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Autore: PuccaChan_Traduce    29/01/2017    1 recensioni
Asahi e Nishinoya hanno finito il liceo e frequentano l’università. Asahi studia medicina dello sport e Noya gioca ancora a pallavolo. La loro amicizia pare salda come sempre, ma qualcosa sta per cambiare... specialmente dopo l’entrata in scena di una ragazza che sembra molto interessata al piccolo libero.
DISCLAIMER: questa fanfiction è una traduzione che io sto effettuando con il permesso del legittimo autore; tutti i personaggi citati appartengono ai rispettivi autori.
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Asahi Azumane, Nuovo personaggio, Ryuunosuke Tanaka, Yuu Nishinoya
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Codango
Storia originale: And yet here you are

~

“Sì, d’accordo. Cercherò di esserci alla prossima partita.” Asahi si tolse dal collo il braccio di Riri. Chissà che ora era.
“Ooooh, Azumane-san, quanto sei dolce.” La ragazza gli si appoggiò pesantemente addosso. Non era un grosso problema, anche se una delle sue compagne di squadra gli stava appoggiata all’altro fianco. Era strizzato tra le due come in un sandwich.
Asahi spinse via con delicatezza l’altra ragazza, facendola appoggiare allo schienale del divano. Si è... addormentata? O magari era addirittura svenuta. Alcuni tizi della squadra di basket, intanto, stavano svuotando il contenuto dei rispettivi stomaci nel cortile. “È ora che torni a casa, Riri”, disse con un sorriso di scuse.
“Sai che puoi restare qui stanotte, vero?” biascicò lei. Asahi non era certo se tenesse gli occhi mezzi chiusi perché aveva sonno o perché era ubriaca. “La mia stanza è giusto di sopra.”
“Oh, ma allora la maggior parte delle ragazze della squadra abita qui?” Non ne aveva idea. Immagino abbia senso. In fondo era stata Hiyori a organizzare la festa, e lei era il capitano.
Riri gli sorrise. I capelli scuri le ricadevano su un occhio. “Ma come sei subdolo, Azumane-san. Cambiare argomento in quel modo!”
In che senso avrei cambiato argomento? Comunque sì, era decisamente ubriaca. Asahi si alzò in piedi. “Sì, beh, devo trovare il mio amico. Non lo vedo da... un po’.” Da ore? Strano. Di solito, in eventi come quello, Nishinoya sbucava fuori almeno un paio di volte per controllare dove lui fosse.
“Azumane.” Riri aveva abbassato la voce. Gli mise una mano sul braccio e Asahi deglutì. La ragazza si alzò a sua volta, strusciandoglisi praticamente contro nel mentre. “Non capisco se sei solo un bravo attore o che altro, ma...” Le labbra di lei sfiorarono il suo collo quando si sporse a sussurrare. “Starò al gioco. Se ti va di divertirti stanotte... io posso fare in modo che accada.”
Questo lo capì perfino Asahi. La fissò, con occhi spalancati, guance arrossate, labbra strettamente chiuse. “I–io... Riri.” La prese per le spalle e la fece sedere di nuovo sul divano. “Sei ubriaca”, bisbigliò, inorridito. “Dovresti andare a dormire.” Le batté sulla testa con una mano, imbarazzato. “E bevi dell’acqua, prima. Ti sentirai meglio domani.”
Si raddrizzò, non del tutto certo se lei avesse afferrato le sue parole. La bocca di Riri era semiaperta e lo guardava come se non lo avesse mai visto fino a quel momento.
Asahi sorrise, incerto. “Bene. Ehm? È stato un piacere conoscerti. Ci vediamo alla partita.” Girò sui tacchi e andò a cercare Nishinoya e un orologio, non necessariamente in quest’ordine.
Aggirò una coppia, le cui bocche sembravano incollate tra loro, per poter leggere l’orologio del forno. Le due. Di notte. Asahi gemette. Era contento di aver cominciato a svuotare il proprio bicchiere di birra in cortile ore prima. Odiava restare alzato fino a tardi. Voleva tornare nel suo appartamento, lavarsi la faccia, sciogliersi i capelli e collassare sotto almeno cinque coperte.
Grazie al cielo, qualcuno aveva abbassato un po’ il volume della musica; Asahi si fece strada attraverso la casa, soprassando un ragazzo svenuto sul pavimento e un’altra coppia che a quanto pareva non aveva potuto aspettare di arrivare in camera da letto.
“Noyaaaa”, chiamò a bassa voce. “Sei ancora qui?” Sarà meglio che tu ci sia. Se te ne sei andato senza di me, giuro solennemente che–
“Eeeeeehiiiii, ecco l’ASSO!”
Asahi restò a bocca aperta.
Nishinoya era raggomitolato vicino alla porta, sul pavimento, fra le toniche e graziose braccia di Shizuku. Era rosso in viso, gli occhi un po’ vitrei, e i capelli più dritti di quanto Asahi li avesse mai visti, perfino dopo un allenamento. Forse perché Shizuku continuava a passarci in mezzo le dita.
“Asahiiiii.” Nishinoya cercò di mettersi in piedi, ma era evidente che l’alcol aveva già avuto la meglio su di lui.
Ridacchiando, Shizuku provò ad aiutarlo spingendolo via dal proprio grembo. Ma riuscì solo a farlo precipitare sul pavimento.
“Asahi-saaaaaan, ti ho cercato daaaaappertutto!” esclamò Nishinoya, rivolgendogli un sorrisone.
“Davvero?” Asahi deglutì rumorosamente. “E pensavi che fossi in braccio a Shizuku?” Forse non aveva smesso di bere abbastanza presto. Era accaldato sotto la giacca.
Nishinoya batté le palpebre. “No...?” tentò.
“Ce ne andiamo.” Asahi afferrò il ragazzo più basso e lo rimise in piedi con uno strattone. Avrebbe potuto essere più delicato, forse, ma al diavolo. Era stanco e voleva tornare subito a casa sua.
Nishinoya gli si schiantò addosso come una bambola. “Ops”, borbottò. I suoi occhi erano al livello del petto di Asahi; vi poggiò una mano sopra. “Sei proprio grosso, Asahi-san, accidenti.”
Shizuku ridacchiò di nuovo e si mise in piedi, barcollando. “Ci hanno beccati”, disse, anche se la sua voce suggeriva piuttosto il contrario. “Lascia che lui ti riporti a casa, Noya-chan. Ci vediamo domani.”
“Giusto!” Nishinoya si girò in qualche modo tra le braccia di Asahi e sorrise tutto contento all’alta ragazza bionda. “Shizuku, sono prooooprio felice di averti conosciuta stasera!”
Lei arrossì – Asahi la fissò. Merda, era proprio arrossita – e si ravviò i capelli. “Sì, ok. Adesso va’ a casa, scemo.”
Nishinoya continuò a schiamazzare mentre Asahi era mezzo costretto a trascinarlo alla porta.
“Ehi. Ehi. Asahi-saaaaan. Ehi. Ehi! Ehi.”
Asahi si passò una mano sul viso. La mano libera. L’altra era strettamente intrappolata da Nishinoya, come se senza di essa non riuscisse a camminare. “Stasera sei piuttosto... rumoroso, Noya.”
“Io sono sempre rumoroso”, ribatté questi con orgoglio.
“Beh.” Asahi sospirò. “Non hai torto.”
“Ehi. Ehi, Asahi-san.”
“Sì, Noya, accidenti, sono qui, mi vedi? Dio, domani ti sentirai di merda.”
“Ma la vera domanda è...” Nishinoya lo fissò, gli occhi dorati improvvisamente attenti. “Come ti senti tu adesso?”
Asahi sollevò un sopracciglio, ricambiando il suo sguardo. “Non bene quanto te, ci scommetto.”
“Mm. Io mi sento piuttosto bene”, concordò Nishinoya. “Ma è per la birra. Solo per la birra. NIENTE SESSO PER ME STASERA!” strillò nella tranquilla via residenziale.
Ommioddio Noya!” Asahi gli premette una mano sulla bocca.
“Mmf?” Gli occhi di Nishinoya sembravano enormi al di sopra della sua mano. Alzò lentamente la sua e ve la poggiò sopra. Era più piccola. Asahi si domandò brevemente se fosse anche più callosa, in quei giorni.
“Devi...” Asahi si leccò le labbra. “Devi fare silenzio. Non sei ancora a casa tua, d’accordo? Perciò fai silenzio finché non saremo arrivati.”
Nishinoya gli allontanò di colpo la mano e trattenne rumorosamente il respiro, con affettazione. “Perché, Asahi-san? Mi riaccompagni a casa? Sei veramente un gentiluomo.”
“Noya, giuro su Dio che–”
“Allora com’è stato?”
Asahi tacque, confuso. “Cosa? La festa? È andata bene, immagino. La birra faceva schifo.”
“Ha smesso di esserlo dopo la quindicesima.”
Hai bevuto quindici birre?”
Nishinoya ghignò. “Magari no. Troppo giovane per quella merda.”
Asahi aggrottò la fronte, dubbioso. Probabilmente, con i suoi muscoli, lui era in grado di reggere l’alcol meglio di altre persone della sua stazza.
“Non mi riferivo alla festa, però.” Nishinoya inciampò accanto a lui, ma riuscì a restare in piedi. “Com’è stato... come si chiama? La ragazza. Sì.”
“...Stai parlando di Riri?”
“Eeeeccolo qua. Riri.” Nishinoya sorrise, ma non somigliava a nessuno dei sorrisi cui Asahi era abituato. “Sembrava... carina.”
Immagini della festa fluttuarono alla mente di Asahi. Affamata era la parola che lui avrebbe scelto. “Suppongo di sì.”
Erano arrivati alla scalinata che conduceva all’appartamento di Nishinoya. Il quale inciampò sul primo gradino e per poco non cadde trascinandosi dietro l’amico. “Ehi!” Asahi rise piano. “Hai proprio bisogno di bere dell’acqua, ragazzo. Forza.” Si mise il suo braccio in spalla e gli fece scivolare l’altro intorno alla vita. Era una posizione un po’ scomoda, ma tanto era solo per poco.
Nishinoya si frugò in tasca cercando le chiavi, e Asahi le pescò per lui. Quindi aprì la porta, ma Nishinoya restò là impalato senza entrare.
“Noya?” Asahi mosse un passo all’interno. “Su, amico, dobbiamo–”
“Perché non sei rimasto con lei?”
Asahi si bloccò e abbassò gli occhi su Nishinoya.
“Cioè, ti ha chiesto lei di andartene o cosa?” La voce di Nishinoya era bassa. “Non credevo che fossi quel tipo di persona.”
Asahi rimosse il braccio dalla vita di Nishinoya. “Ok. Di che parli? Io non–”
“Lei abita là, amico, lo so per certo. Come ci abitano un sacco di altre ragazze della squadra.” Nishinoya non staccava gli occhi dal pavimento. “Saresti dovuto rimanere.”
“Aspetta. Aspetta un momento, un momento. Cosa?” Asahi chinò il busto in avanti per cercare di guardare in faccia l’amico. “Tu pensi... pensi che sia andato... a letto con Riri? È questo che pensi?” Il viso gli andava a fuoco, se lo sentiva.
Nishinoya distolse lo sguardo. Asahi non riuscì a vedere i suoi occhi. “Quindi l’hai fatto con qualcun’altra?”
“Noya, ma che dici?” ripeté Asahi. Non sapeva se essere... arrabbiato, o infastidito o imbarazzato, o che altro. “Credi... credi che mi s... scoperei una ragazza appena conosciuta a una festa?”
A queste parole, Nishinoya alzò la testa di scatto.
Asahi si raddrizzò, la mandibola contratta. “Te l’ha detto qualcuno? Per questo non sei venuto a cercarmi?”
Nishinoya aprì le labbra un paio di volte, ma non ne uscì alcun suono.
“Te l’ha detto Shizuku?” mormorò Asahi, cercando di non far vedere quanto questo gli facesse male. Ma perché male? Non era così! Quell’intera faccenda era... stupida. Nishinoya era stupido!
“Lei... ha detto che Riri voleva–”
“Sì, ok, ma chi è che mi conosce? Tu o Shizuku?” chiese Asahi a denti stretti.
“Tu... avevi una dozzina di ragazze appiccicate addosso!” sbottò Nishinoya alla fine. “Cos’avrei dovuto pensare? Volevi andare a quella dannata festa, ci siamo andati, ti sei fatto uno stramaledetto harem, e io che avrei dovuto pensare? Che non ti piaceva? Ovvio che ti abbia lasciato per conto tuo!”
Non avevo dodici ragazze appiccicate addosso!”
“Ti sei preso il disturbo di contarle?” ribatté Nishinoya.
“Ah, sì? Bene, allora parliamo di te”, replicò Asahi con voce dura. “Dovresti guardarti in uno specchio. Sembra che tu e Shizuku siate arrivati a conoscervi piuttosto bene. I tuoi capelli vanno da tutte le parti!”
Nishinoya si portò una mano alla testa. “...Guarda che sono sempre così.”
“No, niente affatto. Non sono per niente sempre così.”
“I–io... Shizuku–”
“Noya.” Asahi gli porse le chiavi. “Senti, è... si è fatto tardi. Io sono stanco, tu sei ubriaco, e... ci vediamo domani, d’accordo?”
“Asahi-san...”
“Su, avanti.” Asahi gli diede una spintarella alla spalla. “Scrivimi quando ti svegli. Così possiamo guardare quel video. E fare colazione. O qualcosa del genere.”
Nishinoya aveva ancora le mani tra i capelli, e fissava il pavimento come se avesse appena detto qualcosa di scortese su sua madre. “Sì. Ti... ti scrivo.” Si volse, entrò nell’appartamento, e richiuse la porta senza degnare Asahi di un solo sguardo.
Asahi restò a fissare la porta in malo modo per dieci secondi buoni prima di girare sui tacchi e scendere le scale.
Io non avevo dodici ragazze appiccicate addosso.
  
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