce affinché le persone attorno a loro non
potessero seguire
quello scambio di battute.
«E infatti è proprio
così» improvvisò
il capitano. «Marai sta guarendo bene, ma non è
ancora in grado di lasciare il
letto così a lungo. La ferita è profonda, non si
rimarginerà tanto in fretta.»
Ammesso
che non si sia data malata solo per evitare me, aggiunse
silenziosamente, osservando la reazione del conte con una punta di
nervosismo.
Anche se re Yasu gli aveva consigliato di non preoccuparsi dei risvolti
politici del suo matrimonio, Zeru non poteva fare a meno di chiedersi
se fosse
opportuno che il conte – e con lui gli altri nobili della
Capitale – conoscesse
tutti i particolari della relazione tra lui e la principessa. Aveva
infatti
imparato, negli anni passati a servire la corona, che certe persone, in
certe
circostanze, non esitavano a sfruttare le debolezze altrui, se in esse
vedevano
un’occasione di guadagno.
«Stavo ripensando a quello che ti ha
detto ieri la Vergine» continuò il conte, dopo un
attimo di silenzio. Qualcosa,
nel suo tono, mise ulteriormente in allarme Zeru, che rivolse
un'occhiata
obliqua al compagno, invitandolo a proseguire.
«Stavo pensando, più che
altro, al
modo in cui ha formulato la frase» continuò il
nobiluomo, lasciando scorrere
attorno a sé uno sguardo di finta indifferenza.
«Eravamo in tre, nel santuario,
eppure la ragazza si è rivolta esclusivamente a te: ha detto che tu
ti
saresti trovato presto nei guai.»
«Ha detto anche che, se avesse parlato
troppo, le cose si sarebbero messe male per tutti»
ribatté il capitano, sottolineando quell’ultima
parola.
«Naturalmente. Ma, ti prego, seguimi
un attimo: cos’è che ti riguarda in prima persona,
ma che ha indubbiamente il
potenziale di esercitare una certa influenza sulla vita di
tutti?»
Zeru lo fissò per qualche istante,
cercando di capire dove volesse andare a parare, poi sollevò
le sopracciglia:
«Marai?»
«Esattamente»
replicò il conte, con un
mezzo sorriso che non raggiunse i suoi occhi.
La
piega che sta prendendo il discorso non mi piace neanche un
po’, si
disse
il capitano. Non era mai stato un amante dei giri di parole e
desiderava che,
se Jarad aveva qualcosa di dire, lo dicesse senza perdere tempo in
giochetti
inutili.
«Temo di non capire» fece
allora,
senza riuscire a impedire che una nota fredda facesse capolino nella
sua voce.
L’uomo al suo fianco mosse il capo e,
con il mento, fece discretamente cenno all’altare. Accanto
alla grande lastra
di pietra bianca, Padre Tyban stava cospargendo d’olio sacro
il feretro di
Arina. «Re Lashkar non sarà contento di aver perso
il suo aggancio con Adaval.
Non so quanto amasse sua figlia, ma, se lo conosco, cercherà
di allacciare un
nuovo legame con il nostro regno il prima possibile.»
«Non lo metto in dubbio»
ribatté Zeru,
che aveva già in precedenza fatto lo stesso ragionamento.
«Lashkar ha dieci
figlie, se non ricordo male: tra di loro ce ne sarà
sicuramente una che potrà
diventare la nuova moglie del principe Spiro.»
«Ammesso che il principe desideri
prendere nuovamente moglie in tempi rapidi e ammesso che, tra quelle
dieci
figlie, ce ne sia adatta a diventare sua moglie.»
«Beh…» Zeru
aggrottò la fronte,
confuso.
«La principessa Nahali è fuori
discussione, è la primogenita ed erediterà il
trono di Tawas-Silai: non ha
fretta di sposarsi, lei. Delle altre figlie in età da
marito, due o tre sono
già sposate e una quarta è pazza. Le rimanenti
sono solo delle bambine e di
certo poco adatte per convolare rapidamente a nozze. Il nostro principe
non ha
molta scelta, temo.»
Il capitano sospirò, riflettendo sulle
parole del conte. «Capisco. In ogni caso, però,
non vedo cosa c’entri Marai in
tutto ciò: Lashkar non ha figli maschi,
quindi…»
«No, però ha un nipote che ha
preso
sotto la sua ala protettrice molto tempo fa. Un giovane di
vent’anni; e molto
aitante, mi dicono. Lo sposo perfetto, per la nostra piccola
principessa.»
Soffocando un moto di fastidio che,
subdolo, gli strinse lo stomaco, Zeru incontrò gli occhi
dell’uomo. «Sì, ho
sentito parlare di lui, anche se non l’ho mai incontrato. In
ogni caso, non
vedo ostacoli alla loro unione, se re Yasu la approverà.
Basterà aspettare un
anno – anzi, qualche giorno in meno – e Marai
sarà libera di sposare questo
ragazzo.»
«Non è affatto detto che
Lashkar sia
disposto ad aspettare un anno: possono succedere tante cose, in un
anno.»
«Beh, temo che non si possa fare
diversamente, visto che, al momento, Marai è sposata con
me» sbottò il
capitano, con un sibilo di frustrazione. Poi, chiudendo brevemente gli
occhi
per scacciare il nervosismo, continuò: «A meno che
Padre Tyban non trovi un
modo per annullare il matrimonio in tempi più rapidi. Anzi,
questa sarebbe
forse la soluzione migliore…»
«Parli come se non conoscessi Padre
Tyban» lo interruppe immediatamente il Conte Jarad.
«Per lui, la religione
viene prima di tutto e le regole degli Dei sono il codice
più alto al quale
attenersi.»
Zeru puntò gli occhi chiari in quelli
del conte: «È un uomo di fede, questo è
ovvio, ma non ho mai dubitato della sua
fedeltà alla corona. Mai, nemmeno per un istante.»
«Oh, no, non sto dicendo che non sia
fedele
al regno!» si affrettò a rettificare il conte.
«Sono anzi convinto che lo abbia
sempre servito con tutto se stesso. Certo… a modo suo.
Secondo la legge divina.
Lui crede che solo seguendo la legge divina si possa assicurare
benessere e
prosperità ad Adaval.»
Sospirando, Zeru alzò lo sguardo sul
grande rosone di vetro dei colori del tramonto che sovrastava
l’altare.
Filtrando attraverso al mosaico colorato, la luce del sole riempiva la
cappella
di mille riflessi cangianti. «E chissà che non sia
proprio così» disse, piano,
mettendo per una volta da parte la propria razionalità e il
proprio
scetticismo.
«Chissà»
ripeté il conte. «Ma, per
qualche motivo, sento che re Lashkar non sarà dello stesso
avviso.»
«Non capisco dove vuoi
arrivare»
ringhiò Zeru, iniziando a sentirsi esasperato dal modo in
cui Jarad stava
conducendo quella conversazione. «Cosa dovremmo fare, secondo
te?»
L’uomo gli rivolse un sorriso amaro,
prima di tornare a rivolgersi verso l’altare, portando di
nuovo gli occhi sul
corpo senza vita di Arina. «Non voglio arrivare da nessuna
parte: volevo solo
renderti partecipe di una mia riflessione.»
«Mh.»
Sentendo che quella conversazione era
terminata, almeno per il momento, il soldato tornò a
osservare i movimenti rituali
compiuti da Padre Tyban, cercando di prestare attenzione alla cerimonia
e non
riuscendo però a evitare che i suoi pensieri vagassero un
tutt’altra direzione.
***
Quando il rito fu terminato e il
feretro di Arina fu trasportato nella camera in cui, dopo un riposo di
un
giorno e una notte, sarebbe stato bruciato, Zeru vide il principe Spiro
avvicinarsi a lui.
«Altezza», mormorò
il soldato,
chinando il capo, «le mie condoglianze. Sarei venuto da te
prima, ma non volevo
importi la mia presenza in un momento tanto
doloroso…»
«Ti ringrazio per il pensiero»
sospirò
il ragazzo, trovando la forza di rivolgergli un sorriso di circostanza.
«Mi
sembra così… così incredibile che lei
non ci sia più. Mi sembra che non possa
essere vero, mi viene ancora da girarmi e di cercarla, lì,
vicino a mia madre.»
«Mi spiace. So cosa vuol dire perdere
una persona cara e so che le parole non servono a nulla.»
Il principe annuì: «Le parole
no, ma
le azioni possono molto. Devo parlarti, capitano.»
Sorpreso dal tono improvvisamente deciso
del giovane, Zeru si guardò rapidamente attorno.
«Qui?» chiese. «Adesso?»
Posandogli una mano sul braccio, Spiro
lo condusse accanto a una colonna,così da frapporre qualche
metro in più tra
loro e il resto delle persone radunate nella cappella. «Ho
saputo che ieri
avete fatto visita alla Vergine: avete scoperto qualcosa a proposito
degli
assassini di Arina?»
Il capitano esitò un istante, prima di
rispondere. «Hai già parlato con Jarad o Padre
Tyban?»
Il principe arrossì lievemente:
«No,
non ho trovato il tempo di farlo.»
«D’accordo» fece il
soldato, annuendo
lentamente. «Abbiamo parlato con la Vergine, è
vero», ammise, dopo un istante
di riflessione, «ma non ci ha dato una risposta
chiara.»
«C'era da aspettarselo»,
replicò Spiro,
con un cenno secco del capo, «del resto è
così che si esprimono gli oracoli:
ma, al di là della forma... Siete comunque riusciti a
ricavare qualche
informazione utile?»
«In un certo senso: la Vergine sostiene
che gli Odeb à Fànur siano soltanto il braccio e
che, per trovare la mente, ci
dobbiamo spingere oltre.»
«Oltre?» ripeté il
principe,
aggrottando la fronte.
«Sempre nella Brughiera. Secondo la
ragazza, però, dietro all'attacco che abbiamo subito si
nasconde qualcun altro.
Ovviamente, non è stata in grado di dirci chi sia questo qualcun altro, né di darci
qualcosa a cui aggrapparci.»
Spiro piegò le labbra in una smorfia,
pensieroso. «Nella Brughiera vivono solo i Nati dalla Nebbia.
Ci sono diverse
tribù, ma la sostanza non cambia. Se l’attacco non
è stato ordinato da qualcuno
che si nasconde qui, nella capitale, se dietro a quello che
è accaduto c’è
qualcuno che si trova tra quelle paludi… beh, non vedo
proprio di chi potrebbe
trattarsi, se non degli Odeb à Fànur. Non ci sono
molti candidati, a parer
mio.»
«La Vergine non avrebbe avuto alcun
interesse a mentire» gli fece pacatamente notare Zeru.
«Lo so, ma tutto questo mi sembra
così
strano» il giovane si interruppe e si passò
stancamente una mano sul viso.
«Oltretutto, non posso andare a dire al padre di Arina che
non abbiamo la
benché minima idea di chi abbia ucciso sua figlia.»
«Ancora nessuna rivendicazione o
rapporto dei nostri informatori, immagino» disse,
più che chiedere, Zeru.
Spiro scosse il capo. «E ancora
nessuna risposta da parte di Tawas-Silai?» indagò
ancora il soldato.
«Nessuna» confermò
il giovane bruno. «Ma
di certo non tarderà ad arrivare.»
Zeru esitò per qualche secondo,
indeciso se parlare o meno al principe di ciò che gli aveva
riferito poco prima
il conte Jarad, ma poi decise che il ragazzo - che, a conti fatti, non
era più
un ragazzo - aveva il diritto e il dovere di essere al corrente della
situazione. «Hai preso in considerazione l'ipotesi di
risposarti?» gli chiese,
senza incontrare il suo sguardo.
«Con una delle sorelle di Arina,
intendi?» quando il capitano annuì, il giovane
sospirò. «Sì, ci ho pensato.
Immagino che sia un'eventualità tutt'altro che remota, anche
se il pensiero di
sostituire così mia moglie mi disgusta. Ma sono il principe,
no? E un giorno
sarò re: ho dei doveri che vengono prima dei miei desideri
personali.»
Come
tutti,
considerò silenziosamente Zeru, con una punta di cinismo.
«Hai mai
conosciuto le principesse?» gli chiese, invece. «Il
conte Jarad sostiene che,
probabilmente, quelle in età da marito sono già
sposate.»
Spiro scosse il capo: «No, mi pare che
una non abbia ancora marito. Non ricordo il suo nome, ma Arina
sosteneva che
fosse una ragazza timida e... Beh, non proprio una bellezza. Non che
sia
importante, naturalmente.»
Il giovane era arrossito e Zeru provò
a venire in suo soccorso. «In realtà»,
disse, con gentilezza, «ho sentito che
ce n'è una che è davvero molto bella.»
«Manira, sì. Ha tredici anni.
Non
credo sia il caso di prenderla in considerazione.»
«Già» Zeru
abbassò lo sguardo a terra,
lasciando sfumare il discorso. Non era il caso, decise, di disquisire
della
bellezza delle sorelle di Arina, quando si era appena celebrato il suo
funerale
e quando era assolutamente chiaro che il principe soffriva per la
perdita della
moglie.
«Tra due giorni andrò nella
Brughiera.»
Il soldato alzò di scatto il capo,
sorpreso dalle parole del giovane. «Come?» chiese,
sebbene fosse certo di aver
capito bene.
«Sì, intendo cercare delle
risposte:
il generale Balzan ha individuato alcuni uomini scelti che potranno
accompagnarmi nelle terre delle Aquile di Mare.»
«Non credo sia una buona idea»
ribatté
Zeru, aggrottando la fronte. «Finché non abbiamo
almeno un nome o un indizio, chiunque
è un potenziale nemico. Sarebbe più prudente per
te restare a palazzo, al
sicuro: sono certo che gli uomini del generale possano trovare le
risposte che
cerchi anche senza la tua presenza al loro fianco.»
«Forse sì, ma non intendo
restarmene
nascosto a Rocca del Vento, quando mia moglie è stata
uccisa.»
«Capisco, ma…»
«No, capitano.» La voce di
Spiro si
fece insolitamente brusca e il soldato lo guardò con
un’attenzione nuova. «Non
intendo tirarmi indietro, questa volta.» Zeru lo
squadrò da capo a piedi,
chiedendosi se il padre del ragazzo fosse al corrente dei suoi
propositi, ma
desistette dalla tentazione di chiederglielo. Dopotutto lui non aveva
alcuna
autorità su quello che, un giorno, sarebbe stato il suo re;
e in ogni modo far
ragionare il principe non era certo un compito che spettava a lui.
«E cosa intendi fare, una volta
arrivato lì?»
«Il generale mi ha detto che uno dei
suoi uomini è originario della Brughiera.» A Zeru
quell’informazione non
piacque affatto, ma Spiro non gli lasciò il tempo di
obiettare. «Non è un Odeb
à Fànur», disse, infatti, «ma
il figlio di un commerciante di lana che si è
trasferito nelle terre delle Aquile di Mare. Sai, quella gente
commercia spesso
con noi. Sono un po’ diversi dalle altre tribù,
sono più… più come noi, direi.
Più o meno?»
«Più o meno»
concesse Zeru, scettico.
Il ricordo di uno degli ultimi incontri con una gruppetto di
contrabbandieri
provenienti dai territori che il principe intendeva visitare gli
piegò le
labbra in un sorriso sarcastico.
«In ogni caso, voglio parlare con
quella gente» continuò il principe. «Se
nella Brughiera sta succedendo qualcosa
di insolito, è probabile che chi vive lì abbia
per lo meno avuto qualche
avvisaglia, non credi?»
«È possibile.»
«Voglio solo fare qualche domanda,
sondare un po’ il terreno» spiegò il
ragazzo, cercando suo malgrado un briciolo
di approvazione negli occhi del soldato. «Nulla di troppo
appariscente.»
Già, pensò
Zeru, costringendosi a sorridere. Il
principe ereditario che compare nella Brughiera, accompagnato da un
manipolo di
soldati: perché mai dovrebbe dare nell’occhio? «Continuo
a pensare che non
sia una buona idea», disse poi, con un sospiro, «ma
sono certo che ci hai
pensato bene, prima di prendere questa decisione; e io non ho il potere
di
farti cambiare idea.»
«Ci ho pensato bene,
sì» confermò
Spiro, annuendo deciso. Poi scosse il capo, come per cambiare discorso.
«Oh,
c’è anche un’altra cosa che volevo
chiederti: credi che sia il caso di andare a
far visita a mia sorella? Non l’ho ancora vista e vorrei
farlo, prima di
partire. Ma forse è ancora troppo debole, non vorrei
disturbarla o farla
preoccupare…»
«Vai da lei» rispose
l’uomo, senza
esitare. «Io non ho ancora avuto modo di farlo, ma sono
sicuro sarà felice di
salutarti.»
Spiro sgranò gli occhi. «Non
le hai
ancora parlato? E perché?»
Zeru deglutì, leggermente a disagio.
«Avrei voluto farlo, ma ho parlato con la regina e ho come
avuto l’impressione
che tua sorella preferisse aspettare un po’, prima di
incontrarmi.
Probabilmente è ancora troppo scossa da quello che
è successo e non si sente
ancora in grado di affrontare anche questa faccenda.»
Gli occhi scuri di Spiro si
illuminarono in un sorriso divertito. «Oh, non credo proprio:
Marai è sempre
stata curiosa, di certo non vede l’ora di
incontrarti.»
Il soldato scosse appena il capo: «In
ogni caso, tua madre è stata chiara: non ho il permesso di
andare da lei.»
«Non hai il permesso di far visita a
tua moglie?» sogghignò il principe, evidentemente
grato di aver trovato un
diversivo che lo distraesse dal dolore della perdita di Arina.
«Non si è mai
sentita una cosa del genere: vieni con me, ci andiamo insieme, a
trovarla!»
«Non credo proprio
che…» Zeru fece per
protestare, ma poi si morse la lingua: non era forse quella
l’occasione che
stava aspettando per confrontarsi con la principessa?
«D’accordo» sospirò
alzando, alzando le mani in segno di resa e facendo cenno a Spiro di
fare
strada.
***
Fermo davanti alla porta della camera di
Marai, Zeru teneva gli occhi fissi su Wenza, senza però
sentire nemmeno una
parola delle raccomandazioni che la guaritrice stava facendo a lui e a
Spiro.
Mi
sudano le mani. È ridicolo. Sono nervoso come un ragazzino
di tredici anni. Infastidito
dal tradimento del suo corpo, il soldato serrò bruscamente
le mani, stringendo
fino a quando non sentì le unghie penetrare nella carne del
palmo.
«Va bene, entrate. Ma non fatela
stancare troppo, è ancora in via di guarigione.»
La voce brusca della donna lo sferzò e
l’uomo si ritrovò ad annuire automaticamente,
mentre già il suo sguardo correva
oltre la corpulenta figura della guaritrice, cercando di sbirciare
attraverso
lo spiraglio dell’uscio socchiuso.
Scrutandoli un’ultima volta con
un’aria di insondabile disapprovazione, Wenza
sfilò loro accanto,
allontanandosi a passi rapidi lungo il corridoio. Senza perdere tempo,
Spiro
spinse la porta e marciò nella camera della sorella. La
principessa stava
evidentemente aspettando il loro arrivo, perché era seduta
ben dritta sul
letto, la schiena appoggiata alla testata intarsiata e il lenzuolo
stretto tra
le mani sottili. Il suo sguardo scivolò sul fratello come
una carezza, ma poi
subito si appuntò su Zeru.
Trovandosi improvvisamente sotto
all’esame di quegli occhi chiari, il capitano
sentì un’ondata di panico
lambirgli lo stomaco e la vergogna stringergli la gola.
Perché si vergognava?
Perché si sentiva in colpa? Non era stato certo lui a
metterla in quella
situazione.
Non
del tutto, almeno.
Durante quel brevissimo scambio di
sguardi, Spiro aveva coperto i pochi metri che lo separavano dalla
fanciulla e
si era piegato su di lei, cingendole le spalle in un abbraccio.
«Come stai?» le
sussurrò. Quelle parole soffiate furono sufficienti per
scuotere la
principessa, che interruppe il contatto visivo con Zeru e si
concentrò sul
fratello.
«Oh, io sto bene» disse, con la
voce
solo un po’ più roca di quanto il capitano
ricordasse. «Ma avrei tanto voluto
esserci anch’io, oggi. Wenza me lo ha impedito… mi
dispiace tanto, Spiro. Mi
dispiace davvero tanto. Non è giusto. Volevo bene ad Arina;
e non è giusto che
sia successo proprio a lei.»
«Lo so» il principe
deglutì e poi
affondò il viso tra i riccioli biondi della ragazza.
«Stiamo facendo del nostro
meglio per trovare i colpevoli, per vendicare Arina e per mettere al
sicuro
tutti noi, ma, nel frattempo… sono felice di vedere che stai
bene.» l giovane
si interruppe, allontanando da sé la ragazza e osservandola
più attentamente.
«Perché stai bene, vero?» aggiunse poi,
in tono un po’ incerto.
«Sto bene» sospirò
Marai. «Beh, più o
meno. Mi fa male la ferita. E la schiena. E la testa. E anche le gambe,
in
effetti, e quella strega non mi da più il latte di grano
rosso. Mi fa masticare
quelle foglioline che, oltre a non avere praticamente alcun effetto,
hanno pure
un gusto schifoso.»
Spiro si lasciò sfuggire una risata
soffocata e attirò a sé la sorella, stringendola
in un abbraccio contro il suo
petto. Dalla sua posizione privilegiata, Zeru vide la smorfia di dolore
che
attraversò il volto della fanciulla, subito rimpiazzata da
un’espressione di
placido affetto. Sentendosi forse osservata, la ragazza
sollevò lo sguardo e
incontrò di nuovo quello del soldato. Forse fu solo per
colpa della luce, ma
l’uomo ebbe l’impressione di vedere
l’ombra di un sorriso disegnarsi sulle sue
labbra.