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Autore: Red Owl    17/01/2017    1 recensioni
Una freccia; e Marai, principessa di Rocca del Vento, si trova a lottare tra la vita e la morte. Anche se lei ancora non lo sa, sarà quella stessa freccia a esaudire il suo sogno più segreto e a concretizzare il suo incubo più oscuro.
Una freccia; e Zeru, capitano della Guardia Reale, si vede costretto a fare un giuramento che non avrebbe mai voluto pronunciare e che lo lega alla principessa morente.
Insieme, i due dovranno affrontare i loro pregiudizi e le loro paure, perché solo uniti potranno vincere i fantasmi del passato e sconfiggere i nemici del presente.
***
NB. Più avanti il rating potrebbe cambiare, tenete d'occhio il colore del quadratino.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«Tua moglie non è venuta?»

Zeru si voltò di scatto, quasi stupito di trovarsi di fianco il conte Jarad. Era talmente assorto nei suoi pensieri e talmente occupato a osservare i movimenti di Difan che non si era accorto della presenza dell'uomo. Riponeva una grande fiducia nelle capacità del suo secondo in comando, ma il funerale di un membro della famiglia reale era pur sempre una questione estremamente delicata e il capitano voleva essere certo che nulla andasse storto.

Con una smorfia appena accennata, Zeru si rivolse all’uomo alla sua destra. «No» mormorò, rispondendo alla domanda che il conte gli aveva posto poco prima. «Avrebbe voluto essere presente, naturalmente, ma le sue condizioni di salute non gliel'hanno permesso.»

O, per lo meno, quella era la conclusione alla quale era giunto quando, poco prima, si era fatto la stessa domanda. Perché, in verità, lui Marai non l'aveva vista: era stata sua intenzione andarla a trovare, quando aveva appreso che si era svegliata, ma la regina gliel'aveva impedito, dicendo che la principessa preferiva aspettare qualche giorno, prima di incontrarlo.

Per recuperare le forze e la lucidità, aveva spiegato, ma Zeru sospettava che il motivo fosse un altro.

E come biasimare quella povera ragazza? Poteva solo provare a immaginare come dovesse sentirsi: ferita, dolorante, sconvolta per la perdita di Arina e, come se tutto ciò non bastasse, pure sposata contro la sua volontà. La cosa lo turbava più di quanto avrebbe voluto ammettere e il capitano si trovava ad accarezzare sempre più spesso il proposito di disobbedire agli ordini della regina e di andare comunque da Marai. Solo per rassicurarla, si intende: trovava assolutamente detestabile l'idea che la fanciulla vivesse nell'angoscia, immaginando forse che lui avesse chissà quale sgradite intenzioni, nei suoi confronti.

Se le spiegassi per bene che questo matrimonio è solo una formalità – alla quale io ho cercato di oppormi, tra l'altro – e che non ho nessuna intenzione di disturbarla più di quanto non sia strettamente necessario, la ragazza dormirebbe sonni tranquilli, no?

«Come sta? Le chiacchiere mi avevano fatto intendere che si stesse riprendendo in fretta: non posso negare di essere stupito di non vederla qui, oggi.» Ignaro dei pensieri che stavano attraversando la mente di Zeru, il conte Jarad gli si avvicinò ancora di più, abbassando la voce affinché le persone attorno a loro non potessero seguire quello scambio di battute.

«E infatti è proprio così» improvvisò il capitano. «Marai sta guarendo bene, ma non è ancora in grado di lasciare il letto così a lungo. La ferita è profonda, non si rimarginerà tanto in fretta.»

Ammesso che non si sia data malata solo per evitare me, aggiunse silenziosamente, osservando la reazione del conte con una punta di nervosismo. Anche se re Yasu gli aveva consigliato di non preoccuparsi dei risvolti politici del suo matrimonio, Zeru non poteva fare a meno di chiedersi se fosse opportuno che il conte – e con lui gli altri nobili della Capitale – conoscesse tutti i particolari della relazione tra lui e la principessa. Aveva infatti imparato, negli anni passati a servire la corona, che certe persone, in certe circostanze, non esitavano a sfruttare le debolezze altrui, se in esse vedevano un’occasione di guadagno.

«Stavo ripensando a quello che ti ha detto ieri la Vergine» continuò il conte, dopo un attimo di silenzio. Qualcosa, nel suo tono, mise ulteriormente in allarme Zeru, che rivolse un'occhiata obliqua al compagno, invitandolo a proseguire.

«Stavo pensando, più che altro, al modo in cui ha formulato la frase» continuò il nobiluomo, lasciando scorrere attorno a sé uno sguardo di finta indifferenza. «Eravamo in tre, nel santuario, eppure la ragazza si è rivolta esclusivamente a te: ha detto che tu ti saresti trovato presto nei guai.»

«Ha detto anche che, se avesse parlato troppo, le cose si sarebbero messe male per tutti» ribatté il capitano, sottolineando quell’ultima parola.

«Naturalmente. Ma, ti prego, seguimi un attimo: cos’è che ti riguarda in prima persona, ma che ha indubbiamente il potenziale di esercitare una certa influenza sulla vita di tutti?»

Zeru lo fissò per qualche istante, cercando di capire dove volesse andare a parare, poi sollevò le sopracciglia: «Marai?»

«Esattamente» replicò il conte, con un mezzo sorriso che non raggiunse i suoi occhi.

La piega che sta prendendo il discorso non mi piace neanche un po’, si disse il capitano. Non era mai stato un amante dei giri di parole e desiderava che, se Jarad aveva qualcosa di dire, lo dicesse senza perdere tempo in giochetti inutili.

«Temo di non capire» fece allora, senza riuscire a impedire che una nota fredda facesse capolino nella sua voce.

L’uomo al suo fianco mosse il capo e, con il mento, fece discretamente cenno all’altare. Accanto alla grande lastra di pietra bianca, Padre Tyban stava cospargendo d’olio sacro il feretro di Arina. «Re Lashkar non sarà contento di aver perso il suo aggancio con Adaval. Non so quanto amasse sua figlia, ma, se lo conosco, cercherà di allacciare un nuovo legame con il nostro regno il prima possibile.»

«Non lo metto in dubbio» ribatté Zeru, che aveva già in precedenza fatto lo stesso ragionamento. «Lashkar ha dieci figlie, se non ricordo male: tra di loro ce ne sarà sicuramente una che potrà diventare la nuova moglie del principe Spiro.»

«Ammesso che il principe desideri prendere nuovamente moglie in tempi rapidi e ammesso che, tra quelle dieci figlie, ce ne sia adatta a diventare sua moglie.»

«Beh…» Zeru aggrottò la fronte, confuso.

«La principessa Nahali è fuori discussione, è la primogenita ed erediterà il trono di Tawas-Silai: non ha fretta di sposarsi, lei. Delle altre figlie in età da marito, due o tre sono già sposate e una quarta è pazza. Le rimanenti sono solo delle bambine e di certo poco adatte per convolare rapidamente a nozze. Il nostro principe non ha molta scelta, temo.»

Il capitano sospirò, riflettendo sulle parole del conte. «Capisco. In ogni caso, però, non vedo cosa c’entri Marai in tutto ciò: Lashkar non ha figli maschi, quindi…»

«No, però ha un nipote che ha preso sotto la sua ala protettrice molto tempo fa. Un giovane di vent’anni; e molto aitante, mi dicono. Lo sposo perfetto, per la nostra piccola principessa.»

Soffocando un moto di fastidio che, subdolo, gli strinse lo stomaco, Zeru incontrò gli occhi dell’uomo. «Sì, ho sentito parlare di lui, anche se non l’ho mai incontrato. In ogni caso, non vedo ostacoli alla loro unione, se re Yasu la approverà. Basterà aspettare un anno – anzi, qualche giorno in meno – e Marai sarà libera di sposare questo ragazzo.»

«Non è affatto detto che Lashkar sia disposto ad aspettare un anno: possono succedere tante cose, in un anno.»

«Beh, temo che non si possa fare diversamente, visto che, al momento, Marai è sposata con me» sbottò il capitano, con un sibilo di frustrazione. Poi, chiudendo brevemente gli occhi per scacciare il nervosismo, continuò: «A meno che Padre Tyban non trovi un modo per annullare il matrimonio in tempi più rapidi. Anzi, questa sarebbe forse la soluzione migliore…»

«Parli come se non conoscessi Padre Tyban» lo interruppe immediatamente il Conte Jarad. «Per lui, la religione viene prima di tutto e le regole degli Dei sono il codice più alto al quale attenersi.»

Zeru puntò gli occhi chiari in quelli del conte: «È un uomo di fede, questo è ovvio, ma non ho mai dubitato della sua fedeltà alla corona. Mai, nemmeno per un istante.»

«Oh, no, non sto dicendo che non sia fedele al regno!» si affrettò a rettificare il conte. «Sono anzi convinto che lo abbia sempre servito con tutto se stesso. Certo… a modo suo. Secondo la legge divina. Lui crede che solo seguendo la legge divina si possa assicurare benessere e prosperità ad Adaval.»

Sospirando, Zeru alzò lo sguardo sul grande rosone di vetro dei colori del tramonto che sovrastava l’altare. Filtrando attraverso al mosaico colorato, la luce del sole riempiva la cappella di mille riflessi cangianti. «E chissà che non sia proprio così» disse, piano, mettendo per una volta da parte la propria razionalità e il proprio scetticismo.

«Chissà» ripeté il conte. «Ma, per qualche motivo, sento che re Lashkar non sarà dello stesso avviso.»

«Non capisco dove vuoi arrivare» ringhiò Zeru, iniziando a sentirsi esasperato dal modo in cui Jarad stava conducendo quella conversazione. «Cosa dovremmo fare, secondo te?»

L’uomo gli rivolse un sorriso amaro, prima di tornare a rivolgersi verso l’altare, portando di nuovo gli occhi sul corpo senza vita di Arina. «Non voglio arrivare da nessuna parte: volevo solo renderti partecipe di una mia riflessione.»

«Mh.»

Sentendo che quella conversazione era terminata, almeno per il momento, il soldato tornò a osservare i movimenti rituali compiuti da Padre Tyban, cercando di prestare attenzione alla cerimonia e non riuscendo però a evitare che i suoi pensieri vagassero un tutt’altra direzione.

***

Quando il rito fu terminato e il feretro di Arina fu trasportato nella camera in cui, dopo un riposo di un giorno e una notte, sarebbe stato bruciato, Zeru vide il principe Spiro avvicinarsi a lui.

«Altezza», mormorò il soldato, chinando il capo, «le mie condoglianze. Sarei venuto da te prima, ma non volevo importi la mia presenza in un momento tanto doloroso…»

«Ti ringrazio per il pensiero» sospirò il ragazzo, trovando la forza di rivolgergli un sorriso di circostanza. «Mi sembra così… così incredibile che lei non ci sia più. Mi sembra che non possa essere vero, mi viene ancora da girarmi e di cercarla, lì, vicino a mia madre.»

«Mi spiace. So cosa vuol dire perdere una persona cara e so che le parole non servono a nulla.»

Il principe annuì: «Le parole no, ma le azioni possono molto. Devo parlarti, capitano.»

Sorpreso dal tono improvvisamente deciso del giovane, Zeru si guardò rapidamente attorno. «Qui?» chiese. «Adesso?»

Posandogli una mano sul braccio, Spiro lo condusse accanto a una colonna,così da frapporre qualche metro in più tra loro e il resto delle persone radunate nella cappella. «Ho saputo che ieri avete fatto visita alla Vergine: avete scoperto qualcosa a proposito degli assassini di Arina?»

Il capitano esitò un istante, prima di rispondere. «Hai già parlato con Jarad o Padre Tyban?»

Il principe arrossì lievemente: «No, non ho trovato il tempo di farlo.»

«D’accordo» fece il soldato, annuendo lentamente. «Abbiamo parlato con la Vergine, è vero», ammise, dopo un istante di riflessione, «ma non ci ha dato una risposta chiara.»

«C'era da aspettarselo», replicò Spiro, con un cenno secco del capo, «del resto è così che si esprimono gli oracoli: ma, al di là della forma... Siete comunque riusciti a ricavare qualche informazione utile?»

«In un certo senso: la Vergine sostiene che gli Odeb à Fànur siano soltanto il braccio e che, per trovare la mente, ci dobbiamo spingere oltre.»

«Oltre?» ripeté il principe, aggrottando la fronte.

«Sempre nella Brughiera. Secondo la ragazza, però, dietro all'attacco che abbiamo subito si nasconde qualcun altro. Ovviamente, non è stata in grado di dirci chi sia questo qualcun altro, né di darci qualcosa a cui aggrapparci.»

Spiro piegò le labbra in una smorfia, pensieroso. «Nella Brughiera vivono solo i Nati dalla Nebbia. Ci sono diverse tribù, ma la sostanza non cambia. Se l’attacco non è stato ordinato da qualcuno che si nasconde qui, nella capitale, se dietro a quello che è accaduto c’è qualcuno che si trova tra quelle paludi… beh, non vedo proprio di chi potrebbe trattarsi, se non degli Odeb à Fànur. Non ci sono molti candidati, a parer mio.»

«La Vergine non avrebbe avuto alcun interesse a mentire» gli fece pacatamente notare Zeru.

«Lo so, ma tutto questo mi sembra così strano» il giovane si interruppe e si passò stancamente una mano sul viso. «Oltretutto, non posso andare a dire al padre di Arina che non abbiamo la benché minima idea di chi abbia ucciso sua figlia.»

«Ancora nessuna rivendicazione o rapporto dei nostri informatori, immagino» disse, più che chiedere, Zeru.

Spiro scosse il capo. «E ancora nessuna risposta da parte di Tawas-Silai?» indagò ancora il soldato.

«Nessuna» confermò il giovane bruno. «Ma di certo non tarderà ad arrivare.»

Zeru esitò per qualche secondo, indeciso se parlare o meno al principe di ciò che gli aveva riferito poco prima il conte Jarad, ma poi decise che il ragazzo - che, a conti fatti, non era più un ragazzo - aveva il diritto e il dovere di essere al corrente della situazione. «Hai preso in considerazione l'ipotesi di risposarti?» gli chiese, senza incontrare il suo sguardo.

«Con una delle sorelle di Arina, intendi?» quando il capitano annuì, il giovane sospirò. «Sì, ci ho pensato. Immagino che sia un'eventualità tutt'altro che remota, anche se il pensiero di sostituire così mia moglie mi disgusta. Ma sono il principe, no? E un giorno sarò re: ho dei doveri che vengono prima dei miei desideri personali.»

Come tutti, considerò silenziosamente Zeru, con una punta di cinismo. «Hai mai conosciuto le principesse?» gli chiese, invece. «Il conte Jarad sostiene che, probabilmente, quelle in età da marito sono già sposate.»

Spiro scosse il capo: «No, mi pare che una non abbia ancora marito. Non ricordo il suo nome, ma Arina sosteneva che fosse una ragazza timida e... Beh, non proprio una bellezza. Non che sia importante, naturalmente.»

Il giovane era arrossito e Zeru provò a venire in suo soccorso. «In realtà», disse, con gentilezza, «ho sentito che ce n'è una che è davvero molto bella.»

«Manira, sì. Ha tredici anni. Non credo sia il caso di prenderla in considerazione.»

«Già» Zeru abbassò lo sguardo a terra, lasciando sfumare il discorso. Non era il caso, decise, di disquisire della bellezza delle sorelle di Arina, quando si era appena celebrato il suo funerale e quando era assolutamente chiaro che il principe soffriva per la perdita della moglie.

«Tra due giorni andrò nella Brughiera.»

Il soldato alzò di scatto il capo, sorpreso dalle parole del giovane. «Come?» chiese, sebbene fosse certo di aver capito bene.

«Sì, intendo cercare delle risposte: il generale Balzan ha individuato alcuni uomini scelti che potranno accompagnarmi nelle terre delle Aquile di Mare.»

«Non credo sia una buona idea» ribatté Zeru, aggrottando la fronte. «Finché non abbiamo almeno un nome o un indizio, chiunque è un potenziale nemico. Sarebbe più prudente per te restare a palazzo, al sicuro: sono certo che gli uomini del generale possano trovare le risposte che cerchi anche senza la tua presenza al loro fianco.»

«Forse sì, ma non intendo restarmene nascosto a Rocca del Vento, quando mia moglie è stata uccisa.»

«Capisco, ma…»

«No, capitano.» La voce di Spiro si fece insolitamente brusca e il soldato lo guardò con un’attenzione nuova. «Non intendo tirarmi indietro, questa volta.» Zeru lo squadrò da capo a piedi, chiedendosi se il padre del ragazzo fosse al corrente dei suoi propositi, ma desistette dalla tentazione di chiederglielo. Dopotutto lui non aveva alcuna autorità su quello che, un giorno, sarebbe stato il suo re; e in ogni modo far ragionare il principe non era certo un compito che spettava a lui.

«E cosa intendi fare, una volta arrivato lì?»

«Il generale mi ha detto che uno dei suoi uomini è originario della Brughiera.» A Zeru quell’informazione non piacque affatto, ma Spiro non gli lasciò il tempo di obiettare. «Non è un Odeb à Fànur», disse, infatti, «ma il figlio di un commerciante di lana che si è trasferito nelle terre delle Aquile di Mare. Sai, quella gente commercia spesso con noi. Sono un po’ diversi dalle altre tribù, sono più… più come noi, direi. Più o meno?»

«Più o meno» concesse Zeru, scettico. Il ricordo di uno degli ultimi incontri con una gruppetto di contrabbandieri provenienti dai territori che il principe intendeva visitare gli piegò le labbra in un sorriso sarcastico.

«In ogni caso, voglio parlare con quella gente» continuò il principe. «Se nella Brughiera sta succedendo qualcosa di insolito, è probabile che chi vive lì abbia per lo meno avuto qualche avvisaglia, non credi?»

«È possibile.»

«Voglio solo fare qualche domanda, sondare un po’ il terreno» spiegò il ragazzo, cercando suo malgrado un briciolo di approvazione negli occhi del soldato. «Nulla di troppo appariscente.»

Già, pensò Zeru, costringendosi a sorridere. Il principe ereditario che compare nella Brughiera, accompagnato da un manipolo di soldati: perché mai dovrebbe dare nell’occhio? «Continuo a pensare che non sia una buona idea», disse poi, con un sospiro, «ma sono certo che ci hai pensato bene, prima di prendere questa decisione; e io non ho il potere di farti cambiare idea.»

«Ci ho pensato bene, sì» confermò Spiro, annuendo deciso. Poi scosse il capo, come per cambiare discorso. «Oh, c’è anche un’altra cosa che volevo chiederti: credi che sia il caso di andare a far visita a mia sorella? Non l’ho ancora vista e vorrei farlo, prima di partire. Ma forse è ancora troppo debole, non vorrei disturbarla o farla preoccupare…»

«Vai da lei» rispose l’uomo, senza esitare. «Io non ho ancora avuto modo di farlo, ma sono sicuro sarà felice di salutarti.»

Spiro sgranò gli occhi. «Non le hai ancora parlato? E perché?»

Zeru deglutì, leggermente a disagio. «Avrei voluto farlo, ma ho parlato con la regina e ho come avuto l’impressione che tua sorella preferisse aspettare un po’, prima di incontrarmi. Probabilmente è ancora troppo scossa da quello che è successo e non si sente ancora in grado di affrontare anche questa faccenda.»

Gli occhi scuri di Spiro si illuminarono in un sorriso divertito. «Oh, non credo proprio: Marai è sempre stata curiosa, di certo non vede l’ora di incontrarti.»

Il soldato scosse appena il capo: «In ogni caso, tua madre è stata chiara: non ho il permesso di andare da lei.»

«Non hai il permesso di far visita a tua moglie?» sogghignò il principe, evidentemente grato di aver trovato un diversivo che lo distraesse dal dolore della perdita di Arina. «Non si è mai sentita una cosa del genere: vieni con me, ci andiamo insieme, a trovarla!»

«Non credo proprio che…» Zeru fece per protestare, ma poi si morse la lingua: non era forse quella l’occasione che stava aspettando per confrontarsi con la principessa? «D’accordo» sospirò alzando, alzando le mani in segno di resa e facendo cenno a Spiro di fare strada.

***

Fermo davanti alla porta della camera di Marai, Zeru teneva gli occhi fissi su Wenza, senza però sentire nemmeno una parola delle raccomandazioni che la guaritrice stava facendo a lui e a Spiro.

Mi sudano le mani. È ridicolo. Sono nervoso come un ragazzino di tredici anni. Infastidito dal tradimento del suo corpo, il soldato serrò bruscamente le mani, stringendo fino a quando non sentì le unghie penetrare nella carne del palmo.

«Va bene, entrate. Ma non fatela stancare troppo, è ancora in via di guarigione.»

La voce brusca della donna lo sferzò e l’uomo si ritrovò ad annuire automaticamente, mentre già il suo sguardo correva oltre la corpulenta figura della guaritrice, cercando di sbirciare attraverso lo spiraglio dell’uscio socchiuso.

Scrutandoli un’ultima volta con un’aria di insondabile disapprovazione, Wenza sfilò loro accanto, allontanandosi a passi rapidi lungo il corridoio. Senza perdere tempo, Spiro spinse la porta e marciò nella camera della sorella. La principessa stava evidentemente aspettando il loro arrivo, perché era seduta ben dritta sul letto, la schiena appoggiata alla testata intarsiata e il lenzuolo stretto tra le mani sottili. Il suo sguardo scivolò sul fratello come una carezza, ma poi subito si appuntò su Zeru.

Trovandosi improvvisamente sotto all’esame di quegli occhi chiari, il capitano sentì un’ondata di panico lambirgli lo stomaco e la vergogna stringergli la gola. Perché si vergognava? Perché si sentiva in colpa? Non era stato certo lui a metterla in quella situazione.

Non del tutto, almeno.

Durante quel brevissimo scambio di sguardi, Spiro aveva coperto i pochi metri che lo separavano dalla fanciulla e si era piegato su di lei, cingendole le spalle in un abbraccio. «Come stai?» le sussurrò. Quelle parole soffiate furono sufficienti per scuotere la principessa, che interruppe il contatto visivo con Zeru e si concentrò sul fratello.

«Oh, io sto bene» disse, con la voce solo un po’ più roca di quanto il capitano ricordasse. «Ma avrei tanto voluto esserci anch’io, oggi. Wenza me lo ha impedito… mi dispiace tanto, Spiro. Mi dispiace davvero tanto. Non è giusto. Volevo bene ad Arina; e non è giusto che sia successo proprio a lei.»

«Lo so» il principe deglutì e poi affondò il viso tra i riccioli biondi della ragazza. «Stiamo facendo del nostro meglio per trovare i colpevoli, per vendicare Arina e per mettere al sicuro tutti noi, ma, nel frattempo… sono felice di vedere che stai bene.» l giovane si interruppe, allontanando da sé la ragazza e osservandola più attentamente. «Perché stai bene, vero?» aggiunse poi, in tono un po’ incerto.

«Sto bene» sospirò Marai. «Beh, più o meno. Mi fa male la ferita. E la schiena. E la testa. E anche le gambe, in effetti, e quella strega non mi da più il latte di grano rosso. Mi fa masticare quelle foglioline che, oltre a non avere praticamente alcun effetto, hanno pure un gusto schifoso.»

Spiro si lasciò sfuggire una risata soffocata e attirò a sé la sorella, stringendola in un abbraccio contro il suo petto. Dalla sua posizione privilegiata, Zeru vide la smorfia di dolore che attraversò il volto della fanciulla, subito rimpiazzata da un’espressione di placido affetto. Sentendosi forse osservata, la ragazza sollevò lo sguardo e incontrò di nuovo quello del soldato. Forse fu solo per colpa della luce, ma l’uomo ebbe l’impressione di vedere l’ombra di un sorriso disegnarsi sulle sue labbra.

 

   
 
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