Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: palvis94    17/01/2017    3 recensioni
La vita, a Hogwarts, era finalmente tornata alla normalità. Tutti erano parecchio scossi, la Guerra aveva lasciato una macchia indelebile nel cuore di tutti i superstiti. E' in questo frangente che Hermione scoprirà una nuova verità. Il suo mondo cambierà da un giorno all'altro, grazie alla scoperta di un grande segreto, e un Patto Magico che la segnerà per tutta la vita.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Pansy Parkinson, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ciao a tutti! Scusatemi per il ritardo ma ho avuto due settimane incasinate. In teoria c'era un capitolo tra il capitolo 7 e il questo capitolo, ma l'ho tolto perchè non mi piaceva com'era scritto e preferivo passare alla parte più importante della storia. Spero che il proseguimento vi piaccia e che vi faccia incuriosire. :) Buona lettura!

CAPITOLO 8: Fragilità e padri Cattivi

 

Il Nottetempo raggiunse Londra alle due di notte, dopo un viaggio movimentato e una Hermione pallida come un lenzuolo. Ma ormai mancava poco per raggiungere casa sua.

- Prossima fermata: casa Granger!- esclamò Neal, finalmente. Per tutto il viaggio non aveva fatto altro che parlare, parlare e parlare. Aveva chiesto anche l’autografo ad Hermione e lei glielo aveva dato nella speranza che finalmente smettesse di parlare… Ma era impossibile!

Ci fu come uno schianto, una vecchia strega si svegliò gridando:- Dove sono i Mangiamorte?!- e il Nottetempo si fermò di colpo.

- Eccoci, Casa Granger!- esclamò Neal. Hermione fece un sospiro di sollievo vedendo la villetta dei suoi genitori a pochi metri dall’autobus: non riusciva a credere che era finalmente a casa.

- Bene, ti saluto Neal, è stato un piacere conoscerti.- disse mentre scendeva.

- Ciao Hermione!- salutò Neal, dopo aver poggiato il baule di Hermione sul marciapiede, prima di sparire, come tutto l’Autobus, a una velocità incredibile.

Ormai sola, Hermione si sedette un attimo sul suo baule , un po’ per riprendersi dal viaggio, ma anche per prepararsi ad affrontare i suoi genitori.

Perché, anche se non lo aveva detto a nessuno, neppure a Ron, aveva un po’ paura di affrontarli.

Non sapeva cosa le volevano dire, perché l’avevano chiamata. Aveva cercato di prepararsi mentalmente a qualsiasi cosa fosse la cosa importante di cui le volevano parlare.

Le venivano in mente cose strane, ipotesi assurde, cose che le facevano accapponare la pelle.

Alla fine, dopo cinque minuti, decise che almeno per quel,a sera i suoi genitori no. avrebbero parlato della Cosa... Qualunque essa fosse. Quindi si alzò e trascinò il suo baule fino al cancello di casa, non usò la magia, non voleva correre il rischio di essere vista con un baule che lievitava in aria.

Suonò il campanello accanto al quale c’era un’etichetta illuminata con su scritto ‘Dr & Dr.ssa Granger’.

I suoi genitori erano svegli ad aspettarla, le luci del salotto erano accese. Il cancello si aprì ed Hermione entrò, cercando di non far rumore sulla stradina ghiaiata che portava alla porta di casa.

Prima che potesse alzare la mano per aprire la porta questa si aprì da dentro mostrando i signori Granger, sorridenti e felici di riavere la figlia a casa.

************************************************************


Harry e Ron, intanto erano in un corridoio buio di Hogwarts, sotto un leggerissimo mantello, il Mantello dell’Invisibilità, con in mano una pergamena molto vecchia che recava la scritta ‘La Mappa del Malandrino’.

- Harry, mi sa che hai le allucinazioni...- disse Ron, dopo un po’. Era scocciato, Harry l’aveva svegliato nel mezzo della notte e gli aveva chiesto di accompagnarlo perché forse aveva visto ‘qualcosa di sospetto’ in mezzo ad un corridoio buio, e per di più freddo.

-Non è vero. L’ho visto poco fa, era qui!- gli rispose Harry, ostinato.

- Magar…

- Ron! Credimi per una buona volta, Malfoy sta tramando qualcosa!- sbottò Harry, non ci poteva credere: Ron non gli credeva. Di nuovo!

- Ma potrebbe essere in giro tanto per fare qualcosa, no?- cercò di spiegare Ron. Infondo anche loro erano in giro per i corridoi. Non ci credeva, però, stava difendendo proprio Malfoy, la persona che più odiava al mondo!

Non capiva perchè proprio quella sera Harry non doveva stare nel suo letto a dormire tranquillo, ma oltre che rovinare il proprio sonno rovinarlo pure a Ron!

Harry rimase a fissare la Mappa per altri cinque minuti buoni.

- Ma... Magari hai ragione, Ron...- si arrese alla fine, con un sospiro, forse aveva fatto male a svegliare Ron, si vedeva che era scocciato.

Ma poi era illogico ciò che aveva visto nella Mappa… Malfoy poteva essere anche in giro così, insieme alla Parkinson, tanto per fare qualcosa. E poi era insensato sospettare che stesse tramando qualcosa di oscuro, ormai che non c’erano più i Mangiamorte e Voldemort. O no?

Harry continuò a fissare il punto in cui c’erano le targhette con il nome di Malfoy e Parkinson, adesso si trovavano nel corridoio est del terzo piano, esattamente sotto di loro, metro più, metro meno.

Ad un certo punto la Parkinson si diresse, a quanto pareva, di corsa verso l’altra parte del corridoio, scappando lontano da Malfoy.

- Hey Ron, guarda. La Parkinson sta correndo dalla parte opposta a Malfoy. - attirò l’attenzione di Ron.

 - Fa vedere..- Ron prese la Mappa dalle mani di Harry, interessato.

Alla luce delle due bacchette si vedevano bene due punti molto distanti con su scritto ‘Pansy Parkinson’ che si stava spostando per delle scale mobili e ‘Draco Malfoy’ fermo, al piano sotto di loro.

Gli rivenne in mente il volto della ragazza di quello stesso pomeriggio, rigato dalle lacrime. Poteva essere quello il motivo? Che avesse litigato con Malfoy e quindi fosse triste?

Allontanò la mappa da se stesso, ridandola a Harry, come se in questo modo potesse anche allontanare da se pure il pensiero della Parkinson… Chissà perché gli interessava tanto la sorte di quella ragazza. Infondo non erano nemici?? Allora perché preoccuparsi per lei, proprio per lei che così tante volte lo aveva deriso?

Ron uscì dal mantello, scocciato dal suo cervello che funzionava così… di merda?

- Hey, Ron! Cosa fai? Vuoi farci scoprire?- chiese Harry, cercando di ributtare il mantello sul suo amico.

Le orecchie di Ron si arrossarono parecchio, ritornò dentro al mantello. Quanto era idiota. 

Senza sapere il perché, desiderava incontrare di nuovo Pansy, di nuovo lì alla finestra grande, in quel corridoio deserto, vicino all’arazzo dei Cavalieri in Fiamme. 

Si sentiva un po’ in colpa, senza neppure sapere il perché, per quella ragazza che da sempre aveva odiato…

Tutto era cambiato solo poche ore prima

Aveva scoperto qualcosa di completamente nuovo in quei occhi tristi, pieni di lacrime cristalline.  

Era indifesa e fragile, qualcosa che aveva bisogno di protezione.

 Ron non aveva mai avuto il bisogno di proteggere nessuno; Ginny aveva un carattere forte, non aveva mai avuto bisogno di essere protetta dai suoi fratelli e Hermione era sempre così pronta, così sicura di sé… Semmai era lei che più volte aveva protetto i suoi due migliori amici.

Fece un sorriso, non ci poteva credere: voleva veramente proteggere la sua ‘miglior nemica’? 

Forse era ora di tornare a dormire, il suo cervello SICURAMENTE non stava funzionando granché.

************************************************************************************************************************

I raggi del sole inondavano la stanza di un calore, strano sia per quel periodo dell’anno e sia per il clima inglese. La stanza si tingeva di rosa con quella luce chiara di prima alba, che solo i mattini d’autunno possono dare.

Era una stanza di media grandezza, a prima vista poteva sembrare che appartenesse ad un adulto, forse lo suggerivano quegli scaffali pieni di libri, o quella scrivania spoglia oppure quell’aria severa e pulita che si poteva percepire là dentro.

Solo due cose stonavano con il tutto: la ragazza che dormiva nel letto e una sveglia colorata che stava appoggiata sul comodino accanto al letto. 

La ragazza aveva un viso infantile, come quello di quegli adolescenti che crescono troppo in fretta, che entrano direttamente dalla veste infantile in quella adulta, ancora un po’ troppo grande. Era una ragazza carina, dalla folta chioma castana che, però durante il giorno tendeva a stare in boccoli sistemati con la magia. 

Appena la lancetta delle ore raggiunse il numero sette, la sveglia iniziò a suonare, rompendo così il silenzio surreale che vigeva in quella stanza da quasi quattro ore.

Esso si ricompose appena tre secondi dopo, quando una mano, pronta, spense la sveglia.

La sveglia era azzurra con delle stelline fosforescenti che di notte brillavano e si muovevano, era rotonda, con un quadrante strano. Una parte era simile alle normali sveglie, invece una parte funzionava con lancette che andavano in senso antiorario, con stelle e costellazioni bizzarre, che seguivano schemi strani. Era un regalo di Ron.

Hermione aprì gli occhi e si mise a sedere controllando se tutto era a posto. Una cosa che faceva tutti i giorni per abitudine. Prima che potesse sentirsi fresca e riposata, un pensiero le appesantì il cuore

Fece un sospiro e corse in bagno a farsi una doccia con dell'acqua fresca, sperando che si portasse via anche il peso che aveva nel petto.

Dopo essersi vestita scese in cucina.

Sentiva già lo sbattere delle ante di qualche armadio, sicuramente sua madre si stava dando da fare con la colazione.

Hermione sentì un profumo di frittelle, la pancia borbottò, non aveva mangiato da più di dieci ore. 

Sua madre stava preparando la colazione, mentre canticchiava una canzone.

- Buon giorno Hermione!- la salutò, con un sorriso, apparentemente spensierato.

Si chiamava Jane Granger.

 Era una donna di quarant'anni, ma pareva molto più giovane. Di professione faceva la dentista, era molto intelligente e aveva educato la figlia secondo principi precisi, dandole un senso del dovere molto forte e un orgoglio smisurato, che però, stava sotto un sottile velo di modestia. Era sposata con Michael Granger da, ormai, più di diciannove anni.

- Ciao Mamma!- salutò Hermione prendendo la tazza di latte che sua madre le stava offrendo e sedendosi al tavolo. 

- Come mai sei già in piedi? Hai fatto un viaggio lungo ieri sera e pensavo che ti saresti riposata ancora un po'..- chiese Jane, mettendole davanti le frittelle.

- Sai meglio di me che non mi sveglio mai in ritardo.

- Ma… 

- Mamma. Tu sai perchè sono già qui, alle sette del mattino, vero? E allora perchè me lo chiedi?- fece Hermione, interrompendola, con una strana smorfia sul viso. Sua madre sapeva tutto di lei, avevano sempre avuto questo legame di reciproca intesa.

Jane, invece di rispondere, diede la schiena alla figlia, iniziando ad asciugare le stoviglie già asciutte, lasciate lì il giorno precedente.

- Mamma?- Hermione si alzò, preoccupata. Il cuore le martellava in petto. 

- Hermione, è meglio se le mangi adesso le frittelle, poi se si raffreddano, non sono più così buone, piccola.- la voce era incrinata.

Hermione non l’ascoltò neppure: raggiunse la madre e vide nei suoi occhi una piccola lacrima cristallina ancora incastrata fra le ciglia, girò Jane verso di lei e l'abbracciò. 

Hermione non sapeva se piangere o no. E se piangere, perchè? Non stava più capendo nulla. Sua madre, invece, piangeva.

- Hermione... è.. è così difficile da spiegare, piccola mia. So che hai bisogno di risposte... che... che quella lettera ambigua, ma non potevamo dirti tu.. tutto.. così..- le disse, stringendola più forte a sè. 

- Mamma, cosa è successo? Ti prego, dimmelo.- la pregò.

- Aspetta il papà... a.. arriverà fra poco, poi ne parleremo.

 

****************************************

Si sedettero nel salotto, Jane e Michael su un divano, Hermione sulla poltrona lì accanto. Già si sentiva divisa, separata da loro, chissà il perché.

Sua mamma stava ancora singhiozzando, lacrime che bagnavano la spalla di Michael. Invece lui parlò:- Piccola, c’è una cosa che non ti abbiamo mai detto. Ma adesso è arrivata l’ora di confessarti tutto. E’ un obbligo. – disse. 

- Cioè?

Michael si portò le mani alle tempie, massaggiandosele, e sospirò. 

- Oggi andiamo a Grantham, a trovare due persone.- disse alla figlia, portandosi le mani dalle tempie ai capelli, grigi e ricciolini, e fissandola con i suoi occhi azzurri. 

Quali persone??- chiese Hermione allarmata. Il suo cuore aveva iniziato a battere più veloce, di nuovo. Non era tanto stupida da non iniziare a capire qualcosa…

- Oh! Hermione, piccola mia! Mi dispiace tantissimo…- pianse Jane di nuovo, alzandosi dal divano e raggiungendo Hermione. 

- Hermione.- chiamò suo padre:- Piccola, sei stata adottata, non sei figlia nostra.

 

**************************************************************

 

- Ho già detto a mio padre che stavolta non seguirò i suoi ordini, madre. Non c’era bisogno di raggiungermi qui ad Hogwarts per convincermi.- disse secco Draco.

- Ma, Draco, tu non capisci. Qui non si tratta di te o me. E’ una cosa più grand.. 

- Non me ne frega un cazzo!- interruppe Draco, ma fu interrotto a sua volta da uno schiaffo sulla guancia sinistra.

Sua madre, Narcissa Malfoy, era rossa in volto, con ancora la mano destra levata dallo schiaffo che aveva dato al figlio. 

Rimase così, ferma, a guardarlo ancora un po’, finché le lacrime non le coprirono la vista e suo figlio non fu altro che una macchia indistinta.

Sentì un sospiro da parte di suo figlio e subito dopo un abbraccio. Anche lei strinse forte a sé la sua creatura, ormai così grande, ma sempre così fragile. 

Lei lo capiva, sapeva che era ancora troppo piccolo per tutto ciò gli volevano far passare.

Draco aveva sempre represso i suoi sentimenti, ma adesso non ce la faceva più. Era cambiato, aveva capito la differenza fra bene e male.

E solo Narcissa capiva come ci si può sentire a volere il Bene vivendo nella casa del Male. 

Rimasero abbracciati per molto tempo. Il calore del loro affetto era molto forte, ma forse non così tanto da poter sovrastare il freddo di Lucius Malfoy.

Narcissa viveva con lui solo e soltanto per il proprio figlio. L’unica cosa che la teneva in vita era il sogno di vederlo un giorno diventare una persona migliore del padre.

- Madre, ti chiedo perdono.- disse Draco, appena si staccarono dall’abbraccio. 

Sua madre era l’unica persona che poteva essere rispettata, l’unica persona che non lo faceva sentire male, l’unica persona che lo capiva.

- Chiedo io perdono, Draco. Per la vita che ti ho dato. Per gli orrori che hai dovuto subire per colpa di questa vita.- disse Narcissa, pulendosi gli occhi con un fazzoletto.

Draco abbassò la testa, i capelli pallidi che gli cadevano sulla fronte, disordinati.

- Madre? 

- Si, tesoro?

- Devo per forza seguire gli ordini di mio Padre?- chiese. 

Narcissa annuì, con una strana smorfia sul volto: stava per piangere di nuovo.

Draco sosprò piano, quasi senza voler far nessun suono:- Non piangere Mamma, accetto di seguire gli ordini.- disse.

Il cuore di Narcissa fece un tuffo: l’ultima volta che Draco l’aveva chiamata ‘Mamma’ era quando aveva due anni e non riusciva a dire ‘Madre’. Ricordava ancora Lucius che con il frustino colpiva il piccolo ogni qualvolta lo sentiva dire ‘papà’ e non ‘Padre’.

Alla fine Draco aveva smesso sia di avvicinarsi a lui e sia di chiamarlo ‘papà’. 

Le dispiaceva tantissimo vedere suo figlio rinunciare un’altra volta a sé stesso per seguire il padre.

Una cosa che lei avrebbe dovuto fermare. 

Cadde in ginocchio. Lasciando scivolare il fazzoletto dalle sue dita.

Non udì neppure suo figlio che la chiamava, preoccupato.

Cosa era venuta a fare qui? A convincere suo figlio di seguire gli ordini del padre? A rinunciare a sé stesso? Di nuovo? 

Lei non era mai stata capace di essere una buona madre. Lei non sapeva difendere il proprio figlio.

Alla fine si ritrovava ad essere una persona malvagia come Bella. E avrebbe fatto la sua stessa fine. 

Si pulì le lacrime, passandosi le mani sul volto.

Non doveva piangere. Doveva scegliere: da una parte c’era suo figlio, dall’altra la sua propria vita. 

Avrebbe scelto suo figlio.

Tanto lei aveva già vissuto la sua parte di vita, un giorno non poi così tanto lontano avrebbe dovuto morire.

Ma non adesso, prima doveva salvarlo dalle grinfie di quel padre malvagio.

E per salvarlo aveva bisogno di un aiuto, di un piano. 

Solo una persona la poteva aiutare… Solo un nome, non pronunciato da così tanto tempo che quasi pareva dimenticato: Andromeda.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: palvis94