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Autore: MaDeSt    07/02/2017    4 recensioni
Non è necessario leggere il prologo ma è caldamente consigliato.
Sei ragazzini provenienti da un villaggio sperduto, cresciuti in un piccolo paradiso, ignoranti dell'orrore che li circonda, si ritrovano ad avere tra le mani sei uova di drago, di cui poi diventeranno amici... e la loro leggenda ha così inizio.
Dovranno salvare il mondo, ecco ciò che ci si aspetta da loro. Ma ne saranno all'altezza? Riusciranno a capire chi è il loro vero nemico prima che questo li distrugga?
[Pubblicazione interrotta. Non aggiornerò più questa storia su EFP, non aggiornerò i capitoli all'ultima versione, pubblicherò solo in privato per chi realmente è interessato a seguire la storia a causa di plagi e ispirazioni non autorizzate non tutelati a discapito del regolamento apparentemente ferreo. Trattandosi della mia unica storia, a cui lavoro da anni e a cui sono affezionata, non vale la pena rischiare. Chi fosse interessato a capire come seguire la storia troverà tutte le informazioni nelle note all'inizio dell'ultimo capitolo pubblicato. Risponderò comunque alle recensioni qualora dovessi riceverne, ma potrei accorgermene con del ritardo.]
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dargovas'
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Il colore del titolo del capitolo corrisponde al colore della regione in cui la storia al momento si svolge, tenete d'occhio la mappa per sapere dove ci troviamo!

A MISLEADING POWER

Tornati a casa decisero subito di cominciare a renderla abitabile anche se vi avrebbero vissuto per poco tempo, non si separarono per fare il lavoro tutti insieme e impiegare meno tempo per ogni stanza. Cominciarono togliendo le assi che sbarravano le finestre - il che richiese loro parecchio tempo ed energie. All’interno invece cominciarono dal bagno al piano terra così che potessero poi portarsi i secchi d’acqua e sapone in giro per casa, poi passarono a cucina, sala da pranzo e salotto. Curiosarono nello sgabuzzino giusto per vedere se ci fosse qualcosa di utile, ma non trovarono nulla che potesse servirgli in un futuro prossimo.
Scesero in cantina, che era umida fredda e vuota se non per i mobili sui quali dovevano stare le provviste di scorta, sale, spezie e alcune bevande. Spolverarono un po’ giusto perché non rimanesse sporca, accesero un paio di torce per deumidificare l’aria e risalirono in sala senza chiudere la botola per il ricambio d’aria.
Layla aprì una delle finestre del salotto, poi passarono al piano superiore e anche lì cominciarono dal bagno, più piccolo e facile da pulire rispetto all’altro, in seguito riordinarono le stanze a partire da quella matrimoniale, e quando giunsero in quella dello strano tavolo nero - che Layla ancora non aveva visto e rimase sorpresa - Susan non riuscì a trattenersi.
Si avvicinò indicandolo e domandò a Cedric: «Sicuramente lo sai, sei già venuto qui... a cosa serve un tavolo così alto?»
«Non è un tavolo.» rispose il ragazzo avvicinandosi a sua volta seguito da tutti gli altri «È un pianoforte.»
«Un cosa?» domandò Andrew curioso.
In risposta Cedric spolverò il piano del tavolo per poi sollevarlo aprendolo come se fosse un armadio sdraiato a terra e rivelando uno strano meccanismo di corde e martelletti al suo interno. I cinque ragazzi si affacciarono osservandolo a bocca aperta, ma ancora non avevano idea di cosa si trattasse.
«E tutta questa roba a cosa serve?» domandò Jennifer.
Cedric fece il giro del pianoforte fino a portarsi davanti alla mensola più bassa, spolverò un po’ anch’essa, poi l’aprì rivelando una serie di rettangoli bianchi e neri alternati in un ordine preciso. Mike sgranò gli occhi, poi Cedric premette uno dei rettangoli attivando il meccanismo che gli altri ancora stavano osservando, e fecero tutti un balzo all’indietro quando il martelletto colpì la corda producendo uno strano rumore.
«Serve a... a... a cosa?» domandò Susan confusa.
«A produrre musica.» rispose lui.
«Lo sai suonare?» gli chiese Layla entusiasta.
Cedric scosse la testa: «No. Mia madre lo suonava, questa era la sua stanza. Ricordo di averla ascoltata, ma non siamo venuti qui più di un paio di volte, perciò...» lasciò in sospeso la frase.
«Peccato.» commentò Andrew tristemente «Posso provare?»
In risposta Cedric si fece da parte mettendo lo sgabello in posizione e Andrew si sedette tutto emozionato, Susan tornò a sporgersi per osservare il meccanismo in funzione mentre l’amico premeva i tasti. Non ne uscì una bella melodia, perché Andrew schiacciava tasti a caso, quindi smise presto di suonare.
«Immagino che suonerebbe meglio se fossi capace.» disse Mike.
«Ha davvero un bel suono.» confermò Cedric «Ma ora sarebbe meglio riprendere il lavoro, prima che faccia buio.» disse, così richiuse sia la parte dei tasti che quella del meccanismo, e tornarono a riordinare le stanze.
Negli armadi c’erano ancora numerosi vestiti e lenzuola che evitarono di sciupare, in giro trovarono diversi libri che rimisero in ordine sulle mensole o sui tavoli. Finito di pulire anche il terzo piano e di riordinare tutti i libri nella biblioteca si era già fatta l’ora di cena e si arrangiarono a mangiare ciò che si erano portati da Darvil, piuttosto affamati perché avevano saltato il pranzo. Concordarono sul fatto che dovessero andare al più presto al mercato, ma che certo non potevano farlo a quell’ora.
Discussero a lungo su come dividersi le stanze, soprattutto perché una di esse aveva un solo grande letto, ma alla fine decisero che Cedric e Andrew avrebbero dormito nella vecchia stanza della madre del primo, Susan e Layla in quella col letto matrimoniale, e Jennifer e Mike nell’ultima. Le tre ragazze furono le uniche a poter prendere delle vesti da notte dagli armadi di Laurel, i ragazzi invece si adattarono alle vesti più larghe appartenute al padrone di casa. A Susan la veste da notte stava piuttosto lunga, ma se la fece andare bene e ringraziò Cedric per la disponibilità, rossa in viso e imbarazzata.
Jennifer propose a Cedric di farsi rimettere in sesto anche se dallo scontro con Obira riportava solo dei lividi, ma come l’ultima volta il ragazzo rifiutò la sua offerta e lei non insistette.

Il giorno dopo, finito di fare una colazione fredda e rapida, decisero all’unanimità di andare quindi a visitare la città in cerca dei negozi meno cari, perché l’oro che a Darvil sarebbe bastato loro anche due mesi nella capitale sarebbe bastato per pochi giorni. Non avevano intenzione di costringere Cedric a perdere un altro lungo pomeriggio per ritirare l’oro che gli avevano lasciato i nonni in banca.
Non si fermarono nei negozi che si affacciavano sulle vie principali o sulle vie laterali, invece preferirono visitare le bancarelle all’aria aperta, nelle piazze meno grandi; avevano con loro dei sacchi e delle borse prese da casa, nella speranza di poter comprare ciò che poteva servirgli e bastargli per almeno una settimana senza spendere tutto il poco che avevano. Coi mercanti delle bancarelle era più facile trattare i prezzi, ma nonostante tutto non li ribassarono più di qualche moneta di bronzo o al massimo una d’argento, in qualsiasi distretto.
Tornati a casa giù di morale e con le borse vuote, mentre Cedric Andrew e Jennifer andarono al pozzo più vicino a prendere l’acqua - anche se potevano prenderla in casa, ma i due più giovani avevano insistito per fare un giro - gli altri cominciarono a stipare le loro poche provviste nella grande cantina in ordine sugli scaffali.
Dopo pranzo decisero di uscire e fare un giro non lontano da casa loro per vivere la città ma nello stesso tempo non buttarsi nel caos. Non era una zona frequentata, infatti più che osservare l’abbigliamento stravagante degli abitanti si godettero il silenzio e la rilassante camminata. Non c’era ancora neve a Eunev, sarebbe forse arrivata la fine del mese di Despada.
Tra gli alti tetti delle case ne scorsero alcuni molto più alti: erano le torri della scuola di magia, strette e altissime; ogni torre aveva il suo colore e la luce del sole faceva splendere le pareti.
Tornarono a casa per l’ora di cena e non persero tempo: mangiarono e dopo parlarono della città, di quanto la trovassero strana ma gli piacesse. Cedric era ancora un po’ sovrappensiero e non badò molto alla conversazione, mentre gli altri discutevano animatamente se ne rimase in silenzio sulla poltrona a fissare il grande camino vuoto.

Sebbene i letti fossero comodi ebbero un sonno poco piacevole, perché la casa era fredda; nessun fuoco ardeva da anni all’interno di quelle mura e passarono la mattina seguente a cercare la legna per accendere il camino principale. Alla fine la trovarono stipata in un angolo della cantina dedicato a essa, un piccolo rifugio nascosto da una tenda, pieno di ragni.
Layla alla loro vista diede segni d’insofferenza più degli altri, ma nessuno a parte Cedric se la sentì di biasimarla: il più grande era l’unico non intimorito dai piccoli animali a otto zampe ma si limitò a una debole risata che nessuno notò, per evitare di offenderli e scatenare una lite.
La legna era umida e decisero di portarla fuori dalla cantina e lasciarla all’aria aperta sul davanzale di una finestra sperando che si seccasse abbastanza da prendere fuoco entro sera; ancora una volta avrebbero dovuto accontentarsi di un pasto freddo e le provviste cominciavano a scarseggiare sensibilmente.
Dopo pranzo si sedettero tutti in sala per affidare a ognuno un preciso incarico da svolgere in casa, in modo che non potesse esserci confusione su chi dovesse fare cosa: Layla e Cedric sarebbero stati gli addetti alla preparazione di pranzo e cena una volta che il fuoco sarebbe stato acceso, ma chiunque avrebbe potuto aiutarli; Andrew e Susan sarebbero stati gli addetti al lavaggio delle stoviglie, quindi avrebbero anche apparecchiato e sparecchiato; Mike avrebbe pensato al bucato, e dato che era il compito meno impegnativo avrebbe aiutato Jennifer a mantenere in ordine e pulita ogni stanza della casa.
Andrew, dopo aver quindi sparecchiato e lavato le stoviglie aiutato da Susan, andò in quella che per quei giorni sarebbe stata camera sua e non riuscì a resistere alla tentazione di provare a suonare quell’enorme strumento: ancora schiacciò tasti a caso, ma cercò di beccare gli accordi giusti andando a orecchio. Scoprì che le note si ripetevano ogni sette tasti bianchi e cinque neri, ma il suono era via via più acuto sulla destra e grave sulla sinistra. Trovò che avesse un suono davvero meraviglioso, tuttavia la sua incapacità a produrre una melodia degna di tale nome lo scoraggiò presto, e se ne andò tornando in sala con gli altri.
Jennifer smise di parlare e gli sorrise: «Allora, come vanno gli studi, grande...» guardò Cedric e domandò: «Come hai detto che si chiama? Pianista?» lui annuì, quindi Jennifer tornò a guardare Andrew «Come vanno gli studi, grande pianista?»
«Oh, non prendermi in giro!» sbottò il ragazzino «Non è facile, sai? Perché non provi tu, grande pianista?»
«Dai, non prendertela! Stava scherzando!» disse Mike con un largo sorriso.
Andrew si sedette di getto sul divano accanto a Cedric, facendo rimbalzare sia lui che Susan alla sua destra. La ragazza rise coinvolgendo anche il ragazzino, mentre il più grande diede a malapena segno di averci fatto caso. Così lasciarono perdere il discorso del pianista e cominciarono una nuova conversazione, questa volta sulla scuola di magia della quale avevano intravisto le altissime torri. Immaginavano che si trovasse dentro la seconda cerchia di mura, quindi non sapevano come poterla visitare prima di doversi effettivamente iscrivere, perché quella zona di Eunev era notevolmente più controllata e protetta: non solo c’era la scuola di magia, ma anche altre scuole ordinarie, caserme, la cattedrale più grande e il palazzo dove abitava l’uomo che controllava tutta Dargovas; o almeno la parte umana a ovest del fiume Berst, dal momento che ora la città vicina al deserto, Vonemmen, oltre a star affrontando una guerra civile voleva l’indipendenza ed essere eletta a capitale delle regioni dell’est.
Cedric perse presto l’interesse per la discussione e per un po’ rimase zitto a fissare il vuoto pensando ai fatti suoi, poi se ne andò borbottando una mezza scusa che nessuno sentì, ma non ci fecero caso e ripresero a parlare e ridere. Andò in camera e dopo averci pensato a lungo decise di curiosare tra le cose di sua madre in cerca di qualcosa che potesse dirgli di più su di lei, e trovò diversi fogli che ricordava di aver già visto, ma ci mise del tempo a rammentare cosa fossero: erano fogli speciali su cui si scriveva la musica, ed erano infatti pieni di strani segni allineati su cinque linee sottili e poco distanti tra loro. Non sapeva leggere quel genere di linguaggio, quindi cercò di non disordinarli e li mise da parte.
Rimettendo in ordine tutti quei fogli volanti saltò fuori un piccolo libretto dalla copertina rossa e tenuto chiuso da una sottile fascia di cuoio. Se lo rigirò tra le mani ma non trovò titoli scritti sulla copertina, quindi si decise ad aprirlo e lo richiuse appena capì che si trattava di un diario; non era sicuro di voler violare la sua segretezza, per quello che sapeva nei diari si scriveva ciò che non si riusciva a dire a parole. O ciò che non si voleva dire. Lo rimise a posto e se ne andò, era rimasto su parecchio e non avrebbe voluto insospettire gli altri per non averli attorno, perciò tornò controvoglia seduto sul divano e ascoltò passivamente una storiella che Mike gli aveva già raccontato una volta quando erano bambini, ma funzionava sempre se voleva far ridere qualcuno.

I giorni che seguirono passarono più o meno tutti uguali: non c’era molto da fare in città se non si voleva spendere qualcosa, e loro non avevano denaro da sperperare; in casa nemmeno perché non sapevano leggere, e costringere Cedric a leggere alcune storie per loro non aveva prodotto un buon risultato. Mike cercò di migliorare la sua scarsa capacità di lettura, ma non ebbe successo, conosceva troppe poche parole per essere in grado di leggere un testo complicato quanto la maggior parte di quelli presenti in casa.
Una mattina si svegliò e dal momento che gli altri ancora dormivano decise di raccogliere tutti i loro vestiti nelle stanze di ciascuno - fu così silenzioso da non disturbare nemmeno il sonno leggero di Cedric, muovendosi in punta di piedi - e li mise a lavare lasciandoli immersi nell’acqua e sapone. Per quel giorno costrinse quindi tutti a rimanere in veste da notte e si fece delle grasse risate quando Andrew protestò infervorato, con la veste che quasi toccava terra.
«Che vuoi? È il mio compito!» si difese Mike, ma quell’affermazione fece scattare il più piccolo che cominciò a inseguirlo per tutta casa con le mani alzate a pugno, decisamente poco divertito.
Susan decise invece di provare la strana vasca da bagno del bagno principale, si fece aiutare ad accendere il camino in bagno per riscaldare l’acqua a secchiate che poi sarebbe finita nella vasca, dopodiché si chiuse dentro la stanza e rimase immersa nell’acqua a rilassarsi finché diventò quasi fredda. Allora si costrinse a lavarsi, uscire e rimanere accucciata su un tappeto davanti al camino per asciugarsi.
Cedric invece si era deciso a leggere il diario di sua madre, e all’inizio si divertì anche, erano i pensieri di una giovane donna appena entrata nell’età adulta, il tono era vivace e scherzoso. Ma via via che proseguiva la lettura, e passavano i giorni, gli argomenti si fecero più seri e delicati, tanto da scoraggiarlo a leggere altro temendo ciò che avrebbe potuto scoprire. Più ciò che leggeva si faceva difficile da accettare e più il ragazzo diventava irascibile e taciturno. Non ci mise molto a scoprire che quello che aveva detto Mathan era vero, e si ritrovò a pensare quanto fosse al tempo stesso ironico e sensato il fatto che fosse cresciuto nella violenza così come vi era nato.
Gli altri tentarono di capire cosa gli stesse passando per la testa, ma lui non voleva rispondergli e si arrabbiava se gli facevano domande. Lo capirono solo quando per la prima volta lo videro leggere quello che pensarono essere un normale libro, come tutti quelli che giravano per casa, ma quando gli chiesero cosa diamine ci fosse scritto per renderlo così instabile, Cedric li cacciò via minacciandoli di non dire più una parola.
Jennifer se ne andò con una scrollata di spalle e si trascinò dietro Mike, che la seguì controvoglia, mentre gli altri rimasero lì e Layla insistette con le domande. Al che Cedric se ne andò ringhiando come un Krun arrabbiato, e Andrew ci mise qualche tempo a convincersi di seguirlo fino in camera con la scusa che, dopotutto, anche lui dormiva lì; si mise a suonare il pianoforte e l’altro accettò la sua presenza solo perché se ne stava in silenzio a suonare senza fare domande.

«L’ho sentito piangere stanotte.» sussurrò Andrew agli altri, come al solito riuniti in sala seduti sul tappeto, approfittando del fatto che Cedric in quel momento fosse in bagno «Forse pensava che dormissi.»
«Non gli hai chiesto perché?» gli chiese Susan.
Andrew scattò a sedere ed esclamò: «Per Despada, no!»
«E perché lo dici come se dovesse essere ovvio?» ribatté Jennifer.
Il ragazzino si strinse nelle spalle, come imbarazzato: «Beh... non volevo disturbarlo. Non mi sembrava un bel momento.»
«Naturalmente. Ma qualunque cosa stia leggendo gli sta dando alla testa!»
«Credi davvero sia quello?» intervenne Layla perplessa «Secondo me è l’intera faccenda di trovarsi in questa casa...» s’interruppe appena si accorse che Cedric si stava avvicinando e in tacito accordo scelsero di non parlarne con lui.
Jennifer impedì a Layla di cucinare il pranzo quel giorno prendendola per mano e conducendola fuori casa; fece l’occhiolino a Mike, il quale colse al volo le sue intenzioni e sprofondò nella poltrona allungata diventando più rosso di Rubia.
«Cosa c’è Jen? È successo qualcosa?» fece subito Layla preoccupata, dal momento che voleva chiaramente parlarle in privato.
«No, niente. Volevo solo parlarti, è un po’ che non chiacchieriamo da sole. Volevo dirti una cosa.» disse chiudendo la porta.
Si fece subito seria: «Coraggio, sai che di me ti puoi fidare!» le cinse le spalle e cominciò a camminare lentamente.
Jennifer annuì: «A te è mai capitato d’innamorarti?»
«Beh... no, non credo. Anche mia madre pensava che fossi innamorata di qualcuno, ma a essere sincera non ci ho nemmeno mai pensato. Gli altri? Li vedo solo come compagni di un’avventura a dir poco incredibile.»
«Cosa pensi di Cedric? È quello che critichi di più, non è che lo fai per un motivo in particolare?» la guardò e sorrise maliziosamente.
Layla andò nel panico: «Ma no! Io Cedric non...» sospirò «Jen, non c’è nessun motivo. Semplicemente lo critico perché va criticato. Non so se hai notato che non è esattamente normale.»
E Jennifer rise: «Non ti piace proprio, eh?»
«È mezzo matto, e so bene di cosa è capace appena perde un attimo le staffe... anche se per il momento non mi ha dato grandi motivi per averne paura. O meno dei motivi per volerlo accanto, almeno.»
«Però ha poco senso dell’umorismo, proprio come te.»
La ragazza si congelò sul posto e la guardò con la bocca aperta, in procinto di dire qualcosa, poi si ricompose e socchiuse gli occhi portandosi lentamente le mani sui fianchi con una finta aria maliziosa riprendendo: «Tu dici?»
«No, hai ragione. Lui capisce l’umorismo ancora meno di te, il che è tutto dire...» la prese in giro di nuovo, e prima che Layla potesse ribattere domandò: «E di Mike cosa pensi?» arrivò al punto, aveva appositamente parlato prima di Cedric e aveva scherzato per far sì che non capisse le sue vere intenzioni.
«Mike? È un ragazzo molto simpatico, davvero! Però anche lui non scherza in quanto a stranezza...»
«È la psicologia maschile, che ci vuoi fare?»
«Temo di non poter fare niente... sai...» abbassò la voce e si avvicinò al suo orecchio «Nonostante tutto comunque sono entrambi carini...» arrossì e sorrise.
«Già...» sperava che dicesse di più «Ma chi ti piace di più tra i due?»
Layla sussultò: «Beh, io... non saprei, non ci ho mai fatto caso.»
«Provaci ora!»
«Oh Jen ti prego! Vuoi saperlo per dirmi di non pensarci nemmeno perché l’hai già puntato tu?» la rimbeccò per mascherare l’improvviso imbarazzo.
«Ma no, cosa c’entra? Vorrei il parere di un’altra ragazza, ecco!»
«Così su due piedi?» si portò una mano sotto il mento e rifletté a lungo prima di dire: «Il fisico di Mike e i lineamenti di Cedric!» e dopo una breve pausa scoppiò a ridere «Comunque credo che Cedric sia già occupato... insomma hai visto Susan?»
Jennifer l’assecondò ridendo per mascherare la delusione, poi riprese: «Eccome! Ma capiscila, ha vissuto con lui quando credeva di non avere speranze. Se uno dei due, o entrambi, dovessero confessarti di essersi innamorati di te, come reagiresti?»
Layla smise di ridere e la guardò pensierosa, cominciando a sospettare che l’amica stesse in realtà nascondendo qualcosa, ma le rispose: «Per come stanno ora le cose rifiuterei. Come ho già detto, al momento non è tra le mie priorità.»
«E se ti dicessi che... secondo me uno dei tre è interessato a te?» le domandò maliziosamente.
«Cosa?!» era incredula, urlò talmente forte che anche i ragazzi in casa la sentirono, e Jennifer scoppiò di nuovo a ridere «Come posso sapere chi dei tre... e... e se becco quello sbagliato? Ti prego Jennifer non farmi questo! Dimmi chi è!»
«No. È solo una mia sensazione dopotutto. Ed è giusto che sia tu a scoprire se è vero o no.» sorrise vittoriosa; l’aveva fatto, le aveva messo la pulce nell’orecchio e aveva al contempo ottenuto le informazioni che le servivano da riferire a Mike.
«Ti prego almeno dimmi che non è Cedric! Potrei morire in tal caso! Con gli altri almeno ci si potrà lavorare in futuro, ma certo non adesso! E non lui!» esclamò disperata, portandosi sempre più vicina a Jennifer, la quale invece a ogni suo passo si ritraeva.
Sentendosi richiamare per tornare in casa la discussione morì lì, e Jennifer pensò a come avrebbe potuto riportare la notizia a Mike senza distruggerlo. Ma nello stesso tempo era felice di aver insinuato quel dubbio nella ragazza, così forse studiando i tre maschi con più attenzione si sarebbe accorta di Mike.
Il pomeriggio uscirono di casa per fare un breve giro e sgranchirsi le gambe, giusto per cambiare un po’, ma il freddo gli fece presto cambiare idea e quando tornarono verso casa notarono una vecchietta fuori dalla porta di casa propria che li guardava. A suo tempo doveva essere stata una bella donna, ora tarchiata e con le spalle curve sul bastone, i lunghi capelli grigi raccolti in una coda incorniciavano un viso rugoso dal piccolo naso aquilino e un paio di bellissimi occhi color del ghiaccio. Era la più vicina tra i vicini di casa, e dopo averli osservati per un po’ li salutò con la mano e un largo sorriso.
Susan rispose energicamente, gli altri furono più timidi e composti e Cedric rimase confuso e non salutò affatto, sapendo di averla già vista da qualche parte e sperando vivamente che non si trattasse proprio di Iven.

La mattina seguente Cedric non fece nemmeno colazione, rimase seduto con loro ma si limitò a tamburellare sul tavolo con le dita, come se fosse nervoso o impaziente, gli altri fecero finta di nulla e Susan, appena ebbe finito di mangiare, gli si avvicinò con aria allegra.
Lui la guardò dal basso senza abbandonare il suo sguardo torvo, ma la ragazza capì di averlo incuriosito e domandò con voce squillante: «Mi insegni a leggere?»
Cedric rimase interdetto per un attimo, poi scoppiò a ridere e la ragazza si sentì presa in giro. Se ne andò prima che lui potesse risponderle e fu tentato di seguirla per spiegarle che non dubitava nelle sue capacità di imparare, ma piuttosto nelle proprie capacità d’insegnare. Invece rimase seduto al tavolo a guardarla allontanarsi fino a che fu sparita.
Layla subito assunse un’aria accusatoria ed esclamò: «Sei proprio un idiota.»
Con sua sorpresa invece di ribattere Cedric sussurrò: «Lo so. Ma ha frainteso, davvero. Non ridevo di lei.»
«Certo.» ribatté la ragazza contrariata, poi se ne andò lasciando ad Andrew il compito di sparecchiare.
Per farsi perdonare, Cedric propose a Susan di prendere in mano un libro, ma la ragazza non ne volle sapere. Lui provò a spiegarle per cosa stesse ridendo in realtà, ma lei non gli credette e lo cacciò via, ancora offesa. Così il ragazzo se ne andò in camera propria e per una volta decise di non leggere quel diario, almeno per un giorno, invece si sedette al pianoforte e cercò di ricordare come si suonava. Non lo sapeva fare, ma dopo i primi fallimenti si lasciò guidare dai ricordi e si mise d’impegno, superando in un pomeriggio l’abilità di Andrew - che aveva suonato tutti i giorni da quando erano arrivati.
All’inizio i ragazzi in sala pensarono che fosse proprio Andrew a suonare ed espressero apprezzamento, ma poi il ragazzino fece capolino dalla cucina e capirono immediatamente che a suonare era Cedric; lo guardarono con occhi sgranati e imbarazzati, perché dalla cucina aveva sentito tutto quello che avevano detto.
Andrew fece spallucce e disse: «Vi ringrazio per aver creduto che fossi io. Almeno so che credete che un giorno possa farcela.»
«Ma certo che puoi!» esclamò Jennifer con un sorriso.
«Meno male che aveva detto di non saperlo suonare.» commentò Susan asciutta.
«Forse siamo noi che non abbiamo idea di come vada suonato e ci sembra che lui ne sia capace.» disse Layla cercando di rallegrare sia lei che Andrew, il quale era davvero abbattuto.
La più grande fu tentata di andare di sopra e dire a Cedric di smettere di suonare perché stava demoralizzando Andrew, che si era messo d’impegno tutti quei giorni eppure ancora suonava peggio di lui, che invece si era seduto a suonare per la prima volta quel pomeriggio. Ma poi si costrinse a ripensarci, forse era meglio avere in giro per casa Andrew giù di morale piuttosto che Cedric così fastidiosamente irascibile.
«Perché non vai a vedere come suona? Magari impari qualche trucco!» disse Jennifer ad Andrew sperando di rallegrarlo un po’.
Lui fece una smorfia e rispose: «Non oggi, magari domani. Se suonerà ancora.»
«Ha un suono così triste ma anche potente... che bello.» sussurrò Mike, poi chiuse gli occhi e si lasciò coccolare dalla musica mentre si rilassava sulla poltrona.

Ma Cedric non suonò di nuovo, per la felicità di Andrew e il dispiacere degli altri; non perché non volessero che il più giovane si esercitasse, piuttosto perché a parer loro suonava davvero bene. Anche se rispetto ad Andrew prediligeva melodie decisamente più malinconiche.
Layla decise che per distrarsi dal pensiero fisso che le aveva messo in testa Jennifer avrebbe fatto un piccolo regalo alla vecchietta dell’altro giorno, la loro vicina che abitava a poche braccia dalla loro casa, e insieme a Susan andò a comprare per pochi spiccioli gli ingredienti per preparare alcuni dolcetti - anche in previsione della festa della nascita di Mike, volevano allenarsi a sfornare dolci - che poi misero ordinatamente in un cesto di rametti intrecciati. Andarono insieme a bussare alla porta dell’anziana signora, che aprì dopo qualche tempo perché faticava a camminare, e le salutò con un largo sorriso.
Layla le porse il cesto sorridendo a sua volta e disse: «Siamo Layla e Susan, abitiamo lì, ci hai visti l’altro giorno. Volevamo salutarti in quanto... più vicina tra i vicini.»
«Ciao!» esclamò Susan allegramente salutandola con un rapido movimento della mano.
«Ma come siete gentili! Piacere di conoscervi.» disse stringendo la mano a entrambe «Io sono Iven. Prego, entrate pure!»
«Grazie.» disse Layla entrando in casa seguita dall’altra; era molto simile a casa loro per quel che potevano vedere, l’arredamento era più curato e l’ambiente più luminoso e caldo, ma le stanze erano disposte in modo analogo.
Iven le invitò a sedersi al tavolo, dove Layla posò il cesto, e la padrona di casa scaldò l’acqua per il tè, poi si sedette insieme a loro e appoggiò il bastone allo schienale della sedia.
«Dunque belle signorine, avete qualcosa da raccontare a una povera vecchia?»
«Spero che i dolci siano buoni.» buttò giù Susan imbarazzata, non sapendo che dire «Mio padre è fornaio. Ho imparato da lui, ma... in realtà non ho imparato molto.»
«Sono sicura che saranno deliziosi.» le rispose Iven con un sorriso, poi guardò Layla: «E tu?»
«Mio padre è macellaio, niente a che vedere coi dolci. Ma mi piace cucinare e sperimentare.»
«Ottimo! Si deve sempre osare un po’ in cucina.» disse strizzando un occhio con aria complice «Da dove venite?»
«Oh, Darvil.» rispose subito Susan «Siamo qui per studiare... magia.»
La donna rimase sorpresa: «Meraviglioso. Sapete già fare qualcosa?»
«No, ecco... non potremmo.» tentennò Layla «Sappiamo che è rischioso, ci siamo informate.»
«Peccato. Sono stata a Darvil una volta, tanti anni fa. Un posto davvero tranquillo, dev’essere stato bello crescere lì.»
«Oh sì!» esclamò Susan animata «Qui è completamente diverso, non riesco a sentirmi libera. Lì invece potevo fare quello che volevo, a patto che non mi allontanassi e che tornassi a casa prima di cena.»
Layla sbuffò: «Per me invece è cambiato solo il fatto di dovermi prendere cura di persone più giovani invece che stare accanto a mia madre.»
«Capisco. Vi siete trovate bene comunque, a Eunev?» domandò Iven.
«Un po’ troppo cara.» ammise Layla «Per il resto sì, sembra davvero una bella città.»
«Non vorrei sembrare indiscreta, ma... Come avete avuto il permesso di abitare lì? Era tanto tempo che non sentivo suonare quel bel pianoforte.»
Le due ragazze si guardarono negli occhi sentendosi a disagio, immaginando che quella donna avesse conosciuto la famiglia di Cedric, ma alla fine decisero di dire la verità, e come immaginavano Iven non si mostrò molto sorpresa.
Invece sorrise e disse: «Ah, meno male, temevo che l’avessero affidata comunque a qualcuno perché è rimasta disabitata troppo tempo, invece pare che Cedric sia riuscito a provare di essere imparentato coi vecchi proprietari. Vorrei riuscire a salutarlo un giorno, chissà se si ricorda di me!»
«Io credo proprio di sì.» disse Susan in un sussurro ripensando a come il ragazzo non l’aveva salutata la prima volta che l’avevano vista «Conoscevi i suoi parenti?»
«Se li conoscevo?» rise Iven «Erano tra le poche persone qui intorno di cui una signora si potesse davvero fidare! Brave persone, sì. Mi mancano molto, è un peccato che se ne siano andati così presto.» concluse in un sospiro triste.
Si alzò per togliere la teiera dal fuoco e versò l’acqua in tre tazze, poi vi lasciò cadere delle bustine di tela contenenti le foglie essiccate per l’infuso e attesero pazientemente che fu pronto.
«Zucchero?» domandò la vecchia porgendo alle ragazze un’ampolla munita di beccuccio.
«Volentieri!» disse Susan prendendole l’oggetto dalle mani; adorava le cose dolci.
L’avevano appena conosciuta, quindi nessuna delle due ragazze se la sentì di chiederle cosa fosse realmente successo a Laurel - o così avevano capito si chiamasse la madre di Cedric. Perciò bevvero il tè parlando della città e delle attrazioni che offriva di tanto in tanto ai cittadini, tra cui una celebrazione che avveniva ogni quindicesimo giorno di tutti i mesi e consisteva in una sorta di festa dedicata alla divinità del mese corrente.
Iven fece in modo che capissero di trovarsi in una città pericolosa; loro erano ragazzine abituate alla serenità di un villaggio praticamente abbandonato a se stesso, non sapevano nulla di città, grandi eventi e folle numerose.
«Ma se voi o i vostri amici aveste mai bisogno di qualcosa, non dovrete fare altro che chiedere! Io abito a pochi passi da voi.» concluse l’anziana signora con un sorriso.
«Lo terremo presente.» disse Layla, le piaceva davvero quella donna, ed era sicura che avesse tante storie da raccontare «Se le pesti con cui vivo me lo permetteranno, verrò spesso a parlare con te.»
Susan a quelle parole la guardò offesa e Iven rise, poi disse loro che sarebbe stato meglio se fossero tornate a casa presto, ripetendo che anche per quei pochi passi quando l’ora si faceva tarda due ragazzine come loro rischiavano molto a girare da sole.

  
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