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Autore: sara_88    30/05/2009    4 recensioni
Simone è una ragazza di 21 anni che vive a Parigi con la madre e la sorella minore. Studia all'università e dalla vita vuole tanto. Scrivere,vivere solo dei suoi romanzi. Qualche volta però il destino ci mette i bastoni tra le ruote. Una persona è in grado di disctruggere tutto quello che è stato costruito.
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1


La cosa più rischiosa che tu possa fare è fidarti di una persona. Donarle il tuo cuore.
Purtroppo ne abbiamo solo uno, una volta ceduto non è restituibile e, cosa ancora più grave, se viene rotto non è riparabile.
Non funziona come in un centro commerciale, non c'è nessuna garanzia, nessun rimborso e nessun tecnico che sia in grado di sistemare ciò che viene distrutto.
Questa è una storia d'amore, un'amore vero dei nostri tempi e che quindi non avrà un lieto fine. Non ci può essere un lieto fine se la verità è stata persa.

La nostra storia comincia in una fredda settimana di Novembre, proprio durante qui giorni dove noti il cambiamento di stagione, quando capisci che l'autunno è ormai finito
per lasciar carta bianca all'inverno.

Io sarò pazza, ma adoro il freddo. Amo quando la temperatura scende tanto che quando respiri si formano delle piccole nuvolette di vapore attorno al viso.
Sorrido ogni volta che, con disapunto di mio padre, tratteggio disegnini stupidi che grazie alla condensa rimangono impressi sul finestrino della macchina.
Non riesco a fare a meno di quel periodo magico prima di Natale, quando tutto sembra perfetto e sai che qualunque cosa possa succedere te la puoi cavare.
Insomma l'Inverno è la mia stagione!
E proprio in questo periodo ho incontrato una persona speciale che, in qualche modo, mi ha cambiato la vita.
Vivere in una città come Parigi ti da molte possibilità, non senti il bisogno di lasciare tutto e tutti perchè ti senti soffocata come succede spesso nei piccoli paesi di provincia.
Qui non mancano le opportunità di vivere a pieno tutto quello che sei. Puoi passeggiare per le strade, confonderti tra i turisti, e "vivere" a modo tuo una città che tutti vorrebbero conoscere
proprio come la conosci tu, sentirla come la senti tu.
Mi chiamo Simone e sono nata a Parigi 21 primavere fa.
Studio psicologia da due anni, ma vorrei tanto potermi guadagnare da vivere scrivendo romanzi.
Vivo con mia madre a la mia sorellina più piccola, mio padre ci ha lasciate circa cinque anni fa, divorziando da mia madre per una donna più giovane.
Si sono sposati e tutte le estati io e mia sorella siamo costrette a trascorrere due settimane con la coppia felice, che di felice in realtà non ha nulla.
Passo tutte le mie domeniche seduta su una panchina dei giardini che dividono il Trocadero dalla Tour Eiffel, mi piace sedermi e leggere mentre il mondo mi passa davanti.
Ogni domenica un libro nuovo, oggi mi sono portata "Moby Dick" un libro decisamente sottovalutato. Non è certo una favoletta per bambini.
Come al solito mia mamma a quest' ora mi sta chiamando, sento il cellulare vibrare nella tasca dei jens larghi e logori.
"Pronto"
"One, dove sei? Fra un'ora si cena" adoro mia madre, veramente, ma vorrei tanto che vivesse la sua vita invece di continuare a metter becco nella mia.
"Sto arrivando, tra venti minuti sono li, promesso"
"Oh, tanto lo so che non è cosi...Stai ancora perdendo tempo a leggere su quel maledetto pezzo di legno scrostato. Dovresti impiegare meglio il tuo tempo, studiando per esempio!"
"Mamma, non tocchiamo l'argomento ti prego. Ho detto che fra venti minuti sono a casa, è cosi sarà"
"Ok, allora ti aspettiamo"
Non so veramente come faccia ad essere cosi irritante. Una cosa che proprio non accetto è che si parli cosi del mio rendimento, studio e porto a casa dei bellissimi voti
quindi non so perchè sprechi tanto il fiato quella donna.
Mi incammino verso la stazione del metrò, c'è ne una  proprio accanto all'entrata del Trocadero. Un'altra cosa bella di vivere inuna città guarda come Parigi è che i mezzi di trasporto
sono comodi e veloci.
In meno di quindici minuti arrivo a casa e, anche se il mio vagone straripava di gente, non ho resistito dal finire il capitolo di Moby Dick che stavo leggendo.
Anche se godersi un tale capolavoro, inpiedi, sotto l'arcata ascellare di un tedesco che non vede una saponetta da settimane, non è il massimo.
Vivere qui mi ha insegnato a superare con facilità le persone che ho davanti, infatti so svicolare senza problemi tra la folla e sono subito all'aria aperta.
Contro ogni previsione sono in perfetto orario, credo sia la prima volta.
Casa mia è proprio dietro l'angolo, già intravedo l'edificio rosa e bianco dove vivo. Quarto piano, senza ascensore naturalmente, ma tutto sommato non cambierei casa mia
con nessun'altra abitazione al mondo.
Il mio piccolo mondo è stato arredato da mia madre quando ancora ero in fascie. Quando osservo gli oggetti sparsi per casa tutto mi racconta lei.
Il pavimento è rigorosamente ricoperto di un parque che scricchiola ad  ogni passo. Le pareti rosso scure e arancio conferiscono all'ambiente un calore abbagliante.
Non essendo un'amante dell'arte, mia mamma, ha riempito le pareti di nostre fotografie. La cosa più strana di casa mia rimane però l'albero che ho nel bel mezzo del soggiorno.
Si, ho proprio un albero in casa. Qualche anno fa mia zia ci regalò un piccolo albero di limoni ...non è mai stato tolto dalla stanza. Ora sta vicino alla finestra,
da dove può prendere il sole, dentro a un enorme vaso di ceramica blu.
E' impossibile entrare di soppiatto nel mio appartamento, non appena ci metti piede le vecchie assi del pavimenti scricchiolano a più non posso.
Evidentemente anche mia mamma è parecchio sorpresa che io sia in orario, infatti la sento urlare dalla cucina un "Chi è?" sorrido davanti alla sottile incoscienza di quella donna
sulla quarantina. Chi vuole che sia? Aspetta solo me, e io sola ho le chiavi di casa.
"Jane Austen" urlò in risposta mentre rimetto apposto il libro di Moby Dick nella libreria che sta proprio davanti alla porta d'ingresso.
"Si, ti piacerebbe!" mi dice sporgendosi nel corridoio per rinforzare la battutina con una linguaccia.
Non c'è niente da fare, mia mamma non vuole che io viva di quello che scrivo, e fa di tutto per tenermi con i piedi per terra.
Senza badare a quello che dice mi incammino verso la cucina e, sedendomi su una degli sgabelli, afferro un chicco d'uva dall'enorme grappolo riposto sul centro tavola.
"One, si mangia fra dieci minuti" mi rimprovera mia mamma. Dio, sembra non essere in grado di fare altro.
Non ho tempo di lamentarmi come al solito che mia sorella fa il suo ingresso nella stanza. Ha solo tredici anni ma ne dimostra molti di più.
E' completamente diversa da me, si dice che le sorelle maggiori siano i modelli di quelle più piccole, nel nostro caso sono io che dovrei prendere da lei.
A differenza di me, che porto sempre scarpe da ginnastica jeans larghi e t-shirt, si veste come una vera signorina. Fin troppo per la sua età secondo me.
Valerie porta sempre la gonna e le scarpe con un po di tacco sono un'arma che non può mancare nel suo "arsenale".
I capelli lunghi e un po' mossi le incorniciano un visino che sembra fatto di porcellana bianca. Insomma è una bellissima ragazzina e fra qualche anno sarà una bellissima donna.
"Ciao Sim, come mai oggi non sei in ritardo?" mi chiede sorridendo mentre prende posto accanto a me.
"AH AH AH" rido sarcastica "Dai per una volta posso anche arrivare in tempo, non mi sembra una cosa così brutta,no?"
"No, no. Ma di questo passo farai piovere e io stasera ho un appuntamento!" ecco, sapevo che ci doveva essere sotto qualcosa. Com'è possibile che la mia sorellina di tredici anni
cambi un ragazzo a settimana e io che ne ho ventuno non riesco a trovare uno straccio di uomo. Non che ce ne siano in circolazione che mi interessino...
"Sentiamo, chi è la tua vittima stavolta?"
"Lo conosci bene. E' John, quello del sesto piano" conosco John in effetti ma credevo che fosse molto più grande di mia sorella.
"Ma non è molto più grande di te?"
"Ha diciassette anni" mi risponde tranquillamente.
Io sono sconcertata, non dalla sicurezza con la quale mia sorella ha parlato, ma dal fatto che mia mamma non ha detto nulla a riguardo.
Insomma, quattro anni di differenza nella fase dell'adolescenza sono tanti. I ragazzi di quell'età non credo mirino a passeggiare mano nella mano guardando la luna.
"Mamma!!!" la vedo voltarsi verso di me quasi spaventata dalla mia reazione, possibile che non se ne renda conto? "Fai uscire Val con un ragazzo di diciassette anni???"
"Non dovrei?" mi chiede pensierosa "Non credo ci sia niente di male" aggiunge vedendomi corrugare la fronte scettica "Tua sorella è molto matura per la sua età, sa quello che fa,
a differenza di una signorina che conosco io" mi sembra giusto, adesso mi fa anche la predica perchè non esco con i ragazzi come fa mia sorella.
"Ti prego non tocchiamo l'argomento, sai bene come la penso. Ad ogni modo sei tu sua madre quindi sta a te decidere se riporre o no fiducia in una bambina"
"Io non sono una bambina" urla Valerie, perforandomi quasi un timpano.
Non voglio ferirla ma lei è una bambina. E' una bellissima bambina che ha tanta voglia di crescere.
Non le dico nulla, mi alzo e mi dirigo verso camera mia, le discussioni prima di cena mi bloccano lo stomaco.
"Chiamatemi quando è pronto" dico mentre mi sto già chiudendo la porta alle spalle.



Capitolo  assolutamente introduttivo. Diciamo che è una sorta di "capitolo pilota" come quando fanno gli episodi pilota per vedere se un programma televisivo piace.
Ecco, voglio sapere se questo capitolo vi piace :)





  
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