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Autore: Bibliotecaria    05/02/2017    1 recensioni
La magia che conosciamo non è l'unica ad esistere, e questo Arthur lo sa, alcune sono antiche e dimenticate, altre novelle e sconosciute. Ora però una magia oscura sta portando Hogwarts nel terrore, sangue innocente scorrerà, e sotto il velo della paura qualcuno alzerà la testa per affrontare il proprio destino. E c'è un nemico che solo l'erede di Merlino può affrontare.
Attenzione: questa storia è il seguito di "Una nuova generazione - il ritorno dei draghi"
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuova generazione di streghe e maghi
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'Una nuova generazione '
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Cap. 5 Ciò che più temiamo
Guardai fuori dalla finestra della classe, non riuscivo a concentrarmi quella mattina. C’era qualcosa che non andava, lo sentivo. Era come se tutto fosse troppo silenzioso. Osservai il cielo dalla finestra, niente era fuori posto: la pioggia cadeva leggera e costante, le foglie tinte dei colori del fuoco cadevano e si inzuppavano divenendo una fanghiglia scivolosa, l’erba iniziava ad ingiallirsi e non cresceva più molto, l’aria era diventata più fredda e tagliente, l’autunno era oramai avanzato e con l’avvicinarsi di Halloween per Hogwarts iniziavano ad apparire zucche sorridenti con all’interno spettrali candele. Pensai a quella creatura: era da qualche giorno che Hanna non era nervosa se non in qualche momento, sembrava che la creatura non si sarebbe fatta più vedere o, più probabile, i professori nascondevano bene il suo passaggio. Suonarono le campane che segnavano la fine delle lezioni e uscii dall’aula con accanto Arthur che osservava in maniera ossessiva un foglietto. “Cos’è?” Chiesi curiosa. “Una lista di piante che devo recuperare per Samhain, una festa druida che precedeva Halloween. A quanto pare dovrò fare una qualche forma di festa. Ma essendoci solo io ed Ehogan sarà noiosissima. Non so neanche perché lo facciamo, è così insensato e stupido: tutte quelle leggende, feste, credenze e superstizioni prive addirittura d’un fondamento magico… vorrei farne a meno.” Mi rivelò il giovane liberando un po’ di frustrazione. “Ma le religioni sono questo Arthur. Chiedilo a chiunque sia credente: tre quarti delle cose che dicono possono essere confutate con nulla. Ma per qualche strano motivo ci fanno sentire protetti, ed è questo il loro scopo.” Ribattei. “Sì, ma... io … non so… vorrei poterne fare a meno. Non dico che le leggende siano noiose, anzi le trovo affascinanti, e gli incantesimi sono così….” Sorrise leggermente e sgranò gli occhi sognante. “Diversi…” Sussurrò dolcemente. “Ma le regole etiche, le festività, la musica non ne parliamo e i rituali… è troppo per un ex-ateo come me.” Confessò Arthur guardando a terra. “Non lo metto in dubbio.” Dichiarai sincera. “Però il problema è che tu non sei un ex-ateo, Arthur, tu sei ateo.” Spiegai seria. “Scusa! Ho fatto il rituale per diventare druido!... O meglio sono entrato nella società, questo non fa di me un credente?” Mi contraddisse un po’ stizzito. “No. Fare parte d’una comunità religiosa è un conto ma credere veramente alle cose che dicono è un'altra. Tu sei praticamente un ateo Arthur.” Gli spiegai mentre ci avvicinavamo all’uscita della scuola. “Non è colpa mia se ciò che mi insegna Ehogan [EZ1] per me è senza senso.” Disse incrociando le braccia. “Non lo metto in dubbio. Ma forse dovresti guardare più al significato intrinseco che c’è nella tua religione per apprezzarla e comprenderla maggiormente.” Dissi mettendomi su il cappuccio per ripararmi dalla sottile pioggerella, corsi accanto a lui fino alla foresta dove grazie alla la protezione delle piante si stava quasi all’asciutto. Nel solito spiazzo trovammo Ehogan intento a macinare delle erbe odorose con movimenti energici ma pieni d’attenzione, e in qualche modo delicati. Si voltò tutto ad un tratto. “Arthur! Finalmente!” Esclamò l’uomo fermandosi. “Ho qui per te le erbe per la tua lezione di medicina.” Spiegò Ehogan mostrandogli, tutto contento, una borsa piena di erbe che fece uscire un sospiro esasperato al povero Arthur. “Io vi lascio soli: devo fare pratica con le correnti ascensionali con Itrandil.” Lo salutai andando a cambiarmi dietro un cespuglio. “Ti odio.” Sussurrò Arthur conscio che lui avrebbe passato altre ore di noiose lezioni ed io, invece, sarei andata a divertirmi con Itrandil sotto la pioggia. “Spero che ti prenda un accidente.” Continuò l’apprendista druido. “Non sarebbe male.” Esclamò Ehogan oggi stranamente di buon umore. “Così possiamo valutare la loro efficacia.” Disse il vecchio druido agitando la borsa piena di erbe. Risi alla battuta e uscii dai cespugli con addosso dei pantaloni di pelle, un vecchio maglione blu dal collo alto, un impermeabile rosso fuoco e le solite scarpe da ginnastica che usavo a scuola. “Nath oggi deve fare pozioni con Hanna, quindi non verranno prima delle quattro. Vedi di tornare per allora.” Mi raccomandò Arthur mentre Itrandil compariva dalla selva con la sella tra i denti. “Sì, tranquillo,” Sellai la draghessa. “Volerò solo per un’oretta.” Saltai in sella e spiccai il volo. Il vento freddo e bagnato mi inzuppò in un istante ma non importava, quando ero lassù potevo sopportare qualsiasi clima.
*****
Hanna e Nath assieme a Brian stavano tornando dalla sala grande con la ricerca di pozioni appena finita quando incrociarono Salomon. “Ehi Hanna, Brian!” Li salutò il ragazzo sorridendo. “Ehi, Sal!” Lo salutò Brian. “Vi conoscete?” Chiese Nath fissando il ragazzo avvicinarsi; era un po’ più alto di loro, ma comunque più basso di Elaine, aveva i capelli dorati e mossi tagliati corti ai lati e tenuti con un leggero ciuffo sul centro, gli occhi castano scuro, il viso leggermente più adulto del loro, più squadrato, l’intero corpo era muscoloso, la pelle era caffelatte ed emanava una strana aura autoritaria, anche se aveva qualcosa di rassicurante nei lineamenti. “Sì, le nostre famiglie sono amiche e ci conosciamo dall’infanzia.” Spiegò il Grifondoro scostando il ciuffo ribelle da un lato. “Hanna ti stavo cercando: Jenny ha ordinato un allenamento extra.” Spiegò il ragazzo. “Cosa? E quando li faccio i compiti? Sono indietrissimo! E se non porto i compiti Johnson come minimo mi uccide!” Urlò Hanna passandosi le mani tra i capelli scompigliandoli esasperata. “Calma, abbiamo Arthur.” Disse Nathaniel. “Lui non mi passerà mai i compiti!” Gli ricordò l’interessata con le dita che iniziavano ad infilzare la cute. “Te li passo io.” Si propose Salomon. “Davvero? Grazie!” Urlò Hanna che, in un impeto di gioia, abbracciò il giovane rischiando quasi di soffocarlo. “Su andiamo, o Jenny ci ammazza.” Disse il compagno liberandosi dalla presa micidiale della ragazza. I due così si diressero verso il campo da Quidditch. “Sei piuttosto forte, per una ragazza,” Hanna gli lanciò una saetta infuocata con gli occhi, ma il ragazzo non se ne accorse e continuò a parlare. “Eppure sei mingherlina, come fai?” Chiese Salomon ad un certo punto. “Faccio molto esercizio fisico e sono sempre stata abbastanza forte di mio. Non saprei dirti il perché con esattezza.” Era una bugia bella e buona ma non poteva di certo dirgli che la sua forza era dovuta alla sua parte orso. D’un tratto Hanna sentì come un pizzicorio alla nuca: qualcuno la stava fissando, guardò verso un corridoio in penombra e percepì del movimento. “Cosa c’è?” Chiese Salomon notando il cambiamento nella compagna. “Niente.” Sussurrò tetra. Camminarono per un po’, quando un forte ronzio li circondò. Un campanello d’allarme risuonò nella mente di Hanna. “Aumenta il passo” Sussurrò la ragazza al compagno. “Che cosa…?” Chiese confuso il giovane ignaro del pericolo. Ma fu fiato sprecato: dal corridoio apparve un fulmine luminoso che si muoveva sinuosamente, sbarrando loro la strada, come un serpente che attende la preda. “Qualche idea?” Chiese il ragazzo. “Attacca!” Rispose la ragazza. “Expelliarmus!” Urlò Hanna, ma quelle creature invece di ritirarsi sembrarono indifferenti al colpo subito. “Merda!” esclamò la ragazza. Allora le creature gli attaccarono all’unisono come un’onda di saette mortali. “Protego!” Dalla bacchetta di Salomon apparve uno scudo incredibile: li stava circondando per intero bloccando l’avanzata di quelle creature fatte d’energia. La luce azzurra che scaturiva dalla bacchetta incantò Hanna per un secondo, ma poi si riprese e iniziò a pensare in fretta. -Un incantesimo contro queste creature, quale… quale… quale..?- Poi le venne in mente un’idea. Lo scudo li stava proteggendo come se quell’energia non potesse essere attraversata da quelle creature, invece avevano assorbito il suo incantesimo che non era altro che una scarica d’energia in fondo. Allora le venne un’illuminazione. Si concentrò “Immobilus!” Le creature si bloccarono un’istante e smisero di ruotare intorno a loro, ma subito si ripresero. “Com’è possibile?” Sussurrò Salomon incredulo. Ma Hanna non rispose e iniziò a focalizzarsi su ciò che voleva fare, prese un profondo respiro, alzò la bacchetta e sussurrò. “Protego" Dalla bacchetta apparve uno scudo che prese la forma di tunnel bloccando il movimento delle creature, la ragazza trascinò Salomon lungo questo tunnel e uscirono dalla morsa. Allora ripresero a correre più veloci che mai verso una via di fuga. Le creature ci misero un po’ a riprendere l’inseguimento e Hanna sorrise: ce la potevano fare. Ma non fece in tempo a girare un incrocio che il suo istinto non le fece fare un salto indietro così da evitare lo scontro con un fulmine. Dopo un istante di confusione Hanna trascinò Sal dal lato opposto ma un'altra creatura tentò di colpirli e Hanna fu costretta ad un'altra virata che la portò quasi a scontrarsi con un altro fulmine e se Sal non avesse evocato l’incanto protego, di lei sarebbero rimaste solo le ceneri. I due riuscirono a bloccarli tre, quattro, cinque volte. Ma alla sesta si trovarono circondati da tutti i lati, le creature si erano raggruppate intorno a loro formando una gabbia d’uccello che impediva loro ogni via di fuga. I loro incantesimi non funzionavano a dovere poiché ogni volta che li colpivano pareva che li rifornissero d’energia. Così le creature dopo aver compiuto un movimento verso l’esterno si scagliarono contro di loro come una falange per trafiggerli, ma l’attacco non arrivò mai. I due si trovarono protetti da una bolla d’acqua che bloccò le creature. Allora la bolla si allontanò da loro e con movimenti rapidi raccolse tutte le creature di fulmine che si agitarono dentro quell’acqua in maniera casuale per pochi istanti, per poi fermarsi ed estinguersi. Allora l’incantesimo si bloccò, e da dietro una porta comparve il professor Johnson con la bacchetta alta e gli occhi verdi concentrati e determinati come quelli d’un vecchio guerriero. “State bene?” Chiese continuando a tenere la bacchetta alta lanciando uno sguardo ai due giovani. Allora si radunarono degli studenti che avevano visto tutto dal giardino lì affianco. “Professore, cos’erano queste creature?” Chiesero in molti. Ma il professore non rispose, stava studiando il punto in cui fino a pochi istanti prima c’erano quelle creature e Hanna notò il professore chinarsi e cogliere qualcosa con un fazzoletto di stoffa e per poi riporlo nella tasca. Hanna osservò meglio e allora notò alcuni minuscoli puntini neri raggruppati dove prima c’erano le creature d’elettricità, la ragazza iniziò a guardarsi intorno e ne vide uno accanto al suo piede, non se lo ripeté due volte, lo raccolse e lo depose in tasca senza farsi vedere: non erano più grandi di un unghia, neri, dalla forma cubica, dagli angoli affilati, d’un materiale strano e insolitamente duro. -Non sembrano magici. Eppure assorbivano gli incantesimi… forse Arthur potrà fare luce sulla loro natura…- E mentre pensava ciò arrivò la preside Mcgranitt tutta trafelata “P… P-professor Johnson! Cosa è successo?” Chiese la donna. “Hanno attaccato la signorina Uther e il signorino Atlants.” Disse l’uomo indicando i due ragazzi ancora storditi. “Voi due; in infermeria!” Ordinò la preside, cosicché Hanna e Salomon non poterono fare a meno d’ubbidire. Arrivati lì Madama Cips verificò che stavano bene, a parte la stanchezza per gli incantesimi più potenti del solito e il leggero trauma psichico dovuto alla situazione di pericolo.
 
Quella stessa sera la preside parlò agli studenti. “Cari ragazzi, dall’inizio dell’anno qui ad Hogwarts, si è verificato il rapimento d’uno studente e una morte di un elfo. Oggi la creatura ha attuato un altro attacco mettendo a repentaglio la vita di alcuni dei vostri compagni. Per tanto d’ora in avanti a Hogwarts verrà imposto il coprifuoco, verrete accompagnati da un aula all’altra dai professori, quando andrete ai bagni dovrete essere accompagnati da almeno un altro studente, non sarà permesso uscire dai dormitori se non nei momenti di lezioni, allenamento o studio e comunque mai al di fuori del coprifuoco e sempre in gruppo. So che siete spaventati, ma credetemi: Hogwarts è esperta di situazioni come questa. Ritroveremo il vostro compagno scomparso e troveremo la tana delle creature. Fino ad allora i professori collaboreranno con gli auror per scoprire cosa mai stia succedendo. Questo è quanto. Siate coraggiosi e cercate di non attrarre a voi i guai. Buona cena ragazzi.” Così dicendo la Mcgranitt si andò a sedere. Nathaniel guardò il suo piatto conscio che ciò voleva dire molte cose ma allo stesso tempo nessuna. –Siate coraggiosi- Belle parole ma avrebbero avuto un valore se avessero potuto fare qualcosa, invece non potevano fare niente.
*******
Il giorno seguente ci ritrovammo nel bosco, eravamo nervosi e indecisi, poiché nessuno di noi sapeva esattamente cosa aspettarsi. “Hanna, cosa ci dovevi dire di così importante?” Domandò Nathaniel. “Ecco, dopo che l’attacco è finito ho trovato questo.” Così dicendo Hanna mostrò un minuscolo cubo nero. “Era all’interno della creatura. Non so cosa sia, però immagino sia importante.” Sostenne Hanna rigirandoselo tra le mani. “Hanna, dammelo un secondo.” Chiese Nath porgendo la mano. Hanna glielo consegnò cauta, però appena un angolo dell’oggetto sfiorò la pelle di Nathaniel questi si graffiò. “Ahi.” Esclamò, ma dopo averlo preso per la parte piatta sparì l’espressione di dolore. “Mhm... non ho la più pallida idea di cosa possa essere. Però penso che sia grazie a questi che quei cosi si muovono.” Dichiarò Nath passando l’oggetto nelle mani di Elaine che iniziò ad osservarlo con molta cura. “L’ho pensato pure io, però credo che servano anche a qualcos’altro.” Dichiarò Hanna. “Probabile, inoltre questo materiale sembra una lega piuttosto insolita, una qualche forma di metallo.” Continuò la ragazza. “Hanna, e se ci fosse qualcosa dentro?” Propose Elaine. “Forse questa è solo la corazza protettiva.” Propose lei già afferrando la bacchetta. “Alohomora.” Sussurrò lei, e con uno scatto l’oggetto si aprì. Mi avvicinai incuriosito, e ciò che vidi mi spiazzò. “Un chip?” Esclamò Elaine stupefatta. “Sì, non può che essere un chip, vedi quella cosa tonda centrale, deve essere la batteria.” Continuò Nathaniel. “Ma come può essere? Non esistono oggetti elettronici di questo genere!” Esclamò Elaine. “Sì, è vero… ah, non capisco.” Ammise seccato Nath prendendo l’oggetto e iniziando a rigirarselo tra le mani. “Elaine, conosci qualcuno che si intenda di elettronica?” Domandò Nath dopo aver osservato quel chip finché non gli fecero male gli occhi. “No, nessuno. E se me lo domandi deduco che neppure tu ne conosca. Voi ragazzi?” Chiese Elaine rivolgendosi a me e Hanna. “Siamo entrambi maghi, provenienti da famiglie di maghi, secondo te come possiamo conoscere l’elettronica? Soprattutto se di questo genere?” Domandò Hanna irritata. “Sì, scusa è che non volevo chiudere nessuna strada.” Affermò Elaine mentre io mi avvicinavo a Nath ancora intento ad osservare il chip. “Non si direbbe che siano stati fatti da qualche azienda, ho notato un paio di marchi di fabbrica e dubito che possa avvenire una cosa del genere nella norma.” Affermò Nath continuando a studiare l’oggetto nelle sue mani. “Nath, posso un secondo.” Gli domandai facendomelo porgere, come sfiorò la mia pelle percepii una piccole scarica elettrica che colpì il dorso di Nathaniel. “Ahia! Diamine che male.” Osservai la bruciatura sul bordo del palmo di Nathaniel, c’era una piccola ustione rossastra che aveva lasciato scoperta la pelle viva. “Nathaniel, che ti sei fatto?” Domandò Elaine prendendogli la mano e osservando la ferita. “Non sembra grave, ma ti accompagno in infermeria.” Disse seria afferrando il braccio del ragazzo e trascinandolo verso la scuola. “Elaine, non è niente, sto bene.” Affermò Nath cercando di calmarla senza successo visto che in breve uscirono dalla radura senza che Nath potesse fare alcun ché. Dopo aver osservato i miei due amici allontanarsi tornai a studiare il chip. “Hanna ti è parso di percepire qualcuno di ostile mentre ti attaccavano?” Domandai alla ragazza sperando in una risposta positiva. “No, ho solo sentito la presenza dei chip e credo che se anche ci fosse stata la presenza si sarebbe confusa con la loro.” Spiegò Hanna dispiaciuta abbassando lo sguardo. Anche io lo feci e tornai ad osservare i cip. Poi presi la parte che si era separata con l’apertura e lo chiusi. “Hanna questo tienilo tu in un posto sicuro, sotto chiave, forse un giorno ci tornerà utile.” Pensai ad alta voce porgendolo nelle sue mani.
******
Io e Nathaniel ci stavamo dirigendo verso l’infermeria quando sentimmo dei lamenti provenire da un corridoio lì vicino. Nath si tese come una corda di violino e mi fece cenno di seguirlo scattando subito a correre, e lo seguii preoccupata. Quando i lamenti si fecero vicini ci nascondemmo dietro l’angolo del corridoio ed estraemmo le bacchette, Nathaniel appariva teso, concentrato e pronto all’azione, io invece sentivo che stavo tremando come una foglia. Dopo un istante in cui chiusi gli occhi per farmi coraggio svoltammo l’angolo e ci trovammo davanti una scena agghiacciante.
Un Corvonero, forse del settimo anno, era sdraiato a terra intento a contorcersi per il dolore in scatti rapidi e ravvicinati, le sue urla erano soffocate rendendole rauche e simili a lamenti di morte, gli occhi spalancati dal terrore e tinti di rosso, il viso era deturpato da un taglio all’altezza dell’occhio destro e dei lunghi segni neri, le bruciature, che andavano ad avanzare dal centro della fronte espandendosi per il viso con righe nere sotto la pelle seguendo il percorso delle vene e si stavano muovendo verso il basso, si sentiva un forte odore di carne bruciata.
All’improvviso mi sentii mancare la forza nelle gambe che iniziarono a tremare, inconsciamente mollai la presa sulla bacchetta che cadde a terra. Il ragazzo continuava a contorcersi il suoi tenui lamenti mi riempivano le orecchie e i miei occhi guardavano i suoi disperati chiedenti aiuto. Nath accanto a me dopo qualche secondo scattò verso il ragazzo e con fatica se lo caricò in spalla. “Elaine, aiutami!” Mi urlò Nathaniel, tremante sollevai il ragazzo quel poco che bastava perché Nath lo potesse tenere in spalla. Allora il Serpeverde iniziò a correre come poteva verso l’infermeria e io lo seguii con fatica dopo essermi chinata a raccogliere la bacchetta. La testa mi girava, il cure batteva così forte da assordarmi, le gambe le sentivo molli e tremanti a tal punto che ad ogni passo credevo di inciampare, gli occhi carichi di lacrime mi offuscavano la vista, lo stomaco si rigirava su se stesso serrandosi e contorcendosi e, inevitabilmente, i ricordi stavano facendo spazio nella mia mente. Cercai di combatterli ma oramai non ce la facevo più e quelle immagini apparvero vivide nella mia mente.
L’autostrada che va via a grande velocità, la leggera pioggia sopra di noi, tutto sembra tranquillo, poi il suono d’un clacson. Mio padre che tenta una frenata improvvisa, una lunga e inesorabile slittata, lo schianto del metallo sul metallo. Poi ci fu qualche secondo in cui tutto mi parve ovattato: i suoni, i colori, l’odore del fumo e il calore del fuoco. Tutto torna chiaro quando mia madre mi toglie la cintura mentre mio padre rompe il finestrino sul retro con un pugno e dice alla mamma di uscire con me subito, io che vengo afferrata della macchina e costretta ad uscire dall’auto da dietro cadendo a terra, mi segue mia madre che mi prende in braccio e mi fa allontanare. Vedo mio padre che sta uscendo dall’auto, poi un fischio improvviso seguito da un’esplosione. L’onda d’urto spinge me e la mamma a terra, ricordo il calore delle fiamme e mia madre che mi fa da scudo con il suo corpo. Ricordo lei che si solleva per guardarmi donandomi un sorriso e le sue parole. “Promettimi… di essere sempre buona piccola mia… sei stata molto brava…….” Furono le sue ultime parole, dopo ricordo di vederla cadere a terra di lato e io che la chiamo stringendo la sua mano sul mio viso, alzo lo sguardo per chiamare papà ma lo vedo per metà fuori dal finestrino bruciato dall’esplosione e sanguinante. Il suono delle sirene e poi il buio.
Con le lacrime agli occhi continuai a correre dietro a Nathaniel fino all’infermeria dove Madama Cips fece fluttuare il corpo del ragazzo fino al lettino. Ci disse d’uscire e noi ubbidimmo. Nath mi passò un braccio sulle spalle abbracciandomi. “Tranquilla, Madama Cips conosce il suo mestiere. Vedrai che se la caverà.” Tentò di consolarmi stringendomi ancora più forte. “Sì, se la caverà.” Ripeté Nath stringendomi con maggior forza. Però io come aprii la bocca mi chiusi in quei ricordi che per quanto ci provassi ricomparivano sempre. Rimanemmo così per un po’ di tempo, ovvero fino a quando il professor Paciock non ci raggiunge con un altro studente. “Zannet, Galleric cosa succede?” Chiede il professore notando subito che qualcosa non andava. “La creatura…” Iniziò Nathaniel. “Ha attaccato uno studente. Madama Cips se ne sta occupando ora.” Rivelò abbassando lo sguardo lasciando infine cadere le sue lacrime.

   
 
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