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Autore: LittleBloodyGirl    08/02/2017    2 recensioni
"Hiro distolse per un attimo lo sguardo dalle nuvole davanti a lui per osservare il suo riflesso in quegli specchi. Guardò il suo viso, i suoi occhi che brillavano di eccitazione e felicità. E sorrise, lasciando che un dolce ricordo ritornasse a illuminare la sua mente che era rimasta all'oscuro troppo a lungo in quei giorni di tempesta interiore.
Aveva volato da piccolo sulle spalle di suo fratello. Era sempre riuscito a volare grazie a lui.
E ora era lì, sospeso nell'aria a giocare con le nuvole mentre osservava il ricordo di quei momenti nel riflesso di uno dei grattacieli più alti della città.
Ed era felice, come se Tadashi fosse sempre stato lì con lui. Come se Baymax fosse sempre stato lì con lui."
In occasione della serie tv che andrà in onda quest'anno, una versione scritta di uno dei film più belli che siano mai stati creati. Un'analisi oggettiva delle emozioni e dei momenti più importanti che Big Hero 6 ha regalato al suo pubblico. Naturalmente ricoprirò l'intera trama del film, quindi se non lo avete ancora visto fate attenzione agli spoiler!
Spero che vi piaccia.
Genere: Azione, Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Hiro osservava il suo riflesso nello specchio del camerino. Le spalle magre coperte dal bustino violaceo che componeva la sua armatura erano basse e si muovevano delicatamente insieme al suo respiro. Il petto si alzava e si abbassava piano, contenendo i battiti del suo cuore eccitato. La tuta nera fasciava il suo esile corpo alla perfezione, leggera e allo stesso tempo resistente abbastanza da non strapparsi al minimo tocco. Infilò i guanti di fibra elastica con un rivestimento in gomma nera, sul dorso vi erano due piccoli monitor che fungevano da computer e tracker per qualsiasi codice informatico.
Si concesse un breve attimo per incontrare se stesso. Le iridi nocciola brillavano vive, come non facevano da tempo.
L'ultima volta che si era sentito così era stato il giorno della fiera. Quel misto letale di adrenalina, ansia e trepidazione concentrate tutte in un solo corpicino fragile, e allo stesso tempo resistente come un castello di vetro. Trasse un respiro profondo, riempendo i suoi polmoni di aria.
Si concentrò su quel gesto. Era una cosa così naturale, così semplice eppure così importante. Gli sembrò che fosse passato moltissimo tempo dall'ultima volta che si era ricordato di respirare.
Aveva paura? Si, tanta. Quello che stava per mostrare a tutti era qualcosa di pericoloso, e allo stesso tempo bellissimo. Ma andava collaudato, e per farlo c'era un unico modo.
Si mise il casco viola, lasciando che inghiottisse la sua chioma ribelle e contornasse perfettamente il suo viso paffuto. Un ultimo sguardo al suo riflesso. Poi uscì, mascherando la tensione con l'eccitazione.

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•—•)
 
Fred, Honey Lemon, Gogo e Wasabi vennero richiamati nella terrazza grande da Hiro, che si era presentato a loro con la sua tuta addosso. Non persero tempo a chiedere quale fossero le sue armi e come si sarebbe difeso, perchè vennero trascinati in fretta sul retro della villa.
<< Ok, ragazzi, siete pronti? >>
Hiro saltellò sul prato, un sorriso eccitato lasciava intravedere il tenero intervallo tra gli incisivi. I ragazzi si scambiarono uno sguardo d'intesa. Non vedevano l'amichetto sorridere in quel modo da tanto tempo.
<< Vi presento Baymax 2.0! >>
Si spostò per lasciare il posto ad un Baymax rivestito completamente di una spessa armatura rossa, sulla testa un elmetto della stessa forma di quello di Hiro, con la visiera che lasciava intravedere i due occhi neri. Uno strato di carbonio e acciaio grigio copriva lo stomaco e due solidi guantoni di ferro avvolgevano le candide dita bianche. Più che un operatore sanitario, adesso sembrava palesamente un robot da combattimento dall'aspetto intimidatorio. Con il petto in avanti e le spalle larghe e alte appariva come un guerriero invincibile. Sembrava stranamente pericoloso.
<< Ciao. >> Disse poi Baymax, riacquistando il suo aspetto innocente mentre inseguiva una farfalla.
<< Ehi, ehi, ehi! Cosa fai? Concentrazione. >>
Hiro gli corse incontro, dissuadendolo dal suo comportamento bambinesco, e gli lanciò uno sguardo d'intesa mentre sussurrava tutto eccitato parole che gli altri non capirono. Notando che neanche Baymax sembrava comprendere a cosa si stesse riferendo, il ragazzino portò un braccio in avanti, chiudendo la mano a pugno.
<< Mostragli il pugno, il pugno! >>
Il robot imitò la posizione di Hiro e tese anche lui il braccio in avanti, ma invece di fare quel che intendeva il ragazzino, esordì con il suo "Bha-la-la-la-la" che fece scoppirare tutti a ridere. Hiro arrossì, imbarazzato per la figura che l'automa gli stava facendo fare. Sapeva che avrebbe dovuto essere più specifico, ma non voleva rovinare l'effetto sorpresa.
<< No, non quello! L'altra cosa! >>
Solo allora, Baymax sembrò comprendere cosa Hiro volesse dire e procedette a serrare il pugno metallico. In quel momento, quattro alette si sollevarono lentamente all'altezza dell'avambraccio dell'armatura, lasciando fuoriuscire piccole fiamme celesti. In breve, il pugno si staccò dal braccio del robot e fu lanciato ad alta velocità contro una delle statue della villa, distruggendola per intero. Poi, come un boomerang, ritornò a ricollegarsi con l'armatura, completamente intatto. Quello che avevano appena visto fece smettere immediatamente i quattro compagni di ridere, lasciandoli senza fiato.
Fred, ancora nel suo costume, battè le mani freneticamente.
<< Il pugno-razzo rende Freddy tanto felice! >> Esclamò eccitato.
<< Ed è solo uno dei nuovi upgrades! Baymax... >>
Hiro sospirò, prima di pronunciare quella piccola parola di sole tre lettere. Sapeva che non appena l'avrebbe pronunciata, non avrebbe più potuto tirarsi indietro.
<< Ali! >>
Non appena lo disse, due ali meccaniche rivestite di rosso si sollevarono dalla schiena di Baymax. Non troppo grandi, ma perfettamente aderenti alla corporatura del robot, agili e leggere. Baymax sembrò altrettanto confuso di vedere quelle lame poco affilate spuntare all'improvviso sulla sua schiena. Hiro si arrampicò su di lui, piazzando la punta dei piedi in due piccoli intervalli magnetici e facendo lo stesso con i palmi delle mani. Sui guanti, infatti, erano presenti dei grandi comandi a propulsione che gli permettevano di restare aggrappato a Baymax con facilità, senza preoccuparsi di cadere. Da lì, poteva controllare tutte le opzioni di volo.
Si morse le labbra, lasciando che un brivido di eccitazione scorresse giù lungo la sua schiena.
<< Propulsione! >>
Al comando del ragazzino, fasci di fuoco azzurri fuoriuscirono violenti dai plantari di Baymax, sollevandolo da terra.
<< Mi sfugge come il volo possa fare di me un operatore sanitario migliore. >> Gli fece notare il robot, visibilmente impacciato a non stare con i piedi per terra.
Hiro ostentò un sorrisetto impertinente, cacciando fuori la lingua.
<< Mi sfugge come ti sfugga che è uno sballo! Propulsori al massimo! >>
Era arrivato il momento. Era giunta l'ora di mostrare a tutti ciò che aveva creato, dove era riuscito ad arrivare. Avrebbe compiuto un'impresa incredibile davanti agli occhi dei suoi compagni e sentiva già il sapore dell'adrenalina tra i suoi denti. Trattenne il respiro, ascoltando il suo cuore battere forte. Era pronto, sarebbe andato tutto bene. Lo sentiva.
In un attimo si ritrovò a terra, sulla schiena di Baymax, in orizzontale. I suoi occhi si scontrarono con la visione diretta dei quattro ragazzi, che mutarono i loro sguardi da stupefatti a un misto di confusione e terrore. La propulsione data dagli stivali del robot era ancora attiva e i due si ritrovarono a sfrecciare sull'erba verde come un battello impazzito arenato su una spiaggia. Il muro della villa si avvicinò pericolosamente e il ragazzino potè quasi sentire il dolore delle sua ossa che si frantumavano contro i mattoni. Si sollevò sulle ginocchia e inarcò la schiena, tendendo le braccia più che poteva per cercare di sollevare Baymax da terra.
Ci riuscì, ma l'effetto non fu quello sperato. Decollarono a velocità spedita, abbandonando la villa dietro di loro per fendere l'aria fredda e fumosa della città. Si ritrovarono a volare precariamente sui tetti dei palazzi, sui negozi addobbati e sui chioschi pieni di gente intenta a comprare qualcosa di caldo da mangiare.
Erano troppo bassi, e Hiro lo capì a causa di tutte le persone che avevano il naso rivolto verso di loro, una grande massa rossa che sparava fuoco.
<< Stabilizza il volo! >> Scese sulle ginocchia e posizionò meglio i palmi sui magneti. Le ali si drizzarono, permettendo un volo più diretto. << Iniziamo piano piano... >>
Non appena finì di dirlo, una delle grandi insegne di un ristorante giapponese si scontrò con la sua vista, dilatando le sue iridi più del dovuto. Hiro si lasciò sfuggire un gridolino terrorizzato e tese nuovamente le braccia, cercando di trascinare Baymax verso l'alto.
<< Su, su, su! Propulsione, propulsione! >>
Poco prima di scontrarsi con l'insegna, il robot stabilizzò i propulsori e puntò verso l'alto, partendo come un razzo verso il cielo. Il ragazzino sulle sue spalle rise eccitato, finchè non si rese conto che stavano rischiando di entrare nella stratosfera e morire asfissiati.
<< Troppa propulsione! Troppa! Troppaaaaaah! >>
Probabilmente comprendendo lo stress del piccolo, Baymax decise di spegnere i razzi sotto i suoi piedi appena sopra uno degli archi torii che decoravano il ponte di San Fransokyo. In un attimo, la forza di gravità strinse le sue mani invisibili intorno al ragazzino e al robot, trascinandoli a tutta velocità verso la strada del ponte trafficata dalle auto. Un'orribile sensazione di vuoto si aprì nello stomaco di Hiro, costringendolo a gridare. La strada era sempre più vicina. Se si fossero schiantati, avrebbero causato il caos più totale. Per non parlare dei tanti che feriti che potevano andarci di mezzo. Ma poco prima di schiantarsi contro un'auto in corsa, i propulsori si riattivarono, spedendo i due lungo il ponte e il traffico in linea retta. Poi con una spinta, risalirono su, sbattendo contro il ferro di uno degli archi rossi del ponte. Arrivati in cima, Baymax si adagiò delicatamente sulla superficie liscia dell'arco. Essere di nuovo fermi a terra fu un sollievo per Hiro, che rilasciò un sospiro incredulo e al contempo felice.
Sentiva ancora troppo bene quel solletico allo stomaco e il cuore battere forte contro la cassa toracica, pompando sangue pieno di adrenalina nelle sue vene. Nonostante avessero rischiato di morire più di una volta, il ragazzino era più che soddisfatto, e il sorriso euforico che aveva stampato sulle labbra non accennava a svanire.
<< Uh, cavolo! Bè, direi che per oggi basta volare! Tu che ne dici? >>
Baymax lo guardò, registrando il suo stato emotivo di nascosto, e notò un incremento notevole di neuroni e del livello ormonale. Qualcosa stava cambiando dai primi giorni in cui lo aveva incontrato. Quella strana sensazione di tristezza che aveva rempito i suoi occhi stava lentamente scivolando via, lasciando spazio ad una visibile e probabilmente inconscia contentezza. Lo notava dalle iridi che brillavano di eccitazione, dal sorriso perenne che lasciava scoperti i denti bianchi e dolcemente imperfetti. Ogni gesto lasciava trasparire euforia da quel corpo minuto e agile.
<< I livelli dei tuoi neurotrasmettitori salgono costantemente. >>
<< Quindi... In poche parole? >>
<< Il trattamento sta funzionando. >>
Si inclinò leggermente verso sinistra, poi sempre di più fino a ritrovarsi improvvisamente a mezz'aria, sospeso lateralmente.
Fuori dall'arco. Nell'aria fredda.
Caddero giù, verso il mare di novembre increspato dal vento, tra le braccia della morte più certa. Per un istante, il tempo si fermò per Hiro. Ogni cosa apparve rallentata. I suoi capelli nella brezza gelida, il suo corpo che perdeva equilibrio e stabilità, il suo cuore che affondava nel vuoto insieme a tutto il resto.
Stava cadendo. Stava cadendo giù. Baymax li stava trascinando giù entrambi.
<< Oh no! Oh no, no, no! Baymaaaaax! >>
In un attimo, una forte spinta lo sospese nell'aria, ad un pelo dalla superficie dell'acqua. Riaprì gli occhi che aveva chiuso per attendere l'impatto e un sorriso incredulo illuminò il suo volto.
Stava volando.
Stava volando sul mare d'autunno increspato dalla schiuma, attraverso il vento freddo e feroce che gli accarezzava il corpo. Urlò a pieni polmoni, riempendo la città sottostante con la sua voce elettrizzata.
Volarono sui tetti delle case più basse, sfidando la gravità della terra e giocando con le strade distorte, le luci dei lampioni e della automobili, dei negozi e delle insegne. Oltrepassarono i ponti, infilandosi come insetti dispettosi nelle gallerie più buie per illuminarle con la loro luce. Seguirono i treni sui passaggi a livello più alti, prendendosi gioco di tutti coloro che avevano avuto la fortuna di ammirare quel ragazzino nascosto da un casco che si era permesso di volare in alto, con la sicurezza che il suo compagno non lo avrebbe mai lasciato cadere. Baymax non aveva bisogno di ordini da parte di Hiro, nè di raccomandargli di tenersi ben stretto. In qualche modo sapeva che il suo piccolo "paziente" si fidava di lui e gli stava lasciando la gioiosa libertà di farlo sognare e volare un pò più in alto. E lo fece.
Girò su se stesso come una vispa libellula e percorse le altezze dei grattacieli, infrangendo le regole dell'impossibile.
Le finestre lucide dei palazzi rifletterono il loro volo come telecamere silenziose, spettatori inesistenti di quello spettacolo glorioso.
Hiro distolse per un attimo lo sguardo dalle nuvole davanti a lui per osservare il suo riflesso in quegli specchi. Guardò il suo viso, i suoi occhi che brillavano di eccitazione e felicità. E sorrise, lasciando che un dolce ricordo ritornasse a illuminare la sua mente che era rimasta all'oscuro troppo a lungo in quei giorni di tempesta interiore.
Aveva già vissuto quel momento, in realtà. Era stato così sciocco a ricordarsene solo ora.
Aveva volato da piccolo sulle spalle di suo fratello, aveva volato insieme a lui su un razzo fatto male, aveva volato con Tadashi sul suo motorino quella volta che lo aveva salvato da pestaggio sicuro.
Era sempre riuscito a volare grazie a lui, e la verità era che non pensava che avrebbe mai più potuto farlo.
E invece era lì, sospeso nell'aria a giocare con le nuvole mentre osservava il ricordo di quei momenti nel riflesso di uno dei grattacieli più alti della città. Ed era felice, come se Tadashi fosse sempre stato lì con lui. Come se Baymax fosse sempre stato lì con lui.
Il robot sfiorò uno dei cordoni elettrici dei mulinelli d'aria che fornivano energia eolica a San Fransokyo, seguendone la direzione che attraversava le nuvole dorate e bagnate dalla luce del tramonto. Girò su se stesso, ritornando poi in direzione delle turbine. Il robot guardò Hiro, Hiro guardò lui. Non ci fu bisogno di parole per capire ciò che entrambi avevano intenzione di fare.
Hiro serrò la presa sui magneti e nascose leggermente il volto nelle spalle per reggersi forte. Baymax aumentò la velocità, sferzando l'aria e le nuvole, evitando abilmente i meccanismi energetici con agili acrobazie. Puntava al sole, era lì che voleva portare Hiro. Sapeva che lui voleva arrivare lì.
Il ragazzino accolse contento la sensazione di vuoto nel suo stomaco ogni volta che Baymax girava su se stesso, osservò senza paura il mondo sotto sopra, anche solo per un secondo. Sentì lacrime adrenaliniche pungere gli angoli dei suoi occhi e increspò le labbra in un grande sorriso mentre volava al di là delle nubi bionde, verso l'orizzonte purpureo segnato dal sole che tramontava ad ovest, tra le montagne offuscate dalla lontananza e urlò con tutto il fiato che aveva in gola. Gli sembrava di essere sulla vetta del mondo, un punto immaginario del cosmo così piccolo da esistere soltanto nella sua immaginazione.
E per quei brevi attimi, si sentì in grado di fare qualsiasi cosa, di poter affrontare qualsiasi battaglia o dolore che il futuro gli avrebbe riservato. Sentiva di poter vincere qualsiasi sfida a cui la vita lo avrebbe sottoposto.
Per quei brevi attimi, si sentì invincibile.
 
(
•—•)

Il sole stava ormai svanendo oltre le radure grigiastre, lasciando il posto alla sera che cominciava a stendere il suo manto bluastro sulla città, che pian piano si avviava al riposo notturno.
Hiro e Baymax guardavano quello spettacolo dall'alto di una delle turbine eoliche, sopra gli spruzzi di nuvole rosa. Il ponte di San Fransokyo cominciava ad accendere le sue luci e la scia di colori che nascondevano i fari delle auto iniziava a definirsi meglio, riflettendosi sul mare. Hiro respirò a pieni polmoni quell'aria pura e distese i muscoli. Non si sentiva così rilassato da troppo tempo.
<< E' stato... >>
<< Da paura. >> Baymax completò la frase per lui, lasciandolo per un attimo sgomento. << E' solo un modo di dire. >>
<< Eheh! Si, è così, amico mio. >> Disse il ragazzino, dandogli una leggera pacca sulla gamba.
Si perse un po' nelle sue riflessioni mentre osservava il robot che guardava il tramonto.
Fino a quel momento lo aveva considerato soltanto una macchina, nulla di più e nulla di meno. Un automa che stava semplicemente facendo quello per cui era stato programmato, ovvero aiutare un paziente a guarire. Ma la ferita di Hiro non era una semplice cicatrice che poteva essere curata con il semplice getto di qualche spray medicinale. Era una ferita più profonda, più grave. Una ferita per cui Hiro pensava non esistessero cure. E invece, Baymax una cura l'aveva trovata eccome. Perchè Hiro era stato in grado di dimenticarsi, anche se per poco, di quel dolore che aveva cominciato a divorarlo lentamente.
Ora gli sembrava di soffire di meno, e che quel dolore potesse essere sopportabile, in fondo.
A causa di Baymax era uscito di casa, cacciandosi nei guai e rischiando la vita. Ma era anche stato capace di riconnettersi con Gogo, Wasabi, Honey Lemon e Fred. Era stato capace di riattivare il cervello per inventare e costruire cose fantastiche. E ora si trovava nel bel mezzo del cielo a guardare il sole svanire davanti ai suoi occhi. Ed era bellissimo. Tutto grazie a Baymax.
Hiro aveva come la sensazione che tra lui ed il robot si stesse creando più di un semplice rapporto padrone-automa. Forse era il caso di cominciare a considerare Baymax come un suo... amico.
<< Il tuo stato emotivo è migliorato. >>
I suoi pensieri vennero bruscamente interrotti dal robot, che lo aveva appena scannerizzato.
<< Posso disattivarmi se mi dici che sei soddisfatto del trattamento. >>
<< Cosa...? No, non voglio che ti disattivi! >> Esclamò Hiro, riprendendo coscienza del fatto che avevano ancora una missione da compiere.
<< Dobbiamo trovare quel tizio mascherato. Quindi attiva quel super-sensore. >>
Baymax obbedì all'ordine e si alzò in piedi. I suoi occhi neri si restrinsero per un attimo, focalizzando le videocamere sull'intero quartiere di San Fransokyo. Il suo sistema sintetizzò rapidamente tutti i dati che acquisiva durante lo scan della città alla ricerca della persona interessata, finchè non ricevette un segnale affermativo da parte del database.
<< Ho trovato una corrispondenza. >> Disse infine, allungando il braccio e puntando il dito in una direzione più lontana da San Fransokyo. << Su quell'isola. >>
Hiro seguì la direzione indicata dal robot e osservò confuso il pezzo di terra nel mezzo del mare. Isola Akuma, una delle isole più remote dell'arcipelago. Hiro non sapeva molto di quell'isola se non che fosse disabitata e delle varie leggende che circolavano su di essa. Qualcuno diceva fosse infestata da spiriti, altri da demoni da cui prendeva il nome. Ma una spiegazione più logica impartiva che lì venissero condotti esperimenti pericolosi e illegali. A causa di storie come quella, nessuno visitava l'isola ed era ritenuto uno dei luoghi più contaminati della contea.
Il nascondiglio perfetto per uno yokai.

  
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