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Autore: Sharon_SassyVampire    02/02/2017    3 recensioni
Priest!Gerard
UniversityStudent!Frank
«Teneva entrambe le mani del ragazzo nelle sue, accarezzandole delicatamente e con fare premuroso.
Frank guardò il dipinto sopra di loro, e credette di vedere una dolce compassione anche nello sguardo delle Vergine.
Una parte di lui sperava che Lei stesse cercando di dirgli, tramite quei Suoi misericordiosi occhi pennellati, che non c’era nulla di sbagliato nel suo amore.
Gerard, invece, ammirava ancora le sue mani e giocava con le dita intorno ad esse, e tutto quel doloroso peso, che si era trascinato fin lì, sembrava sciogliersi ad ogni carezza.
Frank aveva da sempre notato, talvolta con una certa punta di gelosia, quanto al sacerdote piacesse avere le mani altrui tra le sue, stringerle, punzecchiarle, torturarle.
Mikey non riusciva proprio a sopportarlo e si lamentava di quanto, sin da piccoli, sentisse questa necessità di prendergli le mani ogni volta che doveva dirgli qualcosa.
Quello che invece non sapeva, era quanto il sacerdote amasse custodire le sue, quanto ci indugiasse, quanto avesse il bisogno di insistere su ogni singolo solco e per ogni avvallamento delle dita, e non per semplice abitudine o fissazione.
Guardò ancora la Vergine dipinta.»
Genere: Fluff, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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3.   Devil’s Choirs
 
I’ll carry you my darkest desire
When life sings to you
Through Devil’s Choirs
Fear won’t steal what burns in you
I’ll carry you away from the fire
My desire
Devil’s Choirs
My desire
Devil’s Choirs.

 
 
*trigger warning: potrebbe urtare la vostra sensibilità, non dico altro per non spoilerare*
 
-“Mmmh ho cambiato idea.”
 
-“No dai, Gerard!”
 
-“Sciocco umano, credevi davvero che mi sarei arreso così facilmente?”
 
Frank tentò di prendere alla sprovvista Gerard e si catapultò verso di lui per rubargli il raccoglitore che teneva stretto al petto.
 
-“Nah-ah! Non ci pensare!”
 
-“Sei insopportabile.”
 
-“E tu insistente.”
 
-“Vorrei farti notare che siamo nel tuo letto con i vestiti sporchi di vernice.”
 
-“Non tentare di distrarmi. E comunque avevo intenzione di cambiare le lenzuola.”
 
-“E dai ti supplico.”
 
Si slanciò di nuovo verso il sacerdote ma Gerard si alzò in un lampo, mettendosi anche in punta di piedi e allungando il braccio quanto più poteva verso l’alto, con il raccoglitore esposto sulla quasi in bilico sui polpastrelli come un trofeo.
 
-“Gee…”
 
Frank rimase seduto, con il faccino più docile e supplichevole che i suoi lineamenti potessero modellare.
 
-“Niente “Gee”, non mi farò intenerire…forse se tu fossi un po’ meno nanerottolo riusciresti anche a prenderlo.”
 
Gerard sapeva che si sarebbe pentito di quella frase ancor prima di pronunciarla, ma nonostante ciò, la disse lo stesso.
Poche cose al mondo riuscivano a farlo sorridere come bisticciare con Frank in quel modo e difatti teneva in viso un sorriso così semplice ma così sincero che lo fece tornare bambino.
Lo vide diventare paonazzo e balzare in piedi sul suo letto, con un balzo felino, e rimase quasi immobile ad aspettarlo, lo sguardo canzonante ma felice.
Frank gli si avvinghiò alla schiena, arrampicandoglisi letteralmente addosso nel suo cercare di risalire fino al raccoglitore, proteso verso il soffitto e tenuto in precario equilibrio tra le dita.
 
-“Mollalo!”
 
-“Mai!”
 
E di colpo riportò il raccoglitore al petto, tenendoselo stretto tra le braccia.
 
-“Se non lo molli ti resterò incollato addosso finché non ti arrendi.”
 
-“Dovrai passare sopra il mio cadavere, koala nano!”
 
-“Ah si? Bene, resterò così per sempre allora.”
 
“Benissimo.”
 
Frank si aggiustò sulla schiena di Gerard, rafforzò la presa delle gambe intorno al suo busto e incrociò le braccia sopra le sue, infine si affacciò dall’incavo del collo sistemandosi col mento sulla spalla dell’altro, soddisfatto e come se non fosse mai stato più comodo in vita sua.
Gerard cominciò a camminare verso l’uscio, sbilanciandosi giusto un paio di volte ma restando infine in equilibrio.
 
-“Dove vai?”
 
E il sacerdote si mise a ridacchiare, dirigendosi verso la porta del bagno.
Una volta entrati, Gerard non accese subito la luce, ma aspettò di essere al centro della stanzetta prima di premere sull’interruttore.
Quando la luce li avvolse, quello che si trovarono davanti agli occhi fu il loro stesso riflesso allo specchio ed entrambi, all’istante, scoppiarono a ridere.
A Frank si mostrò l’immagine di se stesso avviluppato intorno all’altro ragazzo, e in un certo senso si rallegrò di non sembrare poi così piccolo in confronto a Gerard.
Nonostante fosse meno dotato di altezza, possedeva delle spalle ed un torace più ampi rispetto a quelli del sacerdote e in quel momento non appariva affatto minuto, ma anzi piuttosto ingombrante, ed era questo, più di ogni altra cosa, a rendere la scena tanto buffa e divertente: Frank arrampicato alla schiena di Gerard come un cucciolo un po’ troppo cresciuto, che faceva capolino dalla sua spalla ridendo come un folle e Gerard ostinato nel proteggere scrupolosamente quel raccoglitore tra le braccia, ridendo a sua volta forse ancora più forte e rischiando in quel modo di farli cadere entrambi, che per di più se ne andava passeggiando di stanza in stanza, addirittura specchiandosi.
 
-“Non riesco a respirare!”
 
Frank rideva così convulsamente da essersi quasi lasciato andare, perciò si sistemò meglio stringendosi ancora più saldamente e posando le braccia poco sotto il collo di Gerard, per guadagnarsi una presa più salda.
 
-“Pesi un po’ gnomo, lo sai?”
 
Riuscì a dire il prete tra una risata e l’altra.
 
-“Meglio.”
 
Rispose Frank con gli occhi appena inumiditi per il troppo ridere.
Lo teneva così stretto a sé, ed era così felice, sobrio e sotto qualche strano effetto al contempo, che per un momento aveva temuto di farsi uscire un sei mio dalle labbra.
Percepiva il suo calore fondersi con il proprio e fu certo che fosse quel suo odore a renderlo ubriaco e in perpetua crisi d’astinenza insieme.
Si chiese se Gerard potesse sentire l’insistente bussare del suo cuore contro la schiena, e se, in quel caso, potesse indovinare che quel picchiare rivoltoso non era stato conseguenza delle molte risa.
Quando riuscirono a calmarsi un poco, si guardarono negli occhi tramite il riflesso allo specchio, quattro feritoie luminose che sfumavano il proprio  verde con quello dell’altro allo specchio, sorrisi di piume e respiri di piombo da dover riacciuffare.
Quando credette che Frank stesse per scivolare Gerard si piegò leggermente in avanti per non farlo cadere e diede un colpetto con la schiena per tirarlo un po’ più su.
D’istinto, per poco non lasciò cadere il raccoglitore coi disegni nell’impulso di andargli a sorreggere le gambe con le proprie braccia.
Tornò nella sua stanza, ridacchiando di tanto in tanto e superando il percorso ad ostacoli che era il suo bordello di pavimento, inginocchiandosi sul letto e trafficando goffamente.
 
-“Certo che sei incredibile.”
 
Nel dirlo Frank scosse la testa, ancora sorridendo, e Gerard civettò.
 
-“Grazie caro.”
 
Dopo essersi sistemato non molto comodamente sulle ginocchia, si lasciò cadere di colpo a faccia avanti, appoggiando poi la guancia destra sul cuscino e seppellendo il raccoglitore tra il petto e il materasso.
 
-“Mh, ecco. Spero tu stia comodo, Frankie.”
 
Frank sbuffò per l’improvvisa prigionia degli arti, così fece sgusciare fuori le gambe da sotto lo stomaco di Gerard, stringendogliele invece ai lati, e si accoccolò abbracciandolo con la testa nascosta tra le scapole dell’altro e le braccia ancora intrappolate sotto al suo petto.
 
-“Comodissimo.”
 
Ascoltava sotto di sé il sorgere e il tramontare profondo del respiro del sacerdote, e il suo stesso corpo che saliva e scendeva leggermente assecondandolo, seguendo quel lento andirivieni ampio e regolare.
Rimasero in silenzio, come se stessero dormendo o stessero aspettando di addormentarsi, dando deciso e concluso il loro accordo di rimanere così per sempre, Gerard che non avrebbe lasciato che Frank vedesse i suoi disegni e Frank che perciò non si ne sarebbe mai più allontanato, entrambi felici e contenti.
Frank ascoltava l’aria che Gerard emetteva dal nasino con attenzione, come se vi lasciasse andare chissà quali segreti invisibili che finivano poi con lo scontrarsi contro la federa del cuscino, fuggendo dall’essere rivelati.
Teneva gli occhi chiusi e il viso sereno, disteso, sebbene non stesse affatto dormendo, e Frank ne approfittò per sollevare un po’ la testa e ammirarlo.
I capelli erano stranamente meno arruffati del solito e solo alcune ciocche si stavano ribellando contro il guanciale, distendendosi sopra di esso come i raggi di un sole d’inchiostro.
Un ciuffo gli si era attorcigliato sulla fronte, minacciando di scivolargli sulle palpebre e Frank dovette richiamare a sé tutta la sua forza di volontà per resistere alla tentazione di soffiarglielo via o di spostarlo con la punta del naso, o anche con le labbra.
Nella calma e nel silenzio del momento l’unica disarmonia era il pulsare folle alla sinistra del suo petto, e a Frank parve così chiassoso e nitido da metterlo a disagio, insicuro nel capire se lo sentisse realmente rimbombare nella stanza o era soltanto l’eco ovattato nelle sue orecchie.
Gerard schiuse un po’ gli occhi e, come se avesse potuto leggergli nel pensiero, sembrò prestare minuziosamente attenzione a quel suono e mettersi in ascolto per udirlo meglio, senza abbandonare quell’aurea di serena beatitudine che gli era volata sul viso sulle ali dell’immacolata tentazione, piumate di smeraldo.
Forse fu quel gesto, osservato come sotto una lente d’ingrandimento dalla sua immaginazione, o forse il profumo di lui che lo stava assaggiando da tutte le parti, o lo straziante desiderio di agrodolci carezze che quei capelli erano capaci di suscitare, probabilmente tutte queste cose e altre ancora, e Frank sentì il basso ventre allagarsi, goccia dopo goccia, di un insidioso calore colpevole.
 
-“Mi si stanno addormentando le braccia, mi arrendo.”
 
Si rialzò con tutta l’indifferenza di cui era capace, nello stesso modo in cui avrebbe fatto se avesse detto la verità.
Sedendo a gambe incrociate sul letto, ancora segretamente imbarazzato di se stesso, accidentalmente lo sguardo gli cadde sul comodino di legno color panna accanto alla testata del letto, dove reclamava la sua autorità una maestosa Bibbia dal rivestimento scuro e dalla scritta incisa a lettere dorate.
Piuttosto semplice e minimalista, ma sapeva senz’altro come imporre la sua presenza e Frank distolse lo sguardo, come un bambino disobbediente che tenta di nascondere qualcosa alla mamma evitando i suoi occhi indagatori.
Ma il bambino sa bene da tempo che la mamma è già a conoscenza della verità.
Anche Frank sapeva più che bene che non sarebbe mai riuscito a fuggire dal Suo osservare onnipotente.
Si sentì disgustato e debole per aver macchiato quel momento con la natura dei suoi desideri.
 
-“Ho vinto io!”
 
Gerard si girò e si distese sulla schiena, con la presa sul raccoglitore ormai allentata.
Riusciva ad essere un po’ impacciato e goffo alle volte, proprio come qualche istante prima, capovolgendosi e dondolandosi con le braccia incrociate, quasi scalciando con piccoli scatti delle gambe, per potersi mettere a pancia in su.
Nonostante il senso di colpa, Frank non poté trattenersi dal volerlo stringere di nuovo.
 
-“Dai…tieni.”
 
Gli allungò sorridendo i disegni, in segno di pace.
Frank li prese con cautela e studiò la copertina del raccoglitore.
Arancione, con una cornice nera.
Non faceva molto Gerard, pensò, ma probabilmente era stato un regalo e lui ci si era affezionato.
Arancione.
Si immaginò Gerard vestito tutto color arancione, collarino e scarpe comprese, che se ne andava a dire il rosario cantandolo a squarciagola, anch’esso arancione, per un aranceto nel pieno della maturazione delle arance.
No, arancione davvero no, non faceva Gerard, ma la parte dell’aranceto non gli sembrava poi così male, né la parte del rosario cantato.
 
-“Nah, ho deciso che voglio la sorpresa.”
 
E lo riposò sopra il tanto amato tavolo.
Gerard lo fissò con un sopracciglio alzato e la faccia tra l’incredulo e il deluso, ma poi sospirò facendo spallucce.
 
-“Frankie…mi aiuti? Odio cambiare le lenzuola e rifare il letto.”
 
 
†‡†
 
 
Per quanto la detestasse, l’emicrania era sempre stata una fedele compagna di vita, e perciò ad un certo punto della serata fu costretto a spegnere la lampada e ha chiudere il libro.
Lo lasciò lì sulla scrivania, storto, come usava metterlo lui per sottolineare i concetti essenziali.
In realtà lui scriveva e scarabocchiava anche sempre e soltanto con libri e quaderni inclinati, al punto da farli stare quasi in verticale sopra alla scrivania o al banco, un’abitudine che aveva sempre avuto ma alla quale non riusciva a darsi una spiegazione.
L’unica cosa che sapeva era che riusciva a scrivere comodamente solo così, altrimenti la sua mano prendeva a tracciare una calligrafia irregolare e lenta, sotto lo sforzo di essere costretta in una posizione diritta.
Frank pensò più di una volta che la cosa lo rispecchiasse, e che dimostrasse quanto lui stesso dovesse sempre percorrere le vie più ostili per avere un’andatura regolare, e quanto vi ci si trovasse a proprio agio.
Anche lui doveva andarsene tutto storto per farne una giusta, e se costretto in qualche modo, cominciava un po’ a rallentare e ad affaticarsi, fino a combinare un disastro e a inciampare su se stesso.
Prese il cellulare e lo sbloccò.
Le 23:47
Non era poi così presto per sospendere lo studio e mettersi a letto.
Si massaggiò lentamente le tempie e chiuse gli occhi.
Maledetta emicrania.
 
Gee♥: stai studiando?    22:34
 
Frank: Sì, stavo studiando    23:49
Frank: Buonanotte♥    23:50
 
Quella notte, nei pochi minuti prima di essere rapito da un sonno profondo, chiese a Dio perché avesse scelto di fargli incontrare Gerard e se fosse davvero così orrendo provare dei sentimenti per lui.
Gli chiese cosa dovesse fare, ma non gli chiese di portarglieli via.
Non glielo chiedeva mai.
Anche se non lo avrebbe mai ammesso, Frank ne ricavava un’impotente gioia alla quale era legato, e della quale reclamava il possesso.
Quei sentimenti erano di sua proprietà e non voleva che gli venissero sottratti.
 
 
‡†‡
 
 
Anche le lenzuola lo opprimevano.
Pesanti morse marmoree.      
Non era riuscito nemmeno a scaldare il letto col suo calore corporeo.
Sentiva molto più freddo di quanto fosse concepibile, date le temperature, e non era certo un prologo di febbre.
Gerard aprì gli occhi, con riluttanza, ma benché avesse il terrore di scorgere realmente qualcosa in quella stanza, sarebbe stato certamente più rassicurante di ciò che gli si andava elaborando nella mente.
Non era un flusso di pensieri che gli apparteneva, né la sua immaginazione sarebbe mai stata capace di dare vita a scene tanto raccapriccianti.
Il percepire lo sfociare indotto con la forza da qualcos’altro dentro la sua psiche, gli annodò rovi di panico alla bocca dello stomaco.
Il buio era palpabile e denso, e inghiottiva il volume della sua camera contaminando anche l’ossigeno con il suo gravare.
Per un attimo ebbe paura di non riuscire a riprendere fiato e si portò le mani tremanti prima sul petto e poi intorno alla gola, a fatica, per l’orrore di sentirsi strangolare da artigli non visibili.
Avrebbe desiderato alzarsi, o costringere i polmoni ad assecondare il loro bisogno di ossigeno, eppure era inchiodato al materasso, e il collo, le braccia, il busto, le gambe, tutto dava l’impressione di essere impassibilmente pesante.
Di nuovo tentò di respirare, ma l’aria era troppo solida per penetrarlo.
Richiuse gli occhi sperando così di potersi calmare, ma quello che vide fu abbastanza per farglieli sgranare di nuovo, i contorni e le linee di quelle mostruosità ancora fluttuanti sul soffitto e sulle pareti, evanescenti ma fin troppo vivide per i suoi sensi, e mentre lasciava gli occhi spalancati con l’angoscia di abbassare le palpebre, innumerevoli pupille si confondevano nell’oscurità maligna delle ore notturne.
Lo fissavano con insistente avidità, se solo lo avessero toccato era certo che non ne sarebbe sopravvissuto.
Li sentiva ammucchiarsi intorno al suo capezzale, lo vegliavano e pregavano sussurrando oscenità alle sue orecchie, preghiere bestemmiate che ronzavano e fischiavano stridule e gravi.
Dalle urla acute che foravano i timpani con le risonanze tetre inghiottite dalla terra.
Padre nostro che sei nei cieli
Sia santificato il tuo nome
Si concentrò sul tirarsi su, sudando freddo e con infinito sforzo, la gravità che disprezzava le leggi della fisica e che aveva moltiplicato la sua forza sulla superficie del suo corpo mortale, respingendo ogni tentativo di rialzarsi.
Venga il tuo regno
Sia fatta la tua volontà
Si opponeva talmente tanto da sentirsi il petto lacerare con lo sfregiare di quella pesantezza, temendo nuovamente di non poter respirare.
La pelle tremava per il gelo, gli organi interni prendevano a consumarsi per il bruciore, fumanti, motori in avaria per i troppi vani tentativi di farli funzionare.
Come in cielo e così in terra
Dacci oggi il nostro pane quotidiano
Una volta riuscito nell’impresa di mettersi a sedere, cercò a tastoni l’interruttore, muovendo le mani alla cieca e temendo cosa potessero trovare quando lui stesso sentiva come se lo stessero palpando dappertutto.
Ogni tanto scene non concepibili dalla natura umana si sovrapponevano nella sua immaginazione, e Gerard a fatica scuoteva la testa con disperazione, per cacciarle via, dimenticarle, ma qualcosa costringeva collo e capo a restare immobili.
E rimetti a noi i nostri debiti
Come noi li rimettiamo ai nostri debitori
Il volume della sua anima urlava e scalciava contro quel subdolo stupro spirituale, e riuscì ad accendere la lampada che teneva sul comodino.
Credette di vedere una scia scura fuggire dal fascio di luce, la ignorò per quanto fosse possibile, e approfittò del vantaggio che si era appena procurato per trovare la forza di alzarsi in piedi, con l’unico scopo di trovare l’interruttore di fianco alla porta.
Col lieve chiarore della lampada l’ossigeno sembrò ripulirsi dalle coagulazioni demoniache che lo avevano reso irrespirabile.
E non ci indurre in tentazione
Ma liberaci dal male
Il lampadario lanciò tutta la sua potenza artificiale e per un attimo diede l’illusione di aver messo in fuga gli ospiti indesiderati.
Gerard si guardò intorno.
Sebbene affannato, il respiro aveva ritrovato facile accesso alle sue vie respiratorie.
Si lanciò verso ciò che gli serviva, lo strinse a sé con affamata speranza, aprì la porta della camera e prese ad accendere tutte le luci del suo piccolo appartamento, televisore compreso.
Guardò fuori dalla finestra, le luci della città e i fari delle macchine che passavano erano luci di vita nella notte.
Amen
Si posizionò sul divano, senza mai abbassare la guarda, in allerta, pronto in ogni momento, convincendosi di stare comodo.
Ascoltò gli unici compagni di terrore che dialogavano incuranti di lui attraverso le scene di un film che non aveva nemmeno mai visto.
L’eco del suo battito cardiaco allarmato sembrava voler abbattere la casa.
Padre nostro che sei nei cieli
Sia santificato il tuo nome
Venga il tuo regno
Sia fatta la tua volontà
Come in cielo e così in terra
Dacci oggi il nostro pane quotidiano
E rimetti a noi i nostri debiti
Come noi li rimettiamo ai nostri debitori
E non ci indurre in tentazione
Ma liberaci dal male
Amen
Riprese da dove aveva interrotto la notte precedente.
 
La proscrizione dei Cananei
50Il Signore parlò a Mosè nelle pianure di Moab, presso il Giordano di fronte a Gerico, e disse:…”
 
Così, ad alta voce, seppur tremolante.
 
†‡†
 
Frank scese dalla macchina e portò fuori le composizioni floreali che Gerard gli aveva chiesto di ritirare.
Ortensie azzurre e qualche altro fiore di cui non sapeva il nome.
Passò per i locali accanto alla chiesa, quelli adibiti per le riunioni, il catechismo per i bambini più piccoli e dove c’era anche lo studio del parroco.
La sacrestia era stata lasciata un po’ in disordine e Frank ridacchiò tra sé e sé.
Richiuse l’anta del ripostiglio delle vesti sacerdotali che era stata lasciata aperta, mise uno sopra l’altro i libri sparsi sul tavolino e si ritrasse all’improvviso, senza un vero motivo, quando si rese conto che erano quegli stessi volumi che Gerard stava studiando per poter diventare esorcista.
Copertine e le rilegature erano rigorosamente nere, o comunque piuttosto scure sui toni del viola e del marrone, uno addirittura senza titolo o altra indicazione.
Quando aprì la porticina che dava sull’altare, vide che il sacerdote era in ginocchio, sul primo banco a sinistra, e che la Chiesa era completamente vuota fatta eccezione di lui.
Fece finta di nulla inizialmente, vedendolo molto concentrato, passò e sistemò con cura i fiori dove sapeva che andavano messi, stando attento a posizionarli con il lato più fresco e bello verso la platea.
Per qualcuno sarebbe potuto sembrare un gesto superfluo, anche stupido e irrilevante o un inutile spreco di secondi preziosi, ma era una caratteristica che Frank aveva sempre avuto, quella di far apparire le cose sempre al loro meglio e di renderle più belle che poteva, di dedicare tempo a quei dettagli che i più ignoravano, forse perché lui invece amava osservare attentamente ciò che lo circondava, si ostinava scovare i minimi particolari, con la speranza di capire ogni cosa e di trovare una risposta a tutto.
Ed era esattamente per questo che si era iscritto alla facoltà di psicologia.
Così come si prendeva cura delle cose, faceva con le persone, ne ammirava o disprezzava le minuzie per riuscire a comprenderle, e di conseguenza avere la risposta giusta.
Sin da piccolo la sua mente era stata una piccola fabbrica di perché e di come e di se e di ma, e inevitabilmente di quindi, di però, e di allora.
Per qualche motivo che non riusciva a spiegarsi, il colore dei fiori, tutti tendenti all’azzurro e al celeste, non lo entusiasmava molto in contrasto col legno scuro e l’atmosfera generale della Chiesa, ma non ci fece troppo caso e si ritenne abbastanza soddisfatto una volta portata a termine la breve incombenza.
Rivolse l’attenzione a Gerard, ancora inginocchiato dietro di sé e intento nelle sue preghiere probabilmente, e rimase visibilmente deluso per l’essere stato ignorato.
Si avvicinò per vedere se il sacerdote avesse solo aspettato che lui avesse finito coi fiori per parlargli o se davvero non lo avesse notato.
Le sue ginocchia avevano scavato a fondo sul cuscinetto bordeaux dell’inginocchiatoio, segno che era lì in quella posizione da tempo, e che una volta alzato sarebbero rimasti dei solchi per qualche minuto.
Teneva il capo chino sulle mani giunte, o meglio intrecciate tra loro in un unico pugno serrato, e Frank poteva a mala pena scorgergli la fronte.
Fece qualche altro passo verso di lui e ora, essendoci solo loro due e essendo diminuita la distanza tra loro, nel silenzio maestoso della Chiesa si accorse che Gerard stava bisbigliando freneticamente e senza interruzioni, con un rosario tra le mani.
Non era certo la prima volta che Frank lo osservava pregare, ma dava l’impressione di essere agitato, e come se qualcuno lo stesse inseguendo.
Da una settimana, forse un po’ di più, aveva preso ad isolarsi e ad essere sfuggente.
Non parlava molto.
Sebbene fosse del tutto immobile, per qualche ragione, fu questo quello che venne in mente a Frank: che stesse fuggendo e che lo stessero rincorrendo.
Tra le dita candide vide serpeggiare il suo rosario, i cui grani restavano incastonati sulla sua pelle come gemme inchiodate.
A prima vista sarebbe potuto sembrare nero, specialmente se osservato all’ombra, ma in realtà era di uno scarlatto particolarmente scuro, e ogni granulo era sfaccettato in modo tale da riflettere le varie oscure sfumature rossastre che scivolavano sulle pietruzze di tonalità in tonalità, assecondando i giochi della luce.
Frank sapeva che ad un certo punto uno dei granuli era più rosso degli altri, forse per un difetto di fabbrica, ma era quel granulo quasi cremisi che lo rendeva ancora più particolare e affascinante.
Quel rosario faceva molto Gerard, pensò per la milionesima volta, decisamente, al contrario del raccoglitore arancione.
Il prete continuò a non curarsi della sua presenza, chiuso a chiave in se stesso e nel suo pregare.
Il ragazzo era indeciso tra il lasciar correre e l’andargli a parlare, nel caso in cui Gerard non si fosse effettivamente accorto del suo arrivo, così assorto dalle sue preghiere, eppure in entrambi i casi gli sarebbe sembrato strano andarsene così, senza nemmeno salutarlo.
Gli era ormai davanti e aveva appoggiato le mani sul legno del banco, ai lati di quelle del sacerdote avvinghiate al rosario.
Ebbe come l’impressione che ora bisbigliasse più affannosamente di quanto gli fosse sembrato inizialmente e che il sussurrare appena percettibile di prima si fosse convertito in un tono di voce quasi normale.
Le sopracciglia scattarono convulsamente da sopra le falangi delle dita intrecciate.
 
-“Gerard…”
 
Lo disse in una maniera piuttosto bizzarra, strozzata quasi, e si pentì improvvisamente.
Un qualcosa a metà tra il saluto, il preoccupato, l’interrogativo e l’infastidito, con un imbarazzante tono stridulo come risultato finale.
Credette per un momento che non lo avesse sentito affatto e fece per richiamarlo, vagamente angosciato, quando finalmente Gerard alzò lo sguardo.
Fece sbucare appena le pupille da dietro l’intreccio di gemme scarlatte, e il verde impuro delle sue iridi scoppiettava nel contrasto con profonde sottolineature violacee.
Bastò quel solo gesto perché Frank capisse.
Il sacerdote non fece altro, non lo salutò nemmeno, si limitò a mantenere fisso lo sguardo irritato e infossato su quello di Frank.
Il ragazzo poteva udire quella frase tanto nitida quanto lo sarebbe stata se Gerard l’avesse pronunciata anche a parole.
Che vuoi?
Messaggio ricevuto, giornata particolarmente no.
Se non fosse stato per quella fuggevole sensazione d’angoscia che gli si era inchiodata allo stomaco se ne sarebbe tranquillamente andato.
L’altro aveva esattamente la stessa espressione di quando, appena conosciuti, restava tutta la  notte alzato a leggere libri horror per poi andare in overdose di caffé il giorno dopo, e ribattere ad ogni parola di Frank con quel fastidioso e snervante che vuoi?
In quei momenti di alcuni anni prima forse non avrebbe avuto tutti i torti a rispondergli in quel modo, considerando i loro rapporti poco pacifici di allora e tenendo conto dell’impertinenza che Frank non perdeva mai occasione di schiaffeggiargli in faccia, alla perenne ricerca di un pretesto per iniziare un litigio, ma ora non era sicuramente il caso.
Il ragazzo sospirò.
 
-“Volevo solo salutarti…ti lascio in pace. Ciao!”
 
-“Grazie.”
 
Fu quello che si sentì rispondere direttamente dall’abisso di quelle occhiaie, lo sguardo insistente su quello di Frank.
Vattene, cazzo.
Non si sarebbe certamente fatto problemi a mandarlo a fanculo anche in Chiesa se l’angoscia non gli si fosse stretta intorno con un po’ più di forza prima.
Gli dava degli strattoni di tanto in tanto, giusto per ricordargli che lei era lì e che c’era per un motivo ben preciso se lo stava disturbando così tanto, anche se lui non poteva ancora saperlo.
Dopo anni e anni di esercizio mirato a controllare il suo caratterino ribelle, Frank sospirò ancora e si passò le mani sul viso.
 
-“Senti…”
 
Serrò un po’ la mascella.
 
“tutto bene, Gerard?”
 
-“Andava meglio prima che venissi a interrompermi.”
 
Voce monotona, asciutta e davvero, davvero irritante.
Con quel tono saccente e pieno d’insofferenza.
Frank era seriamente sul punto di mandarlo a quel paese.
Era più che sicuro che Dio non si sarebbe offeso per un innocuo vaffanculo, anche se in Casa Sua.
Invece si staccò dal bancone e prese a camminare verso l’uscita, passando direttamente per la navata centrale.
 
-“Okay. Cazzi tuoi, Gerard.”
 
E arrivato al portone d’ingresso, seppure solo con il gesto, lo mandò davvero a fanculo, anche se il prete, ovviamente, non si era minimamente degnato di voltarsi, ma aveva proseguito col suo modo di fare, del tutto incurante.
Non che non conoscesse quel lato ostile di Gerard, ma come lui stesso aveva fatto, con il passare del tempo e il giungere di una sempre maggiore maturità, il sacerdote era riuscito progressivamente a nascondere e a sopprimere il suo essere talvolta scostante e fin troppo introverso, tanto che Frank giungeva persino a dimenticarsene.
Questo finché non accadeva qualcosa che facesse tornare a galla quella parte arrogante di Gerard che tendeva a farlo rinchiudere a riccio e pungere chiunque si avvicinasse.
Non era particolarmente arrabbiato, ma non poteva negare di non esserne rimasto ferito.
Sapeva che in quei momenti Gerard sarebbe stato capace di rispondere a tono anche a Gesù Cristo appena resuscitatogli davanti agli occhi sull’altare, ma avrebbe desiderato essere l’unica eccezione, ovviamente.
Ad essere sinceri, Frank era il primo sul quale sfogava quelle giornate di isolamento e nervosismo, e anche colui al quale si comportava in modo più chiuso.
Giusto per palesargli tutta la sua frustrazione, solitamente il desiderio di baciarlo aumentava in modo direttamente proporzionale alla scontrosità di Gerard.
Forse perché in quegli attimi di pura debolezza umana era più semplice dimenticare che era sacerdote.
Qualcosa però gli suggeriva che c’era dell’altro per farlo reagire in quel modo nel pieno delle sue meditazioni e in Chiesa.
Lo aveva inizialmente percepito dal suo pregare febbrile e sovraeccitato, che mai aveva visto giungere a quei livelli, e lo avevano confermato poco dopo gli atteggiamenti stessi.
L’angoscia non se ne era affatto andata, era perlopiù peggiorata, e non poté fare a meno di preoccuparsi, almeno un poco.
Ma era troppo egoisticamente ferito e orgoglioso per soffermarsi davvero sulla questione.
 
‡†‡
 
 
Gli Apostoli del Punk
 
Mikey sta scrivendo…
 
Mikey: @Geebigbro oggi continuiamo con i lavori?
 
Gerard sta scrivendo…
 
Gerard: come vi pare
 
Mikey sta scrivendo…
 
Mikey: dimmi tu, è che oggi sono libero e non abbiamo più fatto niente
 
Bob sta scrivendo…
 
Bob: per me va bene
Bob: verso le tre e mezza circa sono lì
Bob: @Gerard forse è meglio non far entrare i ragazzi a questo punto se arriviamo anche a fare il piano di sotto
 
Gerard sta scrivendo…
 
Gerard: basta chiudere la porta
 
Mikey sta scrivendo…
 
Mikey: ci lasciamo un cartellino attaccato con scritto “Work in progress…”
Mikey: no okay sa di poracciata da oratorio sfigato, come non detto
 
Bob sta scrivendo…
 
Bob: @Mikey è un oratorio sfigato solo quando ci sei tu
 
Mikey sta scrivendo…
 
Mikey: @Bobbone non mi va di ribattere lol sei fortunato
 
Bob sta scrivendo…
 
Bob: lol no per favore
Bob: lol proprio no
 
Mikey sta scrivendo…
 
Mikey: LOLOLOLOLOLOLOLOLOLOLOLOOOOOOOOOL
 
Bob sta scrivendo…
 
Bob: ah ah ah
 
Frank sta scrivendo…
 
Frank: io non ci sono
 
Bob sta scrivendo…
 
Mikey sta scrivendo…
 
Bob: ma come no?
 
Mikey: CHIERICHETTO COME NON CI SEI?
 
Gerard sta scrivendo…
 
Gerard: Perfetto.
 
Mikey sta scrivendo…
 
Mikey: @FrankieDaGiardino ma perché?
 
Frank sta scrivendo…
 
Frank: devo studiare…
 
Mikey sta scrivendo…
 
Bob sta scrivendo…
 
Mikey: -.-” …
 
Bob: …che palle
 
Mikey sta scrivendo…
 
Mikey: ti odierò a vita per questo tradimento, sappilo
 
Bob sta scrivendo…
 
Bob: *ti odieremo
 
Frank sta scrivendo…
 
Frank: …scusate(?)
 
Gerard sta scrivendo…
 
Gerard: tranquillo non eri indispensabile Frank.
 
Frank sta scrivendo…
 
Frank: lo terrò a mente in futuro allora.
 
Gerard sta scrivendo…
 
Gerard: Perfetto.
 
Mikey sta scrivendo…
 
Mikey: AH.
Mikey: ho capito.
Mikey: che è successo qua?
 
@Padre Gerard ha abbandonato
 
Frank sta scrivendo…
 
Frank: ...non ho parole
 
Mikey sta scrivendo…
 
Mikey: ma che è successo?
 
Frank sta scrivendo…
 
Bob sta scrivendo…
 
Bob: avevo notato che oggi gli rodeva il culo
 
Frank: @MikeyFuckingWay lascia perdere
Frank: @BobBear già
 
Visualizzato da tutti
 
†‡†
 
Era stato capace di rimanere sui libri per ben otto ore di fila, beh quasi di fila, senza implodere in un’emicrania lancinante, e già per questo si sentiva fortunato.
I ragazzi si erano organizzati per uscire quella sera, ma lui aveva detto di no.
Anche Gerard aveva detto di no.
Lo avevano scritto quasi nello stesso momento, Gerard mezzo secondo dopo, ed entrambi avevano rifiutato sia per non vedere l’altro, sia per l’assenza dell’altro.
Per un attimo, uno solo, Frank si sentì parecchio infantile, ma poi la testardaggine ebbe la meglio, come al solito.
Capita spesso che gli amici bisticcino e che non si rivolgano la parola per un po’, ma erano passati tre giorni e loro due non si erano più sentiti.
Non era per la brutta risposta, nemmeno per l’atteggiamento insofferente che il sacerdote aveva avuto nei suoi confronti quella mattina, ma era per il semplice motivo che Frank era deluso e ferito da ciò, tanto più per il fatto che Gerard non aveva fatto nulla per riavvicinarsi nei giorni seguenti.
Era un record.
Non erano mai stati per così tanto tempo senza parlarsi da quando si erano conosciuti, all’inizio.
D’altro canto, qualcosa lo turbava.
Ad ogni squillo o minimo suono del cellulare si precipitava nella speranza che fosse lui, non gli aveva bisogni di scuse o troppe cerimonie, bastava anche un semplice “ehi senti mi ero alzato con la luna storta l’altro giorno, mi dispiace di averti risposto male, ci vediamo domani?” come faceva di solito.
Talvolta si sorprendeva nel ricordarsi che Gerard fosse un prete, e non per i suoi sentimenti nascosti, ma per il carattere del ragazzo, e tutto ciò a lui affine.
Era molto giovane, e un po’ imbranato, ma al tempo stesso deciso e sicuro a modo suo, introverso e disordinato, dall’aria costantemente pensierosa e timido.
Non era e non sarebbe mai stato il classico sacerdote con la chitarra in spalla e i bambini alle calcagna, bastava che i ragazzini dell’oratorio gli si avvicinassero per farlo sentire fuori luogo, e anche se non lo aveva mai detto apertamente, Frank sapeva che ciò era causato dal suo timore di non essere all’altezza delle loro aspettative.
Ascoltava punk rock e leggeva libri horror, al cinema ci andava quasi solo se si parlava di possessioni demoniache o qualche altra accozzaglia paranormale.
In effetti era piuttosto facile comprendere perchè diventare esorcista fosse un po’ il suo sogno nel cassetto.
E prima ancora di tutte queste frivolezze c’era la Fede.
Un ragazzo che, nonostante il carattere chiuso, riusciva comunque a farsi amare da più o meno tutti, brillante, dotato di incredibile intelligenza e spirito d’osservazione, oltremisura sensibile e privilegiato dal dono di riuscire a trovare la bellezza ovunque.
Questo era ciò che la gente generalmente pensava di lui, perciò non suonerà certo strano sapere che agli occhi di Frank quel sacerdote planava sul confine con la perfezione.
Poi, accanto a tutto questo, all’ombra di tutto il suo splendore, c’era quel segreto lato schivo e solitario che non aveva ancora perso l’abitudine di mordere quando provocato.
Forse era l’altra faccia della sua innata timidezza o del suo essere fortemente paranoico per certi versi, e allora quel collarino bianco sembrava come stringersi un tantino di troppo attorno alla sua gola, tanto da costringerlo con la forza a starsene buono agli occhi di tutti, quanto a strangolare qulla parte di lui che non sarebbe mai stata capace di uscire dalla sua tana di rovi.
Gerard non aveva mai detto di aver avuto dubbi o rimpianti riguardo al sacerdozio, e Frank non aveva il coraggio di approfondire.
Conoscendolo, e poteva dire di conoscerlo piuttosto bene ormai, probabilmente aveva passato la notte in bianco o era sorto qualche problema che lui aveva ingigantito nella sua mente fino a portarlo ad uno stato di ansia, di qui il modo in cui lo aveva visto pregare così freneticamente, le scie violacee sotto gli occhi e l’atteggiamento brusco.
Tendeva molto a distaccarsi quando era preoccupato.
C’era anche quell’angoscia che non se ne voleva andare dallo stomaco di Frank, insieme alla consapevolezza che doveva essergli davvero successo qualcosa per renderlo così nervoso e distante.
Più volte nell’arco degli ultimi giorni era stato tentato di andare da lui e chiedergli cosa non andava, o magari di telefonargli almeno, ma se Gerard a volte aveva un caratteraccio, Frank d’altra parte aveva il suo, e se possibile ancora peggiore.
Avrebbe dovuto comportarsi da buon amico, ma non è sempre possibile esserlo quando i propri sentimenti scavalcano certi limiti.
Le 23:09
Poteva anche chiudere tutto.
Stavolta i libri li rimise tutti dritti.
Si gettò a peso morto sul letto e riaccese il cellulare, sperando ancora una volta di aver ricevuto un segnale di vita da parte del sacerdote.
3 messaggi non letti su whatsapp.
MikeyFuckingWay: ehi nano    16:52
MikeyFuckingWay: sei vivo o devo preoccuparmi?    17:06
MikeyFuckingWay: chiamami appena puoi    17:07
 
BobBear: fatti sentire ogni tanto    19:25
 
Rispose a Bob e chiamò Mikey.
 
-“Ma che fine avevi fatto?”
 
-“Stavo studiando.”
 
-“Mi sento stressato per te Frank.”
 
-“Preferisco finire il prima possibile e poi rivedere il tutto in vista dell’esame, lo sai.”
 
-“Cose che dovrei fare anche io ma che non faccio mai.”
 
-“Oh, ma voi eravate usciti, scusa ma non ci avevo ripensato. Ti richiamo domani magari, salutami Bob.”
 
-“No, no, non siamo più andati da nessuna parte alla fine perché Bob non si sentiva bene. E poi ti ho chiesto io di chiamarmi appena potevi, volevo solo dirti se domani sera ci facciamo una delle nostre maratone di film, di quelle proprio epiche.”
 
-“Certo! Cazzo, Mikey, quanto tempo che non ci facciamo una maratona cinematografica!”
 
-“Lo so! Quindi deciso?”
 
-“Va benissimo!”
 
-“E senti…ma che era successo con Gee?”
 
Frank ebbe l’impulso di riattaccargli in faccia, invece sospirò e si passò una mano tra i capelli.
 
-“Niente, sai come fa a volte, no? Mi ha riposto a merda. E io me la sono presa a male e ci siamo risposti a cazzo a vicenda. Poi lui mi ha lanciato quella frecciatina sul gruppo e mi sono incazzato davvero.”
 
-“Sì, è un po’ che fa lo scorbutico, lo so. Senti, per favore lascia stare e non te la prendere troppo, è un momentaccio.”
 
-“Oh…uhm, qualcosa di brutto in famiglia?”
 
-“No, non ti preoccupare, è solo che ha alcuni problemi e non ne vuole parlare.”
 
-“Mikey. Così mi fai stare in pensiero. Già mi sentivo un po’ in colpa, adesso mi fai stare proprio di merda.”
 
-“No Frankie, non è niente, non ne parla perché è orgoglioso. Gliel’ho dovuto far dire a forza che cazzo aveva. Ma non farci troppo caso se fa lo stronzo, per favore.”
 
L’angoscia sembrò cominciare a fare le trecce con il suo intestino.
 
-“Mh…va bene…”
 
-“Quindi domani film?”
 
-“Sì!”
 
-“Bene, poi decideremo i film domani pomeriggio.”
 
-“Perfetto. Ehi Mikey, scusami ma sono distrutto e ho troppo sonno. Ti devo proprio lasciare, buonanotte.”
 
-“Buonanotte Frankie, ci sentiamo.”
 
Quella notte, nonostante la reale stanchezza, non raggiunse il sonno con facilità.
Si girava e rigirava nel letto, in preda ad una sorta di vago timore insensato ma opprimente, senza afferrarne l’origine.
Aveva a che fare con Gerard.
Sicuramente non è niente, è solo che mi manca e lui mi sta ignorando.
 
‡†‡
 
Sbucavano dalle fessure.
Ogni tipo di fessura.
Dalla porta e dalla finestra.
Attraverso lo spioncino e il vetro, per poi raggrumarsi in ombre invisibili e vegliarlo da orbite senza pupille.
Più per bisogno fisico che per forza di volontà, Gerard riuscì a immergersi appena sotto alla superficie del sonno, ma si sentì come strattonato e rilasciato con noncuranza contro il letto da mani vuote.
Le palpebre si rifiutavano alla necessità di abbassarsi, scoprendo un paio di occhi sbarrati sullo sfondo sempre più esangue della pelle sgualcita, seppelliti in due profonde pozze indaco.
Assomigliavano più a dei lividi, e di lividi si trattavano, oltre il velo ingannatore della visibilità.
Ave o Maria, piena di grazia
Il signore è con te
Ma sei così debole Gerard.
Così debole.
Solo.
Tu sei benedetta fra le donne
Le donne Gerard, le hai mai guardate le donne?
Ne hai mai desiderata una nella tua vita?
No, Gerard, mai.
E benedetto è il frutto del seno tuo Gesù
Il seno Gerard, a te non piacciono i seni.
Non ti piacciono le sinuose curve delle donne.
Gerard, lo scopriranno tutti.
Sapranno che menti.
Un sacerdote corrotto.
Bugiardo.
Dove andrai, tutto solo, quando lo sapranno?
Santa Maria, madre di Dio
Prega per noi peccatori
Peccatore.
Sei uno sporco peccatore.
Meravigliosamente indegno.
Peccatore.
Peccatore.
Indifeso e sudicio.
Dio sa a cosa pensi.
Lui lo sa e ti vede.
La puzza putrefatta della tua sporcizia arriva fino all’inferno.
Adesso e nell’ora della nostra morte
Amen
 
Ave o Maria, piena di grazia
Hai perso la tua di grazia.
Il Signore è con te
Il Signore non è più con te.
Tu sei benedetta fra le donne
E benedetto è il frutto del seno tuo Gesù
Ti sentiresti meglio a ingoiare il seme dei membri infernali, Gerard?
Saranno lì tutti per te.
Falli demoniaci ti daranno ciò che vuoi e non avrai la voce per urlare.
Dio ti ha abbandonato.
Sei solo, come sei sempre stato.
Santa Maria, madre di Dio
Prega per noi peccatori
Adesso e nell’ora della nostra morte
Amen
 
Ave o Maria, piena di grazia
Il Signore è con te
Tu sei benedetta fra le donne
E benedetto è il frutto del seno tuo Gesù

Santa Maria, madre di Dio
Prega per noi peccatori

NESSUNO ASCOLTERÀ LE TUE PREGHIERE.
Adesso e nell’ora della nostra morte
Amen

 
Ave o Maria, piena di grazia
Il Signore è con te

Tu sei benedetta fra le donne
E benedetto è il frutto del seno tuo Gesù

SCIOCCO, NON HAI LA FORZA PER PREGARE, SEI DEBOLE E FETIDO.
DIO TI HA LASCIATO DA SOLO E NON TI AMA, NESSUNO TI AMA, NON SEI DEGNO DI AMORE.
IL TUO SIGNORE NON TI HA MAI AMATO.
VIVI NELLA MEZOGNA DI QUELLO CHE NON SEI.
LORO LO SAPRANNO E PERDERAI QUEL POCO CHE NON TI SEI MAI MERITATO.

SANTA MARIA, MADRE DI DIO
PREGA PER NOI PECCATORI
ADESSO E NELL’ORA DELLA NOSTRA MORTE
AMEN

 
Il frastuono lacerante e acuto di migliaia di vetri infranti si riprodusse per intoccabili eternità nelle sue orecchie, nel suo cervello e dentro ai suoi occhi.
Non era nulla che questo mondo sarebbe stato capace di offrire.
Eterno, vuoto, rotto dall’interno, colmo di una solitudine che era oltre la solitudine degli infiniti spazi dell’universo immersi nel nulla.
Oltre ogni cosa di mortalmente conoscibile.
Gerard ne provò disgusto e repulsione, terrore.
I suoi incubi da quel momento in poi, e di questo era sicuro, avrebbero preso forma dall’orrore di finire intrappolati in quella disperata disperazione squarciata dal nulla, che restando nel silenzio strideva come vetro infranto e senza voce.
Era buio sotto le espansive luci artificiali dei lampadari, e il buio gli toglieva ancora una volta il respiro.
Guardò la Bibbia che teneva stretta contro il cuore, con quanta più umana intensità potesse, e allungò dolorosamente il braccio.
Tutto gravava su di lui come macigni d’oltretomba appesi all’anima.
Ora il ripetitivo suono vibrante echeggiava nella stanza e sembrava un urlo di opaco orrore.
 
-“Pronto…”
 
-“Mikey…Mikey vieni…qua…corri…”
 
-“Arrivo, arrivo! Respira Gee, respira. Calma.”
 
-“Corri…mi prendono…mi prendono…”
 
-“Non ti prenderà proprio nessuno. Dai insieme: Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo e così in terra.
 
-“Dacci…o-o-oggi…il…n-n-n-nostro…non…riesco…a…parlare…”
 
-“Okay, okay. Tranquillo. Prego io. Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo! Ne hai parlato con Padre Ray?”
 
-“No…ma…co-o-orri…ti…”
-“Sono appena salito in auto, tieni il telefono vicino, va bene? Parlo io. Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo e così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai  nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen. Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo e così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai  nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen. Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo e così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai  nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen. Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo e così in terra. Dacci oggi il nostro pane…”
 


Allora.
1) Se non l’avete riconosciuta, la canzone dalla quale ho tratto l’incipit del capitolo e il nome stesso è Devil’s Choir dei Black Veil Brides, vi consiglio di ascoltarla, sia per la bellezza, sia perché vi aiuterà molto ad entrare nel mood giusto per questo capitolo e un po’ la storia in generale. (Non ascoltavo i BVB da qualcosa come due anni lol, ho recuperato ascoltandoli per tipo una settimana intera in loop ed è stato il background della mia ispirazione).
2) Questa è la prima volta che scrivo qualcosa di vagamente horror/paranormale, per quanto sia il mio genere preferito in praticamente tutto (daddy Stephen King über Alles), e mi farebbe davvero troppo piacere sapere cosa ne pensate sinceramente, se dovete criticare ben venga, anzi, meglio.
3) Scusate il ritardo assurdo ma tra la scuola e l’ansia e le paranoie su quanto faccia schifo il capitolo mi hanno trattenuta.
4) Fatemi sapere possibilmente cosa ne pensate in generale.
5) Vi amo tutti♥
 
   
 
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