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Autore: _Qwerty_    28/01/2017    5 recensioni
Come dice Olivander (e il titolo!), è la bacchetta che sceglie il mago: quindi, perché non immaginare quale sia la bacchetta di molti personaggi di cui la Rowling non ci ha detto nulla?
Non scrivo da anni, ma tante storie e sogni sono rimasti nel cassetto e adesso provo a tirarli fuori con questa raccolta di one-shot dedicate a personaggi a me cari della saga di Harry Potter e alla loro bacchetta.
Rigorosamente canon, almeno nelle intenzioni, seguendo in primis libri e anche quanto scritto dalla Rowling su Pottermore.
Genere: Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Olivander, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti, Contesto generale/vago
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VI. Severus Piton

VI


Così, il grande giorno era arrivato: quel pomeriggio sarebbe finalmente andato con sua madre a Diagon Alley a comprare tutto l’occorrente per Hogwarts, prima cosa su tutte la bacchetta. Finalmente avrebbe messo piede in quello che era il mondo magico, il mondo di sua madre e che sarebbe diventato per sempre anche il suo. Quando era arrivata la lettera – perché sua madre lo aveva adeguatamente istruito su tutto ciò che doveva sapere su Hogwarts e sulla magia, senza mai nascondere la sua natura – suo padre aveva dato in escandescenze, più del solito.
“Lo sapevo che era uno di quelli come te!” aveva berciato lanciando un bicchiere contro sua madre.
Quelli come te, con tutto il disprezzo e l’ignoranza che le parole potevano esprimere. Eppure era suo padre. Avrebbe dovuto comunque essere contento per lui. Persino quei completi Babbani dei genitori di Lily avevano compreso la situazione, pur dopo un momento di naturale smarrimento e incredulità, ed erano pronti a sostenere gli studi della figlia a Hogwarts. Avrebbe tanto voluto andare a Diagon Alley con Lily: lei e i suoi genitori avrebbero avuto ovviamente qualche difficoltà ad ambientarsi e a trovare le cose, ma poteva essere un’occasione per sua madre per dare loro una mano, sentirsi finalmente utile e creare un legame fra le loro famiglie.
“Ora vediamo” aveva detto sua madre sottovoce quando lui glielo aveva proposto, per poi fare finta di nulla.
Lui ne aveva parlato a Lily e anche lei pensava che fosse un’ottima idea, così avevano scelto loro un giorno che andasse bene ai signori Evans.
“Sì, sì, va bene” aveva detto sua madre all’inizio.
Poi suo padre aveva avuto un nuovo accesso di rabbia, le aveva urlato contro sempre le stesse cose, che lei voleva fregarlo, immischiarsi con quegli altri spocchiosi degli Evans al di là del parco per piantarlo in asso e altre imbecillità. Così l’appuntamento era saltato, Lily e i suoi se l’erano cavata da soli con le poche istruzioni che avevano e lui l’aveva rivista un’unica volta per scusarsi. Menomale che lei aveva capito che era stata tutta colpa di suo padre e non era arrabbiata. Gli aveva mostrato la sua splendida bacchetta di salice e unicorno e già si esercitava negli incantesimi più elementari delle prime pagine del Manuale degli Incantesimi, volume primo.
“Piuttosto spicciati a prendere anche tu la bacchetta!” aveva detto ridendo.
Così, eccolo qua finalmente, il negozio di Olivander, l’artigiano delle bacchette che aveva nominato sua madre.
“S-salve, siamo qui per la bacchetta di mio figlio…” aveva iniziato timidamente sua madre una volta dentro.
Qui papà non può urlarti nulla, parla forte! Anzi, sai cosa, mamma, stasera gli facciamo un bell’incantesimo per farlo stare zitto!, avrebbe detto a sua madre, ma si trattenne. Già un paio di volte aveva accennato a sua madre che poteva usare la sua magia per difendersi e lei si era limitata a scuotere la testa. Una volta addirittura aveva detto davanti a suo padre che lei poteva affatturarlo quando voleva e quindi la smettesse di urlare. Nessun incantesimo uscì dalla bacchetta di sua madre per proteggerlo dalla fila di ceffoni che prese quella sera.
Ma adesso avrebbe avuto lui una bacchetta e tutto sarebbe cambiato. Sua madre teneva rigorosamente nascosti un sacco di vecchi libri di incantesimi e pozioni e lui li aveva già letti tutti, più e più volte. La sera chiedeva a sua madre di spiegargli le poche cose che di volta in volta non aveva capito e lei non mancava mai di spiegare quanto poteva, oltre che istruirlo su Hogwarts, sulle Case, la storia dei fondatori, l’ordine politico e le leggi della comunità magica. Quei rari giorni in cui suo padre era sobrio e andava a lavorare, sempre in posti diversi e per poco tempo ogni volta, sua madre usava la magia in casa e preparava pozioni. Adorava preparare pozioni e aveva già studiato un sacco riguardo agli ingredienti più disparati. Quanto alla bacchetta, beh, mancava solo quella ormai.
“Dunque, dunque…chi abbiamo qui?” chiese il signor Olivander.
Stava per rispondere, quando Olivander con un gran sorriso prese il metro e iniziò a misurare.
“Avremo un bel daffare, mio caro!”
Il metro gli volteggiò intorno a lungo e misurò di tutto, circonferenza della testa, distanza fra gli occhi, lunghezza e larghezza del naso, persino la circonferenza del dito mignolo della mano sinistra.
“Allora, allora…” borbottava Olivander.
“Proviamo, mogano e corda di cuore di drago, undici pollici, poderosa a dir poco” e gli porse una bacchetta.
La prese in mano, ma non avvenne nulla.
“No? Beh, ovvio! Allora, questa, ontano e crine di unicorno, undici pollici e un quarto, mediamente flessibile.”
Nulla di fatto.
“Ancora no? Mmh…”
Guardò sua madre, interrogativo, ma lei non fece nessuna espressione.
“Vediamo… Ciliegio e fenice, undici pollici, flessibile e delicata.”
La bacchetta produsse solo un esile filo di fumo.
“Ma davvero?” Olivander scosse il capo.
“C-c’è qualche problema?” chiese sua madre.
“Oh, no, non si preoccupi! Si vede che suo figlio è un mago difficile!” e ridacchiò.
Non c’era nulla da ridere, pensava.
Il vecchio artigiano tornò con un’altra bracciata di scatole. Ebbe come l’impressione che in realtà anche lui fosse in difficoltà e non volesse ammetterlo. Certo, se non trovavano la bacchetta giusta era un bel problema. Come altrimenti poteva procurarsela? Avrebbe potuto usare quella di sua madre, con cui a volte aveva prodotto qualche incantesimo discreto, rigorosamente di nascosto, non solo a suo padre, ma anche da lei. Questo però avrebbe significato che lei avrebbe dovuto procurarsene un’altra e non è che le loro tasche fossero ripiene di galeoni.
Guardò Olivander dritto negli occhi.
“Lei è sicuro che la mia bacchetta è qui?”
“Di sicuro, a questo mondo, figliolo, ci sono solo due cose, la morte e l’oro della Gringott. Ma ho buone ragioni per ritenere che, sì, la tua bacchetta è qui fra queste” e gliene porse un’altra, che non produsse nulla.
“Non tiglio, quindi? Siamo sicuri?” chiese Olivander, non si capiva bene se a lui, a se stesso o alla bacchetta.
Mantenne saldo il suo sguardo sul vecchio artigiano, che alla fine si risolse a pescare un’altra bacchetta da un’altra scatola.
“Salice e drago, undici pollici.”
Anche la bacchetta di Lily era di salice. In quell’istante, sperò ardentemente che quella fosse quella giusta.
Si concentrò al massimo e…niente, il solito inutile filo di fumo.
Olivander stava per riprendergliela di mano, quando ebbe un’idea. Forse doveva eseguire un incantesimo e dimostrare che andava bene.
Aguamenti!” disse con decisione. Uno scroscio d’acqua di tutto rispetto uscì dalla bacchetta, del tutto simile a quanto sapeva fare sua madre.
“Ha visto? Direi che va bene questa” rispose soddisfatto al signor Olivander, sul viso del quale era apparso un sorriso incerto, che non seppe interpretare se era commiserazione o tristezza.
“Vedi, figliolo, un mago mediamente dotato, e ancora di più un mago molto dotato, come tu sembri essere – continuò nonostante la sua smorfia – è capace di eseguire incantesimi ordinari con qualunque bacchetta. Ma solo una è la sua bacchetta e spero che sarai abbastanza onesto, nei confronti di te stesso prima ancora che nei miei, da ammettere che questa non è la tua bacchetta.”
Dentro di sé sapeva che Olivander aveva ragione, perché in effetti aveva avuto una strana sensazione pronunciando l’incantesimo, come se stesse facendo uno sforzo non necessario con la testa. Sostenne comunque lo sguardo del vecchio mago senza cenni di remissione nel restituirgli la bacchetta di salice.
“Bene, andiamo avanti.”
Provò non meno di un’altra mezza dozzina di bacchette, senza risultato, e non fece più alcun commento.
Sua madre sembrava avere gli occhi incollati al pavimento.
All’improvviso, poi, la trovò.
“Questa” disse soltanto.
“Oh, sì, decisamente – disse Olivander sorridendo, mentre dalla bacchetta uscivano nuvole di fumo delicato e denso, come un fluido a metà fra liquido e gassoso, di un argento mercuriale – undici pollici, e una combinazione di tutto rispetto, legno di biancospino e piuma di fenice, la vita e la morte, la fine e la rinascita, con una rigidità insolita…che dire, adesso il tuo cammino inizia davvero, ragazzo.”
In quel momento, un gran senso di sollievo lo investì, ma si guardò bene dal fare qualunque espressione o commento.
Sua madre parve ridestarsi dall’apatia in cui era avvolta, pagò maldestramente Olivander ringraziando per la pazienza e borbottando qualcosa sui libri ancora da comprare.
Ma lui pensava già a Hogwarts, pensava a quante cose avrebbe fatto con quella bacchetta insieme a Lily e a come sarebbe diventato un grande mago, capace di quanto né sua madre né l’ironia stucchevole di Olivander avrebbero mai immaginato. Il cammino iniziava davvero.

***

Eccoci qua: Piton, un personaggione! Dirò una cosa forse insolita nel fandom: non mi piace molto scrivere di Piton, lo trovo un personaggio talmente difficile e già così caratterizzato che sento un senso di estraneità quando mi capita di scrivere qualcosa che lo riguardi. Qui ho cercato di essere il più fedele possibile a quanto ci viene mostrato di lui nei ricordi iniziali che Harry raccoglie mentre Piton sta morendo, quelli riferiti alla sua amicizia infantile con Lily e l’attesa di andare a Hogwarts. Anche il fatto che la madre sia una strega ma subisca le violenze domestiche del marito Babbano mi sembrava un passaggio da rispettare e approfondire: troppo facile immaginare che la magia risolva tutto, perché per certi disagi psicologici non c’è magia che tenga! Per la bacchetta ho poi voluto inserire delle similitudini con quella di Harry: la lunghezza e la fenice, mentre per il legno ho scelto il biancospino, di cui su Pottermore si dice che si addice a maghi la cui natura sia conflittuale, capaci della guarigione e della maledizione, e si trovino in un periodo di agitazione interiore, insomma, il maiunagioia della vita di Piton.
  
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