Capitolo 7: Né vivi né morti
Quando Abby aprì gli occhi, si trovò davanti la faccia della mora. Probabilmente, aveva davvero fatto la guardia, quella notte: i suoi occhi erano notevolmente stanchi, ma mantenevano ancora un luccichio di lucidità.
«Mh, buongiorno» grugnì, e per un attimo pensò di essere al campeggio scolastico, in gita, immaginò perfino di essersi addormentata mentre studiava. Poi Bry si alzò per mettersi da parte, lasciandola libera di vedere il tavolo e gli armadi, i ratti morti, e non poté far altro che ricordare. Sentì un conato di vomito farsi strada nel suo corpo.
«Non ci pensare neanche!» la rimproverò l'altra. «Non ho idea di quando potremo mangiare, e tu che fai? Vomiti il poco cibo che hai ancora in corpo?»
La aiutò ad alzarsi, e già dopo qualche minuto sì sentì meglio. Spostarono lievemente l'armadio che bloccava la finestra per controllare l'esterno, e un raggio di luce entrò nella stanza.
«Yessss» esultò Bry. «Ok, ascoltami bene. Ora usciamo, e tu mi stai vicina. Qualunque cosa succeda, tu fai quello che dico io. Non puoi farti prendere dal panico, non puoi scappare. Hai capito?»
Abby annuì. L'atteggiamento autoritario dell'altra non le piaceva affatto, ma sapeva che, senza di lei, a quell'ora sarebbe già stata pasto di almeno mezza dozzina di ratti neri e sporchi.
«Troveremo i tuoi genitori» la rassicurò.
La mora, coltellino svizzero sempre pronto, spostò leggermente il tavolo, e si affacciò sull'atrio della centrale. Abby tremava dalla paura; il fatto che Bry ci stesse mettendo così tanto per osservare la scena la spaventava da morire. Era così orribile, ciò che stava vedendo?
Magari le avrebbe ordinato di uscire dalla finestra per non imbattersi in quella visuale. Ma la bionda voleva assolutamente vedere, voleva disperatamente cercare i suoi genitori. Anche scoprirli lì dentro, morti, sarebbe stato meglio che darli per dispersi. Scosse la testa: non poteva arrendersi così facilmente. Erano di certo ancora vivi, come lei.
Abby, allora, prese un bel respiro, e gonfiò il petto. Si preparò a giustificare il fatto che volesse attraversare l'atrio, vedere con i propri occhi ciò che era accaduto. Ma non ne ebbe l'occasione.
Bry si voltò, e la fissò con sguardo perplesso e, forse per la prima volta, spaventato. «C'è un problema»
La bionda la sorpassò, infilando la testa tra la porta e lo stipite per osservare a sua volta.
La centrale era in subbuglio. Le pareti e il pavimento erano sporchi di sangue, le scrivanie spaccate, le cianfrusaglie gettate via alla rinfusa; ricordò il caos della notte precedente. Frammenti di vestiti, impregnati di sangue e sporcizia, occupavano ogni superficie piana. A terra, giacevano decine di topi, oltre a qualche gatto nero. E fino a quel punto, Abby non trovava nulla di strano. Insomma, era decisamente ciò che si sarebbe aspettata di trovare, dopo la baraonda di quella notte.
Non ebbe bisogno di ragionare un secondo di più, quando capì cosa intendesse Bry, con "problema". La mandibola sembrò caderle a terra dallo stupore, e si sentì perdere le forze. La mora, dietro, la sostenne, sbuffando dal disappunto. Sì, era troppo debole, per reggere tutto quanto.
Degli esseri umani che la notte prima occupavano la centrale, neanche l'ombra. Né vivi né morti. Erano sole, e spaventate.
«Mh, buongiorno» grugnì, e per un attimo pensò di essere al campeggio scolastico, in gita, immaginò perfino di essersi addormentata mentre studiava. Poi Bry si alzò per mettersi da parte, lasciandola libera di vedere il tavolo e gli armadi, i ratti morti, e non poté far altro che ricordare. Sentì un conato di vomito farsi strada nel suo corpo.
«Non ci pensare neanche!» la rimproverò l'altra. «Non ho idea di quando potremo mangiare, e tu che fai? Vomiti il poco cibo che hai ancora in corpo?»
La aiutò ad alzarsi, e già dopo qualche minuto sì sentì meglio. Spostarono lievemente l'armadio che bloccava la finestra per controllare l'esterno, e un raggio di luce entrò nella stanza.
«Yessss» esultò Bry. «Ok, ascoltami bene. Ora usciamo, e tu mi stai vicina. Qualunque cosa succeda, tu fai quello che dico io. Non puoi farti prendere dal panico, non puoi scappare. Hai capito?»
Abby annuì. L'atteggiamento autoritario dell'altra non le piaceva affatto, ma sapeva che, senza di lei, a quell'ora sarebbe già stata pasto di almeno mezza dozzina di ratti neri e sporchi.
«Troveremo i tuoi genitori» la rassicurò.
La mora, coltellino svizzero sempre pronto, spostò leggermente il tavolo, e si affacciò sull'atrio della centrale. Abby tremava dalla paura; il fatto che Bry ci stesse mettendo così tanto per osservare la scena la spaventava da morire. Era così orribile, ciò che stava vedendo?
Magari le avrebbe ordinato di uscire dalla finestra per non imbattersi in quella visuale. Ma la bionda voleva assolutamente vedere, voleva disperatamente cercare i suoi genitori. Anche scoprirli lì dentro, morti, sarebbe stato meglio che darli per dispersi. Scosse la testa: non poteva arrendersi così facilmente. Erano di certo ancora vivi, come lei.
Abby, allora, prese un bel respiro, e gonfiò il petto. Si preparò a giustificare il fatto che volesse attraversare l'atrio, vedere con i propri occhi ciò che era accaduto. Ma non ne ebbe l'occasione.
Bry si voltò, e la fissò con sguardo perplesso e, forse per la prima volta, spaventato. «C'è un problema»
La bionda la sorpassò, infilando la testa tra la porta e lo stipite per osservare a sua volta.
La centrale era in subbuglio. Le pareti e il pavimento erano sporchi di sangue, le scrivanie spaccate, le cianfrusaglie gettate via alla rinfusa; ricordò il caos della notte precedente. Frammenti di vestiti, impregnati di sangue e sporcizia, occupavano ogni superficie piana. A terra, giacevano decine di topi, oltre a qualche gatto nero. E fino a quel punto, Abby non trovava nulla di strano. Insomma, era decisamente ciò che si sarebbe aspettata di trovare, dopo la baraonda di quella notte.
Non ebbe bisogno di ragionare un secondo di più, quando capì cosa intendesse Bry, con "problema". La mandibola sembrò caderle a terra dallo stupore, e si sentì perdere le forze. La mora, dietro, la sostenne, sbuffando dal disappunto. Sì, era troppo debole, per reggere tutto quanto.
Degli esseri umani che la notte prima occupavano la centrale, neanche l'ombra. Né vivi né morti. Erano sole, e spaventate.