Serie TV > Elisa di Rivombrosa
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Autore: wolfymozart    31/01/2017    3 recensioni
Sullo sfondo delle prime rivolte contadine antifeudali, si snoda la vicenda che ha per protagonisti Anna e Antonio. Come i rivoltosi si ribellano alle ingiustizie della società del tempo, allo stesso i due protagonisti, sono alle prese con una personale rivolta contro i propri destini segnati dagli errori, dalle incomprensioni e dalle scelte avventate del passato. La giustizia riuscirà a trionfare o prevarrà l'arroganza della sorte?
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna Ristori, Antonio Ceppi, Elisa Scalzi, Emilia Radicati
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Erano da poco passate le sette di sera quando si udì il nitrito di un cavallo nel cortile che preannunciava il ritorno del marchese dalla capitale. Alvise scese goffamente, a causa della sua mole, dalla carrozza e si diresse con fare arrogante verso la scalinata mentre, scuotendo il bastone riccamente ornato con cui si accompagna, minacciava la servitù per non aver accolto degnamente il proprio padrone. Arrivato nelle stanze superiori, trovando la camera di Anna, di cui lui deteneva le chiavi, vuota, cercò la moglie: - Anna! Anna! – chiamava. – Dov’è quella pazza di mia moglie? Dove si è nascosta? – ringhiava contro la servitù.
 
- Eccomi, Alvise, mi sono recata in biblioteca a prendere un libro, non avevo nessun’ intenzione di scappare, vedete –
- Chi vi ha dato il permesso? Chi?! – ringhiò – Sapete che il mio desiderio è quello che non vi allontaniate dalla vostra stanza, in mia assenza! –
- Adesso esagerate, Alvise, questa è ancora casa mia, fino a prova contraria! Quando mio fratello tornerà… -
- Ora basta! Ne ho abbastanza di queste fandonie, chiamate Emilia. Voglio che siate presenti a cena fra dieci minuti, niente scuse –
 
 
-In città sta succedendo di tutto, di tutto! – esclamò il marchese con la bocca piena, mentre roteava gli occhi porcini infossati e lucidi per il vino ed ogni sorta di altri eccessi a cui si era dedicato durante la permanenza nella capitale. Non si privava certo di alcuna occasione per gozzovigliare con amici nobili e divertirsi con prostitute ed ogni genere di donne di malaffare.
- Non capisco, spiegatemi – chiese la marchesa, seduta compostamente con la schiena dritta, mentre aiutava la figlia a tagliare una fetta di carne.
-Quella plebaglia! Quei pezzenti! Stanno mettendo a ferro a fuoco tutto! Pensate che nemmeno i nostri amici conti e marchesi possono uscire di casa. Non ci si diverte più! Tutti stanno nella paura, non si può permettere una cosa del genere. I marchesi Sorbelloni e i duchi di Alba hanno preso a servizio una scorta personale, che ne dite mogliettina? Sarà il caso che anche noi provvediamo alla difesa di Rivombrosa da questi pezzenti, in attesa di vostro fratello, si intende…- aggiunse sogghignando, con quell’aria strafottente e arrogante che lo contraddistingueva; era palese che non vedeva l’ora che il cognato fosse ucciso al fronte, o imprigionato o qualsiasi altra cosa, purché lui diventasse padrone assoluto della tenuta.
- Non vi seguo, Alvise - obiettò Anna, senza degnarlo nemmeno di uno sguardo. Era impassibile, manteneva tutto il suo contegno davanti alle volgari provocazioni di quel marito ubriaco e infido.
- Assolderò degli uomini di guardia, a miei ordini. Così starete più sicure, voi ed Emilia. E così starò più sicuro anch’io, durante le mie assenze, che non vi perdiate…- e rise sguaiatamente.
Emilia gettò con rabbia il tovagliolo sulla tavola e venne subito rimproverata dalla madre, che però tentò di difenderla dalla reazione smodata del padre:
-E tu, piccola canaglia, quando la imparerai l’educazione, eh? – sbraitò cercando malamente di reggersi in piedi, tra i fumi dell’alcol – Te la insegno io, l’educazione, io! – Anna si mise davanti alla figlia per evitare che venisse colpita. In quel momento giunsero dal corridoio delle voci concitate.
Entrò Elisa e, affannata, cercò di trovare le parole adatte per quel che doveva dire. Il marchese la fissava con quel suo sguardo suino tra il lubrico e l’arrogante; la marchesa, algida come sempre, non lasciava trasparire alcun’emozione. Solo la piccola Emilia sembrava in pensiero – Elisa! – esclamò – che succede? - .
-Taci tu! – la zittì il padre.
- Marchese, marchesa – salutò accennando un inchino – Io dovrei…vorrei…- non sapeva risolversi a parlare, sapeva che difficilmente avrebbe trovato se non aiuto, nemmeno comprensione. Alla fine riuscì a mettere insieme una frase: – Marchesa, dovrei parlarvi in privato. È urgente. – disse guardando Anna negli occhi con aria decisa, ignorando completamente il marchese.
– Che storia è mai questa? In privato? Io sono il marito, nonché il padrone fino a prova contraria, è mio diritto sapere tutto quello che riguarda mia moglie e questa tenuta! – Urlò Alvise, ripiombando fragorosamente sulla sedia tra un accesso di tosse.
– Alvise, non vi reggete nemmeno in piedi a causa dei vostri eccessi! Lasciate che parli con Elisa – disse Anna per tutta risposta e, senza aspettare alcun permesso, uscì nel corridoio con la ragazza.
-Marchesa, io so che non dovrei chiedere aiuto a voi per questo, ma è successa una cosa terribile, terribile! Non so che fare! – Elisa pareva molto concitata.
-Dimmi, Elisa - rispose Anna, fredda ma lasciando trasparire se non coinvolgimento, almeno un po’ di curiosità.
 
Stava cavalcando nel bosco in direzione del lago, qualche ora prima, quel pomeriggio. Si era presa del tempo per una passeggiata tranquilla, non aveva una meta precisa. Ad un tratto udì un trambusto là dove il bosco si infittiva: ne era certa, alcuni uomini a cavallo stavano fuggendo nel folto della boscaglia in tutta fretta, ma scorse solamente il colore rosso della giubba dell’ultimo della fila. Poteva trattarsi di guardie, pensò: in quei giorni di tumulti non era un’ipotesi così remota. Fu presa da una specie di curiosità ardente, e anziché fare dietrofront per evitare incontri spiacevoli, proseguì sul sentiero. Qualche centinaio di metri più avanti s’avvide di un cavallo a terra, ferito a morte, scorse poi un calesse rovesciato, una borsa aperta da cui si erano sparsi degli oggetti. Non c’erano dubbi. Si trattava del calesse e della borsa del suo amico Antonio.
-Antonio, Antonio! – si mise a gridare all’impazzata la ragazza – Dove sei, Antonio? –
Elisa era smontata di sella e si era addentrata nella vegetazione che fiancheggiava il sentiero. Di Antonio nemmeno l’ombra. Temette che quegli uomini l’avessero portato via, ma non si diede per vinta.  Avanzò lungo il sentiero e qualche minuto dopo lo vide, riverso a faccia in giù.
-Oddio! Antonio! Rispondimi! Stai bene? – si inginocchiò presso di lui e lo voltò. Sul suo viso il sangue si mescolava alla polvere del sentiero.
Elisa gli ripulì la faccia, bagnando il fazzoletto con dell’acqua che portava con sé in una borraccia. Antonio non rispondeva. Dal sopracciglio spaccato continuava a sgorgare copioso del sangue, come pure dalla ferita che aveva sulla testa. Non sapeva che fare, come aiutarlo, ma la ragazza non si fece prendere dal panico. Continuò a versargli acqua fredda sul viso, finché ad un certo punto diede segni di vita.
 
- Elisa, sei tu? – chiese con sguardo annebbiato
- Sì, sono io, Antonio. Che ti è successo? Cosa ti hanno fatto? –
- Elisa, devi aiutarmi. Ho dei feriti in casa mia. Promettimi che andrai a vedere come stanno e li farai portare via da lì.
-Dei feriti? – chiese stupita la giovane
- Sì. Devi avvisare il fratello che non è più sicuro da me. – disse prima di perdere nuovamente i sensi.
Elisa non capì molto di quello che Antonio le aveva detto, ma ritenne che la cosa migliore da farsi era portare in salvo l’amico, prima di occuparsi di queste persone ferite. Lasciò a malincuore l’amico svenuto e, più in fretta che poté, si diresse alla tenuta a cercare aiuto in Angelo, che arrivò poco dopo con un calesse. I due giovani vi caricarono Antonio e si diressero verso la casa del medico. Arrivati sul piazzale davanti alla casa, Elisa smontò svelta da cavallo e, prese le chiavi dalla tasca della giubba di Antonio, si diresse verso la porta. Con sorpresa notò che era sfondata, qualcuno aveva fatto saltare i cardini. Entrò e si trovò di fronte uno desolato spettacolo: tutto era sottosopra. L’umile dimora del medico, modesta sì, ma sempre ordinata e dignitosa era irriconoscibile: mobili rovesciati, pezzi di alambicchi sparsi sul pavimento, vetri infranti, fogli stracciati ovunque. Si addentrò nelle stanze fino al laboratorio: vide delle brande rovesciate, delle lenzuola insanguinate, ma i feriti di cui parlava Antonio probabilmente erano stati già portati via. Elisa corse da Angelo.
-Non possiamo portarlo qui. Qualcuno è entrato in casa, è tutto sottosopra. Devono avercela con lui, per qualcosa. Ma per cosa? Una così brava persona che in vita sua non ha fatto altro che bene!-
-Elisa, in questi giorni non si capisce più nulla: sta venendo la rivoluzione! Può essere che se la prendano anche con chi non c’entra nulla -
-E poi quei feriti di cui parlava…ma chi potevano essere? In ogni caso qui non c’è più nessuno. Non possiamo proprio abbandonarlo qui.
- E che si fa quindi?
- A Rivombrosa! – sentenziò Elisa.
Angelo la fissò interdetto. Non si risolveva a spronare il cavallo. – A Rivombrosa? E come pensi che la prenderanno i marchesi? Ma soprattutto, cosa dirà la marchesa Anna?! –
-Non importa. Non possiamo lasciarlo qui! È in pericolo! –
- Ma, Elisa, ragiona! Non possiamo nasconderlo a Rivombrosa. Ci sarà pure un’altra soluzione…-
- No, Angelo, non c’è nessun’altra soluzione. Qualcosa mi inventerò…- E con questo la ragazza chiuse il discorso: Angelo, arreso, partì.
 
Non sapeva nemmeno lei cosa avrebbe fatto, come avrebbe nascosto Antonio. Sarebbe stato impossibile nascondere la sua presenza nella tenuta, anche se l’avessero ospitato negli alloggi della servitù: qualcuno si sarebbe sicuramente lasciato sfuggire qualcosa, e allora la punizione del marchese sarebbe stata esemplare per tutti loro. No, quella via non era percorribile. Se voleva curare Antonio a Rivombrosa, doveva necessariamente agire allo scoperto. Decise, dunque, che si sarebbe giocata l’ultima carta: avrebbe cercato se non la complicità, almeno il permesso della marchesa. Avrebbe usato le sue migliori doti oratorie per convincerla. In fondo, lei lo sapeva, Anna, sotto quell’algida corazza non era una donna insensibile o cinica. Avrebbe fatto leva sul suo senso religioso, sulla sua carità cristiana. In qualche modo le avrebbe strappato il permesso di ospitare Antonio alla tenuta.
 
 
 
-Si tratta del dottor Ceppi…- accennò Elisa, per studiare la reazione della marchesa e prendere tempo.
- Ancora quell’uomo! – sibilò Anna, distogliendo lo sguardo innervosita – Che vuole ancora? Sa che la sua presenza non è gradita. E quando qualcuno sta male, prima di prendere decisioni affrettate, dovreste rivolgervi a me. Fino al rientro di mio fratello, dovete rendere conto a me! – Anna si tormentava le mani, lanciando occhiate torve alla ragazza che cercò di blandirla.
- Marchesa, non stanno così le cose, lasciatemi il tempo di finire…-
- Che significa “non stanno così le cose”? Che altro dovrei sapere? –
- Ecco, vedete, è il dottor Ceppi ad aver bisogno di cure questa volta. È stato aggredito, l’ho trovato io. –
- Che cosa? E chi l’avrebbe aggredito? - la marchesa tradì la sua preoccupazione, ma subito si ricompose e assunse un tono distaccato -Ma io…io cosa posso farci, perché ti rivolgi a me? -
 
Elisa raccontò tutto, di come aveva trovato Antonio, delle condizioni della sua casa e del sospetto che qualcuno si volesse vendicare di lui. Tacque dei feriti e del probabile coinvolgimento del medico nella difesa di alcuni rivoltosi, certa che la marchesa a sentir queste cose avrebbe all’istante negato il suo assenso.
 
-Ti rendi conto di quello che mi stai chiedendo, Elisa? – ribatté Anna alla fine del racconto – Ospitare in casa mia quell’uomo! E per di più con il rischio che qualche malfattore lo stia cercando, mettere in pericolo la tenuta…E poi credi che mio marito Alvise approverebbe? Sta pur certa che no! –
Non sapeva che rispondere in realtà, Anna. Era presa da sentimenti opposti. Da un lato c’era il timore di disintegrare un equilibrio, quello della tenuta, della sua vita familiare, ma, soprattutto il suo equilibrio interiore. Avere Antonio sotto lo stesso tetto: come avrebbe potuto reagire? Come si sarebbe potuta difendere dal suo passato, dai suoi rimpianti, dai suoi sogni infranti? No, sarebbe stata una follia dare il suo permesso. Non avrebbe mai dovuto permettere a quell’uomo di farla soffrire ancora, non avrebbe mai dovuto permettere a una servetta qualunque di metterla in quelle condizioni di difficile scelta. Dall’altro lato però era pervasa da un altro timore, meno sottile, più violento e primordiale: il timore che Antonio potesse essere abbandonato in balia di chissà quali malfattori, che potesse morire, e per colpa unicamente sua. Non sapeva decidere, in entrambi i casi la scelta sarebbe stata dolorosa, molto dolorosa. In ogni caso avrebbe scoperchiato tutto quel dolore nascosto sotto anni e anni di apparente, falsa serenità; avrebbe perso nuovamente, e per sempre, la sua pace. Camminava nervosa lungo il corridoio, con le mani giunte davanti alle labbra, come se pregasse sommessamente. Elisa la seguiva con lo sguardo, non aveva più avuto il coraggio di aggiungere nulla, ma dentro di lei era animata dalla speranza che Anna le dicesse di sì.
-Signore, ditemelo voi, che cosa devo fare, ditemelo, per favore. – sussurrava Anna facendosi un rapido segno di croce. Rimase per qualche istante con gli occhi chiusi, poi si voltò di scatto e sul suo volto balenò la sua decisione, il suo sguardo si accese per un attimo :
- E sia, sia come dici tu. Portatelo qui. –
-Grazie, marchesa! Non sapete quanto vi sono grata! – Elisa esplose in un’esclamazione gioiosa, ma subito Anna la frenò:
- Ad una condizione, Elisa. Lo porterete negli alloggi della servitù. Mio marito non deve sapere... Sono stata chiara? –
- Sì, marchesa, siamo intese –
- Un’altra cosa…nemmeno io non ne voglio sapere nulla. Fate come meglio credete, chiamate un altro medico, vi darò i soldi, ma, per favore, non ditemi più nulla di questa storia. -
- Ma, marchesa, com’è possibile? Siete qui, qualcosa dovrò pure comunicarvi, non volete sapere se Antonio… scusate, il dottor Ceppi, sta meglio, se e quando se ne potrà tornare a casa…- nella sua ingenuità la ragazza credeva che queste notizie potessero essere una sorta di ricompensa riconoscente per l’ospitalità concessa, e non degli strali che straziavano ulteriormente l’animo di Anna.
- Elisa, sono stata fin troppo chiara. Non voglio saperne nulla, e ora è tardi, mi ritiro nelle mie stanze. Buonanotte. – e così dicendo sparì nell’oscurità del lungo corridoio.
   
 
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