Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: BellinianSwan    26/01/2017    1 recensioni
"Posò poi lo sguardo su di un ritratto che lo attrasse magneticamente con cieca irrazionalità. Vide due occhi neri fieri, apparentemente impregnati di uno scopo, di un mordente per cui vivere, allargò lo sguardo all'intera figura e si sentì ancora più solo al mondo, lei, chiunque fosse sembrava esperta dell'arte del vivere, quell'arte che era sempre stata refrattaria ad adattarsi alle sue sgradevoli sembianze. Eppure, uno sguardo più attento mise in luce gli angoli della sua bocca, carnosa e ben disegnata, leggermente piegati verso il basso, in un vano sforzo di resistere. [...] Sentì quella figura nel ritratto vicina, dannatamente vicina eppure distante anni luce, a causa di quella vaga luce che le ardeva negli occhi. Lei nonostante tutto aveva trovato un mordente, o forse indossava una maschera oramai divenuta un tutt'uno con il suo volto fiero."
- Gertrude Degl'Innocenzi è stata ispirata al personaggio protagonista del manga "La Rosa di Versailles", Lady Oscar -
Genere: Azione, Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

"Amico mio... se sei da solo... io sarò la tua ombra... se vuoi piangere, sarò la tua spalla; se desideri un abbraccio, sarò il tuo cuscino; se hai bisogno di essere felice, io sarò il tuo sorriso; ma in qualsiasi momento avrai bisogno di un amico, mi limiterò ad essere me stesso."
Anonimo

 

 

Quasi un anno più tardi.

 

 

Giacomo salì rapidamente le scale di palazzo Targioni Tozzetti, stringendo quasi convulsamente fra le mani una serie di manoscritti di grande valore, che aveva procurato con non pochi sforzi, ma il sorriso di lei gli avrebbe fatto dimenticare ogni fatica, era taumaturgico. Incrociò suo marito sullo scalone, si sentì avvampare, data l'occhiataccia che gli penetrò fin dentro alle ossa. Fanny aveva ricevuto alcune amiche nel suo salotto e quel pomeriggio uggioso prendeva tranquillamente il tè in loro compagnia. Giacomo bussò ripetutamente, ossessivamente. Il maggiordomo gli aprì la porta, seccato da tanta insistenza. 

- Ho ciò che volevate, contessa, fino all'ultimo manoscritto autografo. Ne siete contenta, n'è vero? Sono un poco rovinati e sgualciti, ma vi giuro che... insomma posso procurarvene anche altri... 

Iniziò ad ansimare leggermente, le signore presenti arricciarono il naso, stupite da tanta sollecitudine. Fanny gli venne incontro, con un sorriso quasi nervoso sulle labbra rosse come le rose. 

- Conte, vi ringrazio della vostra disponibilità. Con questi ultimi autografi, credo di aver tutto ciò che ho sempre desiderato!

- Dunque... ne siete felice? - Chiese quasi ansimando in preda all'ansia - Se... se volete altro, non esitate....

- Sì, Conte, ne sono davvero felice. E adesso che ho tutto, non credo vi sia più bisogno che veniate a farmi visita... Non ho nulla contro di voi, sia ben chiaro! Ma... sapete... mio marito...Balbettò infine, mettendo su l'aria da mogliettina fedele casta e pura (che non era neanche un po'), sbattendo più volte le lunghe ciglia. Giacomo sentì le labbra tremargli convulsamente, non sapeva nemmeno lui se per il dolore o la rabbia di essere stato sfruttato miseramente e senz'alcun ritengo. 

- Ma io.... non ho mai... - Mormorò, ancora incredulo. - Non importa. 

Concluse con la voce incrinata, e uscì in fretta dal palazzo senza nemmeno salutare, Fanny, dopo che fu accompagnato fuori, si voltò verso le altre donne presenti e si mise a ridere di lui meschinamente con le amiche che ridacchiarono anche loro, sommessamente dietro ai ventagli. Il poeta uscì dal palazzo con passo sostenuto, sentì che le lacrime rigargli il volto senza permesso, rigandogli il volto. Sapevano dell'amarezza dell'umiliazione. Non riuscì a mantenere un pianto composto e dopo poco singhiozzò, inghiottito dalla rabbia e dalla vergogna per gli sguardi dei passanti puntati addosso. Caso volle che Gertrude in quel momento passasse proprio di lì. Si fermò al suo fianco, guardandolo con aria austera da sotto la feluca piumata. Lo fissò semplicemente.In silenzio.

Giacomo si sentì osservato e cercò di andarsene coprendosi con le mani il volto arrossato dal pianto e dall'imbarazzo.

- Eccellenza! 

La ragazza lo chiamò prima che potesse andarsene. Si voltò di scatto, senza togliersi completamente le mani dal volto. Lei gli porse la mano. 

- Venite, vi porto via di qui. 

Lo aiutò a salire sul cavallo e lo accompagnò in un vicolo, un po' isolato, dove non passava nessuno. Scese e lo aiutò a scendere, prendendolo letteralmente tra le braccia di peso.

- Perché piangete?

- Gertrude... - Mormorò fra i singhiozzi. - Temevo di non rivedervi mai più... - si strinse convulsamente alle sue spalle. - Sono uno sciocco. Mi sono reso manipolabile come un balocco ed ora rimpiango molte cose...

- Senza di me, voi siete perduto. Siete un debole. Vi lasciate trattare come un burattino da una donna. - Gli disse dopo che furono scesi, legando il cavallo ad un palo lì vicino. - Che ci fate a Firenze? Siete tornato da Viesseux? 

Erano passati solo tre anni ma in quei tre anni la sua voce si era fatta più profonda. Giacomo sentì un nuovo senso di irritazione percorrergli l vene.

- Non sono affatto debole! Ho commesso un errore, tutto qui. Ad ogni modo... sono tornato a Firenze per tornare a vivere. Recanati mi stava consumando definitivamente.

- Ah. - Incominciò lei incrociando le braccia al petto. - Capisco. Comunque, l'inverno è brutto qui. A volte piove per giorni. Vi conviene prepararvi bene se avete intenzione di rimanere ancora per un bel po'.

Si manteneva leggermente distaccata.

- Vi ringrazio del consiglio... - Mormorò calmandosi un poco. - Da quando sono ritornato, noi... ci siamo già visti?

Non credo. - Mentì lei. - Se volete venire a cercarmi, non vivo più nel palazzo. Sono un Luogotenente e debbo stare il più possibile vicino a Sua Grazia il Granduca.

- E... vostro padre? 

Azzardò Giacomo senza osare guardarla negli occhi.

Gertrude slegò il cavallo e vi risalì. 

- Questa è una zona di servizio, potrete trovare una carrozza che vi riporti a casa. 

Disse dirigendo il destriero verso lo sbocco del vicolo e quando fu in posizione per poter scattare via, rispose alla sua domanda che il poeta le aveva posto poco prima:

- Mio padre è deceduto, Eccellenza.

E mandò il cavallo al galoppo, scomparendo tra la polvere del meriggio.

Giacomo pagò il cocchiere di una carrozza appostata pochi metri più avanti, aveva gli occhi sbarrati, quella giornata era stata troppo per lui. 

- Buon uomo - Chiese al cocchiere. - Le guardie del Granduca vivono a palazzo?

Chiese, pressoché disperato. Aveva paura di non rivederla mai più.

- No, signore. Vivono in una caserma vicino al palazzo.

- Dista molto da qui? 

Aggiunse senza riuscire a calmarsi

- Volete che vi ci porti?

- No... non ora... chiedevo solo se fosse distante dal gabinetto Viesseux... 

Mormorò pensieroso

- Non molto, Signore. Dove volete che vi porti?

Giacomo gli comunicò l'indirizzo dell'appartamento e chiuse gli occhi, abbandonandosi al rumore delle ruote sul selciato. Dopo circa mezz'ora arrivarono a destinazione e la vettura si fermò giusto davanti alla porta. Scese in fretta, desideroso di nient'altro che un bagno e un giaciglio. Avvertiva ostile tutto ciò che c'era lì fuori, un mondo crudele pronto a sfruttare la sua sofferenza per interessi inconoscibili, per vigliacco opportunismo o per meschina civetteria.

 

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: BellinianSwan