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Autore: SolfatoDiLinfa    07/02/2017    1 recensioni
Sembrava un pomeriggio come tutti gli altri. Sia per Abby, che per Brianna. A modo loro, se la cavavano discretamente, l’una in famiglia e l’altra con il solito sorriso arrogante stampato sul volto, anche nelle situazioni più disparate. Nessuna delle due si sarebbe aspettata un’aria così irrespirabile, il cielo così oscuro. La paura e il pericolo tanto vicini da riuscire a percepire il loro fiato sporco sulle guance, un loro bisbiglio più forte di un urlo.
Abby la studentessa, la ragazza perfetta, colpita da eventi più grandi di lei. Brianna, una sottospecie di criminale, quella che sa cosa fare in ogni momento, ficcata in un caos che non sempre è in grado di controllare.
Dal testo (cap.5): «Su, in piedi ragazzina» le sussurrò all’orecchio. «L’apocalisse è iniziata»
Genere: Avventura, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Capitolo 9:Bry per Briccona
 


Abby fissava la strada. Se ne stava semi-sdraiata sul sedile di un'automobile rubata da una sconosciuta, seduta di fianco alla sconosciuta stessa, che tra l'altro stava pure guidando. Rivide gli occhi rossi di suo padre, che la fissavano, mentre si avvicinava traballante. Rivide Bry mentre gli piazzava le forbici in testa, lasciandolo a terra, come una carcassa animale.

«Hai ucciso mio padre» sussurrò, con voce roca. Era troppo sotto shock perché il suo tono facesse trapelare qualsiasi emozione.
«Lo so» rispose l'altra, senza degnarla di uno sguardo.

Il fatto era che, cazzo, Abby gliene era infinitamente grata. La bionda aveva compreso tutta l'incoscienza che aveva dimostrato in quel momento, si sentiva un'emerita idiota. Sarebbe potuta morire. Sarebbe morta, se quella che ancora le sembrava una sconosciuta non l'avesse salvata. Rischiando la sua, di vita, oltretutto.

«Tu hai ucciso mio padre» Abby sapeva che non era colpa della ragazza, eppure voleva puntarle il dito contro. Perché in realtà, se lei fosse entrata subito in macchina come le era stato detto, forse quel mostro di suo padre sarebbe rimasto là fuori. Misera consolazione.

«Vuoi che ti dica che mi dispiace?» chiese l'altra. Sembrava seccata, e stanca. Decisamente molto stanca. Abby si domandò se anche lei avesse mille pensieri, mille rimorsi. Qualcuno per cui fosse preoccupata, qualcuno che avrebbe voluto rivedere, sano e salvo.
La mora si decise a spostare uno sguardo di rimprovero verso di lei. «No che non mi dispiace. Se tornassimo indietro, lo farei di nuovo, pur di salvarti»

«Se tornassimo indietro, mi faresti entrare ancora in quella stanza, assieme a te?» anche Abby, nonostante avesse dormito la notte, si sentiva esausta. Come faceva, la mora, ad essere sempre così vigile?
«Sì, lo rifarei» Bry deglutì sonoramente, prima di arrestare l'automobile. «Cazzo!»
 
Il mezzo si era fermato contro il suo volere: l'indicatore della benzina segnava chiaramente lo 0.
«Usciamo» sussurrò la mora. «Non manca molto»
 
Abby riconobbe i tipici tratti della periferia: alcuni grattacieli si arrampicavano in altezza, e ovunque era pieno di sporcizia. Anche quella zona sembrava essere stata attaccata dai topi, eppure, pensò la bionda, l'aspetto del quartiere non doveva essere peggiorato poi tanto, nel corso della notte.
«Dove stiamo andando?» domandò cauta. Non voleva irritare la compagna, che sembrava avere le idee molto chiare.

«Per ora, ti accompagno a casa mia» sussurrò lei, con un sospiro. «Sperando di non incontrare altri zombie puzzolenti. Poi vedremo che fare»
«Abiti qui?»
La mora rispose con il gesto delle virgolette. Evidentemente, "abitava" lì.
«Ce la fai a correre? Vorrei arrivare il prima possibile. Di solito questa strada è un casino, invece ora non c'è nessuno. Non mi piace affatto»

Iniziarono a passo sostenuto, ma Abby, già dopo qualche centinaio di metri aveva il fiatone.
«Quanti anni hai?» chiese alla mora.
«Quanti me ne dai?» le sorrise, alzando un sopracciglio. Abby odiava quando le persone rispondevano in quel modo.
«Una ventina» azzardò, cercando di rimanere più vaga possibile.
«Allora ne ho una ventina. E te?»
«Anche io» tentò di fare la misteriosa, ma la ragazza non abboccò. «Bry è il diminutivo di Brianna?» domandò tra un affanno e l'altro.
«Briccona»
«Cosa?»
«È il diminutivo di Briccona»
 
«Ah» per un attimo, Abby prese l'affermazione per vera, prima di scuotere la testa come per farci uscire tutta l'ignoranza e la vergogna. «Dai, dico sul serio!»
«Sì» rise l'altra. «Ma continua a chiamarmi Bry»

Trovarono un'altra vecchia automobile, e la mora la scassinò con ancora più facilità della precedente. Il motore rombava in modo strano e la velocità non era il suo forte, ma almeno riuscirono a seminare alcuni zombie che erano apparsi dai vicoli in rovina.

Arrivarono ai pieni di uno dei grattacieli che, prima, Abby aveva visto solo da lontano. Bry la fece accomodare in ascensore, e fu contenta che funzionasse ancora. In effetti, salirono fino al 28esimo piano. Di certo, la bionda sarebbe svenuta al terzo, se avesse dovuto usare le scale.

Si trascinarono per un corridoio sino a che Bry non estrasse una chiave (Abby si chiese dove cavolo l'avesse tenuta, fino a quel momento) e fece entrare la compagna nel suo minuscolo appartamento. Chiuse a chiave, si precipitò alle finestre e serrò qualunque possibile buco o fessura, abbassò le tapparelle, esultando quando scoprì che luce ed elettricità funzionavano ancora. La mora lasciò poi a terra il giubbino e il suo coltellino, si sfilò la maglia per rimanere in reggiseno e si gettò a letto. Pochi secondi dopo, russava.

Abby voleva guardarsi intorno e scoprire qualsiasi cosa in più sulla persona a cui, in pratica, aveva deciso di affidare la propria vita, ma non ne aveva le forze. Si sfilò i pantaloni con disgusto, annusandoli e sì, odoravano ancora della sua urina. Li lanciò via e sì adagiò sul letto, di fianco a Bry. Meno di un minuto dopo, il suo russare andava a ritmo con quello dell'altra.
   
 
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