Capitolo 4:
-Allora
Melek, parla- ordinò con tono perentorio una scura figura incappucciata- I tuoi
amici si sono dovuti sottoporre allo strizzamente perché non parlavano…quasi li
ho uccisi! Adesso sono in infermeria al campo e perciò ho quattro mani in meno
e due uomini da rimpiazzare per qualche giorno! Ma io non ho uomini per
rimpiazzarli…Non fare lo stesso errore. Parla. Cosa ci facevi dall’altra
parte?-
-Anche
sotto tortura non parlerei! Non ritengo opportuno riferire a tiranni come te-
Melek alzò la testa –Anche se sono legato ad un palo non ho paura!-
-Andiamo
vecchio mio, guardati intorno: è da ieri sera che sei nelle segrete del palazzo
reale, sono umide e fredde; meglio un bel letto morbido in una tenda, lassù,
qualche metro più in alto, al calduccio della primavera! PARLA!-
Il cambio
di tono non fece spostare di un millimetro la mimica facciale del prigioniero.
Scosse la testa per liberarsi dei ciuffi che ricadevano sulla fronte in maniera
scomposta. Alzò nuovamente gli occhi e osservo il basso soffitto pieno di
ragnatele e si immaginò quante persone quei ragni avevano visto passare.
-Fai
quello che ti pare, ma non tradirò gli Elfi, né tantomeno me stesso-
-Non sei
facile da persuadere, Melek, devo ammetterlo. Adesso dovrei ucciderti. Ma ho
bisogno di te, lo sai perfettamente. Lo so che lo sai. Dimmi che cosa stavi
facendo e ti lascerò libero- provò di nuovo la figura. Nell’ombra del cappuccio
e di una maschera due occhi rossi rilucevano bramosi di vederlo cedere.
-La mia
risposta l’ho già data e non ritengo opportuno aggiungere altro-
-Te ne
pentirai, mago, te ne pentirai! GUARDIE, PORTATELO IN SALA TORTURE-
-Subito
signor Conte- le guardie slegarono Melek, che non oppose resistenza. Non
avrebbe avuto senso comunque. Tanto non aveva intenzione di parlare. Il
cancello si richiuse ferraginosamente dietro la piccola scorta. Le torce
illuminavano l’angusto e umido corridoio che collegava le celle vere e proprie
con la sala torture; sul pavimento resti di morti e topi che zampettavano qua e
là alla cerca di resti di cibo. I passi risuonavano e rendevano lugubre il
tutto. Ma Melek non pensava alla lugubrità del luogo, ma alle principesse, e
sperava che avessero seguito il suo consiglio.
***
-Nell,
sveglia, sono le sette!! È ora di alzarsi- biascicò Danielle stiracchiandosi
sul suo letto.
-Ciao,
come va?-
-Bene, se
non fosse che mamma ha deciso di segregarci per un mese in casa a causa di iere
sera! Scuola e basta…non possiamo tornare a casa non un minuto più tardi!
Immaginati che barba…-
-Non
intendevo in quel senso…insomma, dopo l’inconrto di ieri sera…-
-Non
riesco a crederci, nonostante che abbiamo il libro-
-Già, che
hai intenzione di fare tu??? Dovremo tentare di andare all’appuntamento o
no???-
-Nell, non
lo so…quello che so è che non ho le idee cheiare…insomma, un uomo appare dal
nulla, ci dice che non siamo di questo mondo, sparisce sotto i nostri occhi,
possediamo un libro che urla, abbiamo pure un presunto incidente alle spalle,
almeno secondo nostra madre…-
-Non
capisco neanche io…secondo me dovremo provare…non vedo molte possibilità per
capire-
Quella
mattina passò angosciosamente e senza molta attenzione. L’irrequietezza era
padrone del loro cervello e non riuscirono a pensare ad altro che al misterioso
Melek, l’uomo che le aveva cambiate in così poco tempo, l’uomo che le aveva
messe in una strana e oscura situazione.
Dopo
cinque ore di scuola la casa sembrò ad ambedue la loro salvezza, anche se
teoricamente e praticamente la loro prigione
-Ecco le
due brave bambine- la voce sarcastica della madre era inconfondibile anche
dall’altra parte della casa.
-Danielle,
andiamo, veloce- mormò la bionda con un gesto che non lasciava spazio ai dubbi.
Coresero in camera e si chiusero dentro, prima che la madre potesse vederle.
-Nervose,
eh???- fu quello che gridò la donna alla porta chiusa.
Il tempo
cominciò a passare inesorabile.
***
-Siamo
arrivati, prigioniero, muoviti- e la guardia gettò avanti con una spinta Melek,
che cadde a terra e vi rimase, legato.
-Non
riesci nemmeno ad alzarti, mago? Su, facci vedere i tuoi poteri. E non ti
conviene fare tanto il nobile-
-Non mi
servirebbe rialzarmi. E se devo salvare qualcuno, e per salvarlo devo soffrire,
così sia: per questo mondo c’è di nuovo una speranza. Non voglio fermarla ora.
Comunque non parlerò. Morirei per questo… e ti assicuro che non scherzo- fu
l’amara risposta dell’uomo
-Se la
metti in questo modo, mago, allora non c’è nient’altro da fare. Portatelo alla
ruota-
La ruota
era un grande, enorme attrezzo metallico. Era ricoperto di sangue. Tutto delle
povere persone delle quali il Conte non aveva avuto pietà. Melek venne legato
stretto al ferro freddo della ruota. Le guardie si posizionarono e la tortura
lentamente cominciò. La ruota si muoveva prima lentamente, poi sempre più
veloce, sempre più veloce. Dopo poco la testa del mago cominciò a far male.
Pulsava e gli girava maledettamente. Cercò fin da subito di mantenere il
controllo sul suo corpo: non voleva, non doveva e non poteva cedere. Né ora, né
mai. Doveva essere certo dell sua missione. Provò a trovare la concentrazione,
l’arco doveva essere creato. Al suo cervello stavano arrivando segnali di
scombussolamento. La nausea cmoinciava a farsi sentire, lì, nell’esofago,
pronta a salire. Strizzò gli occhi e lottò contro un prepotente senso di
vertigini. La ruota girava incessantemente, sempre allo stesso ritmo. I minuti
scorrevano lenti, sembravano infiniti, quasi come se il tempo si fosse
bloccato. Le vertigini aumentavano, la nausea saliva, la testa faceva ancora
più male. Quell’attrezzo non causava danni permanenti, ma certo non era affatto
piacevole. Non era concentrato, e si fece coraggio. I suoi arti tirati
sembravano chiedere una possibilità alternativa alla rottura. Il tutto era
complesso. Doveva calmarsi, cavolo, doveva calmarsi; non era in grado di
creare? Doveva provarci…e ancora e ancora. Finchè non riusciva. Il prezzo era
caro, ma forse ne valeva la pena. Tentò di far affluire la magia fino al cervello.
Un senso di calore stava arrivando ai suoi neuroni. Poi un colpo violento nello
stomaco. Forte, imprevisto e troppo doloroso. Una terza guardia, che era
arrivata evidentemente per assistere allo spettacolo, aveva ben pensato di
colpirlo con una mazza. E la ruota continuava. Oramai la nausea era
intrattenibile e gli urti di vomito non si fecero aspettare. Chiuse gli occhi,
li strizzò. Ce la poteva fare. Isolare il dolore. Isolare il dolore. Il calore
si era bloccato. La testa si faceva pesante. Passi, sicuri, leggeri. Era quasi
sicuramente il Conte. Stava tornando a controllare il suo stato. Si sentì un
lontano saluto. A fatica l’uomo alzò la testa.
Non aveva
mai guardato il Conte in faccia. Era sempre coperto da una maschera o portava
il cappuccio. Anche prima del colpo di stato non l’aveva mai visto. Sfuggiva
sempre ai suoi sguardi, era sempre da parte. Alzò la testa, sicuro che anche
stavolta non avrebbe fatto eccezione. Ma la tenue luce rivelò un volto
scoperto, con i tratti stranamente familiari. Gli occhi lo sfidavano, così
pareva. Un sorrisetto malefico, ironico e assolutamente odioso gli solcava la
faccia da parte a parte come una piaga. I suoi lineamenti gli erano familiari,
ma non riuscì ad afferrare a chi assomigliava. Quell’orreibile persona si allontano
da lui e si sistemò da una parte. Melek riabbassò la testa e respirò
pesantemente. Il dolore era onnipresente, non aveva più il senso del tempo,
chissà che giorno era, se erano passate ore o minuti. Isolò la nausea, il
pulsante dolore e con molta molta fatica sentì che il calore affluiva in lui e
che un arco si formava dall’altro capo del mondo. Cosa diavolo avessero
combinato intanto quelle due gli era ingoto, ma sperava bene per loro. Il Conte
bloccò le guardie e la ruota si fermò. Il prigioniero potè rilassarsi per una
frazione di secondo. Poi fu trasportato su una piattaforma, ampia e consumata.
Quando lo appoggiarono, Melek fece una smorfia.
-Ancora
convinto mi pare eh???Non resisterai in eterno…e comunque anch se non parli
adesso, saprò tutto: un demone è stato appena inviato nel luogo dove sappiamo
che sei stato…sono curioso di sapere che ci riporta!-
Una risata
fredda, penetrante, risuonò per tutta la prigione.
- Forse ci
rivedremo…se resisterai! Addio!- e con uno schiocco partì una frustata. Uno
spruzzo di sangue cadde ai piedi del tiranno. Questo tranquillamente si piegò,
raccolse il sangue con l’indice e –come se fosse la cosa più naturale del
mondo- l’osservò.
-Hai un
buon sangue, vecchio. Proprio un peccato sprecarlo, non trovi?- sorrise
malignamente. Melek si ritrovò a sperare di potersela in qualche modo cavare. -Credo
che una cinquantina di frustate siano più che sufficienti. E fate in modo che
sia nacora vivo. Moribondo, ma ancora in vita-
Mosse un
passo, sembrò però cambiare idea, perché tornò dal mago.
-Ah,
dimenticavo- e sferrò un colpo di bastone nello sterno del prigioniero. Poi
scomparve. Melek, stanco, dolorante, sudato, si preparò ad una nuova tortura.
***
Era sera.
Due esili figure sbirciarono guardinghe fuori dalla finestra sul retro del
palazzo. Sparirono dentro e pochi secondi dopo avavanno appoggiato i piedi
sull’asfalto.
-Bel
salto, Danielle-
-Ok. Però
mi dispiace per la mamma. Le faremo predere un colpo. E se poi non la rivediamo
più…-
-Lo so.
Più che lasciarle un biglietto non possiamo fare altro.-
Attraversarono
la strada poco trafficata. La biblioteca stava per chiudere e a malincuore la
minore si ritrovò a farfugliare una scusa per farle entrare. Ritrovarono
facilmente la stanza di poco tempo prima e, dopo avevr acceso la luce, notarono
un’enorme arco nel mezzo della stanza. Era di un nero lucidissimo, quasi
abbagliante; ma non fecero in tempo ad avvicinarsi che davanti a loro si
stagliò una cosa mostruosa: un mostro rosso e nero, possente, con occhi
inquietanti.
-Oh, oh,
pensavo di trovare di meno sinceramente. Sembrate gracili, ma non si sa mai-
Delle funi
scaturirono dal terreno e avvolsero le principesse, bloccandole.
-Nell,
adesso che facciamo?-
***
Le
frustate erano sempre peggio, e una dopo l’altra stavano massacrando la sua
schiena. Era distrutto. Eppure molti poveri innocenti erano finiti peggio di
lui e prima, anche. Ogni frustata durav un’infinità, e il rumore della frusta
era insopportabile. Non era affatto piacevole. Piano piano ci si avvicinava a
cinquanta; ad un tratto le frustate si bloccarono. Sperò bene per un misero
attimo, uno soltanto. Gli occhi affaticati notarono un leggero barlume. Una
mazza. Ancora. Non gli bastavano quelle poche che gia gli avevano infierito?
Melek percepì la guardia dirgli qualcosa del tipo “Sei ancora troppo cosciente,
un paio di mazzate oltre alla frusta ti massacreranno per bene”. E la botta
arrivò, più forte di prima. Fu sicuro in quel momento che non avrebbe più
retto. Pensò a Roy: quel giovane, che neanche sapeva di avere due sorelle vive,
e forse neanche l’avrebbe saputo. Lo aveva cresciuto da sempre, e il ragazzo
non lo avrebbe voluto morto, ci teneva troppo a lui. E poi Ashan: da quando lo
aveva addocchiato tra i prigionieri, avava visto in lui qualcosa di strano. SI era
affezionato a lui per questo. Non aveva mai saputo come era finito lì, ma di
sicuro era avvenuto qualcosa di troppo particolare. Quanto avrebbe dato in quel
momento per rivederlo e chiedergli tutto. Non respirava quasi più. C’era un
mormorio lontano. E poi, per la seconda volta in dieci anni, svenne.
***
-Ahahahah…non
mi sfuggirete…-sghignazzò il demone. I suoi occhi guizzavano malignamente. Si
avvicinò alle sorelle, tirò fuorì una lama e la preparò bene. Si
avvicinava…sempre più, sempre più, lentamente.
-Voglio
farvi morire con l’angoscia, perciò credo che mi prenderò tutto il tempo-
Dei passi
risuonarono nel corridoio.
-O forse
no- si corresse il demone.
-NELL,
DANIELLE…siete…-la madre delle due ragazze entrò nella stanza e rimase senza
fiato. Il demone si distrasse, voltandosi.
-Lasciale
stare, mostro!- gridò la donna dopo un attimo di silenzio. Si lanciò verso il
suo avversario e con un urlo lo gettò a terra. Allentò le corde, ma non fece in
tempo a slegarle del tutto, perché il demone si lanciò contro di lei. Intanto
le principesse si erano slegate e non persero tempo a correre verso l’arco. Il
demone se ne accorse e cambiò la sua rotta con la lama sguainata puntata in
avanti. Quando ormai sembrava dovvesse finire tutto, la donna si parò davanti alle
ragazze e la spada la centrò in pieno petto. Nell, lucida, strattonò Danielle e
la spinse dentrò l’arco, prima che il demone le raggiungesse.
***
Aprì gli
occhi, ma li richiuse subito poiché la luce gli dava noia.
-Ben
svegliato. Sei stato cinque giorni a poltrire- Roy era accanto a lui.
-Ciao…
come va?-
-Bene.
Sono ancora un po’ rintontito, ma sto bene. Ashan sembra passarsela peggio:
anche stamattina è dovuto farsi controllare. La semi tortura deve avergli
creato qualche danno più grave-
-Speriamo
bene…è arrivato nessuno?-
-Perché?
No!-
-Niente,
te lo spiegherò-
-Su,
vecchio. Dimmi che cosa hai combinato. Su, ti prego, ti prego-
-NO, non
ora!-
-Per
favore…-
e andarono avanti così tutta la sera, riportando un po’ di allegria in quella giornata triste e piena di sofferenza.
SPAZIO AUTRICE:
e così anche questo capitolo è
finito!!!C'ho sudato un sacco, perchè far torturare il mio
povero Melek - o Melly, visto che QUALCUNO (leggi:Afaneia)non riesce a
fare a meno di dare soprannomi a tutti- e stata un'impresa...