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Autore: Amantea    22/01/2017    11 recensioni
La storia ha inizio dal famosissimo episodio 35 dell’anime, “Accusa di tradimento” (23 giugno 1789).
Riprendo un’idea che avrei voluto sviluppare in un’altra mia long, ma qui ne faccio una storia a se stante. E come in altre mie storie, mi piace ricostruire l'episodio, restando fedele ai dialoghi e al dipanarsi della trama… fino a un certo punto ;)
"Un lampo, e un altro ancora.
Lo studio del Generale si illumina a tratti, un’acquaforte sinistra di chiaroscuri, che la luce tremolante dei candelabri ingentilisce a stento.
Oscar siede, immobile. Osserva il padre [...]".
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Generale Jarjayes, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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IN NOMINE PATRIS



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L'acqua è fredda sulla divisa, il filato grezzo del cappuccio si incolla ruvido alla pelle, odora di nulla e d'acqua.
Cosa mai deve nasconderle alla vista che il buio non copra già?
Una mano la afferra per una gamba, la induce a scendere, trattenendola poi ben salda per i polsi.
- Forza, muoviti! -.
Procede a passi incerti, invece, perché scivolano i tacchi di cuoio sul terreno. Intorno, sbuffi di cavalli, qualche colpo di zoccolo al suolo, rumore di fango e pioggia.
- Siete un elemento pericoloso, Jarjayes. Troppo fuori controllo per lasciarvi a Parigi -.
Oscar arresta il passo, la voce proviene da un punto indefinito del niente che la avvolge, ma che sembra quasi ovattato, non allo scoperto come la voce della guardia che poco prima le ha intimato di muoversi, e in fretta. Ha la consistenza altera e sprezzante di un uomo, un uomo di potere.    
    Questa voce, eppure...
Non replica, e qualcuno la spinge, lo stivale incespica, c'è un predellino. Le abbassano la testa in malo modo, e lei si accomoda imprecando a denti stretti, uno scatto del braccio per liberarsi, una reazione inutile, lo sa benissimo. L'hanno buttata dentro a una carrozza, la bocca di una pistola a premerle il petto. Conta i passi, altri due uomini si sono accomodati con lei.
Fruscii di stoffe contro stoffe, stivali che si assestano sul pavimento, un rapido scambio di battute, e poi uno scossone, un altro, la carrozza che si muove, ondeggia, e la trascina via, in un buio che non ha direzione.

- Rientriamo in casa, André -.
Il Generale volge rapido le spalle, non ammette repliche.
- Ho i cavalli qui fuori, pronti, posso seguirla! -, insiste André, il tono concitato.
- No. Sono troppi, armati ed è buio. E tu sei solo -.
Entra in casa senza indugiare oltre. La nonna aspetta sull'uscio, il grembiule fra le mani, il volto sconvolto.
Osserva il nipote che corre verso le scuderie, per poi riapparire poco dopo a cavallo, sparire oltre il cancello.
L'impulso di seguire le tracce, se solo non piovesse così forte... Il fango trattiene la memoria dei segni, e delle impronte. Quante volte da bambini hanno scovato volpi e tassi nel bosco, all'alba, seguendo quei piccoli familiari solchi nella terra piena dell'umidore della notte.
Ma adesso non distingue alcun suono che non sia lo scrosciare impetuoso contro le foglie e i cespugli, piegati da quel sipario indistinguibile di gocce. E il suo occhio... il suo occhio distingue a malapena i contorni più scuri degli alberi dal nastro scuro della terra che ha sotto agli zoccoli.
    Non ti lascio Oscar. Io non ti abbandono.
Si arrende di fronte a quel vuoto inespugnabile. I pugni scendono, il volto si china sul petto, le redini si abbandonano sul collo lucido del cavallo.
Non è che l'inizio. Nulla è perso per davvero.
    Sentimi, Oscar.
Senti il tuo André. Dentro, proprio lì, nell'anima.
Chi ama non è mai solo.

Quando Andrè rientra a casa, il Generale lo sta aspettando. Si è acceso la pipa, e la aspira ad occhi chiusi, seduto. Il documento giace sul tavolo, i bordi ancora leggermente incurvati.
Si accorge del volto mesto del ragazzo, ma non ne fa parola. Lo aveva avvertito che sarebbe stato inutile inseguirla. Tuttavia pare che quella sera André non abbia in serbo che azioni istintive e illogiche.
- Ti gioverà una notte di riposo e riflessione, André -, lo ammonisce senza severità.
- Farò di tutto per ritrovare Oscar -.
- Non ne dubito, ragazzo. Questa lettera ha cambiato radicalmente la mia posizione, e anche quella di Oscar. Gli ordini del Re sai bene che non si discutono -. Gli getta un'occhiata allusiva. Oscar ha fatto l'opposto, per ben due volte.
- Se il Re ha deciso che Oscar debba essere punita per la sua insubordinazione e dissobedienza, non posso che accettare le sue decisioni. Qualunque esse siano. Ma non posso obbligare anche te ad accettarle -.
Un fumo chiaro e speziato si leva dalla pipa.
- Io sono troppo vicino al Re per poter fare qualcosa. Mi capisci, Andrè? Non posso agire direttamente. Non posso compromettermi più di quanto non abbia già rischiato di fare -.
- Sì, lo capisco, Generale-.
- Ma tu sei un soldato della guardia, vivi in caserma e prendi ordini dal tuo Comandante di Brigata... non rendi conto a me delle tue azioni fuori da questo palazzo -.
Il generale liscia con le dita la carta umida della lettera, ne scorre le righe con gli occhi, si sofferma sul sigillo di ceralacca spezzato, osserva la firma di Sua Maestà.
- Mi hai capito, André? -.
André ha capito perfettamente. Se non altro, il Generale non lo ostacolerà.
Si inchina per congedarsi, sente freddo adesso, e non è solo la divisa bagnata che gli pesa sulla pelle.
- Un'ultima cosa, André -.
- Sì -.
- Se tu fossi stato un nobile... -. Il generale non riesce a terminare la frase. Forse è di nuovo solo un padre, in quel momento.
    Se fossi stato un nobile, avrei potuto sposare Oscar.
- Vi ringrazio. Grazie -.
Non vede la mano che si porta al volto e lo nasconde, l'altra
con la pipa che si arrende sul tavolo, e le rigide, larghe spalle, che tremano lievi, quasi pudiche del proprio abbandono alla commozione.
André è rimasto ad occhi bassi, mentre un sorriso amaro flette la linea piena delle labbra. Si inchina di nuovo, abbandona la stanza.
La nonna gli si fa incontro, ha dei vestiti asciutti per lui.
- La mia bambina, André, la mia bambina, che ne sarà di lei? -, domanda, mentre gli porge gli abiti ben ripiegati, una carezza veloce sulla sua guancia ruvida.
- La ritroverò nonna, te lo prometto. Non le succederà nulla di male. E poi Oscar sa badare a se stessa, vedrai, se la caverà -.
- Togliti questa roba di dosso, o ti ammalerai, e non potrai più aiutare la nostra Oscar! -. lo rimprovera poi bonariamente, piccole spinte per sollecitarlo a darle ascolto e correre in camera.
- Asciugati bene, mi raccomando! E vieni a mangiare qualcosa. Sei dimagrito. Anche Oscar è dimagrita. Vi danno da mangiare in caserma o no? Oh, povera me, i miei bambini, i miei bambini, come farò! -, aggiunge, un pugno a battersi il petto, quasi a trattenersi il cuore, così minuto, al pari di lei, eppure così pieno di dolore.

Il camino è acceso. Deve averci pensato la nonna.
Un lieve tepore lo accoglie nella stanza.
André richiude il legno alle sue spalle, avanza verso il fuoco. Sistema una sedia verso il camino.
I suoi gesti sono lenti, quasi costassero un'enorme fatica. E in effetti sente i muscoli che dolgono, le gambe pesanti, la testa che pulsa. Come se una febbre gli stesse salendo da dentro, mordendogli la carne. Si tocca la fronte, è calda. Sente il viso in fiamme. un malessero che lo pervade lento e si insinua in ogni vena.
Sospira.
Avrebbe voglia di urlare e di imprecare. Non è da lui, non lo ha mai fatto. Ha gridato, sì, una volta, contro il cielo, ubriaco, reggendosi a stento sul dorso di cavallo. Ha gridato di rabbia, di dolore, di pietà per se stesso. Ma nemmeno i problemi all'occhio lo hanno fermato. Ha la tenacia di coloro che non hanno nulla se non un unico scopo nella vita, e lui il suo scopo ce l'ha ben impresso nella mente. E quella tensione -quel suo restare tenacemente attaccato a questa terra- ha un nome ben preciso.
Si toglie la giacca, sbottonandola con lentezza. Man mano anche la camicia, le culottes, le calze, ogni indumento scivola in terra, e poi finisce sulla sedia, ad asciugare, gli stivali accosti al focolare.
Le assi di legno sono umide, un brivido gli sale fino alla schiena. Si avvicina al fuoco, quel tanto che basta a scaldare la pelle fredda, senza avvertire troppo calore. Ha il corpo snello, muscoloso, definito. Piccoli solchi bianchi, le cicatrici degli allenamenti, solcano oblique la pelle ambrata delle braccia e del torace. La schiena si dipana nella schiera dei muscoli, slargati sul dorso e le spalle, accavvallandosi in fossette d'ombra. E il torace, asciutto, scivola in una conca d'aria trattenuta e tesa.
Lo stomaco è contratto, il volto teso.
L'angoscia è il non sapere dove Oscar sta per essere condotta. Saperla sola e indifesa gli dà un dolore sconosciuto, che stride nella gola. E' sempre stato al suo fianco. L'ha sentita in pericolo prima ancora che lei lo fosse, come quella volta che Oscar era andata da sola a catturare Jeanne Valois, ed arrivò appena in tempo prima che il monastero saltasse il aria con tutti loro al proprio interno.
E allora forse l'angoscia che sente, la febbre che lo assale, sono anche l'angoscia di Oscar. Forse neanche Oscar sta bene in quel momento. Forse sta tremando, ha freddo, tutta bagnata di pioggia, o peggio, ha la febbre.
Non l'ha vista in salute negli ultimi tempi. La magrezza che ha notato la nonna l'ha notata anche lui. Hanno passato intere giornate sotto l'acqua per sorvegliare il palazzo dell'assemblea, saltando pasti e turni di riposo.
    Il nostro Comandante è molto pallido. Non te ne sei accorto, André?
Ad Alain non sfuggiva nulla. Non aveva una gran delicatezza nell'esprimersi, ma certamente sapeva inquadrare immediatamente le situazioni.
Sospira, ancora, le mani sul volto.
Attraversa coi polpastrelli la cicatrice nodosa sul volto, sfiora i capelli umidi, che l'acqua ha reso più lunghi.
L'occhio mette a fuoco il gioco di scintille e lingue incadescenti, osserva le ombre che si allungano sul pavimento, i riflessi cangianti sulle gambe nude. Deve riuscire a fermare i pensieri, bloccare il battito inconsulto del cuore. Deve riuscire a ragionare, fare ordine nell'incastro di sensazioni che gli hanno artigliato le viscere.
    Pensa ai tuoi compagni André. Salva Alain e gli altri! Salvali, André!
Alain e gli altri non possono morire. Oscar non lo avrebbe permesso, e non dovrà succedere.
Ma come arrivare alla Bastiglia? Come riuscire a liberarli?
E poi deve pensare a chi potrebbe avere informazioni su Oscar e la sua destinazione.
Tra le poche quasi certezze che André ha, è che Oscar non sia stata condotta a Parigi. Certo non può fare una richiesta diretta a Sua Maestà, tanto più che il luogo è segreto. Ma sono soldati della guardia quelli che sono venuti a catturarla. Dunque, Bouillé o Girodel dovranno pur sapere qualcosa.  Forse riuscendo ad avere una mappa dei luoghi di confino...
La testa pulsa ancora.
    Coraggio, André!
Lo aspetta una lunga notte, ne è grato. Ore per pensare, per pianificare. Per mettersi nei panni di Oscar, agire come avrebbe agito lei.
La pelle si è asciugata. Il corpo risplende al riverbero caldo del camino, il battito si placa un poco.
Si riveste, gli abiti profumano di casa.

La carrozza arresta la sua corsa.
Oscar ha il corpo indolenzito, la testa che le duole. La rabbia e l'inazione si sono trasformate in sangue amaro, che ora preme alle tempie con forza. Le hanno lasciato il cappuccio per tutto il viaggio, e non saprebbe dire quanto è durato. La carrozza ha fatto una sosta, ha sentito scendere le guardie che erano con lei, e salirne altre. Se ne è accorta per l'odore diverso che avevano, per il modo differente in cui si sono accomodate -pesi diversi probabilmente -.
Nessuno le ha chiesto nulla. Ha sentito ridacchiare, più volte, a mezza gola, qualche colpo di tosse, e poco altro.
Potrebbe essere ovunque.
Lo sportello si apre, scendono le guardie prima di lei, poi la tirano per un braccio, non inciampa solo per pura fortuna nel gradino, rumore di sassolini sotto agli stivali. Non piove più, c'è un lieve chiarore da sotto il cappuccio, forse è mattina presto, non saprebbe dire.
Sente aprire un cancello, poi di nuovo ghiaia sotto ai passi, profumo di siepi aromatiche.
Qualcosa che cigola, poi si richiude. Una porta che si apre.
Il cappuccio le viene tolto in malo modo, la luce le ferisce per un istante gli occhi.
L'impeto di ribellarsi le smuore tra le labbra.
Lo sguardo le rimane affisso alla figura che le si è parata davanti, sull'uscio di legno e ferro spalancato nella pietra rosata dell'edificio che ha di fronte.
- Benvenuta al Convento di Royaumont, Madamigella Jarjayes -.



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Grazie di cuore a tutti voi che leggete e commentate, e che siete sempre di più a preferire e seguire.
Da qui inizia la storia vera e propria.
Un abbraccio
Amantea
   
 
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