Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: JustAHeartBeat    30/01/2017    3 recensioni
Si ritrovò a sfiorare con uno sguardo curioso i lineamenti tondi, lattei, e gli occhi liquidi d’un argento limpido, ma allo stesso tempo inespressivi, si ritrovò a carezzare la linea imbronciata delle labbra sottili, ed al contempo visibilmente morbide, si ritrovò a perdere un battito del cuoricino nell’osservare la fossetta che in quel momento era comparsa al disopra del suo sopracciglio sinistro, inarcato, e si scoprì desiderosa di scoprire se un paio simili sarebbero comparse ai lati della bocca, se le avesse sorriso, si ritrovò ad osservare i capelli tanto biondi da sembrare bianchi, tirati indietro da qualcosa che sarebbe potuto assomigliare al gel babbano, pensando come sarebbero stati scompigliati . Ma come sarebbe tanta bellezza potuta essere nemica? Cos’era Scorpius Malfoy? Il giorno, forse? O la notte? Proprio non lo sapeva, ma Rose non era stupida, e sapeva che il giorno e la notte sono soltanto due facce della stessa medaglia, e Malfoy, era sicuramente entrambe.
Genere: Comico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Un po' tutti | Coppie: James Sirius/Dominique, Rose/Scorpius
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Incest | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Qualche Lentiggine Di Troppo'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Eccomi eccomi eccomi!
Dunque, che mi raccontate? Io sono straordinariamente di buon umore senza neppure sapere perché! Le cose sono due: la fortuna è da la mia parte –improbabile-, la fortuna mi sta prendendo per il culo per poi darmi il colpo di grazia –decisamente più probabile-.  In questo capitolo un po’ di nodi vengono al pettine, si può dire sia un capitolo abbastanza importante e quindi non vi terrò molto (I papiri infiniti ve li riservo per i prossimi capitoli muahaha). L’unica cosa che ci tengo a dire è che ci ho messo un’eternità per scrivere questo capitolo e non  ne sono ancora totalmente convinta, qualsiasi osservazione vogliate fare, perplessità o, qualora abbia fatto qualche errore sono qui per rimediare, basta  che me lo facciate notare. Mi farebbe davvero molto molto piacere una piccola recensioncina, ovviamente anche critica, purché riesca a capire se vi sta piacendo o meno la storia :).  Un grazie enorme a Fancy, AmyRoseScorpius ed  Amy_demigod che mi hanno lasciato tre bellissime recensioni allo scorso capitolo ed anche a tutti quei lettori e lettrici che seguono in silenzio!
Grazie, grazie, grazie ancora ed alla prossima!
Bacionissimi(?)
JustAHeartBeat

 
 
Chapter XXI

Un modo tutto loro di capirsi
 
La legge del dono fatto da amico ad amico è
che l’uno dimentichi presto di aver dato,
 e l’altro ricordi sempre di aver ricevuto.
                                - Seneca
 
 
Il fuocherello brillava d’un timido verde pallido nel caminetto argenteo della sala comune di Serpeverde, mentre Scorpius, abbacchiato sul divano di pelle, si rigirava svogliatamente la bacchetta in legno chiaro tra le mani.
Aveva decisamente perso la cognizione del tempo, non aveva la più pallida idea i che ore fossero.  Dal silenzio piatto che rimbombava sulla pietra umida poteva ipotizzare fosse veramente tardi. O veramente presto, a seconda del punto di vista. Era nella stessa posizione da ore, l’unica cosa che del corpo snello si muoveva ogni tanto era il capo, per volgersi vuoi alla bacchetta, vuoi al vetro che, in alto sulla parete, mostrava il fondale del lago nero. Per lo meno, se l’acqua non fosse tanto torbida e scura da non poter neppure riconoscerne la natura, lo avrebbe mostrato.
Lasciò scappare un sospiro a mezza bocca, che condensatosi nell’ambiente gelido, sbuffò nell’aria come una piccola nuvoletta. Di lì a poco avrebbe dovuto prepararsi per la colazione. Urgeva una doccia: era corso nella sala comune poco prima dello scattare del coprifuoco, quella sera non era di ronda, ed ancora aveva addosso l’uniforme stropicciata del giorno precedente.  Le sue giornate ormai passavano in battito di ciglia. Non faceva neppure in tempo a svegliarsi che tra una cosa e l’altra era sera. Sera che diventava notte. Notte che passava a pensare. Sempre.
Impugnò la bacchetta per punzecchiare un po’ le fiammelle verdi, facendogli assumere delicate forme armoniche, assomiglianti terribilmente a piccoli boccoli. Avrebbe perso la testa, ne era certo. Le lettere del migliore amico si facevano giorno dopo giorno più corte e fredde, come se Albus volesse perdere sempre di più il contatto con la realtà, come se scrivere rendesse veri i pensieri ed in ogni lettera si parlava sempre meno di casa Potter, sempre meno di Albus e sempre più di Rose. Scorpius capiva perché Rose fosse così ossessionata dall’idea che suo cugino lo stesse costringendo ad aiutarla, e se non avesse sentito il bisogno di farlo in prima persona, l’avrebbe pensato anche lui. Se non ne avesse sentito il bisogno. Cosa che invece faceva.
“Di questo passo domani ti addormenterai sul banco”. Hilary sbadigliò. Avanzava nella saletta buia a passo lento e trascinato, i capelli d’ebano legati in una treccia storta e pettinata, svariati ciuffi sfuggiti alla pettinatura le ricadevano sul volto, i fianchi tondi fasciati da un pigiama color crema, pallido quanto la sua pelle. Si fece posto sul divano, spingendo il ragazzo a riportarsi seduto. Costretto al cambio di posizione gettò mollemente il braccio sullo schienale morbido. “Non ho sonno. Tu invece? Perché sei in piedi?” le rispose semplicemente, ruotando il busto in modo tale da poterla guardare negli occhi. Hilary strinse le gambe al petto, accovacciandosi. Represse un brivido di freddo e sfilò la bacchetta dalle mani del ragazzo per appellare una vestaglia color smeraldo acceso. “Era finito il sogno” rispose solamente, sorridendo lievemente. Non sembrava avesse dormito, in realtà, nessuna traccia tipica della sonnolenza da risveglio le segnava il volto. Scorpius sospettava che in realtà avesse passato la notte a girarsi e rigirarsi nel letto ed avesse deciso di raggiungere la sala comune solo dopo averci rinunciato. Tuttavia tenne la propria opinione per sé.
Seguì un breve silenzio interrotto dal frusciare della vestaglia contro il corpo della serpe verde, intenta ad infilarsela infreddolita. “Ci hai ragionato su? Su ciò di cui abbiamo parlato ieri, intendo” gli chiese, tormentandosi le mani ed abbandonando il capo accanto il braccio dell’amico. Facendo del giorno precedente un caso a parte, non ricordava l’ultima volta in cui aveva avuto l’occasione di fare un discorso ampio con Scorpius. Effettivamente, ripensando al proprio rapporto con il ragazzo, non ricordava di averne mai fatti molti. Loro non parlavano, non parlavano quasi mai. Per lo più era Albus ad ascoltare gli sfoghi dell’uno e dell’altro, e, quando Scorpius stava male, Hilary si limitava ad assestargli una pacca sulla spalla, oppure, viceversa, qualora la ragazza avesse avuto bisogno, lui non avrebbe esitato a portarle dritta da Mielandia una bel bustona di Api Frizzole, le sue caramelle preferite. Le parole, però,e non erano mai abbondate.
Non che questo svalutasse la loro amicizia, era semplicemente un modo tutto loro di capirsi.
“Si”, fu la risposta secca, detta a mezza bocca, lo sguardo basso di chi avrebbe ben altro da aggiungere. Scorpius non osava immaginare cosa sarebbe successo non appena le avesse confessato quanto fossero state vere quelle tre parole che si era premurata di sbraitagli in faccia la mattina precedente.
La ragazza, però, un sorriso a mezza bocca inquisitorio, non  parve affatto soddisfatta. “Ti ha tirato qualcosa addosso?”. Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, sbuffando un mugolio contrariato. “Non ti ci mettere, io.. io non sapevo come fare. Insomma non che ci sappia proprio fare con.. la gente, sai? Albus, te.. presente?”. Hilary si fece perplessa. “Albus ed io non dovremmo essere considerati gente? Wow, grazie di cuore!” poi, senza che luic le dicesse nient’altro, sbuffò una risata vittoriosa. “Lo sapevo che lo avrebbe fatto. Sei ancora vivo, però”. La constatazione finale fu fatta con un’espressione fintamente concentrata, come se stessa osservando un fenomeno naturale particolarmente interessante ed inusuale. Scorpius le tirò una schicchera sulla spalla e lei scoppiò a ridere. “Penso di aver trovato un modo per.. beh.. farla stare meglio.. essere il figlio di una magipsicologa [1] può dare qualche spunto”. Hilary scosse il capo sconsolata. “L’hai psicanalizzata? Merlino, Scorp!”. La Serpevede non riusciva a capire dove avesse sbagliato. “Penso di aver fatto la cosa giusta”. Il ragazzo voltò lo sguardo verso il camino, sentendo che il punto del discorso si stesse perdendo, e stesse invece pendendo verso un argomento che proprio non era il momento di affrontare –e che con tutta onestà dubitava avrebbe mai affrontato-. E comunque, era davvero sicuro che fosse stata la cosa giusta. Ne aveva avuto la conferma. Si morse l’interno della guancia per non farsi scappare un sorriso.
Hilary roteò il collo indolenzito. “Sicuramente anche Albus sarà sveglio a quest’ora”. Guardandola bene in viso Scorpius riuscì ad intravedere sotto gli occhi stanchi due borse violacee. Non sembrava che il sonno la prendesse spesso alla sprovvista, in generale, a dir la verità quella notte non doveva essere stato un caso isolato. “Sicuramente.” Scorpius decise di non rivelarle le proprie preoccupazioni riguardanti l’amico, qualcosa dentro di lui gli diceva che non sarebbe stata una saggia scelta riversarle addosso più angosce di quanto giù la ragazza non ne avesse.  “Insomma, quasi non mi racconta più niente, fa domande sulla scuola e.. Scorp, è come parlare ad uno sconosciuto”. Scosse il capo con veemenza. “Lo so, Hils, lo so. Ma lo conosci, ha bisogno dei suoi spazi, sai benissimo che non si sfogherà se non quando sarà pronto per farlo”. Il tono utilizzato dal ragazzo era gentile, eppure tradiva insicurezza. Si, era vero che Albus fosse solito chiudersi in se stesso, ma Scorpius sapeva bene che la situazione non fosse paragonabile ad una rissa o ad un brutto voto. Semplicemente non sapeva come fare. Semplicemente sentiva di volere così tanto che l’amico stesse meglio da avere una paura mortale di sbagliare qualcosa.  E se c’era un motivo per il quale non era un Grifone era proprio che non aveva mai imparato a superare le proprie paure. Le appiattiva, ci passava sopra, eppure loro, imperterrite, rimanevano lì, nell’angolo, pronte a riaffiorare di tanto in tanto.
La guardò ancora. Lo vide. Lo vide per la prima volta nei suoi occhi. Vide Albus, vide Hilary. “Lo ami?”. Non aveva mai creduto di poter pronunciare quelle parole. Insomma, non che non fosse conscio dell’esistenza dell’amore, eppure il suo senso di ‘amore’ era sempre stato strettamente e prettamente legato ad Albus ed Hilary, il suo senso di amore si rifletteva soltanto in quei due legami di amicizia. Non quella volta. Non credeva di poter essere stato così stupido per tutto quel tempo. La ragazza alzò lo sguardo esterrefatta, un leggero tremolio delle spalle accentuò la sua inquietudine. Poi, evidentemente non trovando un modo plausibile per giustificare un pensiero, socchiuse le palpebre. “Si”.
Scorpius si protrasse verso Hilary e l’abbracciò. Quella era un’altra delle tante cose che nessuno dei due ricordava di aver mai fatto ma, al contrario di quanto entrambi avessero sospettato, sembrò la cosa più normale di tutte.
Qualche piano sopra i sotterranei Rose non riusciva neppure a scrivere tanto le tremavano le mani. Ogni parola che s’aggiungeva sul foglio risultava sempre più uno scarabocchio scomposto, l’inchiostro gocciava giù dalla piuma d’oca creando pozze di pece a macchiare la pergamena. Lei però, scossa da un pianto quasi completamente fuori controllo, non pareva neppure farci caso. Tutto si sarebbe aspettata tranne che quella lettera. Tutto. Ancora, dopo averla letta mille e mille volte non riusciva a crederci, non poteva crederci.
Si passò una mano sul volto per raccogliere con delicatezza una lacrima di passaggio mentre, intingendo nuovamente la piuma nel calamaio, scriveva. Avrebbe urlato. Urlato con tutto il fiato nei polmoni. Si sarebbe sporta dalla bifora della torre ed avrebbe fatto del mondo quelle sensazioni. Sentiva il cuore così pieno ch’era certa sarebbe esploso da un momento all’altro. In quel momento sentì davvero il bisogno impellente di Scorpius.
Accartocciò alla bell’e meglio le quattro righe scritte e le assicurò velocemente alla zampa del barbagianni grigio che l’aveva aspettata piroettando nella notte nei pressi della finestra e, dopo avergli delicatamente carezzato il capo, lo guardò spiccare nuovamente il volo nell’aria. Su. Su. Vicino alle stelle. Pochi soffi dalla luna. Aspettò che coprisse una porzione di quest’ultima e poi, repentina, si voltò verso l’uscita della sala comune per liberarsi per i corridoi. Non fece caso ai rimproveri stonati della Signora Grassa, né al rumore rimbombante dei suoi passi frettolosi sulla scala a chiocciola e poi sui pavimenti. Semplicemente correva. Correva giù, saltava i gradini a due a due. Veloce. Sempre più veloce.
Il pigiama pesante, decorato da un numero prossimo all’infinito di disegnini indistintamente imbarazzanti, le s’alzava di tanto in tanto durante la corsa, lasciandole scoperti i reni e costringendola così a rallentare per riportarlo al suo posto. Per la fretta aveva persino dimenticato il mantello. Poco importava. I capelli erano raccolti sul capo in una frettolosa coda di cavallo.
Giunta all’ingresso dei sotterranei avvertì le parti più esposte del proprio corpo ghiacciare al contatto con la ventata gelida del nuovo ambiente. Imperterrita, continuò l’avanzata giù per ulteriori scale, dove via via l’aria gelava sempre più e le torce fissate sulle pareti diventavano sempre più rade.
Fu solo arrivata  davanti all’entrata della sala comune che iniziò a rendersi conto di quanto probabilmente quella non fosse stata una delle sue migliori idee. La parola d’ordine per entrare sicuramente non l’avrebbe trovata scritta sulla parete.
Non si era mai veramente resa conto di quanto nei sotterranei fosse rumoroso il silenzio e neppure di quando facesse dannatamente freddo, abituata com’era al confortevole calduccio del caminetto rosso-oro.
Un urletto spaventato alle sue spalle la fece trasalire. Si voltò di scatto giunto in tempo per vedere una bimbetta biondadel primo anno sbilanciarsi all’indietro e scivolare a terra. “Hey, tutto bene?” le chiese, porgendole la mano per aiutarla a rialzarsi. La ragazzina si alzò, continuando a guardarla con un certo timore negli occhi. “Io.. io.. io non volevo fare tardi.. stavo con mio fratello e.. ci siamo addormentati.. lui è un Corvonero! È grande! Ti dirà che ero con lui! Non levare punti a Serpeverde o se la prenderanno tutti con me!”. Sembrava sull’orlo delle lacrime. Rose le sorrise. “Non ti leverò punti, stai tranquilla”. Quando realizzò che impostata così la frase avrebbe potuto incoraggiare la studentessa ad ulteriori fughe notturne per il castello, decise di aggiungere: “ Per questa volta, volevo dire, solo per questa volta”. La ragazzina sorrise debolmente. “Eh.. senti..”. Rose si sentiva decisamente in imbarazzo, non aveva pensato una volta arrivata nei sotterranei a come entrare nella sala comune, ed di certo non avrebbe comunque pensato di estorcerla ad una primina. La ragazzina la guardò improvvisamente bieca. “Mi toglierai punti se non ti farò entrare, vero?” le chiese, improvvisamente ostile, poi, senza aspettare la risposta, bisbigliò qualcosa al muro. La ragazza avrebbe voluto dirle che no, non aveva intensione di levarle i punti, eppure qualcosa le suggeriva che di sua spontanea volontà la ragazzina non avrebbe fatto nulla, quindi si limitò a tacere, seguendo le spalle minute della biondina nella fessura creatasi nella roccia.
Non disse più nulla, ed a passo veloce sparì nei cunicoli, probabilmente nel suo dormitorio.
Rose non fece in tempo a mettere piede nella sala comune che, in piedi davanti al caminetto elegante, distinse la figura slanciata di Scorpius, ed,  a pochi passi di distanza da lui, quella di Hilary, supina sul divano, profondamente addormentata.
Il ragazzo si voltò sbalordito, ma prima che potesse dire nulla si ritrovò il corpo esile di Rose avvinghiato in un abbraccio talmente stretto da fare male. Sul proprio collo, sentiva degli squittii non ben distinguibili soffocare.
“Rose.. cosa.. va tutto bene?” chiese scioccamente, poggiando a terra la ragazza, che aveva precedentemente sollevato e fatto piroettare affinché non venisse schiacciato dal suo peso e dalla velocità dell’impatto.  La ragazza prese ad annuire freneticamente per truffarsi nuovamente in un abbraccio. “È arrivata la lettera. È salva.”
 
 
 
 
 
 
[1] Termine inventato da me di sana pianta (sono sempre più originale). Si tratta dell’equivalente di una psicologa nella realtà magica, non avevo mai messo in chiaro la figura professionale di Astoria, ho pensato di approfittarne.

 

 
 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: JustAHeartBeat